Opera in tre atti e quattro quadri su libretto di Francesco Maria Piave tratto da “La signora delle camelie” di Alexandre Dumas figlio, che lo stesso autore ha tratto dal suo precedente omonimo romanzo.

Prima rappresentazione: Teatro “La Fenice” di Venezia, 6 marzo 1853

Esito: insuccesso.

 

Personaggi:

Violetta Valéry (soprano)
Flora Bervoix, sua amica (mezzosoprano)
Annina, serva di Violetta (soprano)
Alfredo Germont (tenore)
Giorgio Germont, suo padre (baritono)
Gastone, Visconte di Létorières (tenore)
Il barone Douphol (baritono)
Il marchese d’Obigny (basso)
Il dottor Grenvil (basso)
Giuseppe, servo di Violetta (tenore)
Un domestico di Flora (basso)
Un commissionario (basso)

Servi e signori amici di Violetta e Flora, piccadori e mattadori, zingare, servi di Violetta e Flora, maschere

 

Trama: 

Atto I

La casa di Violetta Valèry, in Parigi, è elegante: nella sala di ricevimento, attende gli invitati fra cui Flora Bervoix e il Visconte Gastone de Letorières, il quale le presenta Alfredo Germont che la stima e che, durante la sua malattia di fresca data, aveva chiesto molte volte notizie circa la sua salute.

Per cui, vista la gentilezza di Alfredo, Violetta è risentita verso il Barone Douphol, suo protettore, che non ha avuto simile attenzione verso di lei, risentimento che provoca l’irritazione del  Barone stesso.

Gastone lancia la proposta di un brindisi in onore del Barone, avendone un rifiuto come risposta.

L’idea l’assorbe Violetta, Alfredo l’accetta: a tale brindisi, si aggiungono gli altri invitati  (“Libiamo ne’ lieti calici”).

Violetta conduce una vita allegra per reagire alla salute malferma e invita gli ospiti nella sala accanto; si sente male e si guarda nello specchio che riflette la bianchezza del suo volto, mentre si accorge di Alfredo, rimasto ad attenderla e che le confessa di amarla.

Violetta, incuriosita, gli chiede da quanto tempo e Alfredo risponde che l’ama da un anno (“Un dì, felice eterea”).

Violetta non è abituata all’amore vero e gli propone un rapporto d’amiciza, gli porge un fiore che Alfredo, felice,  le riporterà il giorno dopo.

Gli ospiti se ne vanno e Violetta è meravigliata per avere subito un sussulto interiore dal comportamento umano di Alfredo e, perplessa, è determinata a continuare a vivere come una cortigiana (“Sempre libera”).

Atto II – Quadro I

Da tre mesi, Alfredo e Violetta sono inseparabili, nella casa di villeggiatura della famiglia Germont.

Alfredo è felice (“De’ miei bollenti spiriti”) e inesperto dei problemi che la vita può presentare e, dopo il ritorno di Annina da Parigi (la domestica di Violetta), costei gli risponde che è stata in città per vendere i beni della padrona, allo scopo di sopperire alle loro spese.

Alfredo si sente in colpa e ritiene di dover pagare tali spese attraverso la sua famiglia (“Oh mio rimorso! Oh infame!”), per cui parte per Parigi.

Giuseppe, il cameriere di Violetta, le consegna  una lettera da parte di Flora che la  invita alla festa che terrà la sera stessa, dopodiché le annuncia la visita di un signore.

Non è  il suo avvocato, ma Giorgio Germont, il padre di Alfredo, dal quale riceve l’accusa di voler privare Alfredo delle proprie ricchezze.

Violetta gli esibisce i documenti che comprovano la vendita dei suoi averi per mantenere amante e spese di casa; Germont capisce che la ragazza è onesta e, pur rendendosi conto della sincerità del sentimento di Violetta per Alfredo, le chiede il “sacrificio” di lasciare Alfredo per salvare i suoi figli dalla mentalità conformista, in particolare, della figlia (“Pura siccome un angelo”).

Violetta NON potrà MAI sposare Alfredo e riconosce che Germont ha ragione dicendole che               quando il tempo sarà passato, Alfredo si stancherà di lei (“Un dì, quando le veneri”), per cui, stremata, promette di lasciare suo figlio.

A questo punto, Violetta scrive al barone Douphol e ad Alfredo per portare a conoscenza della decisione presa.

Violetta si allontana da Alfredo facendosi giurare amore da lui (“Amami Alfredo”).

Poi,  fugge.

Ricevuto la lettera di Violetta “Alfredo, al giungervi di questo foglio…” , capisce che Violetta lo ha lasciato.

Notando l’invito di Flora, capisce che Violetta è alla festa, per cui, adirato, vi si reca anche lui, nonostante il padre lo preghi di non farlo (“Di Provenza il mar, il suol”).
Quadro II

Alla festa, sanno della divisione fra Violetta e Alfredo.

Alfredo rivede Violetta accompagnata dal Barone Douphol, mantiene un contegno indifferente e vince costantemente.

Giocando, insulta indirettamente Violetta, il Barone si irrita fortemente e lo sfida ad una partita a carte perdendo, mentre Alfredo vince una somma forte.

Violetta prega Alfredo di andarsene subito perché il Barone potrebbe sfidarlo a duello, ma Alfredo se ne andrà alla condizione che lei lo segua.

Violetta gli risponde che ha giurato al Barone di non rivedere più Alfredo e di amare lo stesso Barone.

Violetta, disperata, vede che Alfredo dichiara che Violetta ha sacrificato tutto per lui e che, ora, sono testimoni che lui la ripaga.

Violetta sviene, arriva il padre che lo rimprovera, il Barone sfida a duello Alfredo.

 

Atto III

La camera da letto di Violetta.

Il preludio riprende le note dei violini del preludio al primo atto.

Violetta rilegge la lettera ricevuta da Giorgio Germont per mezzo della quale la informa dell’arrivo imminente di Alfredo.

Violetta piange di felicità, ma è cosciente che è troppo tardi (“Addio, del passato bei sogni ridenti”) e teme che il suo amato arrivi tardi per poterla trovare ancora in vita.

Infatti, il Dottor Grenvil porta a conoscenza Annina che Violetta è in fin di vita (“La tisi non le accorda che poche ore”).

Inoltre, nelle strade, si festeggia il Carnevale: un fatto allegro contrastante con il dramma di Violetta.

Arriva Alfredo che le promette di portarla in un luogo affinché si ristabilisca (“Parigi, o cara”), mentre Giorgio Germont, esprime il suo rimorso e dichiara di considerarla una propria figlia.

Violetta sospira: “Troppo tardi”; lascia ad Alfredo una miniatura col proprio ritratto, suo ricordo anche se incontrerà un’altra.

Per un momento Violetta sembra riacquistare la vita, ma subito cade morta.

 

Brani noti: 

Atto I

Preludio
Libiamo ne’ lieti calici – Violetta, Alfredo e coro
Un dì felice, eterea – Alfredo e Violetta
È strano! È strano… Sempre libera degg’io – Violetta

Atto II

De’ miei bollenti spiriti – Alfredo
Pura siccome un angelo – Germont e Violetta
Che fai? / Nulla / Scrivevi?… Amami Alfredo – Alfredo e Violetta
Di Provenza il mar, il suol, – Germont
Di Madride noi siamo i mattadori- Coro
Mi chiamaste? Che bramate? – Alfredo e Violetta
Qui testimon vi chiamo
Finale

Atto III

Teneste la promessa – Violetta
Addio, del passato bei sogni ridenti – Violetta
Parigi, o cara – Alfredo e Violetta
Gran Dio! Morir sì giovane – Violetta

 

Incisioni note:

Mercedes Capsir, Lionel Cecil, Carlo Galeffi Lorenzo Molajoli Columbia
Anna Rosza, Alessandro Ziliani, Luigi Borgonovo Carlo Sabajno La voce del padrone
Adriana Guerrini, Luigi Infantino, Paolo Silveri Vincenzo Bellezza Columbia
Licia Albanese, Jan Peerce, Robert Merrill Arturo Toscanini RCA
Maria Callas, Francesco Albanese, Ugo Savarese Gabriele Santini Cetra
Renata Tebaldi, Gianni Poggi, Aldo Protti Francesco Molinari-Pradelli Decca
Antonietta Stella, Giuseppe Di Stefano, Tito Gobbi Tullio Serafin Columbia
Maria Callas, Giuseppe Di Stefano, Ettore Bastianini Carlo Maria Giulini EMI
Rosanna Carteri, Cesare Valletti, Leonard Warren Pierre Monteux RCA
Maria Callas, Alfredo Kraus, Mario Sereni Franco Ghione EMI
Victoria de los Ángeles, Carlo Del Monte, Mario Sereni Tullio Serafin His Master’s Voice
Anna Moffo, Richard Tucker, Robert Merrill Fernando Previtali RCA
Joan Sutherland, Carlo Bergonzi, Robert Merrill John Pritchard Decca
Renata Scotto, Gianni Raimondi, Ettore Bastianini Antonino Votto Deutsche Grammophon
Montserrat Caballé, Carlo Bergonzi, Sherrill Milnes Georges Prêtre RCA
Pilar Lorengar, Giacomo Aragall, Dietrich Fischer-Dieskau Lorin Maazel Decca
Beverly Sills, Nicolai Gedda, Rolando Panerai Aldo Ceccato EMI
Ileana Cotrubaș, Plácido Domingo, Sherrill Milnes Carlos Kleiber Deutsche Grammophon
Joan Sutherland, Luciano Pavarotti, Matteo Manuguerra Richard Bonynge Decca
Renata Scotto, Alfredo Kraus, Renato Bruson Riccardo Muti EMI
Cheryl Studer, Luciano Pavarotti, Juan Pons James Levine Deutsche Grammophon
Kiri Te Kanawa, Alfredo Kraus, Dmitrij Hvorostovskij Zubin Mehta Philips
Edita Gruberová, Neil Shicoff, Giorgio Zancanaro Carlo Rizzi Teldec
Cecilia Gasdia, Peter Dvorsky, Giorgio Zancanaro Carlos Kleiber Maggio Live
Anna Netrebko, Rolando Villazón, Thomas Hampson Carlo Rizzi Deutsche Grammophon

 

Trasposizioni televisive e cinematografiche – tra i diversi titoli che ripropongono l’opera ricordiamo:   

Margherita Gauthier (1936) diretto da George Cukor

La traviata (1968) diretto da Mario Lanfranchi, con Anna Moffo, Franco Bonisolli, Gino Bechi ed il coro e l’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma diretta da Giuseppe Patanè

La traviata (1983) diretto da Franco Zeffirelli – James Levine/Teresa Stratas/Plácido Domingo/Cornell MacNeil/Axelle Gall/Paolo Barbacini/The Metropolitan Opera Orchestra and Chorus, Deutsche Grammophon DVD – Grammy Award for Best Opera Recording 1984

La traviata – Georg Solti/Angela Gheorghiu/Frank Lopardo/Leo Nucci, 1994 Decca

La traviata a Paris (2000) direttore Zubin Mehta – Eteri Gvazava/José Cura/Rolando Panerai

La traviata (Salisburgo 2005) – Carlo Rizzi/Anna Netrebko/Rolando Villazón/WPO, regia Willy Decker, Deutsche Grammophon

La traviata – James Conlon/Renée Fleming/Rolando Villazón, 2006 Decca

Violetta (2011) regia di Antonio Frazzi

 

Tra i film ispirati all’opera ricordiamo: 

Mi permette, babbo! (1956) diretto da Mario Bonnard
Croce e delizia (1995) diretto da Luciano De Crescenzo
Moulin Rouge! (2001) diretto da Baz Luhrmann

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:

TRILOGIA POPOLARE DI VERDI:

E’ importante sapere che Verdi, persona sensibile, nelle opere della sua “Trilogia Popolare” ha voluto essere rivoluzionario, presentando tre personaggi abbandonati dalla società a causa di tante ragioni: si tratta di Rigoletto, di Azucena, e di Violetta, tre esseri “esclusi” che, per tale motivo, il Destino ha stabilito il danno irreparabile, nonostante, a tutti i costi, essi vogliano creare qualcosa di bello che riguardi la loro esistenza.

 

Infatti, “La Traviata” è un dramma fortemente psicologico che consta di personaggi complessi e descrive emotivamente i particolari della società umana del tempo.

“La Traviata” viene composta, in parte, sul lago di Como, a Cadenabbia, nella villa degli editori Ricordi.

L’opera si ispira al romanzo “La dame aux camélias” di Alexandre Dumas figlio che, a quanto pare, a sua volta, si  ispira alla grande passione giovanile avuta con Alphonsine Plessis (Marie Duplessis), prostituta d’alto bordo, deceduta a 23 anni per tisi.

Qualcuno la definisce “consolatrice intellettuale” di celebri artisti come Alfred De Musset, Franz Liszt e lo stesso Alexandre Dumas.

La prima rappresentazione de “La Traviata” non consegue successo: la causa probabile è da imputare ad interpreti carenti (qui, fra l’altro, i cantanti devono essere dotati di grandi capacità di attori) e al soggetto ritenuto scandaloso per l’epoca ma, l’anno successivo, al Teatro “San Benedetto” di Venezia, consegue il successo per merito della versione rielaborata, avendo altri interpreti (come Maria Spezia Aldighieri) e la direzione di Verdi.

L’opera riscuote un esito favorevolissimo.

Opera rivoluzionaria e scabrosa, è voluta fortemente da Verdi – “un moderno” – che ha nuovi interessi verso la forma del melodramma indirizzato alla mentalità del suo tempo, considerando pregiudizi e perbenismi di una società umana che Verdi stesso vive a causa del suo rapporto con Giuseppina Strepponi (donna sposata e separata dal marito).

Così, Verdi scrive al librettista de “La Traviata”:

< Ti prego dunque di adoperarti affinché questo soggetto sia il più possibile originale e accattivante nei confronti di un pubblico sempre teso a cercare in argomenti inusuali un confine alla propria moralità»

(Giuseppe Verdi nella lettera a Francesco Maria Piave sulla trama della Traviata).

Violetta è una cortigiana di lusso ma, essendo l’opera ispirata alla vita di Alphonsine Plessis (Marie Duplessis) e venendo a conoscenza del suo stato di persona orfana e sola al mondo, spinta dalla necessità di provvedere alla sua vita, il valido motivo è riferito alla sfortuna di un povero essere, per cui è opportuno citare che Shakespeare DIFENDE la donna in generale a mezzo dell’inchino che si deve tributare ad una DONNA, chiunque essa sia.

Verdi è colpito dalle emozioni e dalle sventure di questa giovanissima eroina-cortigiana e ne rimane toccato.

Verdi comincia ad esprimere il suo interiore attraverso il preludio con musica lontana dallo stile sonante e tonante dei precedenti melodrammi storici e in costume.

E’ importantissimo citare che è stato chiesto a Rossini che cosa pensa de “La Traviata” e che lo stesso ha risposto: “UN GRANDE VALZER”.

In tutto il primo atto, segue la dimostrazione festosa del trovarsi in mezzo al trascorrere della vita dove si notano i trilli e la gaiezza al contrario della tristezza, presente nell’ultimo.

Qui, si denota il carattere frivolo di Violetta che, pur presentandosi poetico, si mostra leggero e incosciente della possibilità che possano succedere cose sfavorevoli

Infatti, si brinda al vino, all’amore e alle gioie passeggere; sono solamente tutti amici di bisboccia.

Ma un malore di Violetta disturba l’allegria per cui, sentendosi “… sola, abbandonata in questo popoloso deserto che appellano Parigi …” – resta colpita dalla premura sincera del ‘puro’ Alfredo a cui non importa che Violetta sia una cortigiana: il ‘puro’ Alfredo che ogni giorno si informava sulla sua salute e che lei, durante il brindisi, scopre “poeta”, capace di rinunciare all’amicizia per qualcosa di più vero:

< Di quell’amor, quell’amor ch’è palpito dell’universo, dell’universo intero, misterioso, misterioso altero, croce, croce e delizia, croce e delizia, delizia al cor.

Il secondo atto, diviso in due quadri, vede vari eventi incisivi.

Il primo quadro, è ambientato nella  casa di campagna dei Germont in cui Violetta e Alfredo si sono trasferiti e in cui Germont padre incontra Violetta che porta la ragazza a lasciare Alfredo: si noti l’esplosivo “Amami Alfredo”.

Il secondo quadro si svolge a Parigi, e mostra un’altra festa in maschera in casa di Flora, durante la quale Alfredo offende pubblicamente Violetta perché la donna – seppur distrutta – gli conferma che ama il Barone Douphol, recitando la parte “della mantenuta”, per cui Alfredo le butta una borsa contenente denaro.

Il terzo atto vive durante il Carnevale; per Violetta ritorna la nostalgia dell’amore  impossibile perché Alfredo ritorna dopo che il padre, pentito, gli rivela il sacrificio della donna che è consumata dalla tisi.

Verdi ha musicato tanti padri-baritono: Nabucco, Miller, Rigoletto, Simon Boccanegra, Amonasro, …

Giorgio Germont è uno di questi, la sua presenza è breve, la sua aria vuole essere consolatrice per il figlio (“Di Provenza il mar, il suol”), ma è un personaggio incisivo la cui natura umana si esprime alla fine, rendendosi conto del male commesso (“Ah mal cauto vegliardo”) correndo da Violetta per accettarla come sposa di suo figlio.

Massimo Mila (critico musicale e musicologo), concludendo la morte di Violetta: “Un ritratto indelebile è stato impresso nella nostra memoria in una delle più grandi realizzazioni del teatro musicale, quasi morisse un eroe beethoveniano o un Sigfrido”.

In quest’opera, IL VINCENTE E’ L’AMORE.

 

Violetta:

Una donna giovane che riesce a vivere perché qualcuno provvede a lei.

Una donna che “VUOLE” vivere perché, fino a quando non ha trovato questo “QUALCUNO”,  ha avuto una vita povera.

Si “attacca” alla vita perché ha paura del passato, dove ha incontrato traumi: passato che l’aspetta sempre al varco per ritornare a darle sofferenza.

Conoscendo Alfredo, finalmente, prova la gioia di essere ricambiata nell’amore sentimentale, “si illude” di sposarlo, ma Papà Germont invita la ragazza a troncare la relazione a causa del conformismo e del perbenismo che circolano nella mentalità ristretta della società borghese del tempo.

Questo atto denota l’egoismo e il cinismo di Giorgio Germont che NON si rende conto che spezza la vita di Violetta che ama davvero suo figlio e che spera di potere avere una certa tranquillità emotiva e non ricadere nella vita già condotta.

La donna è disperata e si rende conto che non c’è via di scampo, per lei, ma accetta quanto “le impone” Giorgio Germont che, comunque, prova un po’ di empatia, capisce che Violetta NON è una delle solite cortigiane calcolatrici, rimanendone toccato: Violetta salverà l’immagine di Alfredo e, di conseguenza, l’immagine della sorella “pura siccome un angelo” e della famiglia Germont, arrivando ad annullarsi attraverso “Qual figlia m’abbracciate, forte così sarò”.

Violetta ritornerà dal suo antico protettore, ma si ritroverà sola, fino al momento che Alfredo tornerà dopo che il padre, pentito, gli ha spiegato il motivo del comportamento della ragazza che, però, lascierà questa Terra.

 

Alfredo:  

“Un dì, felice, eterea, mi balenaste innante”: Alfredo, inconsciamente, aveva visto in Violetta ciò che nessun altro è riuscito a cogliere, a percepire: ossia la bellezza di un’anima che soffre senza piangere.
Per cui, trovandosi a vivere in campagna con Violetta, Alfredo, inesperto e ingenuo della vita, pur essendo stato diseredato dal padre, esprime la sua felicità, come se vivesse un bellissimo sogno (“dell’universo immemore io vivo quasi in ciel”); sogno che sarà distrutto dall’arrivo del padre.
Violetta lo lascierà, ma il suo spirito “vivrà” sempre in tale campagna: “Sarò là, tra quei fior presso a te, sempre”, a differenza della vita parigina dove “è una cortigiana”.

Alfredo non si rende conto di quanto Violetta gli comunica verbalmente, ma la lettera di Violetta che gli giungerà gli chiarisce che torna dal Barone Douphol.

Giorgio Germont consola il figlio ricordandogli la Provenza dov’è nato, anche se la cosa sembra inutile.

 

Giorgio Germont:

Come la società del suo tempo, è schiavo, mentalmente, della REALTA’ DELLE REGOLE SOCIALI.

Trovando Violetta sola, da essere spietato, approfitta della sua sensibilità che, inconsciamente, “cerca” la protezione del proprio padre anche nello stesso Giorgio Germont.

Il quale, Giorgio Germont, la fa sentire “sporca” e “colpevole” dopo che lei ha toccato con mano l’Amore: “Bella voi siete … e giovane”.

Pur avendo saputo che Violetta sta vendendo i suoi averi per potere mantenere lei e Alfredo, e pur rendendosi conto che lei non ha interessi verso il denaro, Germont si domanda il motivo del suo passato, però i problemi di famiglia gli suggeriscono che, per non rovinare la reputazione dei suoi figli, “è giusto” attuare “il sacrifizio” della rinuncia dal “marchio d’infamia”

Violetta è distrutta, ma Germont, psicologicamente viscido: “Siate di mia famiglia l’angiol consolatore”.

Ma Germont non è proprio proprio viscido come può sembrare e “si riscatta” perché, nella II parte del II atto, difende Violetta offesa da Alfredo, mentre nel IV atto, si pente della sua azione raccontando tutto ad Alfredo – e accompagnandolo – affinché possa abbracciare la sua amata prima che muoia.

 

UN’OPERA-CAPOLAVORO DI REALTA’ UMANA E DI ALTA PSICOLOGIA.


Battuto al computer da Lauretta 

 

 

ARTURO TOSCANINI dirige il PRELUDIO ALL’ATTO I:

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Il tenore FRANCO BONISOLLI, il soprano ANNA MOFFO e il coro cantano “LIBIAMO NE’ LIETI CALICI”:

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Il tenore PLACIDO DOMINGO e il soprano TERESA STRATAS cantano “UN DI’, FELICE, ETEREA”:

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Il soprano ANNA MOFFO canta “È STRANO! È STRANO … SEMPRE LIBERA DEGG’IO”:

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Il tenore FRANCO BONISOLLI canta “DE’ MIEI BOLLENTI SPIRITI”:

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Il soprano KATIA RICCIARELLI e il baritono RENATO BRUSON cantano “MADAMIGELLA VALERY? … PURA SICCOME UN ANGELO”:

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Il soprano ANGELA GHEORGHIOU e il tenore LUCA CANONICI cantano “AMAMI, ALFREDO!”:

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Il baritono RENATO BRUSON canta “DI PROVENZA IL MAR, IL SUOL”:

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Il coro canta la danza “DI MADRIDE NOI SIAMO I MATTADORI”:

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Danza e coro “NOI SIAMO ZINGARELLE”:

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Il tenore PLACIDO DOMINGO e il soprano TERESA STRATAS cantano “DI SPREZZO DEGNO … ALFREDO, ALFREDO, DI QUESTO CORE”:

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ARTURO TOSCANINI dirige il PRELUDIO ALL’ATTO III:

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Il soprano PILAR LORENGAR canta “TENESTE LA PROMESSA … ADDIO DEL PASSATO”:

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Il tenore PLACIDO DOMINGO e il soprano TERESA STRATAS cantano “PARIGI, O CARA”:

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Il soprano ANGELA GHEORGHIOU canta “AH! GRAN DIO! MORIR SI’ GIOVANE”: