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Categoria: MUSICA LIRICA Page 2 of 9

CAVALLERIA RUSTICANA di PIETRO MASCAGNI

Opera in un atto su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga.

Prima rappresentazione: Teatro Costanzi di Roma, 17 maggio 1890

 

Personaggi e interpreti della prima rappresentazione: 

Turiddu, giovane contadino (tenore) Roberto Stagno
Santuzza (soprano) Gemma Bellincioni
Lucia, madre di Turiddu (contralto) Federica Casali
Alfio, carrettiere (baritono) Gaudenzio Salassa
Lola, moglie di Alfio (mezzosoprano) Annetta Guli

 

Trama: 

Epoca storica: a Vizzini, in Sicilia, alla fine del secolo XIX, nella mattinata di Pasqua.

E’ l’alba.

All’inizio dell’opera, il sipario è chiuso, ma si sente la serenata destinata a Lola, moglie di compare Alfio, un carrettiere di mezza età.

Lola era stata l’innamorata di Turiddu ma, durante il suo servizio militare, si era spazientita di attendere e aveva sposato Alfio.

Turiddu, tornato dopo essere stato soldato, pur amando sempre Lola, per puntiglio, si è fidanzato con la giovane Santuzza, che lo ama appassionatamente, ma riprende il rapporto clandestino con la sua ex fidanzata.

Si ha il lento risveglio del paese e tutti si preparano per la festa pasquale e Lucia, che detiene l’osteria, prepara il vino per il raduno dopo la messa, presso di lei.

Lucia invita Santuzza ad entrare in casa, ma la ragazza rinuncia, dicendole che Turiddu l’ha sedotta e la trascura.

Inoltre, Santuzza sa che Turiddu non è andato a Francofonte a comperare del vino perché lo ha visto presso la casa di Lola.

Passa Alfio col suo carretto, con altri paesani, e canta la sua vita felice e la fedeltà della moglie, oltre ad accennare di avere visto Turiddo fuori di casa sua, la sera precedente.

Arriva anche Turiddu, che saluta Santuzza come se niente fosse.

Lei lo accusa delle infedeltà, lui si arrabbia alquanto e arrivano al duetto appassionato a seguito della collera di Turiddu che le grida: “dell’ira tua non mi curo”.

Entra Lola e canta una frivola canzone di fiori e d’amore indirizzata a Turiddu e lo fa infuriare perché gli chiede del marito.

Dopo avere sbeffeggiato Santuzza, Lola si reca in chiesa; Turiddu la segue dopo che Santuzza ha  lanciato al ragazzo la “Mala Pasqua”.

Appare Alfio che cerca la moglie e Santuzza, agitata e sdegnata – senza riflettere sulle conseguenze – gli fa conoscere le infedeltà della moglie con Turiddu.

Alfio giura vendetta e Santuzza è atterrita dal male che ha fatto.

Segue l’”Intermezzo sinfonico” in cui gli archi deliziano chi ascolta.

Poco dopo terminata la messa, tutti si recano all’osteria di Lucia, dove brindano alle gioie della vita e Turiddu chiama gli amici a bere un bicchiere di vino: “Viva il vino spumeggiante. …”.

Giunge Alfio che rifiuta l’invito e sfida Turiddu ad un duello mortale, provocando pena in tutti i presenti.

Le donne allontanano Lola e Santuzza, Turiddu prega Mamma Lucia di dargli la sua benedizione e la prega di fare “da madre a Santa”.

Il duello rusticano avviene in un orto poco distante.

Lucia si rende conto della veridicità delle parole di Santuzza.

Le due donne sono disperate.

Si ode un mormorio giungere da lontano e, subito dopo, una popolana urla: “Hanno ammazzato compare Turiddu!”

Santuzza lancia un urlo e perde i sensi, mentre Mamma Lucia resta impietrita.

Brani noti: 

Preludio
Siciliana: O Lola ch’ai di latti la cammisa (Turiddu)

Atto unico

Coro d’introduzione Gli aranci olezzano (Coro)
Scena e sortita Dite, mamma Lucia…
Il cavallo scalpita (Santuzza, Lucia, Alfio, Coro)
Scena e preghiera
Beato voi, compar Alfio…
Inneggiamo il Signor non è morto (Santuzza, Lucia, Alfio, Coro)
Romanza e scena Voi lo sapete, o mamma…
Andate, o mamma, ad implorare Iddio (Santuzza, Lucia)
Duetto Tu qui, Santuzza (Santuzza, Turiddu)
Stornello Fior di giaggiolo (Lola)
Duetto Il Signore vi manda, compar Alfio (Santuzza, Alfio)
Intermezzo sinfonico
Scena e brindisi A casa, a casa, amici… Viva il vino spumeggiante (Turiddu, Lola, Coro)
Finale A voi tutti salute… Mamma, quel vino è generoso (Santuzza, Turiddu, Lucia, Alfio, Lola, Coro)

 

Popolarità dell’intermezzo sinfonico:  

L’intermezzo sinfonico dell’opera è un brano popolarissimo, è basato sull’impiego degli archi ed ha avuto molto successo anche eseguito singolarmente.

Nel campo cinematografico, presenzia come sfondo in una famosa scena del film” Il padrino” – Parte III.

“Toro scatenato” di Martin Scorsese: in questo film, appare nei titoli di testa.

E’ il tema conduttore del film “Il cavaliere di Lagardère di Philippe de Broca” (con Daniel Auteuil) e accompagna l’episodio “Strane allucinazioni” (appartenente alla celebre serie americana Ally McBeal).

Inoltre, il tema centrale è stato rielaborato per una canzone-dance dal titolo “Will be one” dei Datura, è stato ripreso da Vasco Rossi nell’ “Introdei” live del 2007 ed è presente nella canzone “Mascagni” di Andrea Bocelli.

Tra gli spot pubblicitari che lo hanno utilizzato troviamo quello della Ferrero Rocher, dell’Enel (2011) e della Tim (con Riccardo Muti, 2020).

 

Versioni cinematografiche: 

Cavalleria rusticana(1916) – film diretto da Ugo Falena
Cavalleria rusticana (1924) – film diretto da Carmine Gargiulo
Cavalleria rusticana (1939) – film diretto da Amleto Palermi
Cavalleria rusticana (1953) – film diretto da Carmine Gallone
Cavalleria rusticana (1982) – film diretto da Franco Zeffirelli

 

Incisioni discografiche: 

Lina Bruna Rasa, Beniamino Gigli, Gino Bechi, Maria Marcucci,  Giulietta Simionato          Pietro Mascagni

Elena Nicolai, Mario Del Monaco, Aldo Protti, Laura Didier Gambardella, Anna Maria Anelli         Franco Ghione

Maria Callas, Giuseppe Di Stefano, Rolando Panerai, Anna Maria Canali, Ebe Ticozzi        TullioSerafin

Caterina Mancini, Gianni Poggi, Aldo Protti, Adriana Lazzarini, Aurora Cattelani    Ugo Rapalo

Giulietta Simionato, Mario Del Monaco, Cornell MacNeil, Ana Raquel Satre, Anna Di Stasio          Tullio Serafin

Victoria de los Ángeles, Franco Corelli, Mario Sereni, Adriana Lazzarini, Corinna Vozza   Gabriele Santini

Elena Obraztsova, Plácido Domingo, Renato Bruson       Georges Prêtre

Agnes Baltsa, Plácido Domingo,Juan Pons          GiuseppeSinopoli1990      Jessye Norman, Giuseppe Giacomini, Dmitrij Hvorostovskij         Semyon Bychkov

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:     

“Cavalleria rusticana” viene spesso rappresentata insieme a un’altra opera breve, “I Pagliacci ” di Ruggero Leoncavallo, un’altra significativa opera verista.

Abbinamento proposto al “Metropolitan Opera House” di New York, il 22 dicembre 1893, dopo la rappresentazione de “I Pagliacci”; abbinamento autorizzato dallo stesso Mascagni,  direttore delle due opere al Teatro “Alla Scala” di Milano, nel 1926, durante la stessa sera.

“Cavalleria rusticana” è la prima e più celebre opera composta da Mascagni (altre due opere “Iris” e “L’amico Fritz” perdurano nel repertorio dell’ambito lirico) e il suo successo continua fin dalla sua prima rappresentazione.

Nel 1888-1889, l’editore milanese Edoardo Sonzogno crea un concorso per tutti i giovani compositori italiani che non hanno ancora fatto rappresentare una loro opera.

Mascagni, residente a Cerignola (FG), dirige la banda musicale di là e, venuto a conoscenza di questo concorso solo due mesi prima della chiusura delle iscrizioni, si accorda con l’amico Giovanni Targioni-Tozzetti per scrivere un libretto che, assieme al suo collega Guido Menasci, manda a Mascagni i testi per cartolina postale; Mascagni li musica rapidamente tanto da fare trovare spesso la musica già pronta.

L’opera viene completata proprio l’ultimo giorno valido per l’iscrizione al concorso e, consegue un successo grande.

E’ da citare che l’opera richiesta dal concorso doveva constare di un atto ma, essendo Cavalleria creata in due atti, Mascagni li riunisce attraverso il celeberrimo INTERMEZZO.

Cavalleria rusticana: un’opera focloristica?

Si, senza dubbio, possiede un certo folclore, dove il popolino ha le sue tradizioni, i propri usi e costumi, i suoi pregiudizi, l’abbandono agli impulsi individuali, un proprio egoismo, l’amore esclusivo, la gelosia, la falsità.

Ma, anche, un’opera sanguigna: qui, in un paesino siciliano, con i vecchi valori di gente semplice e passionale, fra cui il sostare all’osteria di Mamma Lucia, dopo la funzione religiosa, la gente s”incontra per “fare un po’ di festa” e dove si concretizza un DRAMMA DELLA GELOSIA a causa del DELITTO D’ONORE (in Italia, abrogato nel 1981).

 

Qui, dove nella mattinata di Pasqua, tutti e cinque i personaggi principali si ritrovano PERDENTI: Turiddu perde la vita, Lucia perde il figlio, Santuzza perde  l’uomo che ama, Lola perde il suo amante e Alfio perde la fiducia nella moglie.

 

Santuzza: 

Nell’epoca di svolgimento dei fatti, pur essendo giovane, Santuzza – sin da subito – si dimostra matura, per la sua età.

Onestamente, confida a Mamma Lucia che Turiddu frequenta Lola, la sua vecchia fidanzata, di cui Santuzza è gelosa, chiaramente.

Inoltre, è importante evidenziare che, nel duetto, Santuzza dice a Turiddu: “Battimi, insultarmi, ti perdono”. – Poi, lo prega: “Turiddu ascolta”.

A fine ‘800, si usava ancora picchiare la donna e, Santuzza, oggi, in Psicologia, “potrebbe” essere inserita fra coloro che si aggrappano all’uomo, in quanto “potrebbero” essere dipendenti perché “schiave della paura di essere abbandonate”, abbastanza subordinate all’uomo e, comunque, a seguito di esasperazione, si comporta da persona “dipendente affettiva”.

Però, non è proprio tutto così perché Santuzza, personaggio dolce, ferito e tradito nell’amore, disperato, è determinata e non tace, non piange silenziosamente, non vuole vendetta, ma lei denuncia per un senso di giustizia.

Quindi, è talmente esasperata che non può fare a meno di lanciare a Turiddu l’irata “A te la Mala Pasqua!” e racconta al sopraggiunto Alfio la tresca fra Turiddu e sua moglie Lola.

Ad Alfio racconta anche che “Turiddu mi tolse l’onore e vostra moglie lui rapiva a me!”, ma si pente subito.

Santuzza è l’artefice “quasi” involontaria della tragedia. E’ importante fare presente che al giorno d’oggi, una cosa del genere è ormai sorpassata, mentre si ricordano i cambiamenti avvenuti nella Storia, specialmente nell’Antico Egitto, dove – all’occorrenza – la donna sapeva  persino usare un anticoncezionale creato con materiale naturale.

Infatti, Santuzza si sente peccatrice e non sale le scale della chiesa dalla quale si sente psicologicamente respinta.

Purtroppo, non sa che Dio non condanna gli sbagli dell’uomo e che accetta tutti gli esseri, anche chi sta per nascere a prescindere dalla documentazione civile.

Per cui, esprimendo meglio il concetto di dipendenza affettiva:

. L’amore simboleggia la necessità e la facoltà di creare una nuova concretezza insieme ad un’altra persona, dal momento che l’amore viene formato da due esseri, per cui la sua completezza sta nel donarsi senza annientarsi e dissolversi nell’altra.

Però può diventare una “prigione” senza potere fuggire, a causa del dolore: questa è la dipendenza affettiva, ossia una forma morbosa di amore contraddistinta da mancanza irreversibile di corrispondenza nella vita affettiva, in cui l’unico “donatario d’amore” vede nell’altra persona l’unico scopo della propria vita e il riempire dai propri vuoti affettivi.

. La differenza tra amore e dipendenza affettiva sta nel grado di autonomia della persona e nell’essere in grado di trovare un senso in se stessa.

Di conseguenza, la persona dipendente affettiva non è autonoma, intimamente, per cui la paura dell’abbandono e della separazione provoca una tensione continua.

Infatti, la presenza dell’altro individuo assume l’importanza di una questione di vita o di morte: senza l’altro, “non si può” esistere perché bisogni e desideri personali vengono “contestati” e “annullati”, praticamente, in una relazione.

. In effetti, ciò che affascina è la lotta: se non interessiamo alla persona dalla quale vogliamo essere amati, la dipendenza cresce in rapporto al respingere, finendo per farci provare un senso di ira-rancore e di colpa.

Inoltre, si può creare una paura angosciosa verso chi si ama, manifestandola con gelosia e possesso, che ingigantisce ad ogni segno negativo che si osserva e intuisce.

 

. La dipendenza affettiva ha le sue radici nel legame con i genitori, durante il periodo dell’infanzia.

Infatti, alle persone dipendenti, da piccole, è stato trasmesso il messaggio che non erano meritevoli di amore o che le loro necessità non erano rilevanti.

Queste persone di solito provengono da famiglie dove i bisogni emotivi sono stati trascurati a causa dell’interesse dei beni materiali.

Quindi, lo scatenare della dipendenza affettiva è l’esito di un danno del circuito neuronale della dopamina, il neurotrasmettitore coinvolto nei processi psicologici di gratificazione e motivazione oltre all’ ambiente familiare in cui si tende ad intromettersi nei pensieri e nei comportamenti degli altri componenti.

 

. Anche i traumi vissuti nel passato, spesso possono causare scarsa autostima, ansia, disturbo post traumatico da stress, depressione.

 

Traendo le CONCLUSIONI: non si sa quali traumi Santuzza possa avere subìto, nella sua giovane vita (fra cui la causa della paura di essere abbandonata), in un’epoca dove il grandissimo senso dell’onore è radicato, però risulta chiaro che, giustamente, NON vuole che la sua dignità e il suo onore vengano calpestati.

Alla fine, Santuzza prova rimorso, ma si sente vendicata.

In effetti, si tratta di gelosia-vendetta verso l’uomo amato e verso la rivale: può sembrare strano, ma si potrebbe trattare anche di un atto d’amore estremo verso Turiddu che, amando sempre Lola, è ricaduto nella rete da cui non sapeva liberarsi.

E’ chiaro che le usanze dell’epoca e della terra siciliana influiscono molto, ma una grande dose di paura di perdere il suo uomo, per Santuzza esiste: E’ CHIARISSIMO.

Ciò porta all’uccisione del ragazzo.

 

Turiddu: 

E’ giovane, fa girare la testa alle ragazze, indifferente e cinico, l’entusiasmo dell’amore per Lola lo esalta, tanto da non pensare alle conseguenze negative.

Ma sa essere anche coscienzioso nei confronti di Santuzza: infatti, rivolgendosi a Mamma Lucia, la prega di farle da madre e, qui, come per incanto, pare maturare emotivamente.

Ma SUCCEDE la tragedia e Turiddu viene ucciso.

 

Lucia: 

Una donna all’antica, una donna di “una volta”, che conosce tutti e tutti la conoscono.

La madre che non sa spiegarsi il comportamento del figlio verso Lola.

 

Alfio: 

Convintissimo di avere una moglie fedele, la rivelazione di Santuzza è una doccia fredda, per lui, per cui, ritrovandosi nei panni del marito ferito, non ci pensa due volte a pretendere il duello che “laverà l’onta”.

 

Lola: 

Durante il brindisi, Lola è preoccupata perché il marito non è presente: ha ragione perché Alfio arriva e NON accetta il bicchiere di vino che Turiddu gli offre (gli sembra una presa in giro).

Una riflessione: “La leggera e noncurante Lola è fedifraga?”.

Sì. Per un verso, sì.

Da donna un po’ vuota, “si è stancata” di aspettare Turiddu mentre svolgeva il servizio militare e ha sposato Alfio, più anziano di lei, ma – dopo il ritorno del ragazzo – torna a frequentare il suo vecchio amore.

Però, a parte l’attrazione ancora presente in Lola verso Turiddu, Alfio è sempre in giro per lavoro e, quando va a letto,  chiaramente, è stanco, per cui la moglie GIOVANE si sente TRASCURATA, senza dubbio.

Quindi, Lola non è poi tanto da condannare.

Ma, nella Sicilia della fine del XIX secolo, vige LA LEGGE DELL’ONORE in modo fortissimo …

 

UN’OPERA-CAPOLAVORO.

Battuto al computer da Lauretta 

 

 

FRANCO GHIONE dirige il PRELUDIO ALL’ATTO I:


.

Coro “GLI ARANCI OLEZZANO”:


.

FIORENZA COSSOTTO canta “VOI LO SAPETE, O MAMMA”:

.

EKATERINA SEMENCHUK e ROBERTO ALAGNA cantano “TU QUI, SANTUZZA?” (Duetto):


.

Dal film di Franco Zeffirelli del 1982, “REGINA COELI LAETARE” :

.

HERBERT von KARAJAN dirige l’INTERMEZZO:


.

MARIA CALLAS canta “FIOR DI GIAGGIOLO”:


.

MARIO DEL MONACO CANTA il “BRINDISI”:


.

MARIO DEL MONACO canta l’ “ADDIO ALLA MADRE” e FINALE:

 

CARMEN di GEORGES BIZET

Opéra-comique in 4 atti su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy tratto dall’omonima novella di Prosper Mérimée, “Carmen” (1845), musica di Georges Bizet

Prima rappresentazione: Teatro “Opéra-Comique”, Parigi, 3 marzo 1875, giorno in cui Bizet viene premiato con la Légion d’honneur”.

Esito della “prima”: insuccesso.

 

Personaggi:  

Carmen, zingara (mezzosoprano)
Don José, sergente (tenore)
Escamillo, torero (baritono)
Moralès, sergente (baritono)
Zuniga, tenente (basso)
Micaëla, contadina (soprano)
Mercédès, zingara (soprano)
Frasquita, zingara (soprano)
Dancairo, contrabbandiere (tenore)
Remendado, contrabbandiere (tenore)
Lillas Pastia, oste (ruolo parlato)
Una venditrice di arance (soprano)
Uno zingaro (basso)
Una guida (ruolo parlato)
Un soldato (ruolo parlato)
Un vecchio signore, la sua giovane moglie, un giovane, l’Alcalde (ruoli muti)
Soldati, giovani, popolani, sigaraie, zingare, zingari, venditori ambulanti, Coro dei
Monelli (voci bianche)

 

Interpreti della prima rappresentazione:   

Carmen, bellissima zingara (mezzo soprano) Célestine Galli-Marié
Don José, sergente (tenore) Paul Lhérie
Escamillo, Toreador (baritono) Jacques Bouhy
Micaëla, contadina (soprano) Marguérite Chapuy
Zuniga, tenente (basso) Eugène Dufriche
Moralès, sergente (baritono) Edmond Duvernoy
Frasquita, zingara (soprano) Alice Ducasse
Mercédès, zingara (soprano) Esther Chevalier
Lillas Pastia, oste (ruolo parlato) M. Nathan
Il Dancairo, contrabbandiere (baritono) Pierre-Armand Potel
Il Remendado, contrabbandiere (tenore) Barnolt
Una guida (ruolo parlato) M. Teste
Coro: Soldati, giovani, popolani, sigaraie, zingare, zingari, venditori ambulanti
Direttore: Adolphe Deloffre

 

Trama:    

Periodo storico: Siviglia (Spagna), intorno al 1820

 

Atto I

L’opera inizia con il preludio che riprende il tema del toreador Escamillo.

Presso la manifattura dei tabacchi, nella piazza piuttosto animata, il sergente inizia a chiacchierare con la timida Micaela; la ragazza sta cercando Don José e, saputo che arriverà fra poco, si allontana.

Viene effettuato il Cambio della Guardia e alcuni bambini imitano le mosse dei soldati i quali aspettano l’arrivo delle operaie, in particolare di Carmen.

Fra i soldati, l’ormai sopraggiunto Don José è il solo che mostra disinteresse per le sigaraie: ha promesso alla madre di sposare Micaela.

Viene annunciata la venuta delle operaie, la musica dell’opera diventa irrequieta perché evidenzia l’uscita della zingara Carmen, bellissima e sfrontata sigaraia, centro dell’attenzione da parte di tutti che canta una provocante Habanera (“L’amour est un oiseau rebelle”, ossia “L’amore è un uccello ribelle”), canzone inneggiante all’amore volubile e capriccioso e tutti le stanno intorno.

Per provocargli attenzione verso sé stessa, Carmen lancia un fiore a Don Josè ed entra di corsa nella manifattura, ridendo.

Don Josè è il tipico bravo ragazzo vissuto fuori città, ingenuo.

Raccoglie il fiore, rimane turbato e, inconsciamente, nasconde il fiore sotto la giubba mentre arriva Micaela che porta a José soldi e notizie da parte di sua madre (duetto incantevole: “Parle-moi de ma mère, Parlami di mia madre”).

All’improvviso, dalla fabbrica, provengono delle urla: durante una zuffa con una compagna di lavoro, Carmen l’ha ferita al volto.

Il tenente delle guardie, Zuniga, l’arresta e ordina a José di imprigionarla.

In cella, legata, Carmen induce Don José a lasciarla libera, perché, dice, il fiore è stregato e che lui, ora, è innamorato di lei (“Près des remparts de Séville”, “Presso il bastion di Siviglia”), resiste , ma è turbato profondamente da Carmen per cui cede.

L’aiuta a scappare ma viene punito, arrestato e degradato dal capitano.

Atto II

Un mese è passato.

Nella taverna di Lillas Pastia.

Carmen è in attesa del ritorno di Don José (imprigionato per averla lasciata fuggire) e di cui si è innamorata, a suo modo.

Nonostante questo, si diverte ugualmente cantando e ballando con gli altri: infatti, qui, danza con le altre zingare Mercedes e Frasquita (Carmen, chanson bohème: “Les tringles des sistres tintaient”, ossia “All’udir del sistro il suon”).

Entra Zuniga e, fra l’entusiasmo generale, arriva il famoso torero Escamillo che racconta le sue gesta nella corrida, venendo ascoltato e ammirato da tutti: “Votre toast, je peux vous le rendre” (“Il vostro brindisi, posso rendervelo”) e “Toreador en garde” (”Toreador attento”).

Affascinato da Carmen, Escamillo si illude di poterla corteggiare, ma lei respinge entrambi.

Escamillo si era illuso, ma decide di riprovare.

Don José, arrivato da Carmen, uscito di prigione, sente suonare la tromba per cui deve tornare in caserma.

Carmen è fortemente irritata e lo deride facendolo ingelosire.

A questo punto, Josè si ribella a Zuniga: la rissa è repressa dai contrabbandieri intervenuti su richiesta di aiuto da parte di Carmen.

Don Josè si arrende a Carmen e le confessa di amarla (“La fleur que tu m’avais jetée”, ossia “Il fior che avevi a me tu dato”), ma la donna si impone su Josè, ricattandolo: se l’ama, deve abbandonare tutto, per vivere con lei nel rifugio dei gitani sulla montagna.

Sono vani gli sforzi di Josè per farla riflettere, ma – ormai – non c’è altro da fare che cedere e disertare: (“Là-bas dans la montagne, ossia “Vieni lassù sulla montagna”).

 

Atto III

Sulla montagna, nel rifugio dei gitani-banditi-contrabbandieri-malfattori:

Questo genere di vita non si addice a Don Josè e si sente profondamente colpevole per aver disertato e causato una grande sofferenza a sua madre.
Inoltre, il suo legame con Carmen non è più quello di un tempo perché si è guastato, pur amandola in modo folle ma, purtroppo, lei si è disamorata, portando la loro relazione al termine.

Carmen, attraverso le carte (“Parlez encore, parlez, mes belles” -“En vain pour éviter les réponses amères”) riceve il responso terribile: la morte sia per lei e, a seguire subito, di Don Josè.

E’ turbata, nonostante sappia che sta esasperando il geloso Josè, ma non ha paura ed entra in competizione con il destino.

Nascondendosi, Micaela è tra le rocce montane (“Je dis que rien ne m’épouvante”); trovato Don José, gli racconta che la madre è in fin di vita.

Giunge anche Escamillo che viene sfidato a duello dal geloso Don Josè perché Carmen ormai è affascinata dal torero: entrambi sono staccati da alcuni gitani ma prima di seguire Micaela, Josè minaccia Carmen della quale è geloso morboso: “Ah! Je te tiens, fille damnée” – “Mia tu sei alma dannata”).

Atto IV

La Plaza de toros, in Siviglia.

Il popolo è in festa e acclama il corteo dei toreri; l’atteso Escamillo entra trionfante nell’arena per affrontare la corrida.

Carmen aspetta sorridendo Escamillo, di cui ora è pazza d’amore.

Mercedes e Frasquita l’avvertono di evitare il pericolo derivante da Don Josè, nascosto tra la folla.

Carmen ignora i loro consigli e lo incontra sola, nella piazza spopolata, dal momento che tutti stanno assistendo alla corrida.

Carmen non ha paura e lo fronteggia.

José la supplica, umiliandosi, di tornare con lui: vuole riavere “la sua” donna.
Carmen lo respinge duramente e, annoiata dalla debolezza del carattere di Don Josè, gli getta in faccia con disprezzo l’anello che lui le aveva donato mesi prima: ‘C’est toi?? C’est moi!!’ (“Sei tu?? Son io!”).

Escamillo è vittorioso sul toro ma, a questo punto, Josè è accecato dalla disperazione e l’uccide, gridandole il suo amore disperato e si fa arrestare: “Vous pouverz m’arreter” (“Potete arrestarmi”).

 

Brani noti: 

Atto I:

Preludio

Avec la garde montante (Coro dei monelli)

L’amour est un oiseau rebelle, Habanera di Carmen

Parle-moi de ma mère!, duetto Don José-Micaëla

Près des remparts de Séville, Seguidille Carmen-Don José

Atto II:

Intermezzo (basato sulla canzone Haltelà, Qui va là? Dragon d’Alcala!

Votre toast, je peux vous le rendre… Toreador, en garde

Les tringles des sistres tintaient, Chanson bohème di Carmen, Frasquita, Mercedes

Votre toast, je peux vous le rendre… Toreador, en garde, Couplets di Escamillo

Nous avons en tête une affaire, quintetto di Mercédès, Frasquita, Carmen, il Remendado e il Dancairo

Je vais danser en votre honneur, duetto di Don José e Carmen con “La fleur que tu m’avais jetée”, aria di Don José

Bel officier, bel officier, finale concertato

Atto III:

Intermezzo (Andantino quasi allegretto)

Mêlons!, Coupons! Terzetto “delle carte” di Frasquita, Mercedes, Carmen con l’arioso di Carmen

En vain pour éviter les réponses amères

Je dis que rien ne m’épouvante aria di Micaëla

Atto IV:

Intermezzo (Allegro vivo)

A deux cuartos, coro

Les voici, voici le quadrille, coro

Si tu m’aimes, Carmen, Escamillo, Carmen, Frasquita, Mercédès

C’est toi? C’est moi, Carmen, Don José, coro

 

Incisioni note:  

Gabriella Besanzoni, Piero Pauli, Ernesto Besanzoni, Maria Carbone

Leontyne Price, Franco Corelli, Robert Merrill, Mirella Freni

Regina Resnik, Mario Del Monaco, Tom Krause, Joan Sutherland

Maria Callas, Nicolai Gedda, Robert Massard, Andrea Guiot

Grace Bumbry, Jon Vickers, Kostas Paskalis, Mirella Freni

Anna Moffo, Franco Corelli, Piero Cappuccilli, Helen Donath

Teresa Berganza, Plácido Domingo, Sherrill Milnes, Ileana Cotrubaș

Agnes Baltsa, José Carreras, José van Dam, Katia

Angela Gheorghiu, Roberto Alagna, Thomas Hampson, Inva Mula

Elīna Garanča, Roberto Alagna, Teddy Tahu Rhodes, Barbara

 

Nota Bene:

Riguardo alle diverse edizioni, si sono avute le seguenti informazioni: “Della Carmen esistono diverse edizioni, che variano soprattutto in occasione dei recitativi e del duello fra José ed Escamillo”.

La creazione dell’opera è stata elaborata parecchio: Bizet, dopo l’insuccesso della prima edizione come Opéra-Comique, molti recitativi vengono tagliati e diverse parti vengono modificate.

 

Lista di film costruiti sull’opera o sul racconto:  

1907 Carmen di Arthur Gilbert

1909 Carmen di Gerolamo Lo Savio

1911 Carmen di Jean Durand con Gaston Modot.

1912 Carmen di Theo Frenkel

1913 Carmen di Lucius Henderson

1913 Carmen di Stanner E.V. Taylor

1913 Carmen di Giovanni Doria e Augusto Turchi

1915 Carmen di Cecil B. De Mille

1915 Carmen di Raoul Walsh, con Theda Bara.

1915 La parodia di Carmen (Burlesque on Carmen) di Charlie Chaplin

1918 Sangue gitano (Gypsy Blood) di Ernst Lubitsch, con Pola Negri e Harry Liedtke.

1921 Carmen di Ernesto Vollrath

1922 Carmen di George Wynn

1926 Carmen di Jacques Feyder con Raquel Meller

1927 Carmen di H.B. Parkinson

1927 Gli amori di Carmen (The Loves of Carmen) di Raoul Walsh, con Dolores del Río

1929 Carmen di Shunichi Takeuchi

1931 Carmen di Cecil Lewis

1933 Carmen di Lotte Reiniger animazione di 9 minuti

1938 La cortigiana di Siviglia / (Andalusische Nächte – Carmen, la de Triana) di Florián Rey con Imperio Argentina

1941 Carmen di produzione Filippina

1943 Carmen di Luis César Amadori (di produzione argentina)

1945 Carmen di Christian-Jaque con Jean Marais e Viviane Romance

1948 Gli amori di Carmen (The Loves of Carmen) di Charles Vidor con Rita Hayworth e Glenn Ford.

1954 Carmen Jones di Otto Preminger; basato sull’adattamento del 1943 di Oscar Hammerstein II, Carmen Jones. Con Dorothy Dandridge, Harry Belafonte, Pearl Bailey, e Diahann Carroll.

1959 Carmen la de Ronda di Tulio Demicheli con Sara Montiel and Maurice Ronet.

1960 The Wild, Wild Rose di Wong Tin-Lam

1967 Carmen di Herbert von Karajan (regista e direttore) con Grace Bumbry, Jon Vickers, Justino Diaz  e Mirella Freni, Deutsche Grammophon

1967 L’uomo, l’orgoglio, la vendetta

1978 Carmen (Vienna State Opera) – Elena Obrazcova/Plácido Domingo/Carlos Kleiber, regia Franco Zeffirelli, Arthaus Musik/Naxos

1983 Carmen Story di Carlos Saura; film di danza

1983 La tragédie de Carmen di Peter Brook, cortometraggio su adattamento dello stesso Brook

1983 Prénom Carmen di Jean-Luc Godard

1984 Carmen di Francesco Rosi con Julia Migenes e Plácido Domingo

1989 Carmen – Levine/Baltsa/Carreras/Ramey, Metropolitan Opera, Deutsche Grammophon

1990 Carmen on Ice di Horant H. Hohlfeld

1991 Carmen (Royal Opera House) – Maria Ewing/Gino Quilico/Zubin Mehta, Arthaus Musik/Naxos

2001 Carmen: A Hip Hopera di e con Robert Townsend

2001 Karmen Gei di Joseph Gaï Ramaka; girato a Dakar, Senegal e cantato in francese e wolof.

2002 Carmen (Glyndebourne) – Anne Sofie von Otter/London Philharmonic Orchestra, Opus Arte/Naxos

2003 Carmen di Vicente Aranda

2003 Carmen (Arena di Verona) – Marina Domashenko/Marco Berti, regia Franco Zeffirelli, TDK/Naxos

2005 U-Carmen eKhayelitsha di Mark Dornford-May

2007 Carmen – Pappano/Antonacci/Kaufmann/ROH, regia Francesca Zambello, Decca

2008 Carmen – Welser-Most/Kasarova/Kaufmann, Decca

2010 Carmen (Liceu) – Béatrice Uria-Monzon/Roberto Alagna, C Major/Naxos

2010 Carmen (Royal Opera House) – Christine Rice, Opus Arte/Naxos

2013 Carmen (Opera Australia) – Rinat Shaham, EPC Distribution/Naxos

 

Danza e teatro:

1943 Carmen Jones, musical di Broadway con testi e musiche di Oscar Hammerstein II. Lo spartito di Bizet fu adattato e orchestrato da Robert Russell Bennett.

1949 Carmen, balletto creato da Roland Petit basato su musica di Bizet e trama molto simile, replicato oltre 5,000 volte.

1967 Carmen, balletto scritto da Rodion Shchedrin e direttamente ispirato all’opera.

2000 The Car Man, versione contemporanea creata dal coreografo Matthew Bourne, ispirata alla Carmen di Rodion Shchedrin.

1981 La Tragédie de Carmen, musical drammatico di Peter Brook.

1994 “Carmen”, Performed by the Cullberg Ballet, Choreography by Mats Ek, Music by Bizet-Shchedrin.

1997 Carmen, balletto contemporaneo di 45 minuti del Ballet Pacifica su musiche di Miles Davis e coreografato da Robert Sund.

2007 Carmen, balletto di Ramón Oller.

2008 Carmen, The Passion, balletto del The Royal Winnipeg Ballet creato da Mauricio Wainrot.

2009 Flow: El Musical, presentato al Centro de Bellas Artes Luis A. Ferré è un adattamento di Carmen. Il cast include alcuni partecipanti della trasmissione televisiva portoricana Objetivo Fama.

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

“L’amour est un oiseau rebelle”: è la famosa “habanera” cantata da Carmen, nel I atto, con parole scritte dallo stesso Bizet che collabora alla stesura del libretto durante i tre mesi alquanto stancanti di prove di un’opera composta nello stile comique, cioè comprendente conversazioni con parti declamate e musicali.

Inizialmente, l’opera, non consegue successo per cui, Bizet, essendo deceduto tre mesi dopo la prima recita, non può rendersi conto del trionfo del suo lavoro.

L’Opéra-Comique incarica Bizet di comporre un’opera costruita sul romanzo di Mérimée, ma le cantanti Zulma Bouffar e Marie Roze rifiutano la parte, per cui l’impresario Camille du Locle contatta la famosa Célestine Galli-Marié.

La trattativa è economica e il mezzosoprano accetta per 2.500 franchi al mese per quattro  mesi.

Adolphe de Leuven, assistente di Du Locle, è insoddisfatto a causa della trama e preme su Bizet e sui librettisti per un cambio del finale che pare troppo tragico e traumatizzante, visto che l’Opéra-Comique è adatta ad un pubblico prettamente familiare e abituato al Romanticismo.

I librettisti acconsentono a cambiare il finale ma Bizet rifiuta e consegna le sue dimissioni a Leuven per cui i librettisti addolciscono qualche particolare piuttosto forte.

Esistono le difficoltà finanziarie dell’Opéra-Comique, per cui aleggia la paura del fallimento del teatro, ma Bizet, i librettisti e la compagnia vengono convinti dell’originalità brillante dell’opera.

E’ chiaro che Bizet non mantiene il legame tradizionale ed è evidente che la causa prima dell’opera è sensuale: uno degli esempi è dato dall’esaltazione sfrenata della “Chanson bohème” e, comunque, trovano posto il preludio all’atto III, pagina raffinatissima paragonabile ad una meditazione pastorale, idilliaca, serena e il “tema del destino” che presenzia nel preludio.

 

Rappresentazioni:

Tra il pubblico, presenziano Charles Gounod, Charles Lecocq e Jacques Offenbach e i cantanti Hortense Schneider, Zulma Bouffar, Anna Judic, Jean-Baptiste Faure, personalità importanti in campo letterario e musicale come Jules Pasdeloup, Alphonse Daudet e Alexandre Dumas figlio.

Critici, come Joncières e il poeta Théodore de Banville, elogiano l’opera per la sua innovazione comprendente personaggi più realistici in confronto a quelli solitamente interpretati in questo teatro, ma è importante anche citare che, a causa delle recensioni negative, Carmen fatica ad imporsi.

Dopo poco tempo trascorso dalla morte di Bizet, Wagner, Brahms, Ciaikovskij e il filosofo Nietzsche elogiano Bizet.

Nietzsche, ne “Il caso Wagner”, lo loda così: “Costruisce, organizza, termina”.

Nel 1900, “Carmen” si inserisce bene nel repertorio operistico, diventando una delle opere più eseguite al Mondo.

 

Parte scritta per la voce di mezzosoprano, anche soprani e contralti sono in grado di esibire capacità intense affinché si capisca il carattere complicato di Carmen e il suo muoversi in maniera persuadente e trascinante sul palco.

 

Curiosità: 

Il preludio dell’opera con il tema di Escamillo viene trasmessa per la cerimonia del podio nei Gran Premi di Formula 1.

 

Carmen: 

Oltre a concerti vocali, è la prima opera che ho presentato per cui, con “Carmen” sono un po’ “imparentata”.

Bizet riesce a sedurre musicalmente e fortemente attraverso “Carmen” che, cosa riconosciuta, E’ UNO DEI PIU’ GRANDI CAPOLAVORI DELL’OPERA LIRICA.

Carmen, opera sensuale e umana del 1800, evidenzia lo spirito della protagonista, dove il bellissimo personaggio emotivo E’ COSCIENTE DI ESSERE NATO LIBERO e DI VOLER MORIRE LIBERO.

Zodiacalmente, parlando, per chi ci crede, oggi, la zingara Carmen potrebbe essere classificata come nata sotto un Segno di Terra: forse, Toro o Capricorno, vista anche la sua caparbietà nell’affermare la propria personalità sotto l’aspetto reale “piedi ben piantati in terra”.

Carmen è una donna emancipata, per il suo tempo, SA che cosa vuole.

Carmen NON è condizionata, NON è subordinata.

L’ultima parola è sua: decisiva.

Carmen: già, nel 1820, è cosciente di sapere con certezza e di propugnare che “il corpo è mio e me lo gestisco io”.

Oggi, verrebbe definita “FEMMINISTA”: lei ha solamente anticipato i tempi.

La cosa è ATTUALE per cui: FA VALERE I PROPRI DIRITTI CIVILI DI ESSERE UMANO, pur essendo arrogante, prepotente, insolente.

. Carmen: davvero, una primadonna della sua epoca e sulle altre interpreti dell’opera.

. Carmen: è un personaggio selvaggio, dal carattere irrispettoso, incostante e implacabile per raggiungere il suo scopo.

. Carmen: da subito, la sua personalità risulta forte e attraente, capace di avere un certo potere sugli altri a mezzo del suo carisma di seduzione e, già, nel I atto, cerca di sedurre Zuniga e Don Jose’: Carmen stuzzica Don Jose’ lanciandogli un fiore per attirare la sua attenzione dal momento che lo ha adocchiato subito “volendo” impadronirsi di lui.

Cosa che le riesce perché Don Josè ricorderà questo “omaggio” nella nostalgica “romanza del fiore” in cui le confessa di amarla in modo appassionato e sognante.

Il torero Escamillo esprime, in generale, la sua convinzione secondo la quale “gli amori di Carmen non durano più di sei mesi”: Carmen “sa” amare perché “s’innamora”, anzi “crede” di innamorarsi, ma si diverte a sedurre gli uomini, a farli innamorare, canta e balla il flamenco con loro, li stuzzica.

Ma, dopo poco, si stanca a causa del suo voler “respirare”, in quanto si sente “soffocata” da qualcosa di più forte di lei come, ad esempio, la gelosia di Don Josè che lo fa diventare ossessivo.

Carmen si comporta così perché è narcisista e seduttrice seriale, una “allumeuse”.

Si sa che esiste la “violenza delle donne sulle altre donne”, ossia “donne che odiano le altre donne”: anche la SEDUTTRICE SERIALE appartiene a questo genere femminile.

Questo tipo di seduttrice avvicina gli uomini a causa della sua necessità assoluta di sentirsi appagata del proprio charme e della propria bellezza fisica.

Narcisisticamente, il suo scopo inconscio NON è amare, MA conquistare.

Il contatto della seduttrice seriale verso altre donne è meno conosciuto del contatto verso gli uomini ed è dovuto al volere sentirsi migliore di altre donne ritenute “inferiori” a lei e per “non avere rivali”: ossia, DEVE vincere “la competizione”.

Carmen è una “allumeuse”: ossia, una donna con personalità isterica che ha alcune manie di protagonismo tanto da sembrare un po’ un’attrice sulla scena teatrale.

E’ capace di sedurre in tantissimi modi: lo sguardo (arma piuttosto elevata), con il corpo che assume qualche movenza significativa, particolarmente indirizzata all’altro sesso, il tocco frequente dei capelli.

Emotivamente, si avvale di molte tattiche fra cui l’abbandono e il vittimismo.

Per cui lei è la colpevole della circostanza, MA è capace di manipolare la persona sua interlocutrice fino a farla sentire in colpa di quanto succede e a rovinarle la vita.

Carmen-allumeuse, ossia la “civetta”:

Francesco Lamendola, il 30/04/2009, così aveva espresso, in generale: “La seduttrice è una povera creatura costretta a dissimulare la propria miseria”.

Fra le persone capaci di stregare, esistono anche i seduttori che, a seconda dei loro casi, “a monte” hanno qualcosa che li fa reagire; proprio come le seduttrici.

 

Il fascino:

Il fascino e la bellezza non sono uguali: ad esempio, una donna bellissima può colpire subito e, poi, passare ignorata a causa del suo comportamento.

Al contrario, esistono seduttrici senza grandi qualità estetiche e piacevoli che riescono a conquistare l’uomo.

Di conseguenza, sono affascinanti, avvenenti, vengono notate, “rimangono solamente  loro sul palco del teatro”, emergendo e sembrando un traguardo da conquistare.

 

L’intelligenza:

La seduttrice seriale, in particolare, nella società attuale, è una donna pratica e sa come manovrare un uomo.

La seduttrice è intelligente, pur non avendo molta cultura: infatti, sa prevedere “i passi” altrui.

Per manipolare la persona da conquistare, le tattiche usate dalla seduttrice sono molte fra cui, maggiormente, la SOFFERENZA DI VITTIMISMO, allo scopo di risultare come persona buona e di provocare pena e protezione nella persona interlocutrice.

Per non lasciarsi manipolare dalla “civetta”, è necessario studiare attentamente il suo modo di agire, modo che può essere benissimo volto solamente a conseguire piaceri e gentilezze o per sentirsi la più bella esistente al mondo.

La prima causa che Carmen possiede è l’estrema frustrazione.

La seconda causa sicuramente, ha a che fare con la sua paura inconsapevole.

La terza causa di Carmen: donna seduttrice – o donna civetta – seduce per esaltarsi con un potere astratto perché non rimane gratificata dopo ciascuna “conquista”.

 

. Carmen è un demonio e, le cause della circostanza-istinto di libertà, potrebbero essere provocate dall’istinto di zingara, bisogno di “respirare”, forse tenuta oppressa o traumatizzata fin da piccola? A causa di mentalità vigente e a causa di educazione ricevuta?

Da demoniaca qual è, Carmen-allumeuse, invoglia il maschio per cui si elettrizza a sua volta attraverso tale abilità e tale reazione emotiva.

Purtroppo, i “demoni inconsci” la rendono impotente a concretizzare l’armonia con l’altro essere e con sé stessa di cui è vittima: le sue paure e le sue frustrazioni (è insicura).

 

. A proposito delle cause dell’innamorarsi continuo di Carmen: potrebbe corrispondere alla Sindrome di Messalina (è il corrispondente maschile del Complesso di Don Giovanni, ossia l’ “allumer”).

Sotto l’aspetto psicologico, si suppone che la causa principale della sindrome sia dovuta al “padre assente” e alla madre piuttosto energica e dispotica e, comunque, da un conflitto competitivo tra madre e figlia evidente.

Secondo Bergmann: “Nelle Messaline, coesisterebbero sia la ricerca dell’oggetto edipico perduto, sia il desiderio di ristrutturazione con un nuovo oggetto col quale fondersi, onde ripetere la relazione simbolica originaria”.

. Carmen è complessa, psicologicamente: Mérimée l’ha ben descritta ma, attraverso le informazioni ben definite create da Bizet, esse denotano la sua personalità satanica derivata dalla frustrazione estrema.

. Carmen che, ad esempio, nella scena del III atto, attraverso le carte, si rende conto del suo destino tragico (“La Morte”) per mano di chi “NON sa capire” la sua INDIPENDENZA MORALE: è una super femminista che SA affermare la propria personalità che attua alquanto la decisione razionale libera e fedele verso di sé.

. Carmen che MUORE PER LA SUA LIBERTÀ PERSONALE “INFISCHIANDOSENE” DELLE CONVENZIONI.

. NON è Ipazia d’Alessandria MA, come Ipazia muore per le sue idee: Carmen MUORE TENENDO ALTA LA LIBERTÀ VERSO SE’ STESSA.

Infatti: «Giammai Carmen cederà! Libera è nata e libera morirà!»  (Atto IV).

 

Don Jose’: 

E’ il tipico “ragazzo di campagna” puro, con sentimenti genuini, che, per avere un lavoro, si è fatto assumere nel Corpo dei Dragoni come soldato semplice e in cui, fin da subito, è passato brigadiere.

E’ molto legato alla madre e spera di poter tornare al paese per vivere con lei e con Micaela, la sua fidanzata che vuole sposare.

Incontrare Carmen muta la sua vita.

Personalità fragile, è dipendente dalla “sfidante” Carmen fino all’ultimo.

Infatti, Don José appare come il tipico ‘maschio mediterraneo’ capace solo di credere nell’immagine della donna materna, angelo del focolare.

L’immagine del “diavolo tentatore”, provocherà la sua “frantumazione” nel finale dell’opera, dove – psicologicamente – si sente abbandonato e implora Carmen per paura abbandonica o paura di un disperato che non vuole perdere un sentimento che lo tiene in vita, pur avendo perduto la pace.

Questo, soprattutto, dopo che viene esasperato dal lancio dell’anello da parte di Carmen, in segno di ormai forte rifiuto verso di lui, genera la sua “esplosione”.

E’ importante evidenziare che, nella fatidica scena delle carte, Carmen è cosciente del proprio destino, oltre alla rovina morale dell’uomo-uccisore a causa di volere distruggere sé stesso.

José, si rende conto di essere insufficiente senza Carmen, per cui, per fragilità morale e senza speranza, abbatte l’uno e l’altra.

Psicologicamente, la potenza demoniaca di Carmen fa scattare il meccanismo che trasforma il mite Don Josè in assassino.

 

Micaela:  

Nel primo atto, la purezza di Micaela, contro l’esuberanza e la vitalità di Carmen, viene distinta, specialmente durante il duetto con Don Jose’: infatti, Micaela è la contrapposizione ‘buona’ di Carmen; Micaela è melodia gentile e affettuosa; Micaela è persona consueta.

Micaela ha 17 anni e, orfana, era stata raccolta dalla madre di Don Josè.

Praticamente, è “la seconda donna” dell’opera, “il contrario” di Carmen.

Micaela è una bella personcina, riservata, ma sa essere coraggiosa nella ricerca che interessa Don Josè e sua madre (“Je dis que rien m’épouvente”).

Aspetta la reazione di José e, capendo che il ragazzo sta correndo verso il baratro, cerca di salvarlo in qualsiasi modo.

Quindi, persona piuttosto giovane, con traumi infantili dovuti al suo stato di orfana, Micaela dimostra maggiore senso di maturità e di responsabilità di Carmen.

 

Escamillo:  

Psicologicamente, Escamillo è “intrigante” e si potrebbe definire “un gallo in un pollaio”.

Nel II atto, lo si vede corteggiato da parecchie donne, mentre Carmen finge di infischiarsene, pur subendo il fascino del toreador.

Grande torero, famoso e coraggioso, è adorato dalla popolazione, specialmente nel  IV atto.

Ama la bella vita, le belle donne, in particolare se sanno tenergli testa e lo fanno aspettare prima di cadere nelle sue braccia: potenza della “sfida di conquista” …

E’ “IL DIO DELLA CORRIDA” ma, interiormente, è superficiale e oggetto della gelosia di Don Josè.

Sicuramente “macho”, è abbastanza vuoto e, alla fine dell’opera, nel suo breve duetto con Carmen (“Si tu m’aimes, Carmen”), è seducente.

 

CARMEN, LA PRIMA OPERA REALISTA: BIZET HA CONSEGNATO QUESTO CAPOLAVORO ALL’IMMORTALITA’.

 

Battuto al computer da Lauretta 

 

LORIN MAAZEL dirige il PRELUDIO dall’opera “CARMEN” :

 

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Il mezzosoprano FIORENZA COSSOTTO canta l’ “HABANERA”:

 

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Il tenore FRANCO CORELLI canta “LA ROMANZA DEL FIORE”:

 

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Il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO canta “PRESSO IL BASTION DI SIVIGLIA”:

 

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Il baritono DMITRI HVOROSTOVSKIJ canta “TOREADOR, EN GARDE”:

 

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HERBERT VON KARAJAN dirige il PRELUDIO ALL’ATTO III:

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Il soprano ANGELA GHEORGHIOU canta “JE DIS CHE RIEN NE M’ÉPOUVANTE”:

 

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PRELUDIO ALL’ATTO IV:

 

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MARIA CALLAS e NICOLAI GEDDA cantano il duetto “C’EST TOI, C’EST MOI con FINALE:

IL BARBIERE DI SIVIGLIA di GIOACCHINO ROSSINI

Prima rappresentazione: Roma, Teatro “Argentina”, 20 febbraio 1816

 

Personaggi:

Il Conte d’Almaviva, innamorato della giovane Rosina, (tenore leggero)

Don Bartolo, dottore in medicina, tutore di Rosina e suo pretendente (basso buffo)

Rosina, sua pupilla (mezzosoprano di cloratura, o contralto leggero, o soprano di coloratura)

Figaro, barbiere tuttofare (baritono leggero)

Don Basilio, maestro di musica di Rosina (basso buffo)

Berta, vecchia governante in casa di Bartolo (soprano)

Fiorello, servitore del Conte d’Almaviva (basso)

Ambrogio, servitore di Bartolo; un ufficiale, un alcalde, o Magistrato; un notaro; Alguazils, o Agenti di polizia; soldati; suonatori di istromenti (basso)

 

I primi interpreti:

(direzione: Gioachino Rossini)

Il Conte d’Almaviva (tenore) Manuel García

Bartolo (basso) Bartolomeo Botticelli

Rosina (contralto) Geltrude Righetti Giorgi

Figaro (baritono) Luigi Zamboni

Basilio (basso) Zenobio Vitarelli

Berta (soprano) Elisabetta Loyselet

Fiorello (basso) Paolo Biagelli

 

Trama:

Atto I

Periodo storico: XVIII secolo.

L’esterno della casa di Don Bartolo.

Il Conte d’Almaviva, Grande di Spagna, è innamorato di Rosina, ricca pupilla che vive presso il suo anziano tutore, Don Bartolo, il quale ha l’intenzione di sposarla.

Figaro è il barbiere-tuttofare (si definisce “il factotum della città”), per cui il Conte d’Almaviva chiede il suo aiuto per arrivare a Rosina dopo che, attraverso la serenata “Ecco ridente in cielo” le dichiarato il suo amore, mostrandosi come  Lindoro, servo del Conte.

Il Conte riceve la risposta di Figaro che gli consiglia di presentarsi sotto altra personalità: quindi, dovrà  fingersi un giovane ufficiale, ubriaco, si presenterà da Don Bartolo con il documento-prova del diritto di risiedere “ad interim” nella casa allo scopo di poter comunicare con la ragazza.

Il maestro di musica della ragazza, Don Basilio, è al corrente che il Conte d’Almaviva si trova a Siviglia e gli sembra opportuno consigliare a Don Bartolo di svalutarne l’immagine per mezzo di una calunnia (“La calunnia è un venticello”).

Don Bartolo è frettoloso e, con Don Basilio, si accinge a scrivere l’atto matrimoniale  fra lui e Rosina.

Figaro sente il discorso per cui consiglia fortemente Rosina di scrivere un biglietto a Lindoro, biglietto che la ragazza ha già scritto e dà al barbiere perché lo recapiti a Lindoro.
Don Bartolo si rivolge alla ragazza (“a un dottor della mia sorte…”) perché si è reso conto che ha scritto un biglietto.

Il Conte d’Almaviva, come deciso con Figaro,  travestito da soldato ubriaco, invade impetuosamente la casa di Don Bartolo, provocando grande trambusto per cui è necessario chiamare la gendarmeria.

Il Conte manifesta di nascosto all’ufficiale la sua persona, per cui i gendarmi fermano la propria azione, mentre Don Bartolo rimane letteralmente annichilito  (“guarda Don Bartolo sembra una statua…”).

 

Atto II

Nella casa di Don Bartolo.

A Don Bartolo, nascono sospetti circa l’ufficiale ubriaco che, praticamente, “si è imposto” sulla Gendarmeria intervenuta.

Don Alonso, ossia, il Conte travestito da maestro di musica mandato da Don Basilio malato, giunge in casa di Don Bartolo per la lezione di canto a Rosina e, per conferma, gli esibisce il biglietto fatto recapitare dalla ragazza.

Arriva Figaro deve fare la barba a Don Bartolo e arriva Don Basilio, la cui presenza crea subbuglio, ma viene fatto allontanare dal Conte che gli allunga qualche denaro.

Cosa che aumenta i sospetti di Don Bartolo che raccoglie parte del discorso fra Rosina e Don Alonso e che scaccia Don Alonso e il barbiere.

A questo punto, Don Bartolo ritiene opportuno attuare il suggerimento di Don Basilio (“la calunnia”) dando ad intendere a  Rosina che Lindoro possa essere un collaboratore del Conte che si beffa di lei.

Rosina crede e rimane amareggiata e, quindi, accetta di sposare Don Bartolo che convoca il notaio.

Per mezzo di una scala, Figaro e il Conte raggiungono Rosina entrando in casa attraverso la finestra, mentre – nel contempo – arriva Don Basilio.

Qui, il Conte dichiara il suo rango e convince la ragazza circa le sue sincere intenzioni.

La scala viene rimossa da Don Bartolo e, di conseguenza, Rosina, Figaro e il Conte sono bloccati in casa dove, in quel momento, arriva il notaio, per stilare il contratto delle nozze.

Don Bartolo si è assentato e il Conte approfitta dell’occasione per chiedere a Figaro e a Don Basilio (dietro forte riconoscimento in denaro) di fare da testimoni e scrivere nel contratto di nozze il suo nome anziché quello di Don Bartolo, la cui dote per Rosina viene rifiutata dal Conte stesso che corona il suo sogno d’amore con la sua innamorata.

 

Brani noti:

 

Atto I

Introduzione

Coro Piano, pianissimo (Fiorello, Conte, Coro)

Cavatina Ecco, ridente in cielo (Conte)

Seguito dell’introduzione (Recitativo) Ehi, Fiorello?…(Conte, Fiorello, Coro)

Cavatina Largo al factotum (Figaro)

Canzone Se il mio nome saper voi bramate (Conte)

Duetto All’idea di quel metallo (Figaro, Conte)

Cavatina Una voce poco fa (Rosina)

Aria La calunnia è un venticello (Basilio)

Duetto Dunque io son… tu non m’inganni? (Rosina, Figaro)

Aria A un dottor della mia sorte (Bartolo)

Finale I atto Ehi di casa… buona gente… (Conte, Bartolo)

Signori miei (Figaro) La Forza! (Tutti, Ufficiale, Coro)

Guarda don Bartolo (Rosina, Conte, Berta, Figaro)

Stretta (Tutti, Ufficiale, Coro)

Atto II

Duetto Pace e gioia sia con voi (Conte, Bartolo)

Aria Contro un cor che accende amore (Rosina)

Arietta Quando mi sei vicina (Bartolo)

Quintetto Don Basilio!… (Rosina, Conte, Figaro,Bartolo, Basilio)

Aria Il vecchiotto cerca moglie (Berta)

Temporale

Terzetto Ah! qual colpo inaspettato (Rosina, Conte,Figaro)

Recitativo strumentato Il Conte!… ah, che mai sento!…(Conte, Bartolo)

Aria Cessa di più resistere (Conte, Coro)

Finaletto II Di sì felice innesto (Tutti, Coro)

 

Arie alternative:

Nellie Melba come Rosina (primi anni venti)

Aria (al posto di A un dottor della mia sorte)

Manca un foglio (Bartolo) scritta da Pietro Romani

Aria (al posto di Contro un cor che accende amore)

La mia pace, la mia calma (Rosina)

Aria (posta prima del temporale)

Ah, s’è ver, in tal momento (Rosina – composta per Joséphine Fodor, interprete del ruolo a Venezia nel 1819)

Per la replica al Teatro Contavalli di Bologna nell’estate del 1816, Rossini, su suggerimento di Geltrude Righetti-Giorgi, riadattò l’aria “Cessa di più resistere” per il personaggio di Rosina (interpretata proprio dalla Righetti-Giorgi).

 

Auto-imprestiti:

L’ouverture dell’opera proviene dalla sua opera “Aureliano in Palmira”, riutilizzata poi anche in “Elisabetta, regina d’Inghilterra”.

L’introduzione “Piano pianissimo” proviene dal “Sigismondo” (Introduzione seconda “In segreto a che ci chiama”)

La serenata “Ecco, ridente in cielo” proviene dall’ “Aureliano” (Coro Sposa del grande Osiride)

La cabaletta “Io sono docile” proviene dall’ “Elisabetta” (Cabaletta “Questo cor ben lo comprende”)

La cabaletta “Fortunati affetti miei!” proviene da “La cambiale di matrimonio” (Cabaletta “Vorrei spiegarvi il giubilo”)

L’aria “Ah il più lieto e più felice” sarà riutilizzatane “Le nozze di Teti e Peleo” (Aria “Ah, non potrian resistere”) e nell’opera “La Cenerentola” (Aria “Non più mesta accanto al fuoco”)

 

Incisioni:

Riccardo Stracciari, Mercedes Capsir, Dino Borgioli, Salvatore Baccaloni, Vincenzo Bettoni    Lorenzo Molajoli   Columbia

Gino Bechi, Victoria de los Ángeles, Nicola Monti, Melchiorre Luise, Nicola Rossi-Lemeni    Tullio Serafin   His Master’s Voice

Tito Gobbi, Maria Callas, Luigi Alva, Melchiorre Luise, Nicola Rossi-Lemeni   Carlo Maria Giulini   Cetra/Myto

Ettore Bastianini, Giulietta Simionato, Alvinio Misciano, Fernando Corena, Cesare Siepi   Alberto Erede    Decca

Tito Gobbi, Maria Callas, Luigi Alva, Fritz Ollendorf, Nicola Zaccaria  Alceo Galliera  EMI

Robert Merrill, Roberta Peters, Cesare Valletti, Fernando Corena, Giorgio Tozzi Erich Leinsdorf  RCA

Nicola Monti, Gianna D’Angelo, Renato Capecchi, Giorgio Tadeo   Bruno Bartoletti   Deutsche Grammophon

Sesto Bruscantini, Victoria de los Ángeles, Luigi Alva, Ian Wallace, Carlo Cava   Vittorio Gui   EMI

Manuel Ausensi, Teresa Berganza, Ugo Benelli, Fernando Corena, Nicolai Ghiaurov    Silvio Varviso    Decca

Piero Cappuccilli, Margherita Guglielmi, Antonio Cucuccio, Giuseppe Valdengo, Silvano Pagliuca    Giacomo Zani    Supraphon

Hermann Prey, Teresa Berganza, Luigi Alva, Enzo Dara, Paolo Montarsolo   Claudio Abbado   Deutsche Grammophon

Sherrill Milnes, Beverly Sills, Nicolai Gedda, Renato Capecchi, Ruggero Raimondi    James Levine     EMI

Leo Nucci, Marilyn Horne, Paolo Barbacini, Enzo Dara, Samuel Ramey    Riccardo Chailly Fonit Cetra

Thomas Allen, Agnes Baltsa, Francisco Araiza, Domenico Trimarchi, Robert  Lloyd    Neville Marriner    Decca

Leo Nucci, Cecilia Bartoli, William Matteuzzi, Enrico Fissore, Paata Burchuladze    Giuseppe Patanè   Decca

Plácido Domingo, Kathleen Battle, Frank Lopardo, Lucio Gallo, Ruggero Raimondi    Claudio Abbado   Deutsche Grammophon

Pietro Spagnoli, María Bayo, Juan Diego Flórez, Bruno Praticò, Ruggero Raimondi    Gianluigi Gelmetti    Decca

Roberto Frontali, Rinat Shaham, Francesco Meli, Bruno de Simone, Giovanni Furlanetto    Antonino Fogliani DynamicDVD & Blu-ray (parziale)

 

Barbiere di Siviglia – Weikert/Nucci/Blake/Battle/Dara, 1989 Deutsche Grammophon

Barbiere di Siviglia  Gelmetti/Spagnoli/Flórez/Bayo/Praticò, regia Emilio Sagi, 2005 Decca

Barbiere di Siviglia – Abbado/Prey/Alva/Berganza/Dara, regiaJean-Pierre Ponnelle, 1972 Deutsche Grammophon

 

Adattamenti cinematografici:

“Il barbiere di Siviglia” di Rossini è stato ampiamente adattato per il cinema e la televisione e, un buon lavoro è il film del regista Mario Costa, con Ferruccio Tagliavini come Almaviva e Tito Gobbi come Figaro.

Nel 1972, Claudio Abbado ha diretto un’edizione storica con la regia televisiva di Jean-Pierre Ponnelle, con interpreti Hermann Prey, Teresa Berganza, Luigi Alva, Enzo Dara, Paolo Montarsolo e con l’Orchestra e il Coro del Teatro alla Scala di Milano.

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Nel 1732, Giuseppe Sforza, nonno di Francesco Sforza Cesarini, crea il Teatro “Argentina”  di Roma, di cui il nipote diventerà impresario.

Nipote che, nel 1815, si accorda con il giovane Gioacchino Rossini per comporre un’opera scherzosa per il Carnevale del 1816 ma che, purtroppo, decede per infarto quattro giorni avanti la prima rappresentazione che, rappresentata come “Almaviva, o sia L’inutile precauzione” (per rispetto verso il titolo “Il Barbiere di Siviglia” di Giovanni Paisiello), viene protestata a causa di fans del ‘vecchio’ Paisiello.

La sera dopo, l’esito s’inverte perché la rappresentazione sortisce un grande successo  che,  nel tempo, diventerà il capolavoro rossiniano e sarà il “Simbolo dell’Opera Buffa”, molto eseguita in tutti i teatri del Mondo.

Fra i due “Barbieri”, esistono differenze di stile e di tecnica: infatti, Rossini, praticamente, migliora la tecnica  teatrale, come, ad esempio, l’entrata in scena di Rosina con il suo recitativo abbastanza “concreto” che non viene capito subito dal pubblico.

Rossini inizia la nuova maniera di fare l’Opera che condurrà, poi, a Wagner.

Giuseppe Verdi scriveva così: < Io confesso che non posso fare a meno di credere che il Barbiere di Siviglia, per abbondanza di vere idee musicali, per verve comica e per verità di declamazione, sia la più bella opera buffa che esista>.

Infatti, la magia e la freschezza di quest’opera conquista musicisti del 1900 come Ildebrando Pizzetti: < Il barbiere di Siviglia è l’opera comica più divinamente leggera e più compiutamente perfetta che sia mai stata scritta al mondo > e l’Americano Philip Gossett, grande esperto del nostro teatro lirico: < Il barbiere di Siviglia è forse la più grande di tutte le opere comiche >.

Quest’opera buffa è un insieme di naturalezza e vivacità di melodie piacevoli e facili da ricordare, comprende una vicenda divertente e allegra, presenta situazioni assurde e ha un’orchestrazione brillante.

I personaggi de “Il Barbiere di Siviglia” dimostrano con facilità il proprio carattere e la propria personalità: ciascuno ha la sua importanza e, in quest’opera, può essere divertente da interpretare.

 

Figaro:

Figaro è un barbiere alquanto simpatico e conosciuto in tutta Siviglia.

Accattivante, irrequieto, ma non molto disattento (salvo per “Il maestro ho fatto a lei”), all’inizio dell’opera si presenta come il factotum della città perché non è solamente barbiere, ma colui che è “pronto a far tutto, la notte e il giorno” e, quale esperto della vita, sa organizzare anche intrighi e sotterfugi: infatti, possiede una mente sveglia e intelligentissima e riesce a fronteggiare le situazioni.

La sua iperattività lo rende in grado di aiutare e di  “far piacere” a chi lo cerca e gli fa guadagnare qualche soldino attraverso le sue idee geniali, mettendo  in pratica il suo pensiero filosofico che lo porta a “faticare poco, divertirsi assai”.

Conoscendo tutta Siviglia, frequenta parecchi fra cui il dottor Bartolo (persona burbera)  e, fra le sue amicizie, c’è anche il Conte d’Almaviva.

 

Il Conte d’Almaviva:

Il Conte è giovane, nobiluomo, appartiene ad un rango alto ed è bello, ricco e desta simpatia, oltre a possedere una mente elastica, certamente, allenata a superare i problemi da sotterfugi.

Vedendo Rosina al Prado, rimane colpito dalla sua bellezza e se ne innamora subito.

Ma non può parlarle perché Don Bartolo (che crede essere suo padre) la sorveglia: usanza del tempo, ma oggi – psicologicamente – verrebbe definita “soffocamento morale” verso altra persona.

Avendo intenzioni serie, il Conte non sa se Rosina lo ama, per cui si reca a Siviglia per ritrovarla, rivedendo Figaro, sua vecchia simpatica conoscenza.

 

 

Rosina: 

Rosina è una ragazza giovane e molto bella.

Vive con il suo tutore, il dottor Don Bartolo.

Si presenta come “docile, obbediente e si fa guidare”, ma risulta chiaro che è furba, risoluta e ostinata, per cui – se qualcuno la ostacola – “sa trasformarsi in una vipera”.

Si è innamorata di uno sconosciuto che ha visto al Prado e col quale si sono parlati attraverso sguardi  focosi, senza sapere che il giovane è Conte e ricco.

Rosina si trova bene solamente con Figaro, quando lo incontra perché litiga spesso col suo tutore, il quale la sorveglia strettamente e la controlla e, come lui, anche Berta e Ambrogio sono vecchi e provocano fastidio e scontentezza.

 

 

Don Bartolo:

E’ il dottore, tutore di Rosina: anziano e pesante.

Non la fa uscire di casa e la sorveglia in continuazione perché ha strane idee sulla ragazza  e non le permette di uscire: oggi, lo condannerebbero per “sequestro di persona”.

La vuole sposare a tutti i costi perché è bella, giovane e con una dote alquanto sostanziosa.

E’ un essere “centro dell’universo” che non possiede la logica per capire che Rosina non  ha alcun interesse verso di lui.

Al Prado, ha visto i due sguardi incrociarsi intensamente, per cui ha avuto l’impressione  e  il timore che il giovane sia interessato alla ragazza: “uomo-rivale-giovane-bello-ricco”.

E’ sospettoso e diffidente verso tutto e tutti e l’unica persona di fiducia è anche  il suo complice: Basilio, il maestro di canto di Rosina.

 

Don Basilio:

< La calunnia è un venticello, un’auretta assai gentile che insensibile, sottile leggermente, dolcemente, incomincia a sussurrar.

Piano piano terra terra, sotto voce, sibilando va scorrendo, va ronzando; nelle orecchie della gente s’introduce destramente, e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar.

Dalla bocca fuori uscendo lo schiamazzo va crescendo: prende forza a poco a poco, scorre già di loco in loco, sembra il tuono, la tempesta che nel sen della foresta, va fischiando, brontolando, e ti fa d’orror gelar.

Alla fin trabocca, e scoppia, si propaga si raddoppia e produce un’esplosione come un colpo di cannone, un tremuoto, un temporale, un tumulto generale che fa l’aria rimbombar.

E il meschino calunniato avvilito, calpestato sotto il pubblico flagello per gran sorte va a crepar.

E’ un’ARIA TRAVOLGENTE.

 

Figaro dice il vero verso Don Basilio: secondo lui, è “un solenne imbroglione di matrimoni, un collo torto, un vero disperato, sempre senza un quattrino”.

Infatti, Don Basilio, è il maestro di canto di Rosina e, per raggranellare qualche piccolo guadagno, è portato verso imbrogli e compromessi: in effetti, compiace i progetti di Bartolo, però lo tradisce se trae dei vantaggi da altri.

Personaggio sottile, consiglia Don Bartolo di calunniare il Conte per mezzo del suo “senso di giustizia”, per mezzo dell’aria “La calunnia”, aria importante e sottile, psicologicamente.

E’ importante citare che Rossini è rivoluzionario in confronto all’Opera Buffa del Settecento di Maestri come Traetta, Jommelli, Piccinni, Cimarosa, Paisiello e si esprime molto bene ne “Il barbiere” in cui “La calunnia” è un’aria basilare.

Un’aria che spiega bene a Don Bartolo come agire per arrivare al proprio scopo.

Questo si chiama mettere in pratica la “Sindrome di Procuste” (o “competitività negativa”), ossia mettere in cattiva luce gli altri per poter brillare.

Tale disturbo interessa coloro che provano piacere nello svalutare e disprezzare  chi li supera attraverso il dono della qualità e del pregio.

Costoro sono personalità insicure, invidiose, rabbiose, egocentriche e frustrate che non intendono migliorare sé stesse, ma ostacolano affinché gli altri falliscano, non brillino più di luce propria, perché il successo altrui – interiormente – rappresenta il loro fallimento in quanto gli altri “sono rivali minacciosi” con cui “competono”, mantenendo la loro “mediocrità”.

Nel nostro periodo storico, chi soffre di questo disturbo inganna, umilia psicologicamente,  boicotta affinché gli altri non diventino una minaccia per tale individuo.

Chiaramente, è affetto da cattiveria con i sintomi che la Psicologia fa conoscere: egoismo, machiavellismo, disimpegno morale, narcisismo, diritto psicologico di superiorità, psicopatia, sadismo, intresse personale, malignità.

 

Berta:

E’ la governante nella casa di Don Bartolo che mostra un certo sentimento per Bartolo.

 

Altri personaggi: 

Fiorello, servitore di Almaviva (baritono)

Ambrogio, servitore di Bartolo (basso)

Un ufficiale, un Magistrato, un Notaro

Agenti di polizia, soldati, popolo di Siviglia

Battuto al computer da Lauretta  

Il baritono DMITRI HVOROSTOVSKIJ canta “Largo al factorum della città”:  https://youtu.be/t20fvLO_RXo

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Il basso CESARE SIEPI canta “La calunnia”:  https://youtu.be/78vt144T0e4

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Il mezzosoprano MARILYN HORNE canta “Una voce oco fa”:  https://youtu.be/Yi-5Z1G1BsY

 

 

ANDREA CHÉNIER di Umberto Giordano

“ANDRÉ CHÉNIER” è un’opera lirica in 4 quadri su libretto di Luigi Illica e musica di Umberto Giordano.
Prima rappresentazione: 28 marzo 1896, al Teatro “Alla Scala” di Milano.

Giordano e Illica si sono basati su fonti storiche, romanzi e drammi e agli scritti dello stesso Andrea Chénier.

 

Personaggi: 

Andrea Chénier (tenore)
Carlo Gérard (baritono)
La contessa di Coigny (mezzosoprano)
Maddalena di Coigny (soprano)
Bersi, serva mulatta (mezzosoprano)
Roucher (basso)
Mathieu, detto Populus, sanculotto (baritono)
Madelon (mezzosoprano)
Un Incredibile (tenore)
Pietro Fléville, romanziere pensionato del re (basso)
L’abate poeta (tenore)
Schmidt, carceriere a San Lazzaro (basso)
Il maestro di casa (basso)
Dumas, presidente del Tribunale di salute pubblica (basso)
Fouquier Tinville, accusatore pubblico (basso)

Dame – signori – Abati – Lacchè – Staffieri – Conduttori di slitte – Ungheri volanti – Musici – Servi – Paggi – Valletti – Pastorelli – Straccioni –  Borghesi – Sanculotti – Carmagnole – Guardie Nazionali – Soldati della Repubblica – Gendarmi – Mercatine – Pescivendole – Calzettaie – Venditrici ambulanti – Meravigliose –  Incredibili – Rappresentanti della Nazione – Giudici – Giurati – Prigionieri – Condannati – Ragazzi strilloni – Un Maestro di musica – Alberto Roger –  Filandro Fiorinelli – Orazio Coclite – Un bambino – Un Cancelliere – Il Vecchio Gérard – Robespierre – Couthon – Barras – Un fratello servente (garzone di caffè)

 

Trama:

Epoca storica: prima e durante la Rivoluzione Francese.

 

Quadro primo: L’evento si svolge nella serra del Castello di Coigny per la festa da ballo.
La nobiltà francese non si rende conto che sta arrivando la rivoluzione popolare e, nel castello della Contessa di Coigny si sta preparando una festa.

Gérard è il giovane servitore (figlio di un servo della famiglia di Coigny) che sta bardando la serra e macina odio per la differenza di classe sociale sua e dei suoi padroni.
Non odia la contessina Maddalena, di cui è innamorato.

Il poeta Andrea Chénier è fra gli ospiti della festa ed è criticato dalla Contessa e dalla figlia Maddalena che lo vuole un po’ indispettire.

Chénier inizia raccontando una sua riflessione ammirando Madre Natura finendo a difendere con una certa forza d’animo i suoi punti di vista contro i costumi sviliti dell’epoca, che stanno portando la società all’immoralità.

Maddalena gli sembra ingenua e onesta, ma la prega di considerare un sentimento pulito, come l’Amore sotto le sue diverse sfaccettature, ormai abbastanza disprezzato dalla società umana.
Maddalena capisce, si scusa e lascia la festa.

Arrivano i mendicanti per la cui entrata Gérard viene rimproverato dalla contessa; però Gérard difende ugualmente la loro causa attraverso un comportamento forte e, sdegnato, si libera della livrea e se ne va assieme al padre, lasciando gli invitati che riprendono la festa attraverso una gavotta.

 

Quadro secondo: A Parigi, in prossimità del ponte Peronnet.

Periodo: Regime del Terrore, con Robespierre.

Il governo rivoluzionario fa pedinare tenacemente Chénier da un “Incredibile”, una “creatura” di Gérard, diventato un capo rivoluzionario.

Da tempo, Chénier riceve richieste scritte di protezione da parte di una donna anonima.

E’ Maddalena di Coigny, la cui madre è stata uccisa dai rivoluzionari e che, ora, vive nascosta e in stato di povertà.

Viene aiutata dalla serva mulatta Bersi che è diventata prostituta per sostentare sé stessa e Maddalena, oltre a collegarla col poeta stesso.

Chènier, temerariamente, ha compiuto un’accusa contro Robespierre per cui il suo amico Roucher gli consiglia caldamente di partire perché potrebbe essere acchiappato dai ribelli, ma il poeta vuole conoscere la donna misteriosa.

Si incontrano una sera, vicino al Ponte Peronnet e Chénier la riconosce subito, nonostante Maddalena sia cambiata molto.
Si dichiarano amore ma, improvvisamente, arriva Gérard, sempre innamorato di Maddalena e su avvertimento dell’”Incredibile”.
Gérard e Chénier duellano e Maddalena scappa.
Gérard viene ferito gravemente da Chénier ma, riconoscendo il poeta, per amore di Maddalena, gli raccomanda di allontanarsi con lei, in quanto è ricercato dai rivoluzionari.
Agli accorsi, esprime di non sapere chi è il suo feritore.

 

Quadro terzo: Il tribunale rivoluzionario.

Alla Francia occorrono denaro e soldati.

Il popolo canta “La Carmagnola”, Gérard è guarito e riesce a persuadere la folla a donare in favore della guerra della Francia con parecchi Stati Europei.

Madelon è una popolana vecchia e cieca: può offrire solamente il suo unico nipote quindicenne.

L’ “Incredibile” sollecita Gérard a consegnare Chénier al tribunale della rivoluzione, prevedendo che Maddalena verrebbe a sapere della condanna.

Gérard si rende conto che è rimasto un “servo”, in quanto è servo della Rivoluzione e del suo tribunale di morte, rimanendo sempre schiavo dell’amore per Maddalena.

Infatti, Maddalena si presenta in Tribunale; dopo una tentata violenza da parte di Gérard, si offre a lui affinché salvi la vita di Chénier.

Gérard si commuove e le promette di salvare il poeta.

Andrea Chénier viene processato, ma si difende energicamente (“Sì, fui soldato”): Gérard ritratta la denuncia che viene confermata da Antoine Quentin Fouquier-Tinville, l’accusatore pubblico.

Purtroppo, Chénier e gli altri prigionieri vengono condannati a morte e lo stesso Chénier è felice di morire dopo avere visto un’ultima volta Maddalena.

 

Quadro quarto: Il cortile della prigione di San Lazzaro.

E’ mezzanotte e Andrea Chénier scrive gli ultimi versi con la vicinanza dell’amico Roucher.

Con l’aiuto di Gérard, Maddalena corrompe la guardia riesce ad avere un colloquio con Chénier e, all’alba, si sostituisce ad Idia Legray, salendo sulla carretta con l’uomo che ama. Maddalena e Andrea Chénier corrono incontro alla morte, felici perché si amano.

In un angolo, il deluso Gérard piange.
Nella mano, tiene il biglietto di risposta scritto da Robespierre alla sua richiesta di grazia per Chénier:  “Perfino Platone bandì i poeti dalla sua Repubblica”.

 

Brani noti: 

Son sessant’anni, o vecchio, romanza di Gerard (quadro I)
O pastorelle, addio, coro (quadro I)
Un dì all’azzurro spazio, improvviso di Chénier (quadro I)
Ecco l’altare, duetto tra Chénier e Maddalena (quadro II)
Nemico della patria?!,monologo di Gérard (quadro III)
La mamma morta, racconto di Maddalena (quadro III)
Sì, fui soldato, difesa di Chénier durante il processo (quadro III)
Come un bel dì di maggio (quadro IV)
Vicino a te s’acqueta, duetto tra Chénier e Maddalena (quadro IV)

 

Incisioni note con: 

Mario Del Monaco, Franco Corelli, Tito Schipa, Beniamino Gigli, Luciano Pavarotti, Placido Domingo, Jonas Kauffmann.

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:   

Giordano appartiene alla corrente verista, ossia la “Giovine Scuola” con Mascagni, Cilea, Leoncavallo, Franchetti e Puccini (all’inizio).

Scuola che nasce in risposta alla fine dell’opera romantica e ad un miglioramento di forme musicali, fra il passaggio dal secolo XIX al secolo XX.

Ciascuno di questi musicisti è ricordato particolarmente per un’opera o due: ad esempio, Mascagni è descritto da “Cavalleria Rusticana”, Leoncavallo è descritto da “I Pagliacci”, Giordano è descritto da “Andrea Chénier” “, …

Unico emerso, ricordato per tutte le sue opere, è Puccini.

Giordano “debutta” con successo attraverso l’opera verista “Mala vita” (inizi anni 1890) e, grazie al collega ed amico Alberto Franchetti, supera una crisi con il suo Editore Sonzogno dimostrando le sue capacità espressive.

Questo gli permette di lavorare al libretto di “Andrea Chénier”, scritto da Illica, che ottiene un grande successo, nonostante il giudizio negativo dato da Galli (collaboratore di Sonzogno), e con – anche – l’appoggio di Mascagni in favore di Giordano, grazie anche all’ottimo cast e alla direzione di Rodolfo Ferrari.

Da quel momento, tutto questo consente all’opera di venire rappresentata nei massimi teatri dell’Occidente.

Riguardo alla prima rappresentazione assoluta, al Teatro “Alla Scala”, la direzione orchestrale è di Rodolfo Ferrari e l’interprete di Andrea Chénier è  il tenore eroico Giuseppe Borgatti, sostituto di Alfonso Garulli.

Per merito suo (anche se si trova in un momento non molto positivo), del soprano Evelina Carrera e del baritono Mario Sammarco, il successo consegue come “un vero trionfo”.

Per quest’opera, il lavoro è stato svolto da Giordano con cura e modo perfetti e delinea precisamente l’atmosfera.

Un’opera grande – NON della imponenza di Aida – ma di grande potenza che vede partecipe la popolazione con i suoi appartenenti ai ceti vari: dame, signori, abati, lacchè, condannati, prigionieri, giudici, gendarmi, pescivendoli…

Popolazione coinvolta in un’opera che VEDE COME NASCONO I DIRITTI FONDAMENTALI DELL’INDIVIDUO E DEL CITTADINO, BASANDOSI SULLA DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA AMERICANA.

La RIVOLUZIONE FRANCESE E’, senza dubbio, UN GRANDE EVENTO STORICO BASILARE.

A seguito di “Tristan und Isolde” di Wagner, è entrato in uso il riferimento “Tristan-Akkord”, dal momento che evidenzia l’importanza del legame amore-morte.

Quest’opera drammatica e verista si svolge nell’ambito storico vissuto all’epoca della Rivoluzione Francese ma, sotto tanti aspetti, è attuale: ad esempio, le donazioni si sono avute al tempo del Regime Fascista, si ricevono sempre a mezzo di Telethon o di banche, ….

Questo melodramma si ispira alla vita di Andrea Chénier, poeta francese (nato a Costantinopoli da genitori francesi).

. I personaggi in primo piano sono tre: Andrea-Maddalena-Gérard.

. Tre personaggi molto belli, ma Gérard è il più complesso e intrigante.

Credo che si possa ritenere importante citare che Umberto Giordano, molto tempo dopo la prima rappresentazione di questo suo melodramma, ha operato alcune modifiche appositamente per il tenore Mario Del Monaco.

Inoltre, ritengo opportuno citare anche un desiderio di Claudio Del Monaco (secondo figlio di Mario): “Desidero essere sepolto con il costume di Andrea Chénier, quando sarà il momento”.

Questo perché Claudio è sempre stato affascinato da quest’opera-capolavoro nella quale si è calato e perché è stata significativa nella carriera di suo padre, Mario Del Monaco.  

Infatti, per Del Monaco, quest’opera rimane fra le cinque che Mario considerava le più importanti, per lui: Aida, Andrea Chénier, Carmen, Otello, Sansone e Dalila (una certa importanza, però è data da “I Pagliacci”). 

André Chénier: 

Di seguito, traccio un ritratto personale di Andrea Chénier, perno dell’opera:

Realmente vissuto storicamente, non è considerato fra i poeti più importanti francesi, ma è stato reso celebre e immortalato dal librettista patriottico Luigi Illica e dal musicista Umberto Giordano: quest’ultimo ne ha fatto la sua opera lirica più famosa.

All’inizio dell’opera, durante la serata, gli invitati fanno la conoscenza del poeta.
Maddalena non comprende la Poesia e il Pensiero di Amore di Chénier che risponde alle sue valutazioni irreali attraverso un monologo travolgente e appassionato nell’ “Improvviso”.  Chénier è fortemente coerente e incrollabile per la fermezza verso le sue idee: risulta subito chiaro, infatti, dal “monologo” appassionato del primo atto (“Un dì, all’azzurro spazio”), nel castello: difende la sua arte dalle risate di Maddalena (“D’un poeta non disprezzate il detto”).
Secondo il suo concetto di Amore, < la completezza della “stabilità tra terra e cielo” viene resa chiara, tra contemplazione e concretezza assieme ad un impetuoso giudizio negativo alla nobiltà e al clero, che si sono privati degli ideali, fra cui l’Amore verso il prossimo >.

Le sue decisioni di vita lo porteranno a morire giovane come Maddalena, coinvolta, che sceglie di morire con lui: infatti, dopo cinque anni, in pieno periodo di Terrore, nelle vicinanze del Ponte Peronnet, Chénier, sotto controllo continuo dell’Incredibile di Gérard, riceve le raccomandazioni dell’amico Roucher di lasciare Parigi.
Chénier è incuriosito dalle lettere che gli vengono scritte da una giovane donna che, poi, si rivela essere  Maddalena di Coigny: ha la necessità di essere protetta dal poeta che lei vede come il proprio rifugio sicuro.
Con lei, la generosità del poeta, si trasformerà in un legame d’amore.
Gérard, aggredito Chénier in duello, viene ferito in modo forte ma, allo scopo di proteggere Maddalena, li lascia allontanare e non rivela chi sia il suo aggressore.

Nel III quadro, Chénier vanta il proprio istinto patriottico, tipico di una personalità con forte amor patrio (“Sì, fui soldato”): fra l’altro, oltre alla Patria, cita la Bandiera.
Sempre, nel III quadro (nell’ultima parte della scena del tribunale), sempre a causa dell’amore per Maddalena, Gérard rende nota a Chénier la presenza di Maddalena: Chénier si sente pronto a morire, avendola vista per l’ultima volta.

Durante il IV quadro, Chénier scrive i suoi ultimi versi (sempre accompagnato dall’arpa, il simbolo della poesia ricordato anche nell’opera “Nabucco” di Verdi) e, nel duetto finale dell’opera, il poeta e Maddalena si appartengono, finalmente, prima di morire sul patibolo; Andrea canta la Morte con parole poetiche: infatti, Chénier E’ POETA FINO ALL’ULTIMO.

In questo dramma ingarbugliato e complesso, è indicatissimo l’argomento “amore e morte”.

Una curiosità: le romanze di Chénier sono tre: Un dì all’azzurro spazio, Sì fui soldato, Come un bel dì di maggio.

Maddalena di Coigny: 

Il tempo passa e le persone crescono interiormente.
Succede anche a Maddalena che, da personalità non salda (si nota nel II quadro) grazie a Chénier, ispiratore dell’ “apertura mentale”, smette di essere la frivola e ingenua contessina del primo quadro, dove risulta indifferente riguardo al sentimento dell’Amore spiegatole da Chénier, col quale – invece – vivrà un amore impetuoso.
Amore per cui, sarà obbligata dagli eventi a sedurre Gérard e per cui gli si promette in cambio dell’annullamento della condanna di Chénier, arrivando a decidere di morire con lui.
Quest’opera comprende – fra le altre – una delle arie più famose dell’opera, “La mamma morta” (nel III quadro), nella quale Maddalena “smuove” i lati buoni di Gérard che le chiede perdono e promette di salvare Chénier a proprio discapito, in quanto il suo comportamento è quello di una personalità creduta incoerente dai presenti nel Tribunale, mentre Chénier comprende la sincerità di Gérard.
In questa romanza, Maddalena racconta le proprie sofferenze e la “reazione di risalita morale” che le fa sentire nuovamente la scintilla della vita.

A questo proposito, credo opportuno richiamare l’attenzione su questo brano cantato da Maria Callas  che è inserito nella colonna sonora del film “Philadelphia” interpretato da Tom Hanks e Denzel Washington: qui, Tom Hanks (doppiato magnificamente dal nostro Roberto Chevalier), rivolto a Denzel Washington, recita splendidamente la disperazione del personaggio che SA di morire presto, analizzando parola per parola-nota per nota, trasmettendo i sentimenti che vive in quel suo momento drammatico e commovente perché non ha “la scintilla della vita”. 

Maddalena non è indistruttibile, ma dimostra di essere battagliera, nel IV quadro: nel duetto con Andrea vuole raggiungere decisa il suo scopo Alto, ossia la Morte con Andrea.

Bersi:   

La mulatta Bersi è un bellissimo personaggio, ricco di generosità e altruismo, abnegazione: infatti, si prostituisce per guadagnare qualcosa per sé e per Maddalena e non sottilizza troppo sul comportamento che è stata costretta ad adottare a causa di sopravvivenza.

Carlo Gérard: 

Gérard, il servitore, preso a modello del rivoluzionario Jean-Lambert Tallin, da subito, comincia a delineare la sua personalità: un po’ “deus ex machina”, ma “un buono”, in definitiva.

E’ il primo ad apparire, nell’opera e, pur amando la contessina Maddalena di Coigny non nasconde il risentimento verso la nobiltà dalla quale si è sempre sentito calpestato e verso cui mostra coraggio nel permettere generosamente l’entrata di un gruppo di mendicanti, nel ribellarsi alla contessa madre e a licenziarsi, unendosi alla rivoluzione.

E’ importante sottolineare che, qui, nel primo atto, anche Gérard è spronato dalle parole di Andrea Chénier, verso il quale evidenzierà spesso il rispetto, nonostante si creerà il contrasto amoroso a causa di Maddalena; Gérard riflette e matura diventando un autorevole uomo politico, riuscendo nella comunicazione con il popolo.

Giugno 1794: sono trascorsi cinque anni e domina il periodo del Terrore sotto l’avvocato Robespierre, amico di Rousseau, personalità psichica calma, tranquilla, dal portamento nobile, ma emotivamente violenta, frustrata e narcisista, con l’ossessione del potere che faccia del bene alla Nazione a prezzo di “punire”, facendo cadere moltissime teste: così, attraverso “il castigo”, si manifesta il senso di “pulizia popolare” di un mostro umano.

A quel tempo, la Psicologia scientifica moderna non esiste, per cui Gérard, diventato importante tra i rivoluzionari grazie ai suoi ideali di giustizia e uguaglianza, controlla Parigi e non sa che Robespierre soffre di disagi psichici pericolosi per la popolazione.
Purtroppo, per questo motivo, Robespierre pone Andrea Chénier continuamente sotto controllo a mezzo dell’Incredibile personaggio che convince l’indeciso Gérard a denunciare il poeta.
Gérard che, a causa della riscoperta gelosia per Maddalena fa arrestare Chénier.
Un impulso gli fa anche scattare l’atto di violenza che gli “impone” di possedere la donna, ma riesce a controllarsi. Costei si promette a lui se farà annullare la condanna a Chénier.

Gérard, un essere contradditorio verso sé stesso, che – tutto sommato – è “un buono”, controlla i propri impulsi ed è pentito di avere incolpato illegalmente Chénier per cui tenta inutilmente di annullare l’arresto istigato dall’Incredibile, il vero cattivo dell’opera.

Durante il processo, Chénier è condannato a morte da Robespierre che respinge la richiesta di grazia di Gérard in favore di Chénier, attraverso la già citata risposta di Robespierre: “Perfino Platone bandì i poeti dalla sua Repubblica”.

“Nemico della Patria”: in questo brano, Gérard riflette sulla sua situazione, dimostrando passione per la Politica e per Maddalena.
Gerard È la RIVOLUZIONE: “Io, della Redentrice figlio, pel primo ho udito il grido suo pel mondo…”.
Gérard SOGNA la Giustizia e l’Uguaglianza, da generoso e altruista qual è, UN’UNIONE DI POPOLI (ABBRACCIARE TUTTI): “Tutti Dii”, “Un Pantheon”.
Però, si rende conto della realtà, ossia “Ho cambiato padrone”: il “nuovo padrone” non è solo la Rivoluzione Francese a cui è obbligato ad obbedire, ma l’amore per Maddalena che già nutriva, amore che si è approfondito maggiormente.

Gérard diventa “qualcuno” nell’ambito della Rivoluzione Francese, ma è un perdente, al contrario di Andrea e Maddalena che raggiungono l’Amore Eterno attraverso il sacrificio delle loro vite.
Loro sono il simbolo del sogno dei due di vivere la morte uniti: esperienza di un abbraccio Poesia-Musica.

Gérard: uomo con valori saldi, che desta ammirazione (però, allo stesso tempo, capace di accusare ingiustamente Chénier, mosso dalla sua debolezza gelosa), è complesso, contradditorio e profondo e, sin dall’inizio, potrebbe sembrare il nemico di Chénier e Maddalena: dopotutto, con il suo comportamento “controsenso”, pur non volendo, causerà la loro morte.

L’interiore di Gérard è vicino alla complicazione psicologica tipica dei personaggi lirici che sarebbero arrivati in seguito come, ad esempio: Fedora, Tosca, Madama Butterfly, Anna Karenina, …

Un Incredibile: 

E’ il personaggio importante “cattivo” dell’opera.
E’ un personaggio infido, capace di colpire a tradimento: infatti, convince subdolamente Gérard ad arrestare Chénier.

Il Popolo: 

In questa opera, si nota la voglia di lottare per la giusta causa della Patria, persino attraverso le donazioni alla stessa attraverso l’invito di Gérard a farlo: qui, spicca tra tutte la cieca Madelon, che indica il suo caro nipote ai rivoluzionari.
Personaggi della Rivoluzione: trascinati dalla disperazione, dal loro senso di realizzarsi o dal loro fanatismo?

Più di una volta, la Bandiera francese figura fisicamente, ma – psicologicamente – sortisce un effetto gigantesco nelle parole di Chénier, nella terza parte: “Sì, fui soldato”.

ANDRÉ CHÉNIER: Un’opera magica e grande che, spesso, mi ha affascinato e provocato le lacrime di commozione.

Battuto al computer da Lauretta

ANDRÉ CHÉNIER, “UN DI’, ALL’AZZURRO SPAZIO GUARDAI PROFONDO”:

.

ANDRÉ CHÉNIER, “LA MAMMA MORTA”:

.

ANDRÉ CHÉNIER, “SI’, FUI SOLDATO”:

.

ANDRÉ CHÉNIER, duetto “VICINO A TE S’ACQUETA”:

AIDA di Giuseppe Verdi

Opera in 4 atti su libretto di Antonio Ghislanzoni tratto da un lavoro dell’egittologo-archeologo-scrittore-disegnatore di costumi e scene francese Auguste Mariette.

Prima rappresentazione: “Nuovo Teatro” de Il Cairo, 24 dicembre 1871

Esito: successo clamoroso.

Prima rappresentazione italiana: Teatro “La Scala” di Milano, 8 febbraio 1872

Personaggi:

Aida, principessa etiope (soprano)
Radamès, capitano delle Guardie (tenore)
Amneris, figlia del Faraone (mezzosoprano)
Amonasro, Re dell’Etiopia e padre di Aida (baritono)
Ramfis, Gran Sacerdote (basso)
Il Re d’Egitto, padre di Amneris (basso)
Una sacerdotessa (soprano)
Un messaggero (tenore)

Sacerdoti, sacerdotesse, ministri, capitani, soldati, ufficiali, schiavi e prigionieri etiopi, popolo egizio (coro)

 

Cast della prima assoluta e della prima europea:  

Personaggi, interpreti a Il Cairo, interpreti a Milano:

Aida (soprano) Antonietta Pozzoni Anastasi, Teresa Stolz
Il Re d’Egitto (basso) Tommaso Costa, Paride Pavoleri
Amneris (mezzosoprano) Eleonora Grossi, Maria Waldmann
Radamès (tenore) Pietro Mongini, Giuseppe Fancelli
Amonasro (baritono) Francesco Steller, Francesco Pandolfini
Ramfis (basso) Paolo Medini, Ormondo Maini
Il messaggero (tenore) Luigi Stecchi-Bottardi, Luigi Vistarini
Grande Sacerdotessa (soprano) Marietta Allievi

Scene: Edouard Despléchin, Jean-Baptiste Lavastre, Auguste  Rubé, Philippe Chaperon
Costumi (con supervisione di Auguste Mariette): Henri de Montaut,
Coreografia: Alexandre Simon Henri Fuchs
Direttore di scena: Carlo d’Ormeville
Maestro del coro: G. Devasini
Direttore d’orchestra: Giovanni Bottesini, Franco Faccio

 

Trama: 

Epoca: Antico Egitto.

Luogo: Menfi e Tebe.

Atto I – Scena I: Menfi, sala nel palazzo del Faraone.

Amonasro, padre di Aida, prigioniera presso il Faraone di Menfi, marcia verso l’Egitto per liberarla, dal momento che è stata catturata durante una spedizione militare egizia contro l’Etiopia, ignorando chi lei sia veramente.

Per cui, il Re d’Egitto si prepara alla difesa della sua terra.

Aida, è innamorata di Radamès mentre lui sogna di diventare il Duce degli Egizi e di “ergere un trono vicino al sol” alla sua donna, oltre ad avere l’intenzione di ridarle la libertà e la patria.

Amneris, la figlia del Faraone d’Egitto, percepisce e, subdolamente, consola Aida per la sua preoccupazione verso la patria lontana.

Il Faraone si trova con gli ufficiali e il sacerdote Ramfis quando viene introdotto un messaggero che porta le notizie dal confine con l’Etiopia.

Radamès è stato scelto da Iside come comandante dell’esercito che affronterà il re etiope. Interiormente, Aida è divisa tra l’amore per il padre e per Radamès.

Scena II: Menfi: nel tempio di Vulcano.

La cerimonia è grandiosa e comprende la danza delle sacerdotesse.
Radamès viene investito come condottiero supremo.

Atto II – Scena I: nelle stanze di Amneris.

Qui, ci sono danze e musica.

Amneris finge che Radamès sia morto in battaglia provocando la disperazione di Aida che confessa il suo amore per il condottiero.

A questo punto, Amneris la minaccia dal momento che, come figlia del Faraone, tutto le è permesso, ma Aida, fieramente, rivela il suo rango nobile, ma si pente e chiede il perdono (“Pietà ti prenda del mio dolor”).

Amneris costringe Aida a vedere il trionfo dell’Egitto sugli Etiopi.

Scena II: Città di Tebe: un ingresso.

Radamès è vincitore e vengono eseguite la grande “Marcia trionfale” e le danze.

Il faraone promette che, in questo giorno, Radamès trionfatore, riceverà tutto ciò che desidera per qualunque suo desiderio.

Fra i prigionieri catturati, condotti alla presenza del Re, c’è Amonasro.
Subito, Aida abbraccia il padre, ma gli Egizi non sanno chi siano, in realtà: infatti, Amonasro afferma che il Re etiope è stato ucciso durante il combattimento.

Per amore verso Aida, Radamès chiede al Re il rilascio dei prigionieri come quanto promesso al suo desiderio.

Inoltre, su consiglio di Ramfis, tale cosa non è permessa ad Aida e ad Amonasro che resteranno ostaggi-garanzia alla sicura vendetta etiope.

A Radamès, indesideratamente, viene concessa la mano di Amneris.

Atto III – sulle rive del Nilo, vicino al tempio di Iside.

Aida e il padre sono ostaggi; il Re etiope, medita una vendetta per la sconfitta ricevuta, per cui costringe la figlia a carpire, attraverso Radamès, la tattica dell’esercito egiziano.

Radamès rivela incautamente ad Aida la strada che verrà percorsa dai suoi guerrieri.  Amonasro, nascosto nelle vicinanze, ascolta e, poi, rivela la sua identità.

All’arrivo delle guardie, aiutato da Radamès, fugge con la figlia, mentre lo stesso Radamès si dispera per avere incolpevolmente tradito la sua Patria, per cui si consegna prigioniero a Ramfis.

Atto IV  – Scena I: la sala nel palazzo del Faraone e, di lato, il cammino che conduce alla prigione di Radamès.

Con tutto il suo cuore, Amneris desidera salvare Radamès giudicato colpevole di tradimento;  gli crede e lo supplica di discolparsi, ma il giovane rifiuta; tace e non si pronuncia in propria difesa, mentre Amneris invoca i sacerdoti affinché gli concedano pietà.

Radamès viene condannato a morte e morirà murato nella cripta sotto il Tempio di Vulcano.

Amneris maledice i sacerdoti.

Scena II: La scena presenta l’interno del tempio di Vulcano splendente di oro e di luce al primo piano e, nel piano sottostante, la tomba di Radamès.

Radamès non è solo perché Aida, precedentemente, si è nascosta lì per morire con lui.

In attesa che il loro destino si compia, si confermano il loro amore, e dicono addio  alla Terra, la “valle di pianti”.

Amneris piange e prega sopra la loro tomba mentre si odono le cerimonie e le danze liete delle sacerdotesse.

 

Brani noti:

Atto I

Preludio (sostituisce la sinfonia inizialmente composta).
Introduzione “Sì: corre voce che l’Etiope ardisca” (Ramfis, Radamès) Scena I
Recitativo “Se quel guerrier io fossi!” (Radamès) Scena I
Romanza “Celeste Aida” (Radamès) Scena I
Duetto “Quale insolita gioia” (Amneris, Radamès) Scena I
Terzetto “Vieni, o diletta, appressati…” (Amneris, Aida, Radamès) Scena I
Scena “Alta cagion vi aduna” (Re, Messaggero, Amneris, Aida, Radamès, Coro) Scena I
Pezzo d’assieme “Su! del Nilo al sacro lido” (Re, Amneris, Aida, Radamès, Ramfis, Sacerdoti, Ministri, Capitani, Coro) Scena I
Scena di Aida “Scena Ritorna vincitor!…” (Aida) Scena I Finale I
Scena della consacrazione “Immenso Fthà, del mondo” (Coro di Sacerdotesse e Sacerdoti)
Scena II Danza delle Sacerdotesse Scena II Scena “Mortal, diletto ai Numi, a te fidate” (Ramfis)
Scena II Finale atto I  “Nume, custode e vindice”(Ramfis, Radamès) Scena II

Atto II

Introduzione, Coro, Scena e Duetto di Aida e Amneris:
Coro Chi mai fra gl’inni e i plausi (Schiave) Scena I
Danza di giovani schiavi mori Scena I
Coro Vieni: sul crin ti piovano (Schiave, Amneris) Scena I
Silenzio! Aida verso noi s’avanza… (Amneris) Scena I
Scena Fu la sorte dell’armi a’ tuoi funesta (Amneris, Aida) Scena I
Duetto Amore! amore! Gaudio… tormento… (Aida, Amneris) Scena I

Finale atto II

Inno Gloria all’Egitto, ad Iside (Popolo, Donne, Sacerdoti) Scena II
Marcia trionfale Scena II
Ballabile Scena II
Coro “Vieni, o guerriero vindice” (Popolo) Scena II
Scena “Salvator della patria, io ti saluto” (Re, Radamès, Aida, Amneris, Amonasro, Coro) Scena II
Pezzo d’assieme “Ma tu, Re, tu signore possente” (Amonasro, Re, Radamès, Aida, Amneris, Ramfis, Prigionieri, Schiave, Sacerdoti, Popolo) Scena II
Stretta del Finale II Gloria all’Egitto, ad Iside (Popolo) Scena II

Atto III

Introduzione, Preghiera, Coro e Romanza di Aida:
Coro “O tu che sei d’Osiride” (Coro nel tempio) Scena unica
Scena “Vieni d’Iside al tempio” (Ramfis, Amneris) Scena unica
Recitativo “Qui Radamès verrà… Che vorrà dirmi?” (Aida) Scena unica
Romanza “O cieli azzurri… o dolci aure native” (Aida) Scena unica
Scena e Duetto di Aida e Amonasro: Scena “Cielo! mio padre!” (Aida, Amonasro) Scena unica
Duetto “Rivedrai le foreste imbalsamate” (Amonasro, Aida) Scena unica
Duetto di Aida e Radamès, Scena e Finale III: Duetto Pur ti riveggo, mia dolce Aida… (Radamès, Aida) Scena unica    Scena “Ma, dimmi: per qual via” (Aida, Radamès, Amonasro) Scena unica
Finale atto III: “Traditor! – La mia rival!…” (Amneris, Aida, Amonasro, Radamès, Ramfis) Scena unica

Atto IV

Scena e Duetto di Amneris e Radamès
Recitativo L’aborrita rivale a me sfuggia… (Amneris) Scena I
Scena Io l’amo… Io l’amo sempre… (Amneris) Scena I
Duetto Già i sacerdoti adunansi (Amneris, Radamès) Scena I
Scena del Giudizio
Recitativo Ohimè!… morir mi sento… Oh! chi lo salva? (Amneris) Scena I
Giudizio “Spirto del Nume, sovra noi discendi!” (Sacerdoti, Amneris, Ramfis, Coro) Scena I
Scena, Duetto e Finale ultimo
Scena “La fatal pietra sovra me si chiuse…” (Radamès, Aida) Scena II
e Finale “Morir! sì pura e bella!” (Radamès, Aida, Amneris, Sacerdoti, Sacerdotesse) Scena II

 

Incisioni note:   

Giannina Arangi Lombardi, Maria Capuana, Aroldo Lindi, Armando Borgioli, Tancredi Pasero, Lorenzo Molajoli

Dusolina Giannini, Irene Minghini Cattaneo, Aureliano Pertile, Giovanni Inghilleri, Luigi Manfrini, Carlo Sabajno, La voce del padrone

Maria Caniglia, Ebe Stignani, Beniamino Gigli, Gino Bechi, Tancredi Pasero, Tullio Serafin , EMI

Caterina Mancini, Giulietta Simionato, Mario Filippeschi, Rolando Panerai, Giulio Neri, Vittorio Gui, Cetra

Renata Tebaldi, Ebe Stignani, Mario Del Monaco, Aldo Protti, Dario Caselli, Alberto Erede, Decca Records

Zinka Milanov, Fedora Barbieri, Jussi Björling, Leonard Warren, Boris Christoff,  Jonel Perlea, RCA Victor

Maria Callas, Fedora Barbieri, Richard Tucker, Tito Gobbi, Giuseppe Modesti, Tullio Serafin, EMI

Renata Tebaldi, Giulietta Simionato, Carlo Bergonzi, Cornell MacNeil, Arnold van Mill, Herbert von Karajan, Decca Records

Leontyne Price, Rita Gorr, Jon Vickers, Robert Merrill, Giorgio Tozzi, Georg Solti, RCA Victor

Birgit Nilsson, Grace Bumbry, Franco Corelli, Mario Sereni, Bonaldo Giaiotti, Zubin Mehta, EMI

Leontyne Price, Grace Bumbry, Plácido Domingo, Sherrill Milnes, Ruggero Raimondi, Erich Leinsdorf, RCA Victor

Montserrat Caballé, Fiorenza Cossotto, Plácido Domingo, Piero Cappuccilli, Nicolaj Ghiaurov, Riccardo Muti, EMI

Mirella Freni, Agnes Baltsa, JoséCarreras, Piero Cappuccilli, Ruggero Raimondi Herbert von Karajan, EMI

Katia Ricciarelli, Elena Obraztsova, Plácido Domingo, Leo Nucci, Nicolaj Ghiaurov, Claudio Abbado,  Deutsche Grammophon

Maria Chiara, Ghena Dimitrova, Luciano Pavarotti, Leo Nucci, Paata Burchuladze, Lorin Maazel, Decca Records

Aprile Millo, Dolora Zajick, Plácido Domingo, James Morris, Samuel Ramey, James Levine,Sony

Cristina Gallardo-Domas, Olga Borodina,Vincenzo La Scola, Thomas Hampson, Matti Salminen,  Nikolaus Harnoncourt, Teldec

 

Videografia:    

Gabriella Tucci, Mario del Monaco, Giulietta Simionato, Aldo Protti, Paolo Washington, Silvano Pagliuca, Franco Capuana, Etichetta: non indicata VAI

Leyla Gencer, Carlo Bergonzi, Fiorenza Cossotto, Anselmo Colzani, Bonaldo Giaiotti, Franco Pugliese, Franco Capuana, Herbert Graf, Rai

Orianna Santunione, Carlo Bergonzi, Fiorenza Cossotto, Gianpiero Mastromei, Ivo Vinco, Franco Pugliese, Oliviero De Fabritiis, Etichetta non indicata VAI

Margaret Price, Luciano Pavarotti, Stefania Toczyska, Simon Estes, Kurt Rydl, Kevin Langan, Garcia Navarro, Sam Wanamaker, Warner

Maria Chiara, Luciano Pavarotti, Ghena Dimitrova, Juan Pons, Nicolaj Ghiaurov, Paata Burchuladze, Lorin Maazel, Luca Ronconi, Digital Classics

Mirella Freni, Plácido Domingo, Stefania Toczyska, Ingvar Wixell, Nicolaj Ghiaurov, David Langan, Emil Tchakarov, Pier Luigi Pizzi, Better Opera

Aprile Millo, Plácido Domingo, Dolora Zajick, Sherrill Milnes, Paata Burchuladze, Dimitri Kavrakos, James Levine, Sonja Frisell, Deutsche Grammophon

Maria Chiara, Kristján Jóhannsson, DoloraZajick, Juan Pons, Nikola Gjuzelev, Carlo Striuli, Nello Santi, Gianfranco De Bosio, Arthaus

Cheryl Studer, Dennis O’Neill, Luciana D’Intino, Alexandru Agache, Robert Lloyd, Mark Beesley, Edward Downes, Elijah Moshinsky, Opus Arte

Fiorenza Cedolins, Walter Fraccaro,Dolora Zajick, Vittorio Vitelli, Giacomo Prestia, Carlo Striuli,  Daniel Oren, Gianfranco De Bosio, Brilliant

Adina Aaron, Scott Piper, Kate Aldrich, Giusepp e Garra, Enrico Giuseppe Iori, Paolo Pecchioli, Massimiliano Stefanelli, Franco Zeffirelli, Arthaus

Daniela Dessì, Fabio Armiliato, Elisabetta Fiorillo, Juan Pons, Roberto Scandiuzzi, Stefano Palatchi, Miguel Angel, Gomez Martinez, JoséAntonio Gutierrez, Opus Arte

Eszter Sümegi, Kostadin Andreev, Cornelia Helfricht, Igor Morosov, Pièr Dalàs, Janusz Monarcha, Ernst Märzendofer, Robert Herzl, EuroArts

Norma Fantini, Marco Berti, Ildiko Komlosi, Mark Doss, Orlin Anastasov, Guido Jentjens Kazushi Ono, Robert Wilson,  Opus Arte

Nina Stemme, Salvatore Licitra, Luciana D’Intino, Juan Pons, Matti Salminen, Günther Groissböck, Ádám Fischer, Nicolas Joël, Bel Air

Violeta Urmana, Roberto Alagna, Ildikó Komlósi, Carlo Guelfi, Giorgio Giuseppini, Marco Spotti, Riccardo Chailly, Franco Zeffirelli Decca Records

Violeta Urmana, Johan Botha, Dolora Zajick, Carlo Guelfi, Roberto Scandiuzzi, Stefan Kocan, Daniele Gatti, Stephen Pickover, Decca Records

Tatiana Serjan, Rubens Pelizzari, Iano Tamar, Iain Peterson, Tigran Martirossian, Kevin Short,  Carlo Rizzi, Graham Vick, Unitel Classica

Hui He, Marco Berti, Luciana D’Intino, Ambrogio Maestri, Giacomo Prestia, Roberto Tagliavini, Zubin Mehta, Ferzan Özpetek Arthaus

Hui He, Fabio Sartori, Giovanna Casolla,Ambrogio Maestri, Adrian Sampetrean, Roberto Tagliavini, Omer Meir Wellber, La Fura dels Baus, Bel-Air Classique

HuiHe, Marco Berti, Andrea Ulbrich, Ambrogio Maestri, Francesco Ellero D’Artegna,Roberto Tagliavini, Daniel Oren, Gianfranco De Bosio, OpusArte

Susanna Branchini, Walter Fraccaro, Mariana Pentcheva, Alberto Gazale, George Anguladze, Carlo Malinverno, Antonino Fogliani, Joseph Franconi Lee, C Major

Kristin Lewis, Fabio Sartori, Anita Rachvelishvili, George Gagnidze, Matti Salminen, Carlo Colombara, Zubin Mehta, Peter Stein, Unitel Classica

 

Cinema: 

E’ importante citare che un film del 1953 per la “SCALERA FILM”, che porta la firma di Clemente Fracassi,  aveva ottenuto un gande successo: Sophia Loren interpretava Aida doppiata dalla voce di Renata Tebaldi; il baritono Afro Poli interpretava Amonasro.

E’ anche importante segnalare che un’opera appartenente a questo genere colossale necessita di essere realizzata in spazi larghi: indicatissima è  l’Arena di Verona che, ogni anno, vede  migliaia di persone fra il pubblico; addirittura, in passato, nella scena trionfale, si facevano presenziare gli elefanti.

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Il Khedivé d’Egitto, Ismail Pascià, commissiona un inno a Verdi il quale declina, esprimendo  che non scrive musica d’occasione.

Camille Du Locle (Direttore dell’Opéra Comique di Parigi) gli spedisce un libretto  di Auguste Mariette con una storia che Verdi giudica valida per trarne un’opera storica egiziana per celebrare l’Inaugurazione del “Nuovo Teatro” de Il Cairo: per cui Verdi accetta, dal momento che giudica la storia vantaggiosa e teme che l’incarico venga dato a Wagner.

La prima rappresentazione di “Aida” subisce un ritardo a causa della Guerra franco prussiana (scene e costumi sono bloccati) per cui il teatro è inaugurato con “Rigoletto”,  nel 1869.

Per la “Marcia trionfale”, vengono ricostruite le antiche buccine egiziane che creano un grandissimo risultato, mentre “Aida” sortisce un successo immenso.

La fama dell’opera è vivissima ancora oggi.

La “prima” di “Aida”, a Il Cairo, il 24 dicembre 1871, è diretta da Giovanni Bottesini (direttore d’orchesta, contrabbassista e compositore).

La “prima” italiana-europea, al Teatro “Alla Scala” di Milano, l’8 febbraio 1872, è considerata da Verdi come la “vera e propria prima rappresentazione”.

Sembra che l’Egitto sia stato una delle prime sedi sulla Terra degli Alieni.

Nessuno sa spiegarsi il “PI GRECO” con cui sono state costruite le Piramidi e il loro allineamento: un enigma che ha disorientato gli Egittologi per molto tempo.

Fra le Piramidi, a Giza, le tre più grandi  (Cheope, Chefren, Micerino) sono state costruite in punti dove le linee verticali invisibili delle stelle della Cintura di Orione cadono perpendicolari su tali Piramidi.

Tali costruzioni sono famose tombe monumentali di regine e faraoni egiziani, create più di 4.500 anni fa e si sono conservate anche grazie al lavoro per preservarle.

Fra i templi funerari, nella Necropoli di Tebe circondata da palme, troviamo quello di Seti I, che il faraone aveva iniziato a fare erigere presumibilmente verso la fine del suo regno; tempio funerario terminato da suo figlio Ramses II, detto il Grande.

Possiede alcuni dei rilievi più particolareggiati dell’Egitto.

Fra gli altri templi esiste quello di Luxor, sulla riva del Nilo, tempio che evidenzia molto bene la potenza dei Faraoni.
La sua costruzione inizia nel XIV secolo a.C., sotto Amenhotep III, è stato definito “il museo a cielo aperto più grande del Mondo” ed è incantevolissimo durante l’illuminazione serale: RAPPRESENTA DAVVERO LA FORZA E L’AUTOREVOLEZZA DEI FARAONI.

A proposito della potenza faraonica, Verdi crea “Aida”, l’opera meravigliosa che celebra l’autorità dell’antico Egitto con l’intenzione di onorarne la grandezza di quel tempo, l’importanza del fiume Nilo per la vita del Paese e la grandezza dei lavori di apertura del Canale di Suez con la sua grande inaugurazione: tutto ciò porta al progresso di un’epoca più recente.

 

Aida:   

L’amore verso Radamès è puro, celestiale e muore con lui mentre le sacerdotesse innalzano i loro canti sereni, come se nulla sia successo …

Ma, fin da subito, nel I atto, il dramma interiore di Aida si evidenzia attraverso il rimorso, la passione, la preghiera: Radamès, scelto per difendere l’Egitto, è pericoloso per la vita di  suo padre, Amonasro, il Re dell’Etiopia, a cui riconosce il sacrificio di muovere guerra all’Egitto per liberarla e ridarle la patria.

< Ritorna vincitor!… E dal mio labbro  uscì l’empia parola! Vincitor del padre mio… di lui che impugna l’armi  per me… per ridonarmi una patria, una reggia e il nome illustre che qui celar m’è forza.

< Struggete le squadre  dei nostri oppressor! Ah!  Sventurata che dissi?… e l’amor mio

dunque scordar poss’io?

< Numi, pietà del mio soffrir!  Speme non v’ha pel mio dolor.

Nel III atto, Aida si reca al Tempio di Iside dove incontrerà  Radamès e, se sarà “l’ultimo addio”.

“I cupi vortici” del Nilo “mi daran tomba e pace e, forse, oblio”:

< O cieli azzurri, o dolci aure native, dove sereno il mio mattin brillò,

< O verdi colli, o profumate rive, o patria mia, mai più ti revedrò!

< O fresche valli, o queto asil beato, che un dì promesso dall’amor mi fu;

< Or che d’amore il sogno è dileguato, o patria mia, non ti vedrò mai più!

Bella romanza dalle cui parole si denotano l’attaccamento alla patria e il dolore di non poterla più vedere.

Il suo stato d’animo è dolce e tormentato e ricorda con nostalgia i bei paesaggi, la nascita  nella sua Patria e l’ “inutile” sogno d’amore.

 

Radamès: 

Nel I atto, si nota il tenero amore di Radamès verso Aida più forte che verso la Patria, un amore ultraterreno ed emerge la speranza di Radamès di conquistarla; la dedica che le esprime, il dono che vorrebbe per lei, creatura celestiale, Dea: lei è un insieme di luce e di fiori.

< E a te, mia dolce Aida, Tornar di lauri cinto…

< Celeste Aida, forma divina, mistico serto di luce e fior, del mio pensiero tu sei regina,  tu di mia vita sei lo splendor.

< Il tuo bel cielo vorrei ridarti, le dolci brezze del patrio suol; un regal serto sul crin posarti,    ergerti un trono vicino al sol.

 

Radamès-Aida: 

Nel III atto, l’amore reciproco e tormentato di Radamès e Aida è sublimato dal sacrificio: infatti, Aida cede al volere paterno, padre che è commosso e soddisfatto: la musica esprime bene e trascina chi ascolta e comprende tale sentimento.

Giunge Radamès che incontra Aida: la rassicura che ama lei  e non la figlia del Faraone e che difenderà l’Etiopia, chiedendo di sposare Aida che, però, teme la rivalsa degli Egiziani e ha paura per lui: gli suggerisce di fuggire attraverso il deserto.

 

Duetto Radamès-Aida: 

< Vieni meco, insiem fuggiamo questa terra di dolore. Vieni meco t’amo, t’amo!  A noi duce fia l’amor.
Aida, convinta dal padre, chiede a Radamès dove passeranno per fuggire.

Radamès:

< Il sentier scelto dai nostri a piombar sul nemico fia deserto  fino a domani.

Aida:

< E quel sentier?

Radamès:

< Le gole di Napata…

Amonasro:

(Si presenta tuonante)
< Di Napata le gole! Ivi saranno i miei.

Radamès, senza volere, svela la strada delle sue truppe: viene meno al suo dovere e, subito, si rende conto di avere tradito l’Egitto.

Aiuta Aida e il padre a fuggire e si consegna a Ramfis: “Sacerdote, io resto a te”.

In questo duetto, “tradimento involontario a parte”, Radamès evidenzia il suo amor patrio attraverso il suo dramma e il suo altissimo senso dell’onore che non è molto d’accordo con l’amore per Aida che non smette di amare.

Aida soffre ma, per amor di patria, inganna Radamès, che tanto ama: il suo è davvero un amore combattuto ma, assieme a quello di Radamès, è amore eterno.

E’ da notare che Aida e Radamès sono due personaggi differenti fra loro: Radamès è deciso a combattere gli Etiopi, a vincerli e a liberare Aida (“nemica”, in quanto Etiope) e pensa di unire l’amore per Aida e l’amore per la sua patria.

Al contrario, Aida si strugge per l’amore verso il padre e l’amore verso il suo “nemico” egiziano.

Infatti, risulta chiaro che Radamès è  personalità sicura e Aida è un essere angosciato.

Quindi, spesso, Verdi associa la musica allo spirito dei personaggi dell’opera, per cui rende chiaro il desiderio di libertà di Aida che, a causa dell’essere soffocato, le provoca tristezza e malinconia.

Nel IV atto, Radamès è rinchiuso vivo; il suo unico  pensiero è Aida, che viva e che non venga a sapere della sua fine.

Intravede un’ombra, sente una voce; è Aida:

Radamès:

< La fatal pietra sovra me si chiuse…  Ecco la tomba mia. Del dì la luce  Più non vedrò… Non revedrò più Aida. Aida, ove sei tu? Possa tu almeno viver felice e la mia sorte orrenda  Sempre ignorar! Qual gemito!… Una larva…  Una vision… No! forma umana è questa.

Ciel! Aida!

Aida:

< Son io.

Radamès:

< Tu… in questa tomba!

Aida:

< Presago il core della tua condanna,  in questa tomba che per te s’apriva  Io penetrai furtiva…  e qui lontana da ogni umano sguardo  nelle tue braccia desiai morire.

I due innamorati non si lasceranno più e, nell’ultimo duetto, salutano la vita e la loro terra: struggente duetto Aida-Radamès:

< O terra, addio; addio, valle di pianti…  sogno di gaudio che in dolor svanì.  A noi si schiude il ciel e l’alme erranti volano al raggio dell’eterno dì.

Aida, in base all’epoca di creazione, evidenzia lo spirito romantico dell’amore come “consacrazione” dell’uno verso l’altro: Aida abbraccia lo stesso destino di Radamès.

 

Amonasro:  

Amonasro, Re Etiope, è un personaggio “breve”, ma fortemente INCISIVO che, nel II atto dell’opera, fra i prigionieri, nasconde la propria identità di Re degli Etiopi, ordinando tale cosa anche alla figlia (“Non mi tradir”) e si mostra diplomatico rivolgendosi al Re: “Ma tu, o Re, tu Signore possente a costoro ti volgi clemente”.

Gli Etiopi hanno perso la battaglia dopo aver invaso l’Egitto per liberare Aida, figlia del Re etiope, caduta prigioniera degli Egiziani.

Giustamente e coraggiosamente, NON tralascia il suo volere la rivincita sugli Egiziani che hanno vinto lui e la sua Nazione e, nel III atto, esprime chiaramente quanto vorrebbe da Aida a causa della RAGION DI STATO per la quale, dopotutto Aida stessa è stata resa schiava.

Per Amonasro – “Ei conduce gli Egizii: intendi?”.

Aida è indignata dalla proposta paterna affinché Radames fugga con lei nella “novella patria”: esiste la necessità, d’accordo, ma per lei è un tradimento verso l’uomo amato, però si sente costretta a cedere al ricatto psicologico e ossessivo che il padre le sottopone, volendo convincerla che rivedrà le grandi bellezze della sua terra  e che sarà “Sposa felice a lui che amasti tanto, tripudi immensi ivi potrai gioir”.

Aida NON vuole ingannare l’uomo che ama, per cui il padre le ricorda i “giorni infausti” (“Pur rammenti che a noi terra l’egizio immite, le case, i tempii, e l’are profanò… trasse in ceppi le vergini rapite… madri… vecchi, fanciulli ei trucidò”).

Amonasro spiega alla figlia che sarà proprio lei a “strappare” il nome del “sentiero fia deserto fino a domani”, una volta che la figlia sarà “CONVINTA” e “DEGNA DELLA SUA PATRIA”, dopo che Amonasro la scrolla e quasi la maledice, facendola sentire “colpevole”: “Su, dunque! Sorgete, egizie coorti! Col fuoco struggete le nostre città… spargete il terrore, le stragi, le morti… al vostro furore più freno non v’ha  – Flutti di sangue scorrono sulle città dei vinti… vedi?… dai negri vortici si levano gli estinti… ti additan essi e gridano: per te la patria muor!”.

Amonasro E’ IL RE: “IL RE ORDINA e COMANDA”.

Riesce a rendere bene l’idea del modo subdolo e intimidatorio con cui si rivolge ad Aida per risolvere la situazione e che, poi, è costretta ad accettare per salvare la sua Patria, ossia un’intera nazione.

Fra parentesi: parecchie ragazze, nella nostra epoca, sono state costrette a sposarsi o a convivere per poter permettere interessi di famiglia, obbedendo al padre.

Un esempio: una mia collega era stata costretta dal padre a farsi ingravidare dal fidanzato perche’ – per sposarsi – aveva bisogno di vivere in una casa di proprietà del padre il quale  – cosi – rientrava in possesso di un suo bene, vincendo la causa con il proprio inquilino (!).

Comunque, è da capire bene l’azione di violenza morale di Amonasro che viene esercitata; azione che, in futuro, potrebbe avere conseguenze gravi per la vita della figlia.

 

Amneris:   

Amneris-Aida:

Nel II atto, Amneris si incontra con Aida e finge di esserle amica:

< Fu la sorte dell’armi a’ tuoi funesta, povera Aida! Il lutto che ti pesa sul cor teco divido,  lo son l’amica tua…

 

Provoca la confessione dell’amore di Aida per Radamès e la figlia del Re dell’Egitto non può fare a meno di palesare la sua gelosia:

< Trema, vil schiava! Spezza il tuo core; segnar tua morte può quest’amore; del tuo destino arbitra sono, d’odio e vendetta le furie ho in cor.

Aida è sincera, Amneris subdola e vendicativa.

 

Amneris-Radamès: 

Amneris:

< Ohimè!… morir mi sento! Oh! chi lo salva?  E in poter di costoro io stessa lo gettai! Ora a te impreco atroce gelosia, che la sua morte e il lutto eterno del mio cor segnasti! – Numi, pietà del mio straziato core. Egli è innocente, lo salvate, o Numi!

Sale il delirio di Amneris, che è sempre innamorata dell’eroe e, nonostante  maledica la sua gelosia, lo vuole salvare, implorando inutilmente i sacerdoti.

Il IV atto è tutto suo, praticamente.

MA NON riesce a fare assolvere Radamès. Anzi, ad un certo punto, disperata, rivolta ai Sacerdoti, constata “E li chiamano Ministri del Ciel” !

E’ giusto ricordare, ad ogni modo, che, nel duetto del II atto, Amneris si comporta in modo viscido per arrivare a scoprire il vero sentimento di Aida verso Radamès.

E’ la figlia del Faraone; è convinta di potere avere tutto (rivolta ad Aida: “Son tua rivale, figlia dei Faraoni”), ma anche lei è infelice come tantissimi esseri “mortali” e il suo amore per Radamès non è corrisposto.

Anche Amneris soffre del suo amore: desiderio e vendetta lottano dentro di lei e nel IV atto si colgono i suoi pensieri:

< L’aborrita rivale a me sfuggia…  Dai Sacerdoti Radamès attende dei traditor la pena. Traditore  egli non è…

< A morte! A morte!… Oh! che mai parlo? Io l’amo, Io l’amo sempre… Disperato, insano  è  quest’amor che la mia vita strugge. Oh! s’ei potesse amarmi! Vorrei salvarlo. E come?

Si tenti! Guardie: Radamès qui venga.
Le Guardie conducono Radamès da Amneris:

< Già i Sacerdoti adunansi arbitri del tuo fato; pur dell’accusa orribile scolparti ancor t’è dato.

Radamès non vuole vivere da traditore e preferisce morire. Non sa più nulla di Aida e Amneris, che gli confessa il suo amore, gli svela che ella vive ancora, ma gli chiede di non vederla mai più, se vorrà salva la vita.
Radamès non può promettere.

Continua il duetto tra Radamès e Amneris:

Radamès:

< E’ la morte un ben supremo se per lei morir m’è dato; nel subir l’estremo fato gaudii immensi il cor avrà; l’ira umana più non temo,

Amneris:

< Ah! chi ti salva?  De’ miei pianti la vendetta  or dal ciel si compirà.

(Radamès parte circondato dalle Guardie, Amneris cade desolata su di un sedile.)

Ramfis:  

E’ il gran sacerdote.

E’ il primo personaggio che appare, nell’opera, subito prima di Radamès.

Le sue decisioni sono importanti e, nel secondo atto, non è completamente d’accordo con la richiesta di Radamès, per cui acconsente alla liberazione dei prigionieri etiopi, salvo Aida e il padre, perché gli Etiopi – per lui – “la vendetta hanno nel cuor” e “correranno all’armi ancor”.

 

ATTO II: SCENA TRIONFALE 

Il popolo acclama e, grato della vittoria, glorifica l’Egitto (ossia, la Patria), Iside (la Divinità) e, subito dopo, colui che li governa (il Re).

E il Re e l’Egitto vengono avvicinati alla luce.

Il coro inneggia all’Egitto trionfatore:
< Gloria all’Egitto, ad Iside  che il sacro suol protegge! Al Re che il Delta regge inni festosi alziam!
Gloria! Gloria! Gloria!  – Gloria al Re!

< L’inno del popolo: come d’intorno al sole danzano gli astri in ciel! Inni festosi alziam al Re,  alziamo al Re.

“Nel fortunato dì”: si annuncia la marcia trionfale: e, dinanzi al Re sfilano i soldati Egiziani, le fanfare, i carri di guerra, le insegne, le statue degli Dei e le danzatrici con i tesori.

Aida, scorge il padre, gli muove incontro e lo abbraccia, ma lui le raccomanda: “Non mi tradir” (ossia, “Non fare sapere che io sono il Re etiope).

Amonasro, Aida, il popolo, i prigionieri supplicano il Re:
< Ma tu, Re, tu signore possente, a costoro ti volgi clemente;  oggi noi siam percossi dal Fato,  … ma doman voi potria il Fato colpir.

I Sacerdoti lo esortano così:
< Struggi, o Re, queste ciurme feroci, chiudi il core alle perfide voci; fur dai Numi votati alla morte, or de’Numi si compia il voler!

Radamès è fiero, dolce, innamorato, nonostante il suo desiderio di potere; osserva il volto di Aida e prigionieri:
< Il dolor che in quel volto favella  al mio sguardo la rende più bella; ogni stilla del pianto adorato  nel mio petto ravviva l’amor.

 

I PERDENTI e I VINCENTI: 

Amneris perde l’amore di Radamès.
Amonasro perde la vita e la Patria.

Aida e Radamès perdono la vita sulla Terra, ma la loro vita e il loro amore continuano in Cielo: loro sono i vincenti.

 

AIDA: opera drammatica, è di tipo militare e mistico, dove il potere – effettivamente – appartiene ai sacerdoti, dove  l’amore dei tre giovani Aida-Amneris-Radamèsrisalta  e dove ci informa sulla Religione, sulla Storia e sull’Arte dell’Antico Egitto.

AIDA: opera colossale, magnifica, meravigliosa, affascinante.


Battuto al computer da Lauretta 

 

Il tenore MARIO DEL MONACO canta “SE QUEL GUERRIER IO FOSSI … CELESTE AIDA”:

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SU DEL NILO AL SACRO LIDO:

 

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SCENA e MARCIA TRIONFALE:

 

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SCENA DEL NILO “ QUI, RADAMES VERRA’ “:

 

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Il tenore LUCIANO PAVAROTTI e il soprano MARIA CHIARA cantano il duetto finale “O TERRA ADDIO”:

 

ADRIANA LECOUVREUR di Francesco Cilea

L’opera è tratta dal dramma “ADRIENNE LECOUVREUR” di Eugène Scribe e Ernest Legouvé con il libretto in 4 atti di Arturo Colautti.

Prima rappresentazione: Teatro “Lirico” di Milano, 6 novembre 1902, sotto la Direzione Orchestrale di Cleofonte Campanini, con Angelica Pandolfini, Enrico Caruso e Giuseppe De Luca.

 

Personaggi:

Maurizio, conte di Sassonia (tenore)
Il principe di Bouillon (basso)
L’abate di Chazeuil (tenore)
Michonnet, direttore di scena alla Comédie Française (baritono)
Quinault, socio della Comédie (basso)
Poisson, idem (tenore)
Un maggiordomo (tenore)
Adriana Lecouvreur della Comédie (soprano)
La principessa di Bouillon (mezzosoprano)
Mad.lle Jouvenot, socia della Comédie (soprano)
Mad.lle Dangeville, idem (mezzosoprano)
Una cameriera (comparsa)
Dame – Signori – Comparse – Servi di scena – Valletti (coro)    Balletto

 

Primi interpreti:   

Adriana Lecouvreur (soprano) Angelica Pandolfini,
Maurizio, Conte di Sassonia (tenore) Enrico Caruso
Michonnet, direttore di scena alla Comédie Française (baritono) Giuseppe De Luca
Direttore: Cleofonte Campanini

 

Trama:

Epoca storica: Parigi, nel marzo del 1730

Atto I: Nel foyer della Comédie-Française. 

Sta per iniziare la rappresentazione di “Bajazet” di Racine, e il direttore di scena Michonnet è in grande movimento per le aspettative: nel medesimo lavoro tragico, sono presenti Adriana Lecouvreur e Mademoiselle Duclos (quest’ultima è protetta dal Principe di Bouillon).

Mentre il sospettoso Principe di Bouillon visita le quinte per sapere come si  comporta la “sua” Duclos,  lo stesso Michonnet vorrebbe dichiararsi ad Adriana e spiegarle che ha deciso di sposarsi avendo ricevuto una piccola eredità, ma rimane deluso perché Adriana, a sua volta, gli confida che anche lei è innamorata.

Maurizio è il Conte di Sassonia in persona che vuole rimanere anonimo.

Festino nel villino dell’attrice”: gli attori della “Comédie” sanno che la Duclos ha fatto da tramite per la moglie del protettore, la Principessa di Bouillon.

Adriana non lo conosce il Conte e desidera ottenere che il suo alfiere venga promosso e protetto, per cui si incontreranno dopo lo spettacolo: Maurizio riceve dall’attrice un mazzetto di violette (“La dolcissima effigie”).

L’Abate e il Principe di Bouillon fanno recapitare il biglietto scritto dalla Duclos, e organizzano ‘Un gaio ascolta commosso Adriana in scena’ (“Ecco il monologo”); Maurizio non potrà incontrare Adriana alla fine dello spettacolo e, durante l’intervallo, il Principe invita tutta la compagnia degli attori al villino della Duclos.

Adriana è felice di sapere che è invitato anche il Conte di Sassonia, per cui accetta, sperando di poter parlare per perorare la causa del “suo” alfiere.

 

Atto II: Il nido della Grange-Batelière, il villino della Duclos.   

Qui, la Principessa di Bouillon aspetta ansiosa Maurizio (“Acerba voluttà”).
Il Conte porta al petto le violette ricevute da Adriana: per non fare ingelosire la Principessa, finge che siano un omaggio per lei.
La Principessa parla dei nemici potenti che contrastano l’ascesa del Conte al trono di Polonia e vogliono l’arresto di chi pretende.
Maurizio vorrebbe partire, ma viene trattenuto dalla Principessa che, nuovamente ingelosita, vuole sapere il nome della nuova amante, ma l’arrivo improvviso del Principe, dell’Abate Chazeuil e degli attori interrompe la discussione (la donna si nasconde in uno stanzino).

Adriana giunge mentre l’Abate prepara il salone per la cena.
A lei viene presentato il Conte di Sassonia: grande sorpresa dell’attrice, ma i due si riappacificano (“Ma dunque è vero?”).

Michonnet deve assentarsi per discutere di una nuova parte con la Duclos.
L’Abate lascia intendere che la Duclos si trovi nascosta nello stanzino: Maurizio svela la verità ad Adriana che, per amor suo, aiuta “quella persona” a uscire dalla villa non riconosciuta.
Michonnet non farà entrare nessuno nella stanza.

Al buio, Adriana bussa alla porta dello stanzino, che si apre solo dopo che viene pronunciato il nome di Maurizio (“Sia! Non risponde”): le chiavi ricevute dallo stesso Principe vengono consegnate da Adriana alla donna misteriosa.
La Principessa, riconoscente, cerca invano di scoprire l’identità della sua salvatrice.
La Principessa teme che Adriana sia una sua rivale.
Le due donne rivendicano i propri diritti sul Conte ma, nel fuggire, la Bouillon perde un braccialetto che viene consegnato ad Adriana.

 

Atto III: A palazzo Bouillon. 

Qui, si sta per tenere un galà a cui sarà presente Adriana.
Assieme all’Abate, la Principessa cerca di conoscere l’identità della sua salvatrice sconosciuta.
Il Principe ordina di custodire con cura la “polvere di successione”, un veleno così potente che il solo respirarlo provoca la morte.
L’Abate inorridisce, ma la Principessa ascolta interessata.

La Principessa crede di riconoscerne la voce di Adriana e parla con astuzia circa Maurizio, per cui Adriana impallidisce, ma gioisce quando lo vede sano e salvo: a lui viene chiesto di raccontare una delle sue imprese militari (“Il russo Menscikoff”).
La Principessa è quasi certa del tutto, e Adriana inizia a sospettare, vedendo il Conte colloquiare con lei.

“Il giudizio di Paride” è il balletto che viene eseguito nella grande sala e tutti si domandano di chi fosse il braccialetto rinvenuto nel nido della Duclos, dopodiché Adriana mostra il braccialetto della Principessa, che viene riconosciuto dal Principe.
Le due donne si riconoscono e la Principessa, chiede – in segno di scherno – che l’attrice reciti qualcosa per il pubblico.
Adriana risponde alla sfida, declamando il “Monologo del richiamo” dalla “Fedra” di Racine.
Durante le ultime parole (“Come fanno le audacissime impure cui gioia è tradir”) indica la Principessa, che giura di vendicarsi mentre il pubblico applaude.

 

Atto IV: La casa di Adriana.   

Adriana non recita più da tempo: è delusa dall’amore.
E’ consolata dal solo Michonnet.

Si sente un po’ meno depressa a seguito di una visita dei suoi colleghi della Comédie, che le raccontano che la Duclos ha definitivamente abbandonato il Principe.
La supplicano di tornare in scena e Adriana acconsente, però si turba nel ricevere un cofanetto che sembra provenire da Maurizio.
Lo apre e viene colta da un breve malore, oltre a trovarvi – addolorata – il mazzo di violette che aveva donato a Maurizio.
Le sembra un gesto scortese, bacia e annusa ancora i fiori; dopodiché, li getta nel fuoco (“Poveri fiori”), convinta che la sua storia d’amore sia proprio finita.
Michonnet osserva che tale consegna può esserle stata fatta solo da una donna gelosa, dal momento che egli stesso aveva avvisato Maurizio, che si presenta in quello stesso istante.

Adriana è ancora offesa, ma è lieta di rivedere l’amato da cui riceve una proposta di matrimonio (“No, la mia fronte”). Ma Adriana inizia ad accusare un malore, e subito dopo inizia a delirare, convinta di essere a teatro, durante un suo spettacolo.
Il Conte, turbato, intuisce con Michonnet la verità: i fiori contenuti nel cofanetto, avvelenati, chiaramente erano stati inviati dalla Principessa di Bouillon.

Non c’è rimedio, e i due assistono indifesi alla morte di Adriana (“Ecco la luce”).

 


Brani noti:

Io son l’umile ancella, romanza di Adriana (Atto I)
La dolcissima effigie, romanza di Maurizio (Atto I)
Ecco il monologo, romanza di Michonnet (Atto I)
Acerba voluttà, aria della Principessa (Atto II)
L’anima ho stanca, romanza di Maurizio (Atto II)
Sia! Non risponde, duetto tra Adriana e la Principessa (Atto II)
Il russo Menscikoff, romanza di Maurizio (Atto III)
Giusto Cielo! che feci in tal giorno?, monologo di Adriana (Atto III)
Intermezzo sinfonico (Atto IV)
Poveri fiori, romanza di Adriana (Atto IV)

 

Incisioni note con:   

Giuseppina Cobelli, Lina Cavalieri, Mafalda Favero, Renata Tebaldi e, nel nostro tempo recente, con Leyla Gencer, Montserrat Caballé, Joan Sutherland, Raina Kabaivanska, Daniela Dessì, ma Magda Olivero è stata “l’Adriana” che Cilea riteneva ideale.

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:

Adrienne Lecouvreur è una grande figura storica: è attrice come Mademoiselle Duclos (Marie-Anne de Châteauneuf), presso la “Comédie-Française” e l’ha sorpassata per avere reso la propria recitazione più attuale, nel suo tempo.

Nel marzo del 1730, muore e sembra che sia stata diffusa la voce secondo la quale la Principessa di Bouillon, l’avrebbe avvelenata, avendo entrambe, la relazione con Maurizio Ermanno, Conte di Sassonia.

Cilea, deciso a trarre un’opera da Adrienne Lecouvreur di Scribe e Legouvé, così spiega: «Fra i tanti lavori che lessi in quel tempo, mi colpì quello di Scribe e Legouvé. La varietà dell’azione che potevano offrirmi situazioni nuove ed eleganti, la fusione della commedia e del dramma nella cornice dell’ambiente settecentesco (che conoscevo bene), il passionale amore della protagonista toccarono il mio cuore e accesero la mia fantasia».

La musica ha lo stile tipico di Cilea, stile legato alla scuola napoletana, ma con influenza di Massenet e della tradizione francese.

La prima assoluta dell’opera consegue un enorme successo.

Viene rappresentata in Italia e all’Estero ma, a partire dal 1910, l’opera viene un po’ lasciata in disparte.

Dopo tagli e cambiamenti, dagli anni ‘30 in poi, Adriana Lecouvreur rientra fermamente in repertorio.

 

“ADRIANA LECOUVREUR”: è un’opera lirica molto fine, elegante e delicata che tratta una storia di amori, di intrighi, di potere, di odio, di morte; è un’opera che parla anche del drammaturgo Racine e del suo “Bajazet”, che mostra il bellissimo balletto mitologico del III atto (“Il giudizio di Paride”).

 

Adriana Lecouvreur:

Lei, la protagonista, è una donna con l’intelligenza e la sensibilità proprie degli artisti ma, anche, determinata: come esempio da citare è il tenere testa alla Principessa di Bouillon accettando di recitare il monologo di Fedra e indicandola col dito, al termine.

Può rivaleggiare – in campo amoroso – con la Principessa di Bouillon ma, Maurizio di Sassonia, alla fine, sceglie proprio Adriana.

Anche ad Adriana, essere umano con virtù e difetti, succede di provare gelosia e risentimento, ma NON commette atti cattivi: anzi, AIUTA la donna che non conosce, avendone, in cambio, la morte.

Un esempio della sua buona disposizione verso Maurizio: rimane molto sorpresa quando viene a conoscenza che lui non è l’alfiere di cui è innamorata, ma il Conte; lo perdona per il sotterfugio, però SA comprendere e giustificare il voler vivere in incognito per motivi politici.

Adriana muore proprio quando Maurizio, superata finalmente la sua fragilità-“dipendenza” verso la Principessa di Bouillon, le rivolge la domanda di matrimonio, superando la differenza sociale.

 

La Principessa di Bouillon e il suo operato:

Risulta chiaro che, nonostante – in quell’epoca vigessero usi e modi di pensare secondo l’educazione, la mentalità e le leggi del tempo – si tratta di OMICIDIO PREMEDITATO FREDDAMENTE da parte della Principessa di Bouillon: ai giorni nostri, sarebbe CONDANNABILE PENALMENTE perché si tratta di un CRIMINE, provocato da una PERCENTUALE ALTA di GELOSIA, per cui il DISTURBO PSICHICO è dovuto ad INSICUREZZA nata nella “notte dei tempi”.

La Principessa di Bouillon NON è innamorata di Maurizio, in quanto la gelosia – in generale – NON è indice di amore, dal momento che è una reazione emotiva alla PAURA di perdere la persona che si ama: infatti, da persona gelosa, è convinta che la persona amata le appartenga, pur volendole molto bene.

La Bouillon NON SA di avere un senso di possesso dell’amore; la Bouillon, idem, inconsciamente, ritiene che la presenza di Maurizio la faccia sentire bene.

Tutto questo a causa della sua già citata INSICUREZZA.

La gelosia è il segnale di un timore forte che – inconsciamente – “ci comunica” che esiste un pericolo, ossia quello di perdere il sentimento della persona amata, perdita dovuta ad altri.

Solitamente, la gelosia provoca un sentimento di abbandono, di esclusione e, di conseguenza, molto dolore.

Però, se questo segnale di pericolo lo si conosce, la cosa può risultare utile e portare a migliorare il proprio comportamento. Questo sentimento è sempre stato presente in tutte le civiltà ed è presenziato in opere liriche, in canzoni, in romanzi, …

Sotto l’aspetto psicologico, la Principessa di Bouillon è, certamente, un personaggio interessante.

 

Michonnet:

È un essere generoso e paziente, in genere, specialmente nel I atto, dove viene “strapazzato” per la vicinissima rappresentazione del lavoro di Jean Racine, lavoro per il quale si nutrono grandissime aspettative da parte di tutti che vogliono anche giudicare la differenza recitativa fra Adriana e la Duclos.

E’ capace di commuoversi ascoltando Adriana nel famoso “assolo”: “Ecco il monologo”.

Michonnet, con Maurizio, deduce che i fiori avvelenati con la “polvere” sono stati fatti recapitare ad Adriana dalla Principessa di Bouillon.

E’ da considerare che Michonnet è arguto, dal momento che egli stesso aveva capito che “tale consegna può esserle stata fatta solo da una donna gelosa” e che aveva già avvisato Maurizio, che un individuo si presenterà.

Michonnet ama davvero Adriana: si tratta di amore puro, vero, sotto tutti gli aspetti; forse, si potrebbe definire addirittura Amore verso il Prossimo.

Michonnet: senza dubbio, un grande personaggio.

 

Maurizio di Sassonia:

Personalità “dipendente”.
Infatti, non sa staccarsi dal dominio che la Principessa di Bouillon esercita su di lui (una specie di complesso edipico da parte di Maurizio verso la sua protettrice) che, inconsciamente, arriva a procurargli una certa stanchezza psicologica (”L’anima ho stanca”).

 

Il Principe di Bouillon:

Possiede “il controllo”, “il potere” conferitogli dal suo rango, il potere egoista di un uomo arido…

Regala il villino e i gioielli alla sua amante di turno …

Ma non sa amare perché il suo interiore è “vuoto”.

 

 

 

Battuto al computer da Lauretta 

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Il soprano MAGDA OLIVERO canta “Io son l’umile ancella”:


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Il tenore MARIO DEL MONACO canta “La dolcissima effigie”:

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Il mezzosoprano ANNA MARIA FICHERA canta “Acerba voluttà”:

 

VIRGINIA ZEANI

Virginia Zeani, nome d’arte di Virginia Zehan, nasce a Solovăstru il 21 ottobre 1925 e muore a West Palm Beach il 20 marzo 2023.

E’ un soprano rumeno, attivo dagli Anni Cinquanta agli Anni Settanta.

Studia Canto con il soprano Lydia Lipkowska e, poi, con il tenore Aureliano Pertile.

1948: debutta a Bologna come Violetta ne “La traviata”.

Il suo repertorio comprende oltre 70 ruoli, tra cui “I dialoghi delle Carmelitane” di Poulenc, che canta in “prima assoluta”.
La sua più famosa interpretazione è quella di Violetta, che canta in oltre 600 recite.

Si è spenta il 20 marzo 2023.

 

Cronologia:

1952: al Teatro “La Fenice” di Venezia, canta nella “Sinfonia n. 9” (Beethoven) diretta da Vittorio Gui con Boris Christoff.

1961: è Mimì ne “La bohème” con Giuseppe Di Stefano ed Angelo Nosotti, diretta da Luciano Rosada ed è Violetta Valéry ne “La traviata” nella trasferta al “Teatro Nazionale” a Belgrado, con Luciano Pavarotti e Mario Sereni, diretta da Ettore Gracis,

1964: è “Madama Butterfly”, diretta da Arturo Basile.

1973: canta in “Turandot” di Ferruccio Busoni.

1956: al Teatro “Alla Scala” di Milano, è Cleopatra nella “prima” di Giulio Cesare di Georg Friedrich Händel con Nicola Rossi-Lemeni, Giulietta Simionato, Franco Corelli e Mario Petri, diretta da Gianandrea Gavazzeni,

1957: è Bianca De La Force nella “prima” assoluta de “I dialoghi delle Carmelitane” (opera) con Gianna Pederzini, Scipio Colombo, Nicola Filacuridi, Leyla Gencer, Gigliola Frazzoni, Eugenia Ratti, Fiorenza Cossotto ed Alvinio Misciano, diretta da Nino Sanzogno.

1961: Stella, Olympia, Giulietta ed Antonia nella prima de “I racconti di Hoffmann” con Nicola Rossi Lemeni.

1966: è “Madama Butterfly” nella “prima” con Bruno Prevedi e Giangiacomo Guelfi.

1956: è Marguerite in “Faust” con Giuseppe Valdengo, alla “Wiener Staatsoper”.

1957: è Violetta Valéry ne “La traviata” con Gianni Raimondi e Rolando Panerai, diretta da Herbert von Karajan.

1960: è Micaela nell’opera “Carmen” con Giulietta Simionato e Walter Berry, diretta da André Cluytens.

1965: al “Grand Théâtre di Ginevra” è La jeune fille in “Alissa” di Raffaello de Banfield.

1966: Stella, Olympia, Giulietta, Antonia in “Les contes d’Hoffmann” con Rossi-Lemeni e José van Dam.

1969: è “Aida” nell’opera omonima diretta da Nello Santi.

1966: al “Metropolitan Opera House” è Violetta ne “La traviata” con Robert Merrill e Charles Anthony Caruso, diretta da Georges Prêtre.

1967: è Elena ne “I vespri siciliani” con Eugenio Fernandi, Bonaldo Giaiotti e Paul Plishka.

 

Vita privata:

E’ sposata dal 1958 con il basso italiano Nicola Rossi-Lemeni, scomparso nel 1991.

Entrambi sono Docenti di Canto all’Università dell’Indiana, contribuendo all’affermazione di diversi noti artisti, tra i quali Vivica Genaux e Sylvia McNair.

Vive a lungo a West Palm Beach, Florida.

 

Repertorio:

Repertorio operistico:

Amina, La sonnambula, Bellini
Elvira, I puritani, Bellini
Leila, I pescatori di perle, Bizet
Micaela , Carmen, Bizet
Margherita, Mefistofele , Boito
Turandot, Turandot, Busoni
Tatjana, Eugenio Onieghin, Čajkovskij
La Contessa, La dama di picche, Čajkovskij
Adriana Lecouvreur, Adriana Lecouvreur, Cilea
La jeune fille, Alissa, De Banfield
Adina, L’elisir d’amore, Donizetti
Miss Lucia Ashton, Lucia di Lammermoor, Donizetti
Linda di Chamounix, Linda di Chamounix, Donizetti
Maria di Rohan, Maria di Rohan , Donizetti
Fedora, Fedora, Giordano
Margherita, Faust, Gounod
Cleopatra, Giulio Cesare in Egitto, Händel
Nedda, Pagliacci, Leoncavallo
Mariella, Il piccolo Marat, Mascagni
Manon, Manon, Massenet
Carlotta, Werther, Massenet
Thaïs, Thaïs, Massenet
Magda, Il console, Menotti
Elisa, Elisa e Claudio, Mercadante
Fiora, L’amore dei tre re, Montemezzi
Zerlina, Don Giovanni, Mozart
Antonia, I racconti di Hoffmann, Offenbach
Giulietta, I racconti di Hoffmann, Offenbach
Olimpia, I racconti di Hoffmann, Offenbach
Stella, I racconti di Hoffmann, Offenbach
Serpina , La serva padrona, Pergolesi
Prima corifea, Assassinio nella cattedrale, Pizzetti
Bianca, I dialoghi delle Carmelitane, Poulenc
La donna, La voce umana, Poulenc
Manon Lescaut, Manon Lescaut, Puccini
Mimì, La bohème, Puccini
Musetta, La bohème, Puccini
Floria Tosca, Tosca, Puccini
Cio-Cio-San, Madama Butterfly, Puccini
Magda de Civry, La rondine, Puccini
Suor Angelica, Suor Angelica, Puccini
Giulia, La scala di seta, Rossini
Rosina, Il barbiere di Siviglia, Rossini
Desdemona, Otello, Rossini
Zelmira , Zelmira, Rossini
Contessa Adele, Il conte Ory, Rossini
Tamara, Il demone, Rubinstein
Alzira, Alzira, Verdi
Lina, Stiffelio, Verdi
Gilda, Rigoletto , Verdi
Violetta Valery, La traviata, Verdi
Duchessa Elena, I vespri siciliani , Verdi
Aida, Aida, Verdi
Desdemona, Otello, Verdi
Elsa, Lohengrin, Wagner
Senta, L’olandese volante, Wagner
Agata, Il franco cacciatore, Weber

 

Discografia parziale:

Virginia Zeani, 2009 Preiser
Il Mito dell’Opera – Virginia Zeani (Live Recordings 1957-1969), 2013 Bongiovanni
Zeani: Operatic Recital – Virginia Zeani, Decca
Zeani: One Fine Day – The Santa Cecilia Orchestra of Rome/Franco Patané/Virginia Zeani, Mastercorp
Pizzetti: Assassinio nella cattedrale – Ildebrando Pizzetti/Orchestra Sinfonica della RAI Radiotelevisione Italiana di Torino/Nicola Rossi-Lemeni, Milano Dischi
Puccini: Manon Lescaut – Virginia Zeani/Alberto Carusi/Leonida Bergamonti/Flaviano Labò/Guido Pasella/Alberto Rinaldi/Umberto Cattini/Coro e Orchestra del Teatro Municipale di Piacenza, Bongiovanni
Verdi: Rigoletto – Aldo Protti/RAI Symphony Orchestra, Milan/Nino Sanzogno/Nicola Zaccaria/Carlo Zampighi/Virginia Zeani, Bongiovanni
Verdi: La Traviata – The Hamburg Philharmonic State Orchestra/The Hamburg Sate Chorus/Napoleone Annovazzi/Virginia Zeani, 2010 Mastercorp

 

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

 

 

VIRGINIA ZEANI:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:VirginiaZeani.jpg

File:VirginiaZeani.jpg

 

RICCARDO ZANDONAI

Riccardo Zandonai nasce a Borgo Sacco di Rovereto il 28 maggio 1883 e muore a Trebbiantico il 5 giugno 1944.

E’ un compositore e direttore d’orchestra italiano.

Inizia i suoi studi con Vincenzo Gianferrari, presso la Scuola Musicale della sua città.

1898-1901: prosegue gli studi con Pietro Mascagni al Liceo Musicale “Rossini” di Pesaro.

Durante la sua gioventù, compone molte musiche strumentali e vocali che delineano già il suo talento promettente e, oltre che Compositore, Zandonai è costante nella Direzione d’Orchestra.

1935: l’Accademia d’Italia gli conferisce il “Premio Mussolini” per le arti.

1940: viene nominato Direttore del Conservatorio di Pesaro.

All’epoca della morte, risiede nel Convento del “Beato Sante di Mombaroccio”, dove è sfollato a seguito del sequestro della sua abitazione da parte dei Nazisti.

1944: muore mentre è degente nell’ospedale di Trebbiantico, a causa delle complicanze di un’operazione urgente a cui si era sottoposto per rimuovere dei calcoli biliari.
1947: terminata la guerra, la salma viene trasportata a Rovereto e tumulata nel Cimitero di Borgo Sacco.

A seguito del contatto con gli ambienti musicali di Milano, Zandonai inizia la sua fortunata carriera di Compositore Teatrale:

. Torino, 1908: la sua prima opera è “Il grillo del focolare” (tratto dal lavoro di Charles Dickens).

. Milano 1911: un’opera di maggior successo è “Conchita” (di ambientazione spagnola, è tratta dal romanzo di Pierre Louÿs, “La Femme et le pantin”).

. Torino 1914: “Francesca da Rimini” (su libretto di Gabriele D’Annunzio, è il suo lavoro più conosciuto e più rappresentato).

. Roma, 1922: “Giulietta e Romeo” (ardente e passionale lavoro tratto dal celebre dramma di Shakespeare).

. Milano 1925: “I cavalieri di Ekebù” (da “La saga di Gösta Berling” di Selma Lagerlöf; opera diretta, in prima esecuzione, da Arturo Toscanini al Teatro “La Scala”, raccoglie grande e duraturo successo nel Nord Europa per merito dell’efficace rappresentazione di atmosfere tipiche della sensibilità nordica.

 

Altre opere teatrali di Zandonai sono:

. “La coppa del re” (1906, non rappresentata).
. “L’uccellino d’oro” (Rovereto, 1907).
. “Melenis” (Teatro “Dal Verme” di Milano, 13 novembre 1912, diretta da Ettore Panizza con Giovanni Martinelli; non ottiene successo).
. “La via della finestra” (Pesaro, 1919).
. “Giuliano” (Napoli, 1928).
. “Una partita” (Teatro “Alla Scala” di Milano, 1933, con Giuseppe Nessi).
. “La farsa amorosa” (Roma, 1933),
. “ll bacio” (Milano, postuma, 1954).

Tali opere sono influenzate dal “Verismo”, in cui Zandonai dimostra di avere una vena melodica fluente sostenuta dalle sue grandi capacità di Orchestratore: da non dimenticare che Zandonai viene profondamente influenzato dai lavori di Wagner, Debussy e Richard Strauss < da cui riprende l’arditezza delle armonie, la cura nella strumentazione e i raffinati impasti coloristici e timbrici >.
Le sue opere esprimono il suo vivo senso teatrale, che gli fa preferire < la caratterizzazione dei singoli personaggi piuttosto che la pittura di ambienti e atmosfere >.

 

Opere sinfoniche, cameristiche e vocali:

Accanto ai lavori teatrali, Zandonai crea molte composizioni sinfoniche, cameristiche e vocali, meno conosciute ma di valore elevato.

Zandonai è uno strumentatore raffinato e conosce profondamente l’orchestra sinfonica, per cui in grado di comporre poemi sinfonici (“Primavera in Val di Sole”, “Quadri di Segantini”), Musica per il Cinema e Composizioni per Strumento Solista, tra cui il “Concerto romantico per violino e orchestra”.

Nel “Cameristico”, ricordiamo il “Trio-Serenata per pianoforte, violino e violoncello” (del 1943) e vari cicli di “Melodie per canto e pianoforte” su testi di Giovanni Pascoli (tra cui “L’assiuolo”), Antonio Fogazzaro, Ada Negri, Paul Verlaine e Henry Mildmay (“I due tarli”).

Idem, è ampia la produzione di Musiche per Coro, tra cui la suggestiva “Messa da Requiem”.

 

Produzione musicale:

Opere liriche:

Archivio Storico Ricordi:

. La coppa del re, libretto di Gustavo Chiesa (atto unico – mai eseguita, composta nel 1906 ca.)
. L’uccellino d’oro, libretto di Don Giovanni Chelodi (in 3 atti – prima rappresentazione al Ricreatorio Parrocchiale di Sacco, 13 gennaio 1907)
. Il grillo del focolare, libretto di Cesare Hanau (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Politeama Chiarella di Torino, 28 novembre 1908)
. Conchita, libretto di Maurice Vaucaire e Carlo Zangarini (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro Dal Verme di Milano, 14 ottobre 1911)
. Melenis, libretto di Massimo Spiritini e Carlo Zangarini (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Dal Verme di Milano, 13 novembre 1912)
. Francesca da Rimini, libretto di Tito Ricordi II, riduzione della tragedia di Gabriele D’Annunzio (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro Regio di Torino, 19 febbraio 1914)
. La via della finestra, libretto di Giuseppe Adami (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Rossini di Pesaro, 27 luglio 1919)
. Giulietta e Romeo, libretto di Arturo Rossato e Matteo Bandello (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Costanzi di Roma, 14 febbraio 1922)
. I cavalieri di Ekebù, libretto di Arturo Rossato (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro Alla Scala di Milano, 7 marzo 1925)
. Giuliano, libretto di Arturo Rossato (in 2 atti – prima rappresentazione al Teatro San Carlo di Napoli, 4 febbraio 1928)
. Una partita, libretto di Arturo Rossato (atto unico – prima rappresentazione al Teatro Alla Scala di Milano, 19 gennaio 1933)
. La farsa amorosa, libretto di Arturo Rossato (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro dell’Opera di Roma, 22 febbraio 1933)
. Il bacio, libretto di Arturo Rossato e Emidio Mucci (in 3 atti, incompleta – prima rappresentazione postuma alla RAI di Milano, 10 marzo 1954)

 

Altri lavori significativi:

1909 – Serenata medioevale

1914-1918 – Terra nativa:
. Primavera in Val di Sole
. Autunno fra i monti

1919 – Concerto romantico per violino e orchestra
1929 – Ballata eroica
1929 – Fra gli alberghi delle Dolomiti
1930-1931 – Quadri di Segantini
1932 – Il flauto notturno
1934 – Spleen
1934 – Concerto andaluso per violoncello e orchestra
1935 – Colombina, ouverture
1937 – Rapsodia trentina
1940 – Biancaneve, balletto (prima esecuzione al Teatro dell’Opera di Roma, 31 marzo 1951. Coreografia di Guglielmo Morresi)
1943 – Trio-Serenata

 

Discografia selezionata:

. Francesca da Rimini, dir. Franco Capuana, Orchestra e Coro del Teatro Verdi di Trieste, interpreti principali Leyla Gencer (Francesca), Renato Cioni (Paolo il Bello), Anselmo Colzani (Giovanni lo sciancato) – Fonit Cetra 1961 (CD Arkadia 1993)
. Francesca da Rimini, dir. Nello Santi, Orchestre National de France, interpreti principali Ilva Ligabue (Francesca), Ruggiero Bondino (Paolo il Bello), Aldo Protti (Giovanni lo Sciancato) – Rodolphe 1997 (reg. 1976)
. I cavalieri di Ekebù, dir. Gianandrea Gavazzeni, Orchestra e Coro della RAI di Milano, Fiorenza Cossotto (la Comandante), Gina Longobardo Fiordaliso (Anna), Lando Bartolini (Gösta Berling) – Fonit Cetra 1983
. Il bacio, dir. Molinari Pradelli, Pagliughi, Mercuriali – GOP 1954
. Concerto romantico per violino e orchestra (riduzione dell’autore per violino e pianoforte), Margit Spirk, violino, Mario Patuzzi, pianoforte – Alpenland 1983
. Melodie per voce e pianoforte, Alide Maria Salvetta, soprano, Max Ploner, pianoforte – Ricordi 1968
. Trio-Serenata per pianoforte, violino e violoncello, Margit Spirk, violino, Marta Prodi, violoncello, Nicola Sfredda, pianoforte – PM Classic 1987
. Verdi, Puccini, Zandonai: Quartetti per archi, Quartetto di Venezia – Dynamic 2004
. Composizioni da camera e per piccola orchestra, Ensemble Zandonai (dir. G. Guarino), Tactus 2004 (cofanetto 3 CD)

 

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RICCARDO ZANDONAI, nel 1935:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Riccardo_Zandonai_(1935)_-_Archivio_Storico_Ricordi_FOTO003142.jpg

File:Riccardo Zandonai (1935) - Archivio Storico Ricordi FOTO003142.jpg

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FRANCESCA DA RIMINI, “INGHIRLANDATA DI VIOLETTE:

 

GIORGIO ZANCANARO

Giorgio Zancanaro nasce a Verona il 9 maggio 1939.

E’ un Baritono italiano.

I suoi primi anni di lavoro li svolge in Polizia.

Metà Anni Sessanta: si dedica seriamente al Canto, per mezzo dello studio con Maria Pelanda.

1969: vince il “Concorso per Voci Verdiane” di Busseto che gli apre la strada del debutto – per l’anno successivo – a Mantova, come Riccardo de “I Puritani”.

In seguito, canta nei principali teatri italiani, in opere ne “I masnadieri”, “Luisa Miller”, “La traviata”, presenziando come uno dei maggiori baritoni verdiani della sua generazione e con un’attività internazionale che lo porta nei principali teatri di Londra, Parigi, Vienna e Barcellona.

1982: suo importante debutto a “La Scala” come Ford in “Falstaff”.

Negli anni successivi, a “La Scala”, sarà “Guglielmo Tell” (inaugurazione 1988), “Attila”, Monforte ne”I vespri siciliani” (inaugurazione 1989), sotto la direzione di Riccardo Muti.

Idem, 1982: debutta al “Metropolitan Opera” di New York come Renato in “Un ballo in maschera”.

Sempre, nel 1982: canta al “Festival di Orange”, in “Don Carlo”.

1985: è al “Festival di Bregenz” ne “I Puritani”.

Il suo repertorio spazia dal belcanto di “Guglielmo Tell” al Verismo di “André Chénier”, spiccando, in particolare, in quello verdiano: “Rigoletto”, “La forza del destino”, “Il trovatore”.
Suoi altri ruoli: Escamillo in “Carmen”, Ashton in “Lucia di Lammermoor”, Scarpia in “Tosca”.

Si ritira dal Canto dai primi anni 2000.

 

Repertorio:

Vincenzo Bellini
. I puritani (Riccardo)

Georges Bizet
. Carmen (Escamillo)

Gaetano Donizetti
. Lucia di Lammermoor (Lord Enrico Asthon)

Umberto Giordano
. Andrea Chénier (Carlo Gérard)

Ruggero Leoncavallo
. Pagliacci (Prologo, Tonio)

Pietro Mascagni
. Cavalleria rusticana (Compar Alfio)

Giacomo Puccini
. La bohème (Marcello)
. Tosca (Il barone Scarpia)
. Madama Butterfly (Sharpless)
. Il tabarro (Michele)

Gioachino Rossini
. Guglielmo Tell (Guglielmo Tell)

Nino Rota
. Il cappello di paglia di Firenze (Emilio)

Giuseppe Verdi
. Ernani (Carlo V d’Asburgo)
. Nabucco (Nabucodonosor)
. Attila (Ezio)
. I masnadieri (Francesco Moor)
. Luisa Miller (Miller)
. Rigoletto (Rigoletto)
. Il trovatore (Il Conte di Luna)
. La traviata (Giorgio Germont)
. I vespri siciliani (Guido di Monforte)
. Simon Boccanegra (Simon Boccanegra)
. Un ballo in maschera (Renato)
. La forza del destino (Don Carlo di Vargas)
. Don Carlo (Rodrigo)
. Aida (Amonasro)
. Otello (Jago)
. Falstaff (Ford)

Discografia:

. Il cappello di paglia di Firenze con Ugo Benelli, Alfredo Mariotti, Viorica Cortez, Daniela Mazzucato – RCA 1975
. Il trovatore (video) con Raina Kabaivanska, Franco Bonisolli, Giancarlo Luccardi, dir. Bruno Bartoletti – Eurodisc 1975
. Il trovatore con Placido Domingo, Rosalind Plowright, Brigitte Fassbaender, E.Nesterenko, dir. Carlo Maria Giulini – DG 1983
. Don Carlo (DVD) con Luis Lima, Ileana Cotrubas, Robert Loyd, Bruna Baglioni, dir. Bernard Haitink – Castle Vision 1985
. Andrea Chenier con José Carreras, Eva Marton, dir. Giuseppe Patanè – CBS 1985
. La forza del destino con Mirella Freni, Plácido Domingo, Paul Pliska, Sesto Bruscantini, dir. Riccardo Muti – EMI 1986
. Madama Butterfly (DVD) con Yasuko Hayashi, Peter Dvorski, dir. Keita Asart – Pioneer Artist 1986
. Guglielmo Tell con Chris Merritt, Cheryl Studer, Luigi Roni, dir. Riccardo Muti – Philips 1988
. Rigoletto con Daniela Dessì, Vincenzo La Scola, Paata Burchuladze, dir. Riccardo Muti – EMI 1988
. I vespri siciliani con Chris Merritt, Cheryl Studer, Ferruccio Furlanetto, dir. Riccardo Muti – EMI 1989
. Attila (DVD) con Samuel Ramey, Cheryl Studer, Kaludi Kaludov, dir. Riccardo Muti – Fonit-Cetra 1991
. La traviata (DVD) con Edita Gruberová, Neil Shicoff, dir. Carlo Rizzi – Teldec 1992
. Tosca con Carol Vaness, Giuseppe Giacomini, dir. Riccardo Muti – Philips 1992

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GIORGIO ZANCANARO:
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DON CARLO di Verdi, “IO MORRO’ MA LIETO IN CORE” (Morte del Marchese di Posa):

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ATTILA di Verdi, “E’ GETTATA LA MIA SORTE”:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MARA ZAMPIERI

Mara Zampieri nasce a Padova il 30 gennaio 1951.

E’ un soprano italiano.

Studia presso il Conservatorio di Padova sotto la guida della Maestra Iris Adami Corradetti.

1974: a Parma, vince il Premio relativo al “Concorso Corale Verdi”
e, dopo la vincita del Concorso “Beniamino Gigli”, a Macerata, debutta a Pavia con “I pagliacci” di Ruggero Leoncavallo.

Stagione Lirica 1977/78: debutta a “La Scala” nell’opera “I masnadieri” di Verdi, autore, di cui, in seguito, sosterrà diversi ruoli operistici.
Importante: la rappresentazione di “Un ballo in maschera” diretta da Claudio Abbado (nella quale Mara Zampieri sostiene il ruolo di Amelia), viene teletrasmessa in tutto il Mondo.

Inizialmente, il suo repertorio comprende le grandi parti di soprano di opere italiane che canta in tutti i principali Teatri d’Opera e Festival d’Europa e dell’America latina.
Da ricordare che canta in “Aida” e in “Norma” all’ “Arena” di Verona.

Canta in “Tosca” al “Covent Garden”.

1979: debutta al fianco di Plácido Domingo presso la “Wiener Staatsoper”.

1991: dopo aver ampliato il suo repertorio, sempre presso la “Wiener Staatsoper”, è la protagonista nell’opera “Salomè” di Richard Strauss.

1994: a Monaco di Baviera, tiene il suo primo “Recital”.
Da allora, si dedica agli spettacoli d’Opera, da Camera ed ai Concerti.

2013/14: per l’Inaugurazione della Stagione Lirica de “La Scala”, la Signora Zampieri ricopre la piccola parte di Annina, ne “La Traviata” (con Diana Damrau).

Presta la sua voce alla primadonna, nel film “E la nave” di Fellini.

 

Repertorio:

Repertorio operistico:   

. Imogene, Il pirata, Bellini
. Norma, Norma, Bellini
. Wally, La Wally, Catalani
. Adriana Lecouvreur, Adriana Lecouvreur, Cilea
. Anna Bolena, Anna Bolena, Donizetti
. Maria Stuarda, Maria Stuarda, Donizetti
. Antonina, Belisario, Donizetti
. Elisabetta I, Roberto Devereux, Donizetti
. Maddalena di Coigny, Andrea Chénier, Giordano
. Fedora, Fedora, Giordano
. Armide, Armide, Gluck
. Praskowja, La vedova allegra, Lehár
. Nedda, Pagliacci, Leoncavallo
. Mamma Lucia e/o Santuzza, Cavalleria rusticana, Mascagni
. Chimène, Le Cid, Massenet
. Elaisa, Il giuramento, Mercadante
. Vitellia, La clemenza di Tito, Mozart
. Emma, Chovanščina, Musorgskij
. Giulietta, Les contes d’Hoffmann, Offenbach
. Anna, Le Villi, Puccini
. Manon Lescaut, Manon Lescaut, Puccini
. Floria Tosca, Tosca, Puccini
. Minnie, La fanciulla del West, Puccini
. Giorgetta, Il tabarro, Puccini
. Herodiade e/o Salome, Salome, Strauss
. Abigaille, Nabucco, Verdi
. Elvira, Ernani, Verdi
. Odabella, Attila, Verdi
. Lady Macbeth, Macbeth, Verdi
. Amalia, I masnadieri, Verdi
. Luisa Miller, Luisa Miller, Verdi
. Lina, Stiffelio, Verdi
. Leonora, Il trovatore, Verdi
. Annina, La traviata, Verdi
. Amelia Grimaldi , Simon Boccanegra, Verdi
. Amelia, Un ballo in maschera, Verdi
. Elisabetta di Valois, Don Carlo, Verdi
. Aida, Aida, Verdi
. Francesca da Rimini, Francesca da Rimini, Zandonai

 

Onorificenze:

. Medaglia d’oro della Croce Rossa Italiana
. La Madalha de Mérito Cultura de Portugal
. 1988 Kammersänger della Wiener Staatsoper
. Membro onorario della Wiener Staatsoper

 

Discografia:

Album dal vivo:

. Verdi: Luisa Miller, diretto da Ken-Ichiro Kobayaschi – Reggio Emilia 11.I.1976
. Verdi: Ernani, diretta da Francesco Molinari Pradelli – Trieste 2.III.1979
. Verdi: Un ballo in maschera, diretta da Claudio Abbado – Milano 31.I.1978
. Mercadante: Il giuramento, diretto da Gerd Albrecht – Wien 9.IX.1979
. Verdi: Attila, diretta da Giuseppe Sinopoli – Wien 21.XII.1980
. Donizetti: Belisario, diretto da Gianfranco Masini – Buenos Aires 31.V.1981
. Puccini: La fanciulla del West, diretta da Lorin Maazel con Domingo/Pons – Milano 1991 Sony
– Verismo heroines – Mara Zampieri, 2014 MYTO

 

Registrazioni in studio:

. Verdi: Macbeth, diretta da Giuseppe Sinopoli con Renato Bruson, Neil Shicoff, Robert Lloyd – Philips (1983)

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MARA ZAMPIERI:
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UMBERTO GIORDANO, FEDORA: “O GRANDI OCCHI LUCENTI DI FEDE”

 

 

 

 

ERMANNO WOLF-FERRARI

Ermanno Wolf-Ferrari nasce a Venezia il 12 gennaio 1876 e muore a Venezia il 21 gennaio 1948.

E’ un compositore italiano.

Nasce a Venezia da padre tedesco e da madre italiana con il nome di Ermanno Wolf dopodiché, nel 1895, aggiunge al proprio cognome quello materno, Ferrari.

Per Wolf-Ferrari la Musica non è il suo interesse primario (infatti, da bambino desidera diventare un pittore, proprio come il padre e il fratello Teodoro), ma studia Musica fin dalla prima infanzia e, la sua formazione musicale, si svolge tra Venezia e Monaco di Baviera, dove si rende conto del proprio futuro di compositore.

Lascia il Conservatorio di Monaco all’età di 19 anni e ritorna a Venezia, dove lavora come Maestro di Coro e conosce Arrigo Boito e Giuseppe Verdi.

L’esito della sua opera “Cenerentola” è infelice e spinge Wolf-Ferrari a soggiornare nuovamente a Monaco.

Il proprio stile operistico lo rinnova progressivmente osservando i suoi modelli: Mozart e Rossini; sono loro per la loro leggerezza, ma anche la tarda esperienza verdiana, in particolare, quella dell’opera “Falstaff”.

E’ impegnato per circa trent’anni come Operista: l’incontro con il Teatro di Carlo Goldoni è molto fortunato, da cui traspone in musica “Le donne curiose” (1903), “I quatro rusteghi” (1906), “La vedova scaltra” (1931) ed “Il Campiello” (1936).
In queste opere, Wolf-Ferrari rappresenta il Settecento come modello di eleganza, compostezza ed equilibrio formale: ossia, i motivi principali del loro successo conseguito nei teatri di tutto il Mondo.

E’ Direttore d’Orchestra, al Teatro “Coccia” di Novara, ne “La forza del destino” di Verdi.

Negli ultimi anni di vita, Wolf-Ferrari sceglie di dedicarsi soprattutto alla produzione strumentale.

Nonostante la “Seconda Scuola” di Vienna, emerge un senso di spontanea cantabilità e trasparenza, per cui scrive pagine come la “Suite Concertino per fagotto e orchestra”, del 1932 e l’ “Idillio-Concertino per oboe, due corni e archi”.
1936: nascono la “Suite Veneziana” e un “Trittico per orchestra”.

Anni della Seconda Guerra Mondiale: vengono creati il “Concerto per violino” e il “Concerto per violoncello” (1944).
E’ da ricordare, nell’ultimissimo periodo di vita del Musicista, un’interessante composizione “Piccolo Concerto per corno inglese, due corni e archi” (del 1947), un anno prima del suo decesso, a Venezia in “Palazzo Malipiero”, in cui trascorre gli ultimi anni della sua vita, ricevendo le visite dei suoi moltissimi estimatori.

 

Composizioni:

< Negli ultimi anni è in corso un recupero della sua musica strumentale da parte del Pianista Costantino Catena, che ha registrato le sue “Opere per Pianoforte”, le “Sonate per violino e pianoforte”, la “Sonata per violoncello e pianoforte” e il “Quintetto per pianoforte” per l’etichetta “Brilliant Classics”.

< Il lavoro di Wolf-Ferrari non è eseguito molto frequentemente (ad eccezione di molte delle sue Ouvertures e del suo intermezzo da “I gioielli della Madonna”) sebbene egli sia generalmente considerato il miglior scrittore di opere comiche italiane del suo tempo. Le sue opere ricordano spesso l’opera buffa del Settecento, ma egli scrisse anche opere più ambiziose alla maniera di Pietro Mascagni.

 

Opere liriche:

. Irene, composta nel 1895–6, ma non rappresentata
. La Camargo, Maria Pezzé Pascolato, da Alfred de Musset, composta nel 1897, ma non pubblicata
. Cenerentola (più tardi riveduta come Aschenbrödel), fiaba musicale, 3 atti, Maria Pezzè Pascolato, da Charles Perrault, 22 febbraio 1900, Venezia, Teatro La Fenice
. Le donne curiose (Die neugierigen Frauen), 3 atti, Luigi Sugana, da Carlo Goldoni, 27 novembre 1903, Monaco di Baviera, Residenztheater
. I quatro rusteghi (Die vier Grobiane), 3 atti, Luigi Sugana e Giuseppe Pizzolato, da Carlo Goldoni, 19 marzo 1906, Monaco di Baviera, Hoftheater
. Il segreto di Susanna (Susannens Geheimnis), intermezzo, 1 atto, Enrico Golisciani, 4 dicembre 1909, Monaco di Baviera, Hoftheater
. I gioielli della Madonna (Der Schmuck der Madonna), 3 atti, Enrico Golisciani e Carlo Zangarini, 23 dicembre 1911, Berlino, Kurfürstenoper
. L’amore medico (Der Liebhaber als Arzt), 2 atti , Enrico Golisciani, da L’amore medico di Molière , 4 dicembre 1913, Dresda, Semperoper
. Gli amanti sposi, opera giocosa, 3 atti, Luigi Sugana, Giuseppe Pizzolato, Enrico Golisciani e Giovacchino Forzano, da Il ventaglio di Carlo Goldoni (1765), 19 febbraio 1925, Venezia, Teatro La Fenice
. Das Himmelskleid (La veste di cielo), leggenda , 3 atti, proprio, da Pelle d’asino di Charles Perrault, 21 aprile 1927, Monaco di Baviera, Nationaltheater
. Sly, 3 atti, Giovacchino Forzano, da La bisbetica domata di Shakespeare, 29 dicembre 1927, Milano, Teatro alla Scala
. La vedova scaltra, 3 atti, Mario Ghisalberti, da Carlo Goldoni, 5 marzo 1931, Roma, Teatro dell’Opera
. Il campiello, commedia lirica, 3 atti, Mario Ghisalberti, da Carlo Goldoni, 12 febbraio 1936, Milano, Teatro Alla Scala
. La dama boba, commedia lirica , 3 atti, Mario Ghisalberti, da Lope de Vega,16 giugno 1937, Magonza, Stadttheater
. Gli dei a Tebe (Der Kuckuck in Theben), 3 atti, Mario Ghisalberti, da Ludwig Strecker, 4 giugno 1943, Hannover, Staatsoper

 

Musica vocale:

. Otto cori (1898)
. La sulamite, canto biblico in due parti per soli, coro, orchestra e organo op. 2 (1898)
. Talitha Kumi (La figlia di Giairo), oratorio per tenore, 2 baritoni, coro e orchestra op. 3 (1900). Dall’episodio detto Talitha kumi del Vangelo secondo Marco
. Quattro rispetti per voce e pianoforte op. 11 (1902)
. Quattro rispetti per voce e pianoforte op. 12 (1902)
. La vita nuova, cantica su parole di Dante per soprano, baritono, coro e orchestra op. 9 (1905 al Teatro La Fenice di Venezia con Giuseppe Pacini)
. Canzoniere: 44 rispetti, stornelli ed altri canti su versi popolari toscani, per voce e pianoforte op. 17 (1936)
. La passione, su testi tradizionali toscani, per coro op. 21(1939); anche per voce e pianoforte (1940)

 

Musica da camera:

. Quintetto per archi (1894)
. Sonata n.1 per violino e pianoforte op. 1 (1895)
. Trio n.1 per pianoforte, violino e violoncello in re maggiore op. 5 (1898)
. Quintetto con pianoforte op. 6 (1900)
. Trio n.2 per pianoforte, violino e violoncello in fa diesis maggiore op. 7 (1900)
. Sinfonia da camera per archi e fiati con pianoforte obbligato op. 8 (1901)
. Sonata n.2 per violino e pianoforte op. 10 (1901)
. Quartetto per archi op. 23 (1940)
. Quintetto per archi op. 24 (1942)
. Sonata per due violini e pianoforte op. 25 (1943)
. Sonata n.3 per violino e pianoforte op. 27 (1940 ca.)
. Sonata per violoncello e pianoforte op. 30 (1945)
. Trio per archi op. 32 (1945)
. Duo per viola d’amore (o viola da gamba) e violino (o violoncello) op. 33 (1946)
. Introduzione e balletto per violino e violoncello op. 35 (1946)

 

Musica sinfonica:

. Serenata per archi (1893)
. Idillio-concertino per oboe, due corni e archi op. 15 (1933)
. Suite-concertino per fagotto, due corni e archi op. 16 (1933)
. Suite veneziana, per piccola orchestra op. 18 (1936)
. Trittico op. 19 (1936)
. Divertimento in re op. 20 (1937)
. Arabeschi op. 22 (1940)
. Concerto in re maggiore op. 26 per violino e orchestra (1943). Dedicato a Guila Bustabo
. Symphonia brevis op. 28 (1947)
. Concerto per violoncello (Invocazione) op. 31 (1944)
. Concertino per corno inglese, due corni e archi op. 34 (1947)
. Chiese di Venezia (1948, orchestrazione incompleta)

 

Musica pianistica:

. Sei pezzi facili (1898)
. Tre Impromptus op. 13 (1904)
. Tre pezzi op. 14 (1905)

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ERMANNO WOLF-FERRARI:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Ermanno_Wolf-Ferrari.jpg

File:Ermanno Wolf-Ferrari.jpg

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I QUATRO RISTEGHI, INTERMEZZO:  https://youtu.be/su8nEthSxvg

WOLFGANG WINDGASSEN

Wolfgang Windgassen nasce ad Annemasse il 26 giugno 1914 e muore a Stoccarda l’8 settembre 1974.

E’ un tenore tedesco.

1941: canta a Pforzheim.

1945: passa all’ “Opera” di Stoccarda, dove rimane fino al 1972.

Si esibisce frequentemente a Bayreuth come interprete degli eroi wagneriani, però il suo repertorio comprende anche opere di Gluck, Weber, Puccini, Strauß, Hindemith.

E’ stato riferito che:
< Con una voce di suadente metallo ben timbrato, di ampia duttilità di emissione e di finissima sensibilità, raggiunse esiti suggestivi anche nei vigorosi passaggi drammatici.
Secondo il critico Elvio Giudici, la sua massima prova la diede nella “Tetralogia” diretta da Georg Solti, interpretando il ruolo di Siegfried >.

1951: da tale anno, debutta sulla scena di Bayreuth che domina letteralmente fino al 1970, interpretando tutti i principali eroi wagneriani

1953: per la prima volta ricopre il ruolo di Siegfried che, dopo le gigantesche interpretazioni dei suoi predecessori Max Lorenz e Lauritz Melchior, diventa suo fino al ritiro.

Secondo la Critica: < Con Windgassen il personaggio di eroe facilone acquisisce sensibilità e candore giovanili, profondità psicologica e malinconia sulla quale “strada” si inseriranno buona parte dei principali cantanti wagneriani del futuro (René Kollo e soprattutto Siegfried Jerusalem) >.

Sue partner femminili protagoniste sono soprattutto Martha Mödl (Kundry e Brünnhilde) e Astrid Varnay (la Brünnhilde di una generazione) prima, Birgit Nilsson (Brünnhilde e Isolde) poi.

Windgassen è considerato il più importante tenore wagneriano del Dopoguerra e tra i più grandi di tutti i tempi per voce, capacità interpretativa e recitazione.

Col Direttore d’orchestra Karl Böhm realizza alcune delle sue più importanti registrazioni (vedere discografia), Direttore che dice:
«Windgassen aveva tutte le doti: sensibilità, presenza scenica, intrinseche doti canore e intelligenza.»

Estremamente efficace e suggestiva, ma poco conosciuta, è la sua unica interpretazione di “Otello” (cantato in lingua tedesca).

 

Discografia ragionata:

. Wagner, L’anello del Nibelungo – Solti/WPO/Nilsson/Windgassen (Sigfrido ed Il crepuscolo degli dei), 1962/1984 Decca – Grammy Hall of Fame Award 1998
. Rienzi, nel ruolo omonimo (Matačić 1957)
. L’olandese volante, nel ruolo di Erik (Knappertsbusch 1955)
. Lohengrin, nel ruolo omonimo (Keilberth 1953 e Jochum 1954)
. Tannhäuser, nel ruolo omonimo (Cluytens 1955, Sawallisch 1962, Gerdes 1970)
. L’oro del Reno, nel ruolo di Loge (Furtwängler 1953 e Böhm 1966)
. La valchiria, nel ruolo di Siegmund (Furtwängler 1953 e Knappertsbusch 1956)
. Sigfrido, nel ruolo omonimo (Keilberth 1953, Krauss 1953, Keilberth 1955, Solti 1962 e Böhm 1966)
. Il crepuscolo degli dei, nel ruolo di Siegfried (Keilberth 1953, Krauss 1953, Keilberth 1955, Solti 1964 e Böhm 1967)
. Tristano e Isotta, nel ruolo di Tristan (Böhm/Nilsson/Windgassen/Heater 1966) Deutsche Grammophon
. I Maestri cantori di Norimberga, nel ruolo di Walther (Cluytens 1956 e Knappertsbusch 1960)
. Parsifal, nel ruolo omonimo (Knappertsbusch 1951, 1952, 1954 e 1963)

 

In ruoli non wagneriani:

. Pelléas et Mélisande, nel ruolo di Pelléas (Wetzelsberger 1948)
. Fidelio, nel ruolo di Florestan (Furtwängler 1953)
. Euryanthe, nel ruolo di Adolar (Leitner 1954)
. Otello, nel ruolo omonimo (Quadri 1965)
. Il pipistrello – Böhm/Janowitz/Windgassen/WPO, 1971 Deutsche Grammophon

 

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WOLFGANG WINDGASSEN:
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RALPH VAUGHAN WILLIAMS

Ralph Vaughan Williams nasce a Down Ampney il 12 ottobre 1872 e muore a Londra il 26 agosto 1958.

E’ un compositore britannico, autore di sinfonie, musica da camera, opere liriche, musica corale e colonne sonore.

Ha pubblicato l’”English Hymnal”, una raccolta di arrangiamenti tipo “inno” di molte canzoni popolari britanniche e, il suo lavoro di catalogazione della Musica Popolare inglese ha inciso su buona parte della sua produzione artistica.

Vita e primi anni di Williams:

Il padre di Ralph Vaughan Williams è il reverendo Arthur Vaughan Williams (da notare: il doppio cognome Vaughan Williams, di origine gallese, è scritto senza trattino), è Vicario della città e muore nel 1875.
Il piccolo Ralph viene accudito da sua madre, Margaret Susan Wedgwood, bisnipote del vasaio Josiah Wedgwood.
Si trasferiscono a Leith Hill Place, una casa di proprietà dei Wedgwood, sulle Surrey Hills.

Charles Darwin è prozio di Ralph e, anche se appartenente ad una famiglia borghese, Vaughan Williams non dà mai per scontata la sua ricchezza, per cui lavora tutta la vita per le idee democratiche e egualitarie nelle quali crede.

La sua salvezza musicale è data dallo studio del pianoforte, durante gli anni scolastici presso la “Charterhouse School”; dopodiché, studia al “Royal College of Music” (RCM) sotto Charles Villiers Stanford.
Poi, assiste alle lezioni di Storia e Musica, al “Trinity College” dell’Università di Cambridge, dove tra i suoi amici e coetanei si trovano i filosofi G. E. Moore e Bertrand Russell.

In seguito torna al “Royal College of Music”, dove studia composizione con Hubert Parry di cui diventa amico.

Tra i suoi compagni di classe, Vaughan Williams conosce anche Leopold Stokowski (nel 1896, i due studiano insieme Organo con Sir Walter Parratt).
Stokowski, in seguito, dirigerà sei delle sinfonie di Vaughan Williams per il pubblico americano e, nel 1949, incide per la prima volta la “Sesta sinfonia” con la “New York Philharmonic”.
1958: Dirige, la “prima” della “Nona sinfonia” alla Carnegie Hall.

Al “Royal College of Music” stringe amicizia anche con Gustav Holst, compagno di scuola conosciuto nel 1895, col quale passerà molto tempo a leggere e a criticare costruttivamente le rispettive composizioni durante la loro creazione.

Vaughan Williams non ha fretta di comporre la canzone “Linden Lea” viene pubblicata per la prima volta quando il compositore ha trent’anni.

Oltre a commporre, dirige l’orchestra, è docente ed editore di musica di altri autori (da ricordare il lavoro effettuato sulla musica di Henry Purcell e la stesura dell’ “English Hymnal”).
1897: a Berlino, prende lezioni da Max Bruch e, negli anni 1907-1908, studia a Parigi con Maurice Ravel, evolvendo il suo stile orchestrale.

1904: Vaughan Williams scopre le carole e le canzoni popolari inglesi, che si stanno estinguendo a causa dell’aumento dell’alfabetizzazione e dell’arrivo della musica stampata, nelle zone rurali.

Viaggia attraverso il Paese e ricopia personalmente molte melodie.
In seguito, ne incorpora alcune nella sua musica, essendo rimasto affascinato dalla loro bellezza e dal ruolo che ricoprono nella vita della gente comune.

Contribuisce allo sviluppo dell’interesse verso il repertorio folkloristico inglese.
Ad una certa età, diventa Presidente della “English Folk Dance and Song Society” (EFDSS), la quale, in segno di riconoscenza verso il suo lavoro, in questo campo, gli intitola la “Vaughan Williams Memorial Library”.

In questo periodo si lega ad importanti scrittori appassionati di Musica Popolare (da ricordare il reverendo George B. Chambers).

1905: Vaughan Williams dirige il primo concerto al “Leith Hill Music Festival” a Dorking. Partecipa al Festival come Direttore d’Orchestra fino al 1953, quando subentra il suo successore William Cole.

1909: compone la musica di scena per “Le vespe di Aristofane”, commedia interpretata all’Università di Cambridge nel “Cambridge Greek Play”.

1910: il suo primo grande successo lo consegue dirigendo la prima della “Fantasia su un tema di Thomas Tallis” (al “Three Choirs Festival”, nella Cattedrale di Gloucester) e la sua sinfonia corale “A Sea Symphony (la No. 1)”.

1914: la sua fama aumenta maggiormente con “A London Symphony (Sinfonia No. 2)” diretta da Geoffrey Toye.

 

Ultime opere di Williams:

1905: Vaughan Williams fonda il “Leith Hill Music Festival” e vi collabora per tutta la vita.

1958: prima di decedere, completa altre tre sinfonie.

La “Settima”, chiamata “Sinfonia Antartica” (basata sulla sua colonna sonora del film “Scott of the Antarctic” del 1948), esprime il continuo interesse di Vaughan Williams per la sperimentazione sonora e strumentale.

L’”Ottava sinfonia”, la cui prima avviene nel 1956, è seguita dalla “Nona sinfonia in mi minore” (1956-1957), lavoro di maggiori dimensioni che, nel maggio del 1958, debutta solo tre mesi prima del decesso di Vaughan Williams e, all’inizio, ha un’accoglienza modesta a causa del clima tenebroso ed enigmatico ma, in seguito, tale clima risulta essere un punto d’arrivo che soddisfa il suo ciclo sinfonico.

La serie di lavori corali e strumentali (tra cui il “Tuba Concerto”, “An Oxford Elegy” su testi di Matthew Arnold e la cantata natalizia “Hodie”) viene terminata, dopodiché arrangia “The Old One Hundredth Psalm Tune” per l’Incoronazione della Regina Elisabetta II.

Quando muore, rimangono incompiuti un “Concerto per violoncello”, l’opera “Thomas the Rhymere” la musica per un dramma natalizio (“The First Nowell”: viene completata dal suo collaboratore, Roy Douglas).

Nell’opera “The Pilgrim’s Progress”, cambia il nome dell’eroe (dal “Christian di John Bunyan a Pilgrim”) e musica l’Inno di Bunyan “Who would true valour see” usando come melodia “Monk’s Gate”, canzone popolare della regione del Sussex.

Per molti Cristiani inglesi praticanti, la più familiare tra le sue composizioni sarebbe “Sine nomine” (“Hymn tune” scritto per essere adattato al testo di “For All the Saints” (scritto dal vescovo William Walsham How).

Il brano, composto per musicare il “Discendi, Amor santo di Bianco da Siena” (1350 circa-1399) è intitolato “Down Ampney”, in onore del suo luogo di nascita.

Williams è anche incaricato come Tutor al Birkbeck College.

Negli Anni Cinquanta, Vaughan Williams supervisiona le registrazioni di tutte le sue sinfonie (tranne la “Nona”) dirette da Sir Adrian Boult con la “London Philharmonic Orchestra” (Decca).

Alla fine delle sessioni di registrazione della “Sesta”, Vaughan Williams tiene un breve discorso, ringraziando Boult e gli orchestrali “con tutto il cuore” per la loro esibizione e, tale discorso è incluso dalla Decca nell’LP.

Vaughan Williams muore la notte precedente l’inizio delle sessioni relative alla “Nona Sinfonia” (per la Everest Records), sempre con Boult; morte che impone al Direttore di annunciare ai musicisti che la loro esecuzione sarebbe un tributo postumo all’immagine del compositore.
Tutte queste registrazioni, compresi gli interventi del compositore e di Boult sono state ripubblicate dalla Decca su CD.

Vaughan Williams è una figura importante nella musica britannica per via dell’amicizia che stringe con molti Compositori e Direttori d’Orchestra più giovani di lui e per merito della sua lunga carriera come insegnante e docente universitario.
I suoi scritti sulla Musica rimangono sempre dei documenti stimolanti, in particolare il suo appello affinché ogni persona sappia comporre la “propria” musica, a prescindere dal livello qualitativo e dalla complessità.

Vaughan Williams è sepolto nell’Abbazia di Westminster.

 

Matrimoni:

Ralph Vaughan Williams contrae due matrimoni:

. La sua prima moglie è Adeline Fisher (figlia dello storico Herbert William Fisher), sposata nel 1896.

Adeline è cugina di Ruth Fisher de Ropp, la madre di Robert S de Ropp, e il padre di Robert, un nobile europeo che perde le proprie ricchezze, non è in grado di pagare gli studi universitari del figlio.
Quindi, Ralph e Adeline Vaughan Williams si addossano la spesa: Robert studia Biologia al “Royal College of Science”, dove consegue il PhD.
Successivamente, ottiene successo come ricercatore e scrive anche dei libri sul potenziale umano, tuttora conosciuti e apprezzati.
Adeline Fisher Vaughan Williams muore nel 1951, dopo anni di sofferenze dovute ad un’artrite paralizzante.

1938: Vaughan Williams intrattiene una relazione con Ursula Wood (poetessa già sposata, minore di trentanove anni del musicista).
1938: muore il primo marito di Ursula, la quale diventa assistente personale e consigliera letteraria di Ralph, dopodiché si trasferisce nella casa del compositore (nel Surrey).
La moglie Adeline sembra accettare la relazione fra il marito e Ursula e, da quando si ammala, fino alla morte (avvenuta nel 1951), la stessa Ursula si prende cura di lei.

Ursula Wood scrive il libretto per il lavoro corale “The Sons of Light”, e contribuisce alla stesura di quelli de “The Pilgrim’s Progress” e “Hodie”.

Ursula e Ralph Vaughan Williams si sposano nel 1953 e si trasferiscono a Londra, rimanendo nel loro appartamento a Hanover Terrace nº 10 fino alla morte di Ralph (nel 1958).

1964: la Wood pubblica “RVW: A Biography of Ralph Vaughan Williams” e ricopre la carica di presidentessa onoraria della “Ralph Vaughan Williams Society” fino alla morte avvenuta nel 2007.

 

Stile:

Anche la musica di Vaughan Williams è descritta come tipicamente inglese, oltre a quella di Gustav Holst, Frederick Delius, George Butterworth e William Walton.

lo stile di Vaughan Williams esprime apprezzamento e interesse verso le melodie popolari ma, nel contempo, la sua musica evidenzia, in maniera molto velata e sottile, il sentimento patriottico nei confronti della terra nativa, originato dal gusto per i vecchi paesaggi e per l’intensa reazione sensibile che essi richiamano alla mente degli studiosi.

A volte, i suoi primi lavori sono influenzati da Ravel, suo Maestro per tre mesi, a Parigi (nel 1908), però Ravel definisce Vaughan Williams “l’unico dei suoi alunni che non componga musica uguale a quella del Maestro”.

 

Composizioni: di seguito un catalogo delle opere:

Opere liriche:

. Hugh the Drover or Love in the Stocks (1910–20). Ballad opera romantica. Libretto: Harold Child
. Sir John in Love (1924–28), dal quale deriva un arrangiamento della Fantasia on “Greensleeves” di Ralph Greaves
. The Poisoned Kiss (1927–29); rivisto nel 1936–37 e nel 1956–57). Libretto: Evelyn Sharp (in seguito modificato da Ursula Vaughan Williams)
. Riders to the Sea (1925–32), dall’omonimo dramma di John Millington Synge
. The Pilgrim’s Progress (1909–51), basata sull’allegoria di John Bunyan
. The Shepherds of the Delectable Mountains (1921). Libretto: Ralph Vaughan Williams (da John Bunyan) (In seguito incorporata, tranne la sezione finale, inThe Pilgrim’s Progress)

 

Musica di scena:

. The Wasps (1909; per Le vespe di Aristofane; più conosciuta per la suite orchestrale che ne è stata tratta)
. The Bacchae (1911; per Le Baccanti di Euripide)
. The Death of Tintagiles (1913; per il dramma omonimo di Maurice Maeterlinck del 1894)

 

Balletti:

. Old King Cole (1923)
. On Christmas Night (1926)
. Job: A Masque for Dancing (1930, Norfolk & Norwich Festival)
. The Running Set (1933)
. The Bridal Day (1938–39)

 

Lavori orchestrali:

Sinfonie:

A Sea Symphony (sinfonia no. 1), una sinfonia corale su testi di Whitman (1903–1909)
A London Symphony (sinfonia no. 2) (1913)
A Pastoral Symphony (sinfonia no. 3) (1921)
Sinfonia n. 4 in fa minore (1931–34)
Sinfonia n. 5 in re maggiore (1938–43)
Sinfonia n. 6 in mi minore (1944–47, rivista nel 1950)
Sinfonia antartica (Sinfonia no. 7) (1949–52) (parzialmente basata sulla musica da lui composta per il film La tragedia del capitano Scott)
Sinfonia n. 8 in re minore (1953–55)
Sinfonia n. 9 in mi minore(1956–57)
Heroic Elegy and Triumphal Epilogue (1900)
In the Fen Country, per orchestra (1909) nella Queen’s Hall di Londra diretta da Thomas Beecham
Norfolk Rhapsody No. 1 (1906, rev. 1914))[21]
The Wasps, suite (1909; vedi musica di scena sopra)
Fantasia su un tema di Thomas Tallis (1910, rivista nel 1913 e nel 1919)
March: Sea Songs (1923), arrangiata per orchestra nel 1924 dal compositore stesso
Prelude and Fugue in C minor (1930)
The Running Set (1933)
Fantasia on “Greensleeves” (1934)[22]
Two Hymn Tune Preludes (1936)
Partita for Strings (1938)
Five Variants of Dives and Lazarus (1939)
Household Music (1940)
Concerto Grosso, per tre sezioni di archi richiedenti diversi livelli di preparazione tecnica (1950)
Prelude on an Old Carol Tune (1952)
Flourish for Glorious John (1957)

 

Concerti :

Violino:

The Lark Ascending per violino o orchestra (1914)
Concerto Accademico per violino and orchestra (1924–25)

 

Viola:

Flos Campi per viola, coro senza parole e piccola orchestra (1925)
Suite per viola e piccola orchestra (1934)
Romanza per viola e piano (1925–1934 circa)

Pianoforte:

Concerto per pianoforte in do maggiore (1926–31)
Concerto per due pianoforti e orchestra (1946; rielaborazione del precedente concerto per pianoforte)
Concerto per oboe in la minore, per oboe e archi (1944)
Fantasia (quasi variazione) on the Old 104th Psalm Tune per pianoforte, coro e orchestra (1949)
Romanza in re maggiore per armonica e orchestra (1951) (scritta per Larry Adler)
Concerto per tuba in fa minore (1954)

 

Lavori corali:

The Garden of Proserpine, cantata per soprano, coro e orchestra, adattamento di Algernon Swinburne (1899)[23]
A Cambridge Mass, Missa brevis per coro SATB, doppio coro e orchestra (1899); Esercizio per il dottorato, eseguito per la prima volta il 3 marzo 2011.[24][25][26][27]
Toward the Unknown Region, canzone per coro e orchestra, da Walt Whitman (1906)
Five Mystical Songs per baritono, coro e orchestra, da George Herbert (1911)
Fantasia on Christmas Carols per baritono, coro e orchestra (1912); arrangiato anche per orchestra ridotta e organo, archi e percussioni)
Messa in sol minore per coro a cappella (1922)
Sancta Civitas (The Holy City) oratorio, con testo tratto principalmente dal Libro della Rivelazione (1923–25)
Te Deum in sol maggiore (1928)
Benedicite per soprano, coro e orchestra (1929)
In Windsor Forest, adattato dall’opera Sir John in Love (1929)
Three Choral Hymns (1929)
Magnificat per contralto, coro femminile, e orchestra (1932)
Five Tudor Portraits per contralto, baritono, coro e orchestra (1935)
Dona nobis pacem, testo di Walt Whitman e altri (1936)
Festival Te Deum per coro e orchestra (o organo, in alternativa a quest’ultima) (1937)
Serenade to Music per sedici solisti e orchestra, da Il mercante di Venezia di William Shakespeare, dedicata a Sir Henry Joseph Wood e scritta in occasione del suo giublieo (1938)
Six Choral Songs To Be Sung In Time Of War (1940)
A Song of Thanksgiving (in origine Thanksgiving for Victory) per narratore, soprano solo, coro di voci bianche, coro misto, e orchestra (1944)
An Oxford Elegy per narratore, coro misto e piccola orchestra (1949)
Three Shakespeare Songs per coro SATB a cappella, composto per il The British Federation of Music Festivals National Competitive Festival (1951)
O Taste and See, una versione in chiave mottettistica del salmo 34:8. La versione originale (per coro SATB) venne composta per l’incoronazione di Elisabetta II, nel 1953
Hodie, Cantata natalizia (1954)
Folk songs of the Four Seasons Cantata per voci femminili accompagnate da pianoforte o orchestra (1950).
Epithalamion per baritono solo, coro, flauto, piano e archi (1957)
A Choral Flourish per coro SATB a cappella, composto per un grande evento corale tenutosi nella Royal Albert Hall in onore di Alan Kirby (c. 1952)
O How Amiable (1934) Arrangiamento di un inno per coro e organo, in origine scritto per l’Abinger Pageant

 

Arrangiamenti di inni cristiani:

Vaughan Williams fu il curatore musicale dell’ “English Hymnal” (1906), e il coeditore (assieme a Martin Shaw) delle “Songs of Praise” (1925) e dell’ “Oxford Book of Carols” (1928). Queste ultime due raccolte furono stampate con la collaborazione di Percy Dearmer.
. A Hymn of Glory Let Us Sing
. All Creatures of Our God and King
. Alleluia, Sing to Jesus.
. Amid the Thronging Worshippers
. At the Name of Jesus
. “Come Down, O Love Divine” testo dell’inno di Bianco da Siena (“Discendi, Amor santo” del 1434).
Il brano è intitolato “Down Ampney”, in onore del luogo di nascita di Vaughan Williams
. Come, Let Us with Our Lord Arise inno pasquale
. Come Thou Long Expected Jesus carola per il periodo dell’Avvento
. For All the Saints armonizzato da “Sine Nomine”
. God Be With You Till We Meet Again
. I Love You Lord, My Strength, My Rock
. I Sing the Mighty Power of God
. Jesus, Lord, Redeemer.
“Let All Mortal Flesh Keep Silence”, testo dall’inno cherubinico della Liturgia di San Giacomo, armonizzato sulla melodia della canzone popolare francese Jésus-Christ s’habille en pauvre, conosciuta nei paesi anglosassoni come Picardy (1906)
. Make Room Within My Heart, O God
. My God, My God, O Why Have You Forsaken Me? un lamento per i servizi del Venerdì Santo, durante il Tempo di Passione
. O Come to Me, the Master Said
. “O Little Town of Bethlehem” celebre canto natalizio con testo dell’americano Phillips Brooks e musica dal tune inglese “Forest Green”
. O Sing a Song of Bethlehem
. On Christmas Night All Christians Sing
. When the Church of Jesus

 

Musica Vocale:

. “Linden Lea”, canzone (1901)
. The House of Life, sei sonetti di Dante Gabriel Rossetti, messi in musica nel 1904
. Songs of Travel (1904)
. “The Sky Above The Roof” (1908)
. On Wenlock Edge, ciclo di canzoni per tenore, pianoforte e quartetto d’archi (1909)
. Along the Field, for tenor and violin
. Three Poems by Walt Whitman per baritono e pianoforte (1920)
. Four Poems by Fredegond Shove: per baritono e pianoforte (1922)
. Four Hymns: per tenore, viola in obbligato e pianoforte (1914)
. Merciless Beauty per tenore, due violini e violoncello
. Four Last Songs da lavori poetici di Ursula Vaughan Williams
. Ten Blake songs, ciclo di canzoni per voce acuta e oboe (1957)

 

Musica da camera e strumentale:

. Quartetto d’archi in do minore (1897) (una tra le prime composizioni)
. Quartetto d’archi no. 1 in sol minore (1908)
. Quartetto per archi n. 2 in la minore (“per Jean, in occasione del suo compleanno” 1942–44)
. Phantasy Quintet per 2 violini, 2 viole e violoncello (1912)
. Quintetto con pianoforte in do minore per violino, viola, violoncello, contrabbasso e pianoforte (1903)
. Sonata in la minore per violino e pianoforte (1952)
. Romanza per viola e pianoforte (anno di composizione non conosciuto)
. Six Studies in English Folk Song, per violoncello e pianoforte (1926)
. Romanza per armonica con archi e pianoforte (1952)

 

Lavori per organo:

. Three Preludes on Welsh Hymn Tunes (in italiano: Tre preludi su temi gallesi, ovvero Bryn Calfaria, Rhosymedre, Hyfrydol) (1920)
. Preludio e fuga in do minore (1921)
. A Wedding Tune for Ann (1943)
. The Old One Hundredth Psalm Tune, armonizzazione e arrangiamento per l’incoronazione di Elisabetta II d’Inghilterra (1953)
. Two Organ Preludes (The White Rock, St. David’s Day) (1956)

 

Film, radio, e colonne sonore per la TV:

. Gli invasori – 49º parallelo (49th Parallel), 1940, il suo primo lavoro per il grande schermo.
. Coastal Command, 1942
. Adattamento di The Pilgrim’s Progress per la BBC, 1942
. The People’s Land, 1943
. The Story of a Flemish Farm, 1943
. Stricken Peninsula, 1945
. The Loves of Joanna Godden, 1946
. La tragedia del capitano Scott, 1948, in parte reimpiegata nella Sinfonia antartica (sinfonia no. 7)
. The England of Elizabeth
. Bitter Springs, 1950

 

Banda di fiati:

. Rhosymedre (basato su un tune popolare gallese per organo) per banda da concerto (1920)
. English Folk Song Suite per banda militare (1923)
. Sea Songs (1923)
. Toccata Marziale per banda militare (1924)
. Overture: Henry V per brassband (1933/34)
. Flourish for Wind Band (1939)
. Prelude on Three Welsh Hymn Tunes arrangiato per brassband nel 1955 dall’omonimo brano per organo, e pubblicato da Salvationist Publishing and Supplies
. Variations per brass band (1957)

 

Registrazioni:

La musica di Vaughan Williams viene frequentemente eseguita e registrata.
Le prime incisioni di singole sinfonie, da parte di Henry Wood (Londra), John Barbirolli (per la quinta), Adrian Boult e Leopold Stokowski (entrambi per la sesta), e Vaughan Williams stesso (che diresse la quarta), sono state seguite da numerosi cicli completi. L’interpretazione di Stokowski della quarta sinfonia, trasmessa nel 1943 dalla NBC, è stata pubblicata anche su CD.
Lo stesso vale per l’ottava, da lui diretta ai Proms del 1964 con la BBC Symphony Orchestra. Sir Eugene Goossens registrò la versione del 1920 di A London Symphony con l’Orchestra Sinfonica di Cincinnati per la RCA Victor nel 1941.
Questa è l’unica incisione esistente di quella prima edizione della sinfonia. La Decca, nei primi anni cinquanta pubblicò le sinfonie dalla prima all’ottava, dirette da Boult, che poi si occupò dell’esecuzione della nona per la Everest label (1958); Boult le ri-registrò tutte e nove per la EMI (tra il 1967 e il 1972). Seguirono altri cicli completi, diretti da André Previn, Bernard Haitink, Bryden Thomson, Vernon Handley, Leonard Slatkin e Richard Hickox.
Anche direttori non inglesi hanno registrato singole sinfonie di Vaughan Williams: sia Dimitri Mitropoulos che Leonard Bernstein registrarono la quarta sinfonia con la New York Philharmonic (la stessa orchestra con la quale Stokowski incise, per la prima volta in assoluto nel 1949, la sesta).
Il lavoro in questione venne registrato anche dalla Utah Symphony nel 1966, sotto la bacchetta di Maurice Abravanel.
La quarta e la sesta vennero inoltre dirette e registrate da Paavo Berglund. In commerciò è disponibile il CD con la prima assoluta portoghese della nona sinfonia, con Pedro de Freitas Branco sul podio (per l’Orchestra Sinfonica Nazionale del Portogallo).
Lo stesso vale per la prima americana della nona, diretta da Stokowski alla Carnegie Hall (1958), e dedicata alla memoria del compositore. Venne pubblicata su CD dalla Cala Records.
Una prima edizione della quinta sinfonia, diretta da Vaughan Williams stesso nel 1952, è stata edita nel Regno Unito dalla Somm Recordings.
David Willcocks si è invece occupato della valorizzazione di buona parte della produzione corale (per la EMI negli anni sessanta e settanta). Seguono alcune performance (pluripremiate) dei quartetti d’archi per la Naxos Records, etichetta che insieme alla Hyperion e la Chandos ha contribuito a diffondere e far conoscere molto materiale inedito e trascurato (tra cui i lavori per brass band e le opere liriche, poco eseguite).
La EMI Classics ha pubblicato un cofanetto da 30 CD (più di 34 ore di durata), con quasi tutti i lavori di Vaughan Williams, dedicando spazio anche alle versioni alternative.

 

Onorificenze:

Membro dell’Ordine al Merito del Regno Unito – nastrino per uniforme ordinaria Membro dell’Ordine al Merito del Regno Unito
— 3 giugno 1935

Battuto al computer da Lauretta

 

 

Raph Vaughan Williams con la moglie Adeline (1917):

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Ralph_Vaughan_Williams_1917_with_Adeline.png

File:Ralph Vaughan Williams 1917 with Adeline.png

 

KURT WEILL

Kurt Julian Weill nasce a Dessau (nell’odierno land tedesco della Sassonia) il 2 marzo 1900 e muore a New York il 3 aprile 1950.

E’ un compositore e musicista tedesco naturalizzato statunitense.

 

Primo periodo e giovinezza: in Germania

Weill nasce in una famiglia ebraica ashkenazita, è il terzogenito dei quattro figli di Albert Weill, Chazan della sinagoga di Dessau, e di Emma Ackermann, una casalinga.

Fin da bambino, inizia lo studio della Musica presso il “Teatro Regio Ducale” della propria città.
1915: passa sotto la guida di Albert Bing, primo Kapellmeister del teatro.

1918: incoraggiato da Bing, s’iscrive alla “Hochschule für Musik” di Berlino, dove frequenta i Corsi di Composizione e Direzione d’Orchestra, tenuti da Engelbert Humperdinck e Rudolf Krasselt.

A causa di motivi finanziari e di una sua estraneità al clima musicale della “Hochschule für Musik”, nell’estate dell’anno seguente, ritorna a Dessau, dove diventa Maestro Sostituto di Albert Bing e di Hans Knappertsbusch al “Teatro Regio Ducale” e, poi, Direttore della “Piccola Compagnia d’Opera” di Lüdenscheid (in Westfalia).

1920: Nomina di Direttore di Franz Schreker presso la “Hochschule für Musik”, per cui Weill ritiene opportuno tornare a Berlino per studiare con lo stesso Schreker ma, su consiglio dell’amico Hermann Scherchen, sceglie di seguire i Corsi di Ferruccio Busoni appena invitato a tenere presso l’ “Akademie der Künste”, corsi che frequenta per ben tre anni.
A Berlino, si perfeziona con Busoni e con Philipp Jarnach, suo assistente.
A Jarnach, Weill deve probabilmente la composizione del Balletto per bambini “Zaubernacht” (Berlino, novembre 1922) e, due anni dopo, rappresentato a New York .

I suoi primi lavori significativi sono “Concerto per violino e fiati” (1925) e l’Opera “Der Protagonist” (1926): lavori che risentono dell’influenza della “Corrente della Nuova Oggettività” (l’artista si occupa di temi di attualità e propone in musica soggetti a sfondo politico e sociale).

In quegli anni Weill conosce molti intellettuali legati ai circoli espressionisti del tempo, in modo particolare col “Novembergruppe”, di cui fanno parte Philipp Jarnach, Hanns Eisler, Bertolt Brecht che promuove nella Berlino degli Anni Venti un’ampia attività culturale di Concerti, Letture pubbliche, Mostre e Prime di Film.

1924: Weill conosce il drammaturgo Georg Kaiser con il quale collabora fino a quando non è costretto a lasciare la Germania e il cui primo successo della loro collaborazione è l’opera in un atto “Der Protagonist” (Dresda, 1926).
Risultato: la “Deutsche Kammermusik” di Baden-Baden commissiona una breve opera da camera a Weill; il quale trae dai “Mahagonny-Gesänge”, presi dalla raccolta poetica di Bertolt Brecht “Die Hauspostille”.
Inizia, così, la collaborazione fra Weill e Brecht di soli tre anni che segna grandemente il Teatro del Novecento.

Dopo il Singspiel “Mahagonny” (Baden-Baden, 1927),
nel 1928: “Die Dreigroschenoper” (“L’opera da tre soldi”) è ispirata a “L’opera del Mendicante” (del 1728, su testo di John Gay e con musica di Johann Christoph Pepusch), dove Jenny viene interpretata dalla cantante-attrice viennese Lotte Lenya, moglie di Weill dal 1926.

1929: “Happy End” (la commedia satirica firmata da Dorothy Lane [pseudonimo di Elisabeth Hauptmann], e Bertolt Brecht).

1930 “Ascesa e caduta della città di Mahagonny” una vera e propria opera in tre atti in cui Weill trasferisce i materiali del Singspiel “Mahagonny”.

 

Secondo periodo: a Parigi-Londra

In Germania, Weill è noto e stimato per via del suo grandissimo senso teatrale, per cui viene conosciuto anche in Francia (1923: suo successo alla “Salle Gaveau” di Parigi) e in tutta Europa.

1933: nonostante la sua fama e il successo dell’ultimo lavoro, “Kaiser Der Silbersee” (“Il lago d’argento”), è costretto a fuggire a causa delle persecuzioni naziste.
Gli anni dell’esilio (prima in Francia, poi in Granbretagna), sono difficili, anche se riceve la stima e l’aiuto di musicisti come Bruno Walter, Darius Milhaud e Arthur Honegger.

Trasferito a Parigi, scrive un Balletto su soggetto di Brecht, “Die sieben Todsünden” (“I sette peccati capitali” – 1933), commissionato per “Les Ballets” e, in seguito, a Londra.

1934: idem, del periodo parigino, è anche il Musical “Marie Galante” (su testo di Jacques Deval, ispirato al suo romanzo omonimo), rappresentato per la prima volta al “Théâtre de Paris” il 22 dicembre 1934.

 

Terzo periodo: negli Stati Uniti d’America

1935: accampando la ragione di supervisionare la prima di un suo lavoro con Max Reinhardt e Franz Werfel, “Der Weg der Verheissung”, dedicato alla storia del Popolo Ebraico, si rifugia negli Stati Uniti, dove il lavoro viene rappresentato l’anno successivo con il titolo “The Eternal Road”.

Gli anni che Weill trascorre in America gli provocano il volontario allontanamento dalla Musica d’Arte del periodo europeo, arrivando a scrivere quasi unicamente per il “Broadway Theatre” di Hollywood e la Radio americana, affermandosi, dopo gli insuccessi iniziali (“The Eternal Road” o “Johnny Johnson”) per mezzo di importanti Musical (“The Fireband of Florence”, un’operetta basata sulle memorie di Benvenuto Cellini; “Street Scene o Lost in the Stars”).
Collabora anche con Maxwell Anderson.

19 ottobre 1938: all’ “Ethel Barrymore Theatre”, viene rappresentato il Musical “Knickerbocker Holiday”, per Broadway e per la regia di Joshua Logan, con Walter Huston, arrivando a 168 recite e rendendo nota la canzone “September Song”.

 

Le opere:
Composizioni per il teatro (autore testo):

. Zaubernacht, balleto-pantomima (V. Boritch; Berlino 1922).
. Pantomima senza titolo (Kaiser; 1924 incompiuta).
. Der Protagonist, op. 14 (Dresda 1926).
. Royal Palace Balletto-opera op.17 (Goll; Berlino 1927 diretta da Erich Kleiber).
. Na und? opera teatrale (Joachimson; 1927, non rappresentata perduta).
. Der Zar lässt sich photographieren op.21 (Kaiser; Lipsia 1928).
. Mahagonny “Songspiel” (Brecht; Baden-Baden, 1927).
. Die Dreigroschenoper, (L’opera da tre soldi) dramma con musica (Brecht; Berlino 1928).
. Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny (Ascesa e caduta della città di Mahagonny), opera teatrale (Brecht; Lipsia 1930).
. Happy End, commedia (Brech. t; Berlino 1929).
. Der Jasager, opera didattica (. Brecht; Berlino 1930).
. Die Bürgschaft, opera teatrale (Neher; Berlino 1932).
. Der Silbersee: Ein Wintermärchen, dramma con musica (Kaiser; Lipsia 1933).
. Die sieben Todsünden, balletto con canto (Brecht; Parigi 1933).
. Der Kuhhandel, operetta (Vambery; non rappresentata, revisionata come A Kingdom for a Cow, commedia musicale, aut. Arkell e Carter; Londra 1935).
. Der Weg der Verheißung, dramma biblico (Werfel; non rappresentato; revisionato come The Eternal Road, Lewisohn; New York 1937).
. Johnny Johnson, fiaba (Green; New York 1936).
. Davy Crockett, dramma con musica (Hays; 1938).
. Knickerbocker Holiday, operetta (Anderson; New York 1938).
. Railroads on Parade, riscostruzione storica (Hungerford; New York 1939).
. The Ballad of Magna Carta, cantata scenica (Anderson; CBS 1940).
. Ulysses Africanus, dramma con musica (Anderson; CBS 1939).
. Lady in the Dark, musical (Moss Hart e Ira Gershwin; New York 1941).
. One Touch of Venus, commedia musicale (Perelman e Ogden Nash, Broadway theatre di New York 1943 con Mary Martin e John Boles 567 recite fino al 10 febbraio 1945 che ha avuto la prima italiana nel 2005 al Teatro Alighieri per il Ravenna Festival).
. The Fireband of Florence operetta (Mayer e Ira Gershwin New York 1945).
. Street Scene, (Broadway opera) – (Rice e Hughes; New York, 1947).
. Down in the Valley, opera collage – (Sundgaad; Bloomington – Indiana, 1948).
. Love Life, (Vaudeville) – (Lerner; New York, 1948).
. Lost in the Stars, tragedia in musica, (Anderson New York, 1949).
. Huckleberry Finn (musical), (musical), (Anderson New York, 1950).

 

Musica per il cinema:

. You and Me (Fritz Lang 1937-38).
. The River is Blue (Milestone, 1937-38).
. Where do we go from here? (William Perlberg, 1943-44).
. Salute to France (Jean Renoir, 1944).

 

Musiche di scena e radiofoniche:

. Herzog Theodor von Gothland (Grabbe, 1926), perduta.
. Gustav XII. (Strindberg, 1927).
. Konjunktur (Lania, Gasbarra e Piscator, 1927), perduto in parte.
. Kalaunische Schlacht (Bronnen, 1928), perduta.
. Petroleuminseln (Feuchtwanger, 1928), in parte perduta.
. Der Lindberghflug in collaborazione con Paul Hindemith (Brecht 1929 2° versione, . esclusivamente di Kurt Weill, Berlino 1929).
. Mann ist Mann (Brecht 1931) perduta.
. La grande complainte de Fantômas (Robert Desnos 1933), perduta.

 

Opere per orchestra:

. Poema sinfonico da Weise vom Liebe und Tod di Rainer Maria Rilke (1920 perduto).
. Sinfonia (1920 perduta).
. Sinfonia n.1 (Berliner Sinfonie, Sinfonie in einen Satz, 1921).
. Divertimento op.5 (1922).
. Sinfonia Sacra (Fantasie, Passacaglia und Hymnus) op.6 (1922).
. Quodlibet (Eine Unterhaltungmusik) op.9 (Suite da Zaubernacht, 1923).
. Concerto per violino e fiati op. 12 (1924).
. Berlin im Licht-Song per banda militare (1928).
. Kleine Dreigroschenmusik (1929).
. Sinfonia n.2 (1933).

 

Per soli coro e orchestra:

. Sulamith cantata per soli coro femminile e orchestra (1920 in parte perduta).
. Salmo VIII per 8 voci (1921 in parte perduto).
. Recordare (Klagelieder Jeremia V. Kapitel) op 11. insieme strumentale coro con voci bianche (1923).
. Das Stundenbuch (Orchesterlieder con testo di Rilke), 6 Lieder per soprano, tenore e orchestra op.13 e 14 (1924, in parte perduta).
. Der neue Orpheus, cantata per soprano violino e orchestra op. 16 (Goll. 1927 a Berlino diretta da Erich Kleiber).
. Vom Tod im Wald, ballata per Basso e 10 fiati op.23 (Brecht 1927).
. Das Berliner Requem, cantata per tenore, baritono, basso, coro maschile e 16 archi (Brecht 1928).
. Der Lindberghflug, per tenore, baritono, coro e orchestra (Brecht 1929).
. Zu Potsdam unter den Eichen, per coro e orchestra (versione perduta), per coro maschile a 4 voci oppure per voce e pianoforte (Brecht 1929- 30).
. Die Legende vom toten Soldaten, per coro a cappella (Brecht 1929).
. Songs of the Railroads (1938).
. Four American songs (1939).
. Kiddush per tenore, coro a 4 voci e organo (1946).

 

Musica da camera:

. 2 Quartetti (1918; op.8, 1923).
. Sonata per violoncello e pianoforte (1920).
. Albumblatt fur Erika per pianoforte (1937).
. Lieder (autore testo)
. Mi Addir (frammento di canzone) (1913).
. Reiterlieder (Lons;1914).
. Volkslieder (Ritter; 1917).
. Im Volkston (Holz; 1915).
. Das schöne Kind (1918).
. Die Bekehrte (Goethe; 1921).
. Rilkelieder (1921).
. Frauentanz. Sieben Gedichte des Mittelalters per soprano e 5 archi op.10 (1923).
. Berliner Lied (1925).
. Berlin im Licht testo proprio (1928).
. Der Abschiedsbrief (Kastner; 1933).
. Fantomas (Desnos; 1933).
. Es regnet (Cocteau; 1933).
. Complainte de la Seine (Magre; 1934).
. Je te n’aime pas (Magre; 1934).
. The Fraulein and the Little Son of the Rich (Graham; 1936).
. Deux chansons pour “L’opéra de quat’sous” (Guilbert; 1939).
. Two Folksongs of the New Palestine (1938).
. Nanas Lied (Brecht;1939).
. Stopping by Woods on Snowy Evening (Frost; 1939).
. Songs of the Free (MacLeish; 1942).
. Four Songs of Walt Whitman (1942).
. Was bekam des Soldaten Weib? (Brecht; 1943).
. Songs for War Workers (1942-44).

 

Arrangiamenti e trascrizioni:

. Ferruccio Busoni, Divertimento per flauto e orchestra, trascrizione per flauto e pianoforte (1923).
. Battle Hymn of the Republic, The Star-spangled Banner, America per voce recitante, coro e orchestra (1942).
. Hatikvah per orchestra (1947).

Battuto al computer da Lauretta

 

KURT WEILL:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Bundesarchiv_Bild_146-2005-0119,_Kurt_Weill.jpg

File:Bundesarchiv Bild 146-2005-0119, Kurt Weill.jpg

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Da “L’OPERA DA TRE SOLDI”, Milva canta “Die Moritat von Mackie Messer”:  https://youtu.be/oeriN6lgVo0

 

CARL MARIA VON WEBER

Carl Maria Friedrich Ernst von Weber nasce ad Eutin il 18 novembre 1786 e muore a Londra il 5 giugno 1826.

E’ un compositore, direttore d’orchestra e pianista tedesco.

Lo sviluppo della musica romantica in Germania viene molto influenzata dalla musica di Weber, in particolare dalle sue opere liriche.
Sono suoi molti lavori per clarinetto, dove effettua innovazioni e la sua musica sacra cattolica è molto conosciuta, nella Germania dell’Ottocento.

Essendo interessato alle canzoni popolari, Weber è anche giornalista musicale, oltre ad imparare l’arte litografica per stampare da sé i propri lavori.

E’ uno dei primi musicisti ad utilizzare la tecnica del “Leitmotiv”, ossia il “motivo conduttore”.

Le sue opere sono l’ispirazione per i lavori del giovane Richard Wagner, sempre suo grande estimatore, che promuove la traslazione delle ceneri weberiane da Londra a Dresda, nel 1844.

 

I primi anni di Weber e la famiglia:

Carl Maria von Weber è figlio di Franz Anton von Weber (sembra che la particella nobiliare “von” nel cognome non spetti) e della sua seconda moglie, Genovefa Brenner, un’attrice.
E’ il maggiore dei tre figli, non si conosce il giorno esatto della nascita, ma si sa con certezza che viene battezzato il 20 novembre.
Franz Anton, il padre, inizia la sua carriera come Ufficiale Militare del Ducato di Holstein, diventando, in seguito, Direttore Musicale di vari teatri.
Nel 1787, si trasferisce ad Amburgo dove fonda una compagnia teatrale.

Il fratello/zio paterno, Franz Fridolin Weber, è il padre di Constanze Weber che, il 4 agosto 1782 diventa la moglie di Wolfgang Amadeus Mozart.
Per cui, Carl Maria von Weber è cugino di secondo grado (acquisito) di Mozart.

Il padre di Weber provvede ad una vasta educazione del figlio, educazione che, però, è continuamente interrotta dai continui spostamenti della famiglia.

1796: Weber continua gli studi musicali a Hildburghausen con il suo Maestro, l’Oboista J. Peter Heuschkel.

13 marzo 1798: la madre di Weber muore di tubercolosi.

Sempre, nel 1798, Weber si trasferisce a Salisburgo per studiare con Michael Haydn.
Dopodiché, va a Monaco per studiare col Cantante Johann in Evangelist Wallishauser (meglio noto come Valesi) e con l’Organista J. N. Kalcher.

Idem, 1798: viene pubblicato il primo lavoro di Weber, “Sei fughette per pianoforte”, pubblicate a Lipsia.
Altre composizioni di questo primo periodo sono una “Messa” e la sua prima opera, “Die Macht der Liebe und des Weins” (“Il potere dell’amore e del vino”): purtroppo, andate perdute.
Una raccolta di “Variazioni per Pianoforte”, in seguito, viene litografata dallo stesso Weber, sotto la guida di Alois Senefelder, ideatore di come svolgere la cosa.

1800: la famiglia si trasferisce a Freiberg, in Sassonia, dove il quattordicenne Weber scrive un’opera intitolata “Das stumme Waldmädchen” (“La fanciulla muta della foresta”), che viene rappresentata al “Teatro di Friburgo” e, successivamente, a Vienna, Praga e San Pietroburgo.

1801: Weber comincia a scrivere articoli come critico musicale per il “Leipziger Neue Zeitung”. Idem, 1801: i Weber tornano a Salisburgo, dove Carl Maria riprende i suoi studi con Joseph Haydn che, poi, proseguirà a Vienna, con Abbé Vogler (Georg Joseph Vogler), fondatore di tre importanti Scuole Musicali (a Mannheim, a Stoccolma e a Darmstadt).
Un altro allievo famoso di Vogler è Giacomo Meyerbeer che instaurerà una buona amicizia con Weber.

1803: l’opera weberiana, “Peter Schmoll und seine Nachbarn” (“Peter Schmoll e i suoi vicini”) debutta ad Augusta e conferisce a Weber il suo primo successo come compositore popolare.

 

Il successo di Carl Maria von Weber:

Vogler è molto entusiasta del talento di Weber, per cui lo raccomanda per il posto di Direttore al “Teatro dell’Opera” di Breslavia (nel 1804), mentre lo stesso Weber occupa un posto alla Corte di Federico II – Duca di Württemberg, a Stoccarda (1807-1810).

In questo periodo, la sua vita privata è contrassegnata da una certa irrequietezza (infatti, lascia il suo posto a Breslavia in un momento di rabbia e frustrazione; in una circostanza viene arrestato per debiti e truffa ed espulso dal Württemberg; è coinvolto in vari scandali), per cui, come conseguenza, il suo successo di musicista aumenta.

Musica religiosa, soprattutto di ispirazione cattolica: gli porta l’ostilità dei riformatori che difendono il ritorno al canto tradizionale, nella liturgia.

1810: Weber visita parecchie città tedesche.
1813-1816: è Direttore dell’ “Opera di Praga”.
1816-1817: lavora a Berlino.
Dal 1817, è Direttore della prestigiosa “Opera” di Dresda, impegnandosi energicamente per l’affermazione dell’opera tedesca, in opposizione verso l’opera italiana che domina le scene musicali d’Europa sin dal XVIII secolo.

18 giugno 1821, a Berlino: la sua opera “Der Freischütz” (“Il franco cacciatore”) ottiene uno straordinario successo alla sua “prima”, tanto che l’opera viene rappresentata in tutta Europa; oggi, è l’unica delle sue opere che resta ancora nel normale repertorio.
L’opera comprende armonie variegate e orchestrazioni, temi popolari tratti dalla tradizione musicale dell’Europa Centrale e l’oscuro libretto gotico che comprende la comparsa notturna del Demonio in una foresta: tutte cose che aiutano la sua grande popolarità e ne fanno un’opera romantica per eccellenza.

1823: Weber compone “Euryanthe”, con libretto mediocre, ma con musica molto ricca.

1824: riceve un invito dalla “Covent Garden Opera House”, a Londra, per comporre e produrre “Oberon”, l’opera che il librettista J. R. Planché trae dalla traduzione inglese effettuata da W. Sotheby del poema omonimo di C. M. Wieland (derivato dalla “Chanson de geste Huon de Bourdeaux”).

1826: dopo avere accettato l’invito, Weber si reca in Inghilterra per concludere il lavoro ed essere presente alla prima del 12 aprile.
Al suo arrivo a Londra, Weber soffre già di tubercolosi, quindi la morte lo coglie là, nella notte tra il 4 e il 5 giugno 1826, all’età di 39 anni.

Viene sepolto a Londra ma, 18 anni dopo, i suoi resti vengono trasferiti e riseppelliti a Dresda su iniziativa di Richard Wagner .

 

Fortuna:

Oltre ad essere un importante Compositore, è anche un Grande Pianista e Direttore d’Orchestra.

Tecnicamente, la sua musica per pianoforte è molto difficile, e la sua bravura nella Direzione d’Orchestra è innovativa e ineguagliata, per quel periodo.
La sua “Polacca brillante”, l’ “Invito alla danza”, la “Seconda Sonata per pianoforte” e il “Konzertstück per pianoforte e orchestra”, durante il 1800, sono eseguiti e ascoltati frequentemente.
Infatti, Liszt suona spesso musica di Weber e cura edizioni delle sue sonate per piano.
Altri ammiratori del tempo sono Wagner, Meyerbeer e Hector Berlioz.
Nel 1928, Igor’ Fëdorovič Stravinskij compone il suo “Capriccio” ispirandosi alla musica di Weber.

Molte composizioni per pianoforte weberiane sono sparite dal repertorio, però le sue ouvertures orchestrali, la sua musica per clarinetto e la sua opera “Der Freischütz” sono eseguite.

Altri lavori di Weber includono due sinfonie, un concertino e due concerti per clarinetto e un quintetto per clarinetto e archi.
La vedova di Weber cede a Meyerbeer la sua opera incompiuta “Die Drei Pintos” affinché la completi; però tale lavoro viene terminato da Gustav Mahler che dirige la prima rappresentazione a Lipsia, il 20 gennaio 1888.

 

Composizioni:

Opere:

Die Macht der Liebe und des Weins (Il potere dell’amore e del vino, 1798; perduta)
Das Waldmädchen (La ragazza della foresta, 1800)
Peter Schmoll und seine Nachbarn (Peter Schmoll e i suoi vicini, 1803)
Rübezahl (1804-1805; incompiuta)
Silvana (1810)
Abu Hassan (1811)
Der Freischütz (Il franco cacciatore, 1821)
Die drei Pintos (I tre Pintos, 1820-1824; incompiuta, terminata da Gustav Mahler)
Euryanthe (1823)
Oberon (1826)

 

Musiche di scena:

Turandot (1809)
König Yngurd (Re Yngurd, 1817)
Donna Diana (1817)
Heinrich IV, König von Frankreich (Enrico IV, re di Francia, 1818)
Lieb’ um Liebe (Amore per amore, 1818)
Der Leuchtthurm (Il faro, 1820)
Preciosa (1820)
Den Sachsen-Sohn vermählet heute (Il figlio sassone si è sposato oggi, 1822)

 

Musica sacra:

3 Messe (in Mi bemolle Maggiore, J. Anhang 8, Grosse Jugendmesse, 1802; in Mi bemolle Maggiore, op. 75a, Missa sancta n. 1 Freischützmesse, 1817-1818; in Sol Maggiore, op. 76, Missa sancta n. 2 Jubelmesse, 1818-1819).

 

Musica orchestrale:

Due sinfonie (in Do Maggiore, op. 19, 1806-1807; in Do Maggiore, J. 51, 1807);
Tre Ouverture (Ouverture per Peter Schmoll, op. 8, 1807; Ouverture per Beherrscher der Geister, op. 27, 1811; Jubel-Ouverture, op. 59, 1818);
Kleiner Tusch J. 47a (1806);
Walzer J. 149 (1812);
Deutscher J. 185 (1815);
Tedesco J. 191 (1816);
Marcia vivace J. 288 (1822);
Marcia J. 307 (1826).

 

Musica concertante:

Due concerti per pianoforte e orchestra (in do maggiore, op. 11, 1810; in mi bemolle maggiore, op. 32, 1812);
Konzertstück in fa minore per pianoforte e orchestra, op. 79, 1821;
Due concerti per clarinetto e orchestra (in fa minore, op. 73, 1811; in mi bemolle maggiore, op. 74, 1811);
Concertino in mi bemolle maggiore per clarinetto e orchestra, op. 26, 1810;
Concertino per oboe e fiati in do maggiore (1809)
Concerto per fagotto e orchestra in fa maggiore, op. 75, 1811-1822;
Concertino per corno e orchestra in mi minore, op. 45, 1806-1815;
Romanza siciliana per flauto e orchestra in sol minore J. 47, 1805;
Sei variazioni in do maggiore sul tema A Schüsserl und a Reind’rl per viola e orchestra J. 49, 1806;
Grand pot-pourri in re maggiore per violoncello e orchestra op. 20, 1808;
Andante e Rondò ungarese, versione per viola e orchestra J. 79, 1809;
Tema con variazioni per violoncello e orchestra in re minore J. 94, 1810;
Adagio e Rondò in fa maggiore per harmonichord e orchestra J. 115, 1811;
Andante e Rondò ungarese, versione per fagotto e orchestra op. 35, 1813.
Nei concerti, come nelle sinfonie, Weber risente dell’influenza di Mozart, Beethoven e Hummel, che fonde in un’espressione vivacemente ritmica e ricca di contrasti drammatici.

 

Musica per pianoforte:

Quattro Sonate (in Do Maggiore, op. 24, 1812; in La bemolle Maggiore, op. 39, 1816; in re minore, op. 49, 1816; in mi minore, op. 70, 1822);
Momento capriccioso in Si bemolle Maggiore, op. 12;
Rondò Brillante, invito alla danza in Re bemolle Maggiore, op. 65, 1819;
Variazioni;
Danze;
Pezzi per pianoforte a 4 mani.
La musica pianistica risente dell’influenza brillante e virtuosistica, che era molto in voga nei primi decenni del XIX secolo.

 

Altro:

Musica da camera per vari organici;
Cantate;
Composizioni corali;
Romanze.

 

Battuto al computer da Lauretta 

CARL MARIA VON WEBER:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Caroline_Bardua_-_Bildnis_des_Komponisten_Carl_Maria_von_Weber.jpg

File:Caroline Bardua - Bildnis des Komponisten Carl Maria von Weber.jpg

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INVITO ALLA DANZA:

 

RICHARD WAGNER

Wilhelm Richard Wagner nasce a Lipsia il 22 maggio 1813 ed è il nono figlio di Johanna Rosine Wagner e del giurista e attore dilettante Carl Friedrich Wagner.
Papà Wagner muore di tifo sei mesi dopo la nascita di Richard, per cui la madre sposa l’attore e poeta Ludwig Geyer che, sembra, sia già suo amante e, forse, il padre biologico di Wagner e che si occupa della famiglia costretta a trasferirsi a Dresda.
Richard Wagner diventerà compositore, poeta, librettista, filosofo, regista teatrale, direttore d’orchestra e saggista, reputato come uno dei più importanti musicisti di tutti i tempi, addirittura il più grande del Romanticismo, in quanto ha riformato il teatro musicale.

Wagner è autodidatta e scrive i libretti e le sceneggiature delle sue opere.
Musicalmente, usa il “Leitmotiv”, ossia il “motivo conduttore”: temi musicali collegati a persone, a luoghi, a sentimenti, ad emozioni.
E’ influenzato dalla Storia della Musica Classica e, da Artista rivoluzionario, precorre l’attuale linguaggio musicale che, in “Tristano e Isotta”, attraverso la Mitologia germanica, nordica, i poemi cavallereschi, crea lo sviluppo basilare della Musica Classica, mentre è affascinato e influenzato da Arthur Schopenhauer, oltre ad essere amico dei filosofi Hegel e Nietzsche.
Wagner ha successo nell’ultima parte della sua vita sicuramente, anche a causa dei fans “wagneriani” come Richard Strauss, Anton Bruckner e Gustav Mahler e degli “antiwagneriani come Brahms o Robert e Clara Schumann e non è da dimenticare il filosofo Friedrich Nietzsche che – finché esiste la loro amicizia – lo giudica “La Rinascita dell’arte tragica in Europa”, dopodiché si verifica una rottura di rapporti umani ed intellettuali, per cui Nietzsche definisce l’operato di Wagner “espressione di una civiltà decadente”.
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Wagner torna a Lipsia nel 1828, dove completa le scuole superiori, ma dimostra incertezza sulla strada da imboccare, in quanto esuberante e con “spirito” rivoluzionario.
Si innamora della Musica all’età di 16 anni, assistendo a “Fidelio” di Beethoven, crea piccole composizioni fra cui “Le nozze”, la sua prima opera mai terminata, le opere “Die Feen” (Le Fate), a cui seguono “Das Liebesverbot” (Il divieto d’amare) e “Rienzi, der letzte der Tribunen” (Rienzi, l’ultimo dei Tribuni).

Lavorando come direttore musiale del teatrino di Magdeburgo, conosce Minna Planner che diventerà sua moglie; moglie che non ama ma dalla quale si sente protetto emotivamente e a cui regalerà la propria irresponsabilità mentale, con rottura del matrimonio.
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A Königsberg diventa direttore d’orchestra del teatro che sarà costretto a chiudere per forti debiti e Wagner, licenziato, fortunatamente diventa direttore a Riga, dove comincia a creare “Rienzi”.

Due anni dopo, perde il lavoro anche a Riga; per sfuggire ai creditori, fugge con Minna viaggiando su una piccola imbarcazione con vele alla volta di Londra e, durante una tempesta durante il viaggio marittimo, è ispirato a creare “L’Olandese Volante” (Der Fliegender Hollander”), il suo primo vero capolavoro.

 

Fra il 1839 e il 1842, vive a Parigi in grande povertà e, per sopravvivere, è costretto ad impegnare le fedi matrimoniali al Monte di Pietà e a trascrivere pezzi per banda.
Termina “Rienzi” e continua la stesura de “L’Olandese Volante”.

Inoltre, in questo periodo, conosce le tesi socialiste di Proudhon e la filosofia dell’ateismo di Feuerbach: tutte cose che influenzano i primi adattamenti de “L’anello del Nibelungo” e che servono anche da base per il Calice del Sacro Graal (in “Parsifal”): Calice-regno che per Wagner è simile all’amore e alla libertà.

“Rienzi”, eseguito con lo stile del Grand-Opéra francese, ha molto successo e gli fa ottenere il posto di direttore d’orchestra dell’Opera di Dresda: per la moglie, inzia una brillante carriera.

Attraverso l’ascolto de “L’Olandese Volante”, il pubblico del teatro di Dresda rimane disorientato, mentre “Tannhäuser” ottiene un esito tiepido.

Wagner odia il mondo reazionario e conformista del suo tempo, dove il pubblico gli dimostra distacco, per cui crea “Lohengrin”: in lui Wagner rivede e rappresenta sé stesso per potere essere accettato.

In questo periodo nascono le amicizie importanti con Franz Liszt e Hans von Bülow: fervidi suoi ammiratori.
Wagner si evolve trasmettendo che “L’opera d’arte è vista come una sorta di sublimazione di un mondo affrancato dall’ipocrisia e dal potere del ricco sul povero e, nella rivoluzione del 1848, partecipa erigendo barricate, perde il posto di direttore a Dresda, ripara a Weimar, protetto da Franz Liszt che lo incoraggia a dedicarsi solo all’arte.

Cominciano le prime simpatie femminili, la polizia lo allontana da Bordeaux e Liszt lo salva nuovamente dopo la direzione, con successo , della prima assoluta di “Lohengrin” a Weimar, per cui Wagner si impegna a comporre la “Tetralogia”.
A Zurigo è contrastato, ma il suo genio è fuori di dubbio e, durante il suo primo viaggio in Italia, è ispirato per il preludio musicale de “L’oro del Reno”.

 

L’incontro con il pensiero del filosofo Schopenhauer gli modifica gli ideali trascorsi della rivoluzione e trova la conferma delle sue lente riflessioni.

Conosce i coniugi Wesendonck e accetta di affittare l’ala del palazzo che il marito offre ai coniugi Wagner e ai loro animali.
Matilde e Wagner diventano intimi, e il musicista interrompe “Sigfrido” per iniziare “Tristano e Isotta”.
Morale: scandalo e abbandono dell’ “asilo”, fuga di Wgner a Venezia, ritorno a Lucerna e, senza soldi, vende i diritti della Tetralogia per 24.000 franchi a Otto Wesendonck per imporre la sua Arte.

Sera del 13 marzo 1861: urla, fischi e risate a causa della diversità di concezione dell’Opera per 164 prove.
Ritiro dell’opera dopo la terza rappresentazione.
Conseguenza: celebrità.
Charles Baudelaire grande ammiratore; grande eco nella critica giornalistica.

Costretto a chiedere prestiti, la fortuna si presenta sotto le sembianze di Hans von Bülow, che si accorda per la prima rappresentazione del “Tristano”, a Vienna, dove l’opera è ritenuta difficile, per cui le prove sono sospese.
Senza dimenticare la fuga degli amici e il rischio di arresto per indebitamento.

Sera del 3 maggio 1864: il segretario del re di Baviera deve parlare con Wagner che, temendo di essere ricercato dalla polizia, fa rispondere di non esserci.
4 maggio 1864, mattina: il personaggio lo raggiunge in albergo e gli consegna un anello e una foto di Ludwig di Baviera, appassionatissimo della sua musica, lo convoca presso di sé, a Monaco.
Vengono rappresentate le opere “Tristano e Isotta” (1865) e “I Maestri Cantori di Norimberga” (1868, sotto la direzione di Hans von Bülow ): quest’ultima è l’unica commedia composta da Wagner, in cui il significato della nuova arte tedesca è osannato, mentre il re prova una fortissima emozione.
Wagner è oggetto di antipatia da parte degli abitanti di Monaco e dei cortigiani, per cui si stabilisce sul Lago di Lucerna dove termina la Tetralogia e dove conosce Nietzsche.

 

La moglie Minna muore nel 1866 e, dopo quattro anni, strappa a Hans von Bülow e sposa Cosima, la figlia di Franz Liszt: von Bülow, chiaramente, rompe l’amicizia col compositore.
Nascono tre figli: Isolde, Eva (che sposa un filosofo precursore del nazismo, Houston Stewart Chamberlain) e Siegfried.
Il re finanzia lo stile di vita dispendioso di Wagner e aiuta a concretizzare il Festival di Bayreuth, inaugurato con la prima rappresentazione de “L’anello del Nibelungo”, nell’agosto 1876.
Sebbene si consegua grande successo, il Re salva il Festival dal fallimento, durante una rappresentazione della Tetralogia.
Wagner si stabilisce a Bayreuth, ricevendo solo in tarda età successo e fama dalla sua Nuova Arte.

Per salute, soggiorna a lungo nel Sud Italia ma, nel 1882 la famiglia si trasferisce a Venezia, dove Il 13 febbraio 1883, Wagner decede a causa di un attacco cardiaco, ma la tomba di Wagner si trova a Bayreuth, nel giardino della sua villa “Haus Wahnfried”, non lontano dal teatro costruito per la rappresentare le sue opere.

 

Vita privata di Wagner:

E’ stato raccontato:

< Wagner adorava i cani e tutti gli altri animali, ma una volta dovette restare due mesi senza comporre “I Maestri cantori” a causa di un morso alla mano destra: questo fu causato dal cane Leo, che Wagner stava accuratamente lavando e pettinando.
In quanto grande amante degli animali, insorse pubblicamente contro la vivisezione e sostenne i diritti degli animali.
< Aveva un fisico allenato: a cinquantasette anni era ancora capace di arrampicarsi agilmente fino al primo piano di una casa aggrappandosi agli sporti, con grande paura di sua moglie Cosima.

< Wagner notoriamente soffriva di insonnia e di malinconia notturna, nonché di erisipela facciale (infiammazione della pelle del viso).
Secondo Giovanni Battista Cassano, direttore del dipartimento di psichiatria dell’università di Pisa, Wagner soffriva di un disturbo bipolare e sostiene che ciò sia rilevabile, oltre che dalla biografia, anche confrontando le musiche cupe del “Tristano e Isotta” con la sfavillanza di “I Maestri Cantori di Norimberga”.

< Il compositore amava molto l’Italia: in diverse città trovò ispirazione e pace per comporre.

< A Venezia (dove morirà) scrisse parte di “Tristano e Isotta”; a La Spezia ebbe, in sogno, l’ispirazione per il preludio della Tetralogia; a Ravello e nel Duomo di Siena immaginò la scena del “Parsifal”, che portò a termine a Palermo.
Nel 1859 simpatizzò per il Piemonte contro l’Austria, in vista della Seconda Guerra d’Indipendenza.
Cosima Liszt, la sua seconda moglie, era nata a Como, da cui il nome “Cosima”.

 

A proposito di “Lohengrin”, è stato riferito:

< Il 1º novembre 1871 viene eseguita la prima di Lohengrin al Teatro Comunale di Bologna, prima rappresentazione in assoluto di un’opera di Wagner in Italia.
< L’arrivo a Bologna dell’opera del compositore tedesco è frutto dell’interessamento del sindaco Camillo Casarini e avviene su pressione della stampa cittadina, dominata dalla figura del giovane assessore Enrico Panzacchi.
< Le “stramberie della musica dell’avvenire” trovano opposizione tra gli influenti soci della Società Felsinea, che considerano Wagner “incomprensibile come un geroglifico egiziano”, tra i liberali moderati e soprattutto tra i clericali, che si scagliano con aspri articoli contro il “framassone” Wagner.
< Sotto la guida del maestro Angelo Mariani, cantano il tenore Italo Campanini (Lohengrin), Bianca Blume (Elsa), Maria Löwe Destin (Ortruda), Elisa Stefanini Donzelli e Pietro Silenzi.
Il Teatro Comunale è gremito in ogni ordine e accoglie i più bei nomi dell’aristocrazia bolognese, fra cui Enrico Panzacchi e Alfredo Oriani.
Il successo è fin dalla prima straordinario: gli artisti e il direttore vengono più volte richiamati alla ribalta.
< A una delle quattordici repliche presenzierà anche Giuseppe Verdi, accompagnato da Arrigo Boito.
< Il 31 maggio 1872 il Consiglio municipale assegnerà a Wagner la cittadinanza onoraria.
< Il Teatro Comunale diverrà il tempio del culto wagneriano in Italia: a Bologna si terranno anche le prime italiane di Tannhäuser (1872), L’Olandese Volante (1877), Tristano e Isotta (1888) e Parsifal (1914, prima assoluta europea, fino ad allora esclusiva di Bayreuth).
Al Lohengrin sarà intitolato anche un profumo: un doppio “estratto olezzante”, che un avviso a pagamento definirà indispensabile a “chiunque aspiri all’eleganza”.

 

Battuto al computer da Lauretta 

 

 

 

 

 

RICHARD WAGNER nel 1871:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:RichardWagner.jpg

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LA VALCHIRIA, “CAVALCATA DELLE VALCHIRIE”:

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IL CREPUSCOLO DEGLI DEI: VIAGGIO DI SIGFRIDO SUL RENO e “MARCIA FUNEBRE DI SIGFRIDO”:

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I MAESTRI CANTORI DI NORIMBERGA, OUVERTURE:  https://youtu.be/-_s1Z0gUNYY

 

 

ANTONIO VIVALDI

Antonio Lucio Vivaldi nasce a Venezia il 4 marzo 1678 e muore a Vienna il 28 luglio 1741.

E’ un compositore e violinista italiano, uno dei maggiori esponenti del “Barocco” musicale.
E’ sacerdote, ma non può celebrare la messa per motivi di salute.

E’ uno dei violinisti e uno dei più grandi compositori di musica barocca, influente, originale e importante della sua epoca perché contribuisce in modo determinato allo sviluppo del Concerto (particolarmente “solistico”), della tecnica violinistica e orchestrativa, oltre ad influire su numerosi compositori contemporanei, fra cui Johann Sebastian Bach, Pisendel, Heinichen, Zelenka, Boismortier, Corrette, De Fesch, Quantz.

Il numero dei suoi lavori è vastissimo, ma le sue composizioni più note sono i “Quattro Concerti” per violino conosciuti come “Le quattro stagioni”.

Dopo la sua morte (come per altri musicisti barocchi) viene dimenticato ma, grazie alla ricerca di alcuni musicologi del XX secolo (Arnold Schering, Marc Pincherle, Alberto Gentili e Alfredo Casella, Gian Francesco Malipiero), i suoi lavori musicali lo fanno diventare uno dei compositori più noti ed eseguiti.

 

L’infanzia e la giovinezza di Antonio Vivaldi:

Non esistono molti documenti sulla vita di Antonio Lucio Vivaldi, ma si sa che nasce di venerdì, 4 marzo 1678, a Venezia, e viene battezzato in casa da Margarita Veronese, sua levatrice, poiché è in pericolo di vita.
Il Battesimo viene perfezionato attraverso la liturgia di rito il 6 maggio, nella Chiesa di San Giovanni in Bragora, non lontano da casa Vivaldi.

Il padre è Giovanni Battista Vivaldi ma, per molti anni, circolano voci sulla sua presunta illegittimità, mentre la madre è Camilla Calicchio, di origini materane.

Nel 1685, il padre barbiere-violinista accetta l’ingaggio prestigioso di violinista della Basilica di San Marco (a quel tempo, “Cappella privata del Doge” e non ancora “Sede Vescovile”), in cui si celebra solo in occasioni particolari, dopodiché, nello stesso anno ne diventa Maestro il famoso Giovanni Legrenzi.
Insieme al collega Antonio Lotti e a Giovanni Legrenzi, Giovanni Battista Vivaldi fonda il “Sovvegno dei musicisti di Santa Cecilia”, una confraternita di musicisti veneziani: a cui aggiunge l’impegno di insegnante di violino all’Ospedale dei Mendicanti a partire dal 1689.

Probabilmente, Antonio Vivaldi impara a suonare il violino dal padre, dimostrandosi prestissimo un grande talento.
Giovanissimo, è ammesso a frequentare i musicisti della “Cappella del Doge”, dalla cui frequenza trae vantaggio e dove, a poco a poco, sostituisce il padre.

La carriera ecclesiastica del giovane Vivaldi inizia il 18 settembre 1693, quando ha l’età minima della tonsura per mano del patriarca di Venezia, il futuro Cardinale Badoero.

Prosegue gli suoi studi presso la “Chiesa di San Geminiano” e la “Chiesa di San Giovanni in Oleo” e, come da regola, vive con la famiglia nella parrocchia di “San Giovanni Battista” in Bragora, non abbandonando la Musica.
Anzi la sua abilità con il violino lo impiega già nel 1696 come violinista in eccedenza, durante le funzioni natalizie presso la “Cappella della basilica di San Marco”, dove appare per la prima volta in pubblico; allo stesso tempo, appartiene al “Gruppo dell’Arte dei Sonadori”.

4 aprile 1699: riceve gli Ordini Minori del suddiaconato nella “Chiesa di S. Giovanni in Oleo” e, il 18 settembre 1700, il diaconato.

23 marzo 1703: viene ordinato sacerdote, continuando a vivere con la famiglia e a lavorare strettamente con il padre.
Viene soprannominato “Il Prete Rosso” per il colore dei suoi capelli, anche se nascosti dalla parrucca (che è di moda nel suo periodo storico).

Dal 1704 smette di celebrare la Messa, per motivi di salute: pare che sia affetto da una forma d’asma (“strettezza di petto”) di cui ha presentato i sintomi sin dalla nascita e per cui non gli è possibile compiere tutta la funzione sacra senza doversi assentare dall’altare.

 

Vivaldi presso il Pio Ospedale della Pietà:

E’ giovane, ma acquisisce fama molto presto e, dal 1º settembre 1703, è assunto come Maestro di Violino dalle Autorità del “Pio Ospedale della Pietà”, dove rimane sino al 1720.
Lo stipendio è di 60 ducati annui,

Tale “Pio Ospedale della Pietà” viene fondato nel 1346 ed è il più prestigioso dei quattro ospedali femminili di Venezia (gli altri tre sono l’ “Ospedale degli Incurabili”, l’ “Ospedale dei Mendicanti” e l’ “Ospedale dei Derelitti ai SS. Giovanni e Paolo”), dove vengono assistiti i bambini orfani o provenienti da famiglie molto povere, in cui imparano un mestiere e lasciano l’istituto all’età di 15 anni.
Le ragazze invece ricevono un’educazione musicale e quelle di maggior talento diventano membri dell’ospedale e, fra loro, esiste una gerarchia: dalle “figlie di coro”, alle più esperte dette “privilegiate di coro”, fino alle “maestre di coro” (loro insegnano).

Agosto 1704: lo stipendio di Vivaldi diventa di 100 ducati, in quanto subentra anche nella posizione di insegnante di “Viola all’inglese”.

1705: viene incaricato della composizione e dell’esecuzione dei Concerti, con un salario aumentato a 150 ducati annui a cui si aggiunge la remunerazione delle messe quotidiane dette “per la Pietà” o “per le ricche famiglie patrizie”.

Probabilmente, il giovane Vivaldi, Maestro di Violino, comincia la sua carriera di compositore e si fa notare per le sue prime opere diffuse a mezzo manoscritto, mentre è sempre più rinomato.

Pur non essendo quasi mai sottoposto al voto del Consiglio Direttivo dell’Ospedale, nel 1709 perde il posto di lavoro per 7 voti contro 6 a favore, per cui, per un anno, esercita la libera professione di Musicista.
Però, dopo aver esercitato tale libera professione per oltre un anno, viene riassunto nel 1711 alla “Pietà”, sempre a seguito di una votazione, dal momento che la Direzione ha capito bene l’importanza del Vivaldi all’interno della Scuola.

1713: diventa il responsabile per l’attività musicale dell’istituto.

1716: è “Maestro de’ Concerti”.

Non si sa bene, ma pare che Vivaldi continui ad aprovvigionare “La Pietà” di concerti e composizioni varie durante tutta la sua vita, anche in forma privata.

1705: pubblicazione della sua prima raccolta di musiche, “Opus 1”, una collezione di dodici sonate a tre dedicata al nobile veneto Annibale Gambara, ancora in uno stile neocorelliano.

1708: pubblicazione della sua seconda raccolta di 12 sonate per violino e basso continuo (“Opus 2”), ma la rinomanza a livello internazionale la raggiunge con la sua prima collezione di 12 concerti per uno, due e quattro violini con archi, “L’estro armonico” (“Opus 3”), che viene data alle stampe ad Amsterdam.

1711: Etienne Roger è un editore all’avanguardia con le nuove tecniche di stampa rispetto agli editori veneziani Sala e Bortoli, per cui Vivaldi raggiunge la rinomanza a livello internazionale con la sua prima collezione di “12 concerti per uno, due e quattro violini con archi”, “L’estro armonico” (“Opus 3”: viene data alle stampe ad Amsterdam).
La sua uscita è pubblicizzata con un annuncio sul “The Post Man” di Londra.
Questi concerti sortiscono successo in tutta Europa e, nel 1714, sono seguiti da “La stravaganza” (“Opus 4”: raccolta di concerti per solo violino e archi).

Febbraio 1711: Vivaldi, accompagnato dal padre, si reca a Brescia, dove consegna il suo “Stabat Mater RV 621” al committente, la “Congregazione dell’Oratorio di S. Filippo Neri”.

1718: inizio di un periodo di frequenti spostamenti, anche se non pare aver mai rotto i legami con “La Pietà”.

Tra il 1723 e il 1729: dagli atti registrati, viene constatato che viene pagato per comporre almeno 140 concerti.

 

Impresario d’opera al Teatro Sant’Angelo:

Venezia della prima metà del XVIII secolo: l’opera è l’intrattenimento musicale più popolare e più redditizio per i compositori.
Parecchi teatri si fanno concorrenza.
Quello creduto il primo lavoro teatrale di Vivaldi, “Ottone in villa” (RV 729 ), viene rappresentato al “Teatro delle Grazie” di Vicenza, nel maggio del 1713.

1705: sembra che l’esordio operistico di Vivaldi avvenga in questo anno. Anno in cui Vivaldi completa “Creso tolto alle fiamme” (RV Anh. 138) di Girolamo Polani per il “Teatro Sant’Angelo di Venezia”.

1714: diventa sia impresario, sia direttore delle musiche presso tale teatro, dove allestisce la sua terza opera, l’ “Orlando finto pazzo” (RV 727).
Non riscuote il successo sperato e, per “salvare” la stagione, Vivaldi-impresario riallestisce, (ritoccando e aggiungendo di sua mano, l’ “Orlando” di Giovanni Alberto Ristori, già presentato l’anno precedente.

1715: rappresenta un pasticcio, il “Nerone fatto Cesare” (RV 724, perduto), con le musiche di vari compositori e 11 arie dello stesso Vivaldi.

1716: rappresentazione di “Arsilda, regina di Ponto” (RV 700), sicuramente un sucesso, dal momento che, per l’opera seguente (“L’incoronazione di Dario”, RV 719), vengono proposte delle repliche con lo stesso, giovanissimo cast (in primis le future stelle Annibale Pio Fabri, Anna Vicenza Dotti e Maria Teresa Cotte [o Cotti]).
Lo stesso anno fu rappresentata “La costanza trionfante degli amori e degl’odii” (RV 706), nel piccolo Teatro “San Moisè”.

In questo periodo, “La Pietà” gli commissiona diversi lavori liturgici di cui i più importanti sono due oratorî: il primo, “Moyses Deus Pharaonis” (RV 643), risulta sfortunatamente perduto e il secondo, “Juditha triumphans devicta Holofernis barbarie” (RV 644); quest’ultimo è composto nel 1716, ed è uno dei lavori sacri più noti di Vivaldi.
Fu commissionato per celebrare la vittoria della Repubblica di Venezia contro i Turchi e la riconquista dell’isola di Corfù.
Tutte le undici parti, sia maschili che femminili, furono interpretate dalle ragazze de “La Pietà” e molte arie comprendono parti per strumenti solisti come flauti dolci, oboi, clarinetti, viola d’amore, mandolini, che servono per mettere in evidenza il talento delle ragazze anche in strumenti particolarmente rari e di non facile reperibilità per l’epoca.

 

Gli anni della maturità:

1718: Vivaldi diventa Maestro di Cappella da Camera alla Corte del Principe Filippo d’Assia-Darmstadt, governatore di Mantova e noto appassionato di musica per cui si trasferìsce in tale città dove rimane per circa tre anni.

1720-1721: compone tre opere tra le quali “Tito Manlio” (RV 738) e varie cantate e serenate. Successivamente, va a Milano, dove presenta (nel 1721) il suo dramma pastorale “La Silvia” (RV 734) e nel 1722 l’oratorio “L’adorazione delli tre Re Magi al bambino Gesù” (RV 645, perduto).
Sempre nel 1722: il compositore veneziano si reca a Roma, invitato da Papa Benedetto XIII a suonare per lui.
1725: torna a Venezia, dove nello stesso anno produce quattro lavori teatrali.

In questo periodo, scrive “Le quattro stagioni”, “Quattro concerti per violino” che rappresentano le scene della natura in musica e pubblica come i primi quattro concerti di una raccolta di dodici “Il cimento dell’armonia e dell’inventione” (Opus 8): è pubblicata ad Amsterdam, nel 1725, da Michel-Charles Le Cène, succeduto ad Estienne Roger nell’attività editoriale.

Tra il 1723 e il 1740: Vivaldi allestisce almeno 15 rappresentazioni operistiche con la partecipazione di Anna Girò (sua allieva e protetta che diventerà una famosa cantante lirica).
Secondo alcuni, si ipotizza una possibile relazione amorosa tra i due, relazione che, al momento, non risulta certa da alcuna documentazione storica.

 

Gli ultimi anni e la morte:

Arrivato all’apice della sua carriera, Vivaldi riceve numerose commissioni dalle famiglie nobiliari e reali europee.
“La serenata, La Gloria, Imeneo” (RV 687) è composta per il matrimonio di Luigi XV.
L’ “Opus 9”, “La cetra”, è dedicata all’Imperatore Carlo VI.
1728: Vivaldi ‘incontra l’Imperatore in persona, arrivato a Trieste per supervisionare la costruzione di un nuovo porto.
Carlo VI ammira la sua musica che – in due anni – lo farà intrattenere più a lungo con il compositore e non con i suoi ministri.
A Vivaldi egli conferisce il titolo di Cavaliere, attribuisce una medaglia d’oro e lo invita a Corte a Vienna, per cui il musicista gli presenta una presunta copia del manoscritto de “La cetra”.
SI tratta di una raccolta di Concerti quasi completamente differente da quella pubblicata con lo stesso titolo, come Opus 9: probabilmente un ritardo di stampa aveva costretto Vivaldi a confezionare alla meglio una collezione improvvisata di concerti.

1730: va a Vienna e a Praga assieme a suo padre, dove rappresenta tra le altre, la sua opera “Farnace” (RV 711).
In questo periodo, incontra due dei maggiori librettisti italiani dell’epoca: “L’Olimpiade” e “Catone in Utica” sono su libretto dell’affermato Pietro Metastasio, nel 1730, diventato Poeta Cesareo alla Corte di Vienna.
Il libretto della “Griselda” è del giovane Carlo Goldoni, tratto da un vecchio libretto del predecessore di Metastasio, Apostolo Zeno.

 

La vita di molti compositori della sua epoca si conclude sventuratamente sotto l’aspetto umano ed economico: così è anche per lui perché le sue composizioni, a Venezia, non sono più molto apprezzate: ciò è dovuto ai cambiamenti veloci dei gusti musicali che, con l’affermazione dell’Opera Napoletana, lo considerano fuori moda, per cui decide di trasferirsi a Vienna, dove è stato invitato da Carlo VI d’Asburgo e dove, forse, spera di occupare qualche posizione ufficiale a Corte e di rappresentare alcune sue opere al “Kärntnertortheater”.

Per finanziare Il suo trasferimento Vivaldi lo concretizza a mezzo della svendita di parecchi manoscritti.

Tale trasferimento a Vienna e il lasciare per sempre l’Italia è a causa anche di uno spiacevole episodio del 1737 che lo segna ma, poco dopo il suo arrivo a Vienna, nell’ottobre del 1740, Carlo VI muore.

Succede la Guerra di Successione Austriaca che costringe la figlia (la futura imperatrice Maria Teresa d’Austria), a fuggire in Ungheria.

Tutti i teatri viennesi vengono chiusi immediatamente sino all’anno seguente, per cui Vivaldi rimane senza protezione imperiale e senza fonti di reddito ed essendo troppo malato e troppo povero, resta a Vienna dove, per tirare avanti, svende altri suoi manoscritti, fino alla notte tra il 27 e il 28 luglio 1741 in cui muore di infezione intestinale (o forse anche a causa dell’asma bronchiale di cui soffre fin dalla nascita) nell’appartamento affittato presso la vedova Maria Agate Wahlerin.

Il 28 luglio, Vivaldi viene sepolto in una fossa comune allo “Spitaller Gottsacker” di Vienna, con un funerale semplice detto “dei poveri”.
Il luogo della sepoltura si trova a fianco della “Karlskirche”; il cimitero non esiste più, ma presenziano targhe in sua memoria come anche una “Vivaldi star” nella “Musikmeile” viennese, un monumento nella Rooseveltsplatz e un memoriale nella Karlsplatz.

La sua musica cade nell’oblio e ci rimane fino a quasi la metà del XX secolo, quando la figura di Vivaldi torna ad “imporsi” nella storia della Musica Europea.

 

Vivaldi: influenze nella cultura popolare e generale:

La riscoperta della musica di Vivaldi e la creazione dei fondi Foà e Giordano sono portati a conoscenza del pubblico a mezzo del romanzo “L’affare Vivaldi” di Federico Maria Sardelli (2015), musicista, direttore d’orchestra ed esperto del compositore veneziano.

Vivaldi appare fra i personaggi del romanzo “Stabat Mater” di Tiziano Scarpa la cui protagonista è Cecilia, violinista orfana cresciuta ed educata presso l’ “Ospitale di Pietà” dove è accertato che Vivaldi abbia lavorato e diretto.

“Il respiro degli angeli” è un romanzo di Emanuela Fontana (Mondadori, 2021) che narra l’intera vita di Vivaldi, dall’infanzia a Venezia fino agli ultimi mesi a Vienna.

A Vivaldi è intitolato il cratere Vivaldi su Mercurio.

 

Cinema:

Cinematograficamente, Vivaldi è personaggio principale in “Rosso veneziano”, film “giallo” francese del 1989 diretto da Étienne Périer, il cui protagonista è il giovane Carlo Goldoni interpretato dall’attore polacco Wojciech Pszoniak.

2006: il film “Antonio Vivaldi, un prince à Venise”, è di produzione franco-italiana, è diretto da Jean-Louis Guillermou ed è interpretato da Stefano Dionisi, nei panni di Vivaldi, Michel Serrault, nel ruolo del vescovo di Venezia, Christian Vadim, nel ruolo di Carlo Goldoni, e Michel Galabru, nel ruolo del papa Benedetto XIII.

Sembra che un ulteriore film sul musicista veneziano sia in preparazione con il titolo provvisorio “Vivaldi”: sarebbe prodotto da Boris Damast, con Max Irons, figlio dell’attore Jeremy Irons, nelle vesti del musicista; inoltre, nel cast si vedono le partecipazioni di Malcolm McDowell, Jacqueline Bisset e Gérard Depardieu.

 

Battuto al computer da Lauretta 

 

 

 

 

 

Il celeberrimo ritratto a Vivaldi del 1723 circa:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Vivaldi.jpg

File:Vivaldi.jpg

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LE STAGIONI, “LA PRIMAVERA”:

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LE STAGIONI, “L’ESTATE”: https://youtu.be/IJDnj2O9yqY

 

GIUSEPPE VERDI

Così, è stato scritto:

< Universalmente riconosciuto come uno dei più grandi operisti di ogni tempo, subentrò ai protagonisti italiani del teatro musicale del primo Ottocento: Gioachino Rossini, Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti.
Come Richard Wagner, interpretò in modo originale, seppur differente dal musicista tedesco, gli elementi romantici presenti nelle sue opere, proponendo agli spettatori una chiave di lettura patriottica in molte delle sue composizioni.
< Simpatizzò con il movimento risorgimentale che perseguiva l’Unità d’Italia e partecipò attivamente per breve tempo anche alla vita politica; nel corso della sua lunga esistenza stabilì una posizione unica tra i suoi connazionali, divenendo un simbolo artistico profondo dell’unità del Paese.
Fu perciò che, un mese dopo la sua morte, una solenne e sterminata processione attraversò Milano, accompagnando le sue spoglie con le note del “Va’, pensiero”, il coro degli schiavi ebrei del “Nabucco”.
Il “Va’ pensiero”, da lui scritto circa 60 anni prima, esprimendo di fatto i sentimenti degli italiani verso il loro eroe scomparso, dimostrò fino a che punto la musica di Verdi fosse stata assimilata nella coscienza nazionale.
< Le sue opere rimangono ancora tra le più conosciute ed eseguite nei teatri di tutto il Mondo, in particolare “Aida” (1871), il già citato Nabucco” (1842) e la cosiddetta “triade verdiana”: “Rigoletto” (1851), “Il trovatore” (1853) e “La traviata” (1853).

 

Adolescenza, giovinezza e formazione musicale di Verdi:

Giuseppe Verdi nasce a Le Roncole di Busseto il 10 ottobre 1813 e muore a Milano il 27 gennaio 1901.

I genitori sono Carlo Verdi (oste e rivenditore di sale e generi alimentari) e Luigia Uttini (filatrice).

Carlo discende da una famiglia di piccoli possidenti e commercianti piacentini che, per secoli, risiedono tra Villanova e Sant’Agata, poi trasferitisi in località Le Roncole di Busseto.
Luigia, idem, figlia di osti, è originaria di Saliceto di Cadeo, idem, in provincia di Piacenza.

Carlo risparmia un po’ di denaro e, in seguito, diventa erede dei genitori (in particolare del padre Giuseppe Antonio) della gestione di una piccola e ben lanciata osteria a Le Roncole; a questa attività intervalla il lavoro nei campi.

11 ottobre del 1813: nel Registro dei Battesimi della Chiesa di “San Michele Arcangelo” è scritto il nome di Giuseppe Francesco Fortunino, “nato ieri”.
Tre giorni dopo, Carlo arriva a Busseto per la dichiarazione della nascita del figlio alle autorità locali, Giuseppe: nel registro comunale, il piccolo viene indicato con i nomi di Joseph Fortunin François, dal momento che l’atto è redatto in francese e perché, nel 1808, tutta la zona bussetana, precedentemente appartenente al Ducato di Parma, viene annessa all’Impero francese creato da Napoleone.

Giuseppa, una sorella più giovane di Verdi, muore a 17 anni, nel 1833, ma è inferma fin dalla giovanissima età a causa di una meningite.

All’età di quattro anni, Giuseppe riceve lezioni private di Latino e Italiano dal Maestro e Organista del paese Pietro Baistrocchi che, a quanto pare, sembra avere un ruolo fondamentale dando consiglio alla famiglia del ragazzo per fargli intraprendere lo studio della Musica.
Da non dimenticare che Pietro Baistrocchi lo prende a benvolere e lo aiuta gratuitamente ad avviarlo alla pratica dell’Organo e del Pianoforte.

A sei anni, Verdi frequenta la scuola locale contemporaneamente alle lezioni di Organo da Baistrocchi, ma il suo chiaro interesse per la Musica convince i genitori a comprargli una spinetta che, a furia di essere usata, rende necessario l’intervento tecnico di un organaro per ripararla.
Dopo la morte di Baistrocchi, Verdi diventa Organista a pagamento, all’età di soli otto anni.

Il talento compositivo straordinario di Verdi è coltivato e sviluppato dallo studio e sostenuto dal padre, che intuisce l’ottimo “traguardo” del figlio.
Più tardi, Antonio Barezzi (negoziante amante della Musica e Direttore della locale Società Filarmonica), è fiducioso circa le possibilià del ragazzo e diventa suo mecenate e protettore, per cui lo aiuta a proseguire gli studi, mentre non tutti sanno che Carlo Verdi promuove energicamente l’istruzione e la precocità di Verdi figlio.

1823: i coniugi Verdi iscrivono il ragazzino al “Ginnasio”, una Scuola Superiore per ragazzi gestita da don Pietro Seletti a Busseto, dove riceve istruzione in Italiano, Latino, Scienze Umane e Retorica.
Il ragazzo, regolarmente, torna a Le Roncole anche di domenica a suonare l’organo, camminando a piedi per diversi chilometri.

1824: Giuseppe Verdi inizia a ricevere le lezioni di Ferdinando Provesi, Maestro di Cappella nella “Collegiata di San Bartolomeo Apostolo” e Maestro dei locali Filarmonici, che gli insegna le basi della Composizione Musicale e della Pratica Strumentale.

Giugno 1827: Verdi si diploma presso il Ginnasio e si può dedicare unicamente alla Musica, sotto la guida di Provesi.
Ha 13 anni quando è chiamato a sostituire un musicista: cosa che diventa il suo primo evento pubblico in Busseto, dove riscuote un grande successo.

1829-1830: Verdi si afferma come membro della Filarmonica.
1832: a Bergamo, viene eseguita “I deliri di Saul”, una cantata in otto movimenti, sulla base di un dramma di Vittorio Alfieri, scritta da Verdi all’età di 15 anni.
Fine 1829: Verdi termina i suoi studi con Provesi, il quale Provesi comunica che non ha più nulla da insegnargli.
Dopodiché, Verdi si trasferisce presso la casa di Barezzi, dove impartisce lezioni di canto e di pianoforte a sua figlia, Margherita con la quale inizia una relazione sentimentale, nel 1831.

Verdi desidera studiare a Milano, città che presenta risorse e occasioni maggiori in confronto a Busseto, città piccola, per cui, il 14 maggio 1831, Barezzi presenta domanda di ammissione al Conservatorio di Milano, spingendo Carlo Verdi a chiedere una borsa di studio al Monte di Pietà e di Abbondanza per il figlio.
Non raggiungendo alcun esito, rivolge la proposta alla Duchessa Maria Luigia che viene approvata il 14 gennaio 1832, per cui Verdi è ammesso all’esame preliminare che, purtroppo, non supera.
Il celebre violinista e violista Alessandro Rolla è l’unico che vota favorevolmente per Verdi e lo indirizza alle lezioni private di Vincenzo Lavigna, allora Maestro al Cembalo de “La Scala”, il quale trova le composizioni di Verdi «molto promettenti».
Verdi si inserisce sempre più nell’ ambiente culturale di Milano, ascoltando celebri interpreti dell’epoca, come Maria Malibran nelle opere di Donizetti e Bellini, con lo studio delle composizioni dei vecchi Maestri, come Palestrina (il suo compositore prediletto), Carissimi, Corelli, Marcello, Porpora, Pergolesi, Alessandro e Domenico Scarlatti, Paisiello, Haydn e Mozart.

Comincia a frequentare il Teatro “Alla Scala”, dove conosce anche il Direttore della “Società Filarmonica” di Milano, Pietro Massini.

1834: è invitato a partecipare come Maestro al Cembalo per l’esecuzione de “La Creazione” di Haydn, suonata dalla stessa “Filarmonica”, come da lui riferito in una lettera del 19 ottobre 1879 a Giulio Ricordi.
Ben presto Verdi arriva ad assumere il ruolo di Direttore delle prove (per “La Cenerentola” di Rossini) e di Continuista ed è proprio Massini che lo spinge a scrivere la sua prima opera che, in origine, è “Rocester”, su libretto del giornalista Antonio Piazza ma, poi, chiamata “Oberto, Conte di San Bonifacio”.

 

1834-1842: le primissime opere di Verdi:

Metà 1834: a Busseto,Verdi desidera subentrare a Provesi ma, non riuscendo, è aiutato da Barezzi, per ottenere il posto del Maestro di Musica.

Insegna, e impartisce lezioni, oltre a dirigere la “Filarmonica” per alcuni mesi, dopodiché, all’inizio del 1835, torna a Milano.

Luglio 1834: riceve la sua certificazione da Lavigna.

Fine febbraio 1836: Verdi è nominato Maestro di Musica del Comune di Busseto con un contratto di tre anni.

4 maggio del 1836: nell’oratorio della Santissima Trinità, sposa la ventiduenne Margherita Barezzi con cui, due anni dopo, va a vivere a Milano, a Porta Ticinese, in una modesta abitazione.

26 marzo 1837: Margherita partorisce la loro prima figlia, Virginia Maria Luigia, a cui segue Icilio Romano, l’11 luglio 1838.

1837: Verdi chiede l’assistenza di Massini per rappresentare una sua opera a Milano.

Negli anni seguenti, succedono gravi lutti familiari attraverso la morte dei suoi figli Virginia, il 12 agosto 1838 e Icilio, il 22 ottobre 1839, entrambi all’età di circa un anno e mezzo.

1839: dopo quattro anni di lavoro, finalmente, riesce a far rappresentare la sua prima opera a “La Scala: “Oberto, Conte di San Bonifacio”, su libretto originale di Antonio Piazza, rivisto e riadattato da Temistocle Solera.
Opera con stile donizettiano, piace al pubblico e consegue un discreto successo, oltre ad essere rappresentata in quattordici repliche per cui l’impresario de “La Scala”, Bartolomeo Merelli, offre a Verdi un contratto per altri tre lavori e che, nel novembre 1839, accetta di inserire in cartellone un suo lavoro; lavoro che arriva al rispettabile numero di 13 repliche.

18 giugno 1840: Margherita, all’età di 26 anni, muore di encefalite mentre Verdi sta lavorando alla sua seconda opera, “Un giorno di regno”; opera di genere comico, che viene rappresentata a settembre, conseguendo un esito disastroso (infatti, viene rappresentata una sola volta).
Secondo Verdi: “vi ebbe certo una parte di colpa la musica, ma una parte vi ebbe anche l’esecuzione”.
E’ chiaro che il momento anche doloroso in cui viene composta incide sull’insuccesso e che, a causa dei lutti verificatisi, Verdi in seguito, dichiarerà che in quel periodo aveva deciso di smettere di comporre: la sua decisione cade a causa dell’opera successiva, “Nabucco”, che vede la luce dopo 18 mesi.

Merelli convince Verdi a non abbandonare la Lirica, affidandogli direttamente il libretto di “Nabucco”, scritto da Temistocle Solera: tale soggetto biblico, all’inizio, è stato rifiutato dal compositore Otto Nicolai.

Verdi è ancora scioccato dalla tragedia familiare, per cui ripone il libretto senza neanche leggerlo quando, una sera, spostandolo, gli cade per terra e si apre proprio nella pagina di “Va, pensiero”, lasciando scosso Verdi dopo la lettura di tale brano.
Il quale Verdi va a dormire, ma non riesce ad assopirsi; si alza e rilegge il testo più volte; poi, lo musica, lo legge e decide di musicare tutto il libretto e, in seguito, Verdi ricorderà: “Questo versetto oggi, domani quello, qui una nota, c’è una frase intera, e a poco a poco l’opera è stata scritta”.
La prima rappresentazione di “Nabucco” avviene il 9 marzo 1842, al Teatro “Alla Scala” di Milano: l’esito è favoloso.
Solo tra agosto e novembre, conta cinquantasette repliche: è il risultato scaligero mai raggiunto fino a tale momento.
Nei tre anni successivi, l’opera viene rappresentata anche a Vienna, Lisbona, Barcellona, Berlino, Parigi e Amburgo; nel 1848, viene messa in scena a New York e, nel 1850, a Buenos Aires.
“Nabucco” segna l’ascendenza musicale di Verdi.

Per mezzo di uno dei cori dell’opera, il celebre “Va, pensiero”, il popolo italiano si immedesima nel popolo ebraico prigioniero; popolo ebraico che, attraverso il celebre coro “Va, pensiero”, a poco a poco diventa un canto-lamento, forse un inno contro l’Austria-padrona; coro che viene diramato presto in Lombardia e nel resto d’Italia.

 

1843-1850: Verdi li definisce gli “anni di galera”:

«Dal Nabucco in poi non ho avuto, si può dire, un’ora di quiete. Sedici anni di galera!»

Nabucco è l’inizio di una splendente carriera che impegna Verdi a scrivere, in media, un’opera annualmente: “I Lombardi alla Prima Crociata”, “Ernani”, “I due Foscari”, “Giovanna d’Arco”, “Alzira”, “Attila”, “Il corsaro”, “I masnadieri”, “Macbeth”, “La battaglia di Legnano”.

Si tratta di opere giovanili sono creazioni di successo rappresentate in molti teatri italiani ed europei, ma spesso musicate su commissione, lavorativamente massacranti e non sempre con ispirazione.

Per merito del successo iniziale di “Nabucco”, Verdi si stabilisce a Milano, guadagnando numerose conoscenze prestigiose.
Frequentando il salotto letterario della Contessa Clara Maffei, diventa suo amico per tutta la vita e corrispondente.

1842: l’alto numero di repliche di “Nabucco”, a “La Scala”, suggerisce a Merelli di commissionargli una nuova opera per la stagione 1843.
“I Lombardi alla prima Crociata”, su libretto di Solera, debutta l’11 febbraio 1843, idem, a “La Scala”, confermando la reputazione positiva di Verdi.

Verdi presta attenzione ai suoi contratti e si assicura di essere ricompensato a dovere col crescere della sua popolarità.
Quindi, inizia ad investire i proventi nell’acquisto di terreni presso il suo paese natale e, nel 1844, compera “Il Pulgaro”, un terreno agricolo di 23 ettari con casa colonica e annessi.
Maggio del 1844: regala una casa ai suoi genitori.
Sempre, nel 1844: acquista anche “Palazzo Cavalli” (ora noto come “Palazzo Orlandi”) su via Roma, la strada principale di Busseto.

Maggio 1848: Verdi firma un contratto di acquisto della terra e delle case a Sant’Agata, nel Piacentino, che un tempo erano appartenute alla sua famiglia.
Qui costruisce la sua nuova casa, “Villa Verdi”, dove vive dal 1851 fino alla sua morte.

Marzo 1843: Verdi visita Vienna (dove Gaetano Donizetti è Direttore Musicale) per allestire una produzione di “Nabucco”.
Donizetti riconosce il talento di Verdi e osserva, attraverso una lettera scritta nel gennaio 1844: «Sono molto felice di dare modo a persone di talento come Verdi… Niente impedirà al buon Verdi di raggiungere presto una delle posizioni più onorevoli nella corte dei compositori».

Poi, Verdi va a Parma, dove il Teatro “Regio” sta allestendo “Nabucco” con Giuseppina Strepponi nel cast.
Le rappresentazioni eseguite nella sua regione, conferiscono a Verdi una vera vittoria personale e suo padre Carlo, partecipa alla “prima”.

Verdi si ferma a Parma per un certo tempo dopo la data di partenza e, dopo il successo degli allestimenti di “Nabucco”, a Venezia (sono venticinque le repliche nella stagione 1842/43), contratta l’impresario de “La Fenice” per mettere in scena “I Lombardi” e per scrivere una nuova opera: “Ernani”.
Tratta dall’omonimo dramma di Victor Hugo, “Ernani” viene patteggiata da Verdi nell’estate del 1843, è musicata nell’inverno seguente su libretto di Francesco Maria Piave e viene presentata per la prima volta al pubblico veneziano il 9 marzo 1844.
La vicenda, ricca di colpi di scena e imperniata su un triplice amore, permette a Verdi di analizzare il profilo di alcuni personaggi dal punto di vista drammaturgico e di cominciare a staccarsi dall’azione influente dei grandi compositori italiani dell’inizio Ottocento: Rossini, Bellini e Donizetti.
“Ernani” consegue un ampio successo e, nel tempo di sei mesi viene replicata in altri venti teatri italiani, oltre a Vienna.

“La Scala” non viene più scelta per il debutto delle nuove opere, eccetto per “Giovanna d’Arco” perché Verdi «non perdonerà mai ai Milanesi per la ricezione di “Un giorno di regno”».

Verdi comincia a lavorare in modo più compatto con i suoi librettisti.
Incarica nuovamente Francesco Maria Piave, questa volta per “I due Foscari” (opera eseguita a Roma nel novembre 1844), e Solera per “Giovanna d’Arco” (che esordisce al Teatro “Alla Scala” nel febbraio 1845)
Nel mese di agosto, comincia a collaborare con Salvatore Cammarano per “Alzira” per il “Teatro di San Carlo” di Napoli (opera della quale cui lo stesso Verdi dirà «era proprio brutta»).

Solera e Piave lavorano insieme ad “Attila”: Solera è il librettista e Piave revisiona.
L’opera viene rappresentata al Teatro “La Fenice” di Venezia il 17 marzo 1846, ottenendo un buon successo.

Aprile 1844: Verdi ingaggia Emanuele Muzio, più giovane di lui di otto anni, come allievo e come amanuense.
Lo conosce come uno dei protetti di Barezzi fin da circa il 1828 e, in effetti, Muzio è il solo allievo di Verdi: diverrà una persona indispensabile per il musicista.
Muzio riferìsce a Barezzi che Verdi «ha una larghezza di spirito, di generosità, una saggezza» e, nel novembre 1846 gli scrive, a proposito del Maestro: «Se tu potessi vedere noi, mi sembra più come un amico, piuttosto che essere il suo allievo. Siamo sempre insieme a cena, nei caffè, quando giochiamo a carte… tutto sommato non va da nessuna parte senza di me al suo fianco, in casa abbiamo un grande tavolo e scriviamo insieme, quindi ho sempre il suo consiglio».
Muzio collabora sempre con Verdi: assiste alla preparazione delle partiture e delle trascrizioni e conduce molte delle sue opere nelle loro “prime” fuori d’Italia e negli Stati Uniti.
E’ scelto da Verdi come uno degli esecutori testamentari, ma decede prima del suo Maestro, nel 1890.

Settembre 1846: dopo una malattia, Verdi inizia “Macbeth”, opera che
dedica a Barezzi: «Ho sempre inteso a dedicare un’opera a te, come sei stato un padre, un benefattore e un amico per me. È stato un dovere che avrei adempiuto prima se le circostanze imperiose non mi avessero impedito. Ora, io mando a voi Macbeth, che io apprezzo sopra tutte le mie altre opere, e quindi la ritengo degna di dedicarla a voi».

1847: “Macbeth” viene presentata al Teatro “La Pergola” di Firenze ed è considerata “il capolavoro giovanile di Verdi”.
Il libretto di Francesco Maria Piave si ispira alla tragedia omonima di William Shakespeare, tradotta in Italiano da Giuseppe Nicolini, nel 1830.
Giudizio nel 2022: l’opera è drammatica e, da alcuni decenni è stata rivalutata; in confronto alle precedenti, è differente per l’approfondimento psicologico dei protagonisti della tragedia (Macbeth e Lady Macbeth), preannunciando la sua Trilogia Popolare che lo introduce nella sua piena maturità espressiva.

La voce della Strepponi decade a poco a poco e, tra il 1845 e il 1846, i suoi impegni diminuiscono, per cui torna a vivere a Milano.
Tiene contatti con Verdi come sua «sostenitrice, promoter, consigliera non ufficiale e segretaria occasionale» fino a quando si trasferisce a Parigi, nel mese di ottobre 1846.
Prima di lasciare Verdi gli dà una lettera attraverso la quale gli promette il suo amore.

Maggio 1847: Verdi completa “I Masnadieri” da rappresentare a Londra, tranne che per l’orchestrazione; opera che adatta a Jenny Lind, la protagonista.
22 luglio 1847: Verdi conduce la “prima” e la seconda rappresentazione al “Teatro di Sua Maestà”.
La regina Vittoria e il principe Alberto presenziano alla recita inaugurale e la maggior parte della critica è generosa.

Per i successivi due anni, Verdi abita a Parigi e, nel luglio 1847, riceve il suo primo incarico per l’ “Opéra” di Parigi di adattare “I Lombardi” ad un nuovo libretto creando “Jérusalem” con cambiamenti importanti alla musica e alla struttura del lavoro (tra cui una lunga scena di balletto) per soddisfare il pubblico parigino.
Verdi viene anche insignito dell’ “Ordine di Cavaliere della Legion d’Onore”.

Verdi tiene fede all’editore Francesco Lucca e prepara “Il corsaro”.

5 aprile 1848: Verdi torna a Milano dopo avere sentito la notizia delle “Cinque Giornate di Milano” e degli scontri in strada successi dal 18 al 22 marzo 1848: scontri che portano momentaneamente gli Austriaci fuori Milano.

Piave è ormai il “Cittadino Piave” della recente proclamata “Repubblica di San Marco”, per cui Verdi gli scrive una lettera patriottica che conclude con «Bandire ogni idea comunale meschina! Noi tutti dobbiamo tendere una mano fraterna, e l’Italia diventerà nuovamente la prima nazione del mondo… Sono ubriaco di gioia! Immagina che non ci sono più gli Austriaci qui!»

Salvatore Cammarano suggerisce l’adattamento de “La Bataille de Toulouse” di Joseph Méry (del 1828) e la “prima” è fissata per la fine di gennaio del 1849, a Roma, per cui Verdi si reca là dove l’opera, con il titolo di “La battaglia di Legnano”, è accolta con entusiasmo.
Nello spirito del tempo storico, le ultime parole dell’eroe (il tenore), sono; «Chi muore per la patria non può essere malvagio».

Verdi vuole tornare in Italia nei primi mesi del 1849, ma gli impegni di lavoro e la malattia glielo impediscono, oltre al suo crescente attaccamento alla Strepponi.
Luglio 1849: Verdi e la Strepponi lasciano Parigi a causa di un focolaio di colera, per cui Verdi va direttamente a Busseto per completare la sua opera seguente, “Luisa Miller”, per una rappresentazione a Napoli durante l’anno.

1849: rappresentazione a Napoli di “Luisa Miller”, opera importante per lo sviluppo dello stile musicale e dell’arte drammatica di Verdi; l’orchestrazione è più squisita, il recitativo più penetrante, come la dimensione psicologica della protagonista.

1850: “Stiffelio” viene rappresentata per la prima volta a Trieste e Verdi, idem, caratterizza parecchio la psicologia del personaggio centrale, ma le sue debolezze strutturali sono dovute in parte ai drastici tagli operati dalla censura austriaca, che non la lasciano imporsi al grande pubblico italiano ed europeo.
Infatti, ancora, oggi, “Stiffelio” è rappresentata raramente.
Il fallimento di “Stiffelio” spinge Verdi ad operare una rielaborazione, ma nemmeno la nuova versione, intitolata “Aroldo” (1857), riesce a soddisfare il pubblico.

 

La “trilogia popolare”:

1850: dopo gli accordi di Verdi con “La Fenice”, Piave scrive il libretto di “Rigoletto”, melodramma tratto dal dramma storico “Le Roy s’amuse” di Victor Hugo, da rappresentare nel marzo dell’anno successivo.
Si ratta della prima delle tre opere che confermano la sua fama: infatti, “Rigoletto” è seguita da “Il trovatore” e “La traviata”.

Per evitare rischi con la censura, Verdi sostituisce il personaggio del Re con quello del Duca; l’opera ottiene un grande successo in tutta Italia e in Europa e, riguardo all’orecchiabilissima aria del Duca, “La donna è mobile”, Verdi esclude l’orchestra dalle prove, facendo provare il tenore separatamente.

 

“Rigoletto” è un’opera rivoluzionaria sotto il profilo artistico drammatico e musicale: per la prima volta, al centro della vicenda di un’opera, si trova un buffone di corte, per di più deforme, personaggio molto diverso dalle grandi figure storiche, mitologiche o attraenti dei melodrammi passati; Rigoletto, effettivamente, è un emarginato sociale e l’emotività dei protagonisti viene illustrata da Verdi con grande capacità, mentre azione e musica si aiutano, nella vicenda.

Verdi e Piave sono costretti a sostenere una battaglia piuttosto dura con la censura e una società “prude e ipocrita”, dal momento che il soggetto risulta subito difficile da “vendere”, in quanto molto all’avanguardia, specialmente per la mentalità dell’Italia sotto il dominio austriaco e dell’influenza della Chiesa Cattolica.

Il titolo di “Le roi s’amuse” risulta ironico per cui deve essere cambiato e Verdi preferisce “La Maledizione”, riferendosi a quella lanciata da Vallier (nell’opera, è Monterone) ossia “la morale vista da Verdi”; titolo non condiviso da Piave a cui, però, viene data ragione da parte della censura.

Pur giudicando “immorale ed oscena trivialità” l’argomento del libretto intitolato “La Maledizione”, i censori ci ripensano e sostengono le trattative con Piave, che conosce come trattarli, mentre Verdi sostiene:
«Osservo infine che s’è evitato di fare Triboletto brutto e gobbo!!! Un gobbo che canta? Perché no!… Farà effetto? Non lo so; ma se non lo so io non lo sa, ripeto, neppure chi ha proposto questa modificazione. Io trovo appunto bellissimo rappresentare questo personaggio estremamente difforme e ridicolo, ed interamente appassionato e pieno di amore. Scelsi appunto questo soggetto per tutte queste qualità e questi tratti originali, se si tolgo, io non posso più farvi musica. Se mi si dirà che le mie note possono stare anche con questo dramma, io rispondo che non comprendo queste ragioni, e dico francamente le mie note o belle o brutte che siano non le scrivo mai a caso e che procuro sempre di darvi carattere».
Verdi ottiene vittoria verso la censura austriaca e l’opera viene rappresentata l’11 marzo 1851.

Il critico Massimo Mila, in uno dei suoi studi verdiani, afferma che il compositore, con “Rigoletto”, arriva alla «conquista dell’unità drammatica».

 

19 gennaio 1853: l’opera “Il trovatore” viene rappresentata a seguito dell’accordo con la società “Opera di Roma”, conseguendo grande successo.
Dopo avere guadagnato molto, Verdi non necessita più di commissioni di opere per vivere, per cui può permettersi di creare opere per conto proprio, senza dover dipendere da richieste di altri.
A parte “Oberto”, “Il trovatore” è la prima opera che scrive senza ricevere commissione.

L’opera, tratta dal lavoro di Antonio Garcia Gutiérrez, è popolare e affascinante; possiede grande originalità in quanto è vicenda con pochi avvenimenti, mentre il futuro della povera gente protagonista è pieno di imprevisti, la povera gente che ricorda un passato lontano che la spinge verso un destino di morte.

Opera densa delle pagine più alte scritte da Verdi, è ricca di sentimentalismo e impressioni tardo-romantiche tanto che, intorno allo stesso periodo, il musicista inizia a considerare di creare un’opera tratta da “Re Lear” di Shakespeare.

Inverno 1851-1852: Verdi e la Strepponi vanno a Parigi per concludere un accordo con l’ “Opéra” allo scopo di scrivere quella che diventerà “Les vêpres siciliennes” (“I vespri siciliani”).

 

Febbraio 1852: partecipano ad una rappresentazione de “La signora delle camelie” di Alexandre Dumas; Verdi è così impressionato che comincia a musicare “La traviata”.
La sua opera viene rappresentata a “La Fenice” di Venezia, il 6 marzo 1853, e Verdi dirà, a Muzio: «La traviata, ieri sera, fiasco. La colpa mia o dei cantanti?… Il tempo giudicherà».

Scritta di getto, come Verdi fa solitamente, “La traviata”, tratta dal lavoro di Alexandre Dumas, viene subito «tacciata d’immoralità e turpitudine», soprattutto dal pubblico stesso.
Tale pubblico, però, quello veneziano, guarda caso, è lo stesso che, il 6 maggio 1854, al Teatro “San Benedetto”, la accoglie trionfalmente e la conclusione fredda di Verdi, in una lettera al De Sanctis del 26 maggio, è: «Tutto quello che esisteva per La Fenice esiste ora pel S. Benedetto. Allora fece fiasco: ora fa furore. Concludete voi!!!»

“La traviata” racconta la storia di una cortigiana che prova il vero amore per un giovane di buona famiglia, per cui la storia viene analizzata da Verdi in tutte le sfumature verso la coscienza e le emozioni della protagonista.
Verdi riesce ad orchestrare in modo finissimo l’opera che, all’epoca non viene recepita giustamente.

La Traviata”, da alcuni critici, è considerata una vera e propria base nella creazione del dramma benestante e benpensante degli ultimi decenni dell’Ottocento, base che influenzerà Puccini e gli autori veristi suoi contemporanei della Giovane Scuola Ialiana.

“Con “La traviata” si conclude un periodo frenetico della vita di Verdi: i famosi anni di galera” e, dopo questi, può dedicarsi con calma e riflessione a tutte le opere che seguiranno.

Fra parentesi, sembra giusto citare che, a qualcuno che chiede a Rossini che cosa ne pensi dell’opera, il grande musicista pesarese, risponde: “Un grande valzer”.

Secondo il critico Massio Mila, adesso, all’alba dei quarant’anni, termina la “giovinezza di Verdi” che, al massimo delle proprie capacità e reduce da questo lungo e faticoso “tirocinio”, sempre secondo Mila, il musicista si può avviare verso una “seconda perfezione”.

 

Palazzo Orlandi a Busseto:

Le questioni famigliari che preoccupano Verdi, in questo periodo, sono dovute al modo particolare di come i cittadini bussetani trattano Giuseppina Strepponi: non moglie, ma convivente a Palazzo Orlandi.
Oltre a ciò, Verdi è preoccupato per l’amministrazione dei suoi beni e in particolar modo del nuovo acquisto a Sant’Agata.
Inoltre, il distacco che aumenta tra Verdi e i suoi genitori potrebbe essere a causa della relazione con la Strepponi e, la tensione nell’aprile 1851, fa sì che i genitori di Verdi lascino Sant’Agata.
Verdi trova loro una nuova casa e li aiuta finanziariamente a stabilirsi là.

Verdi e la Strepponi si trasferiscono a Sant’Agata il 1º maggio 1851.

 

1853-1860: Sant’Agata:

1853-1871: il successo di Verdi è solido, ma riduce di molto il suo lavoro, occupandosi della sua attività di proprietario terriero nella regione di nascita.

Nei suoi primi undici anni di lavoro musicale, compone sedici opere ma, nei seguenti diciotto, scrive solo sei opere: “Les vêpres siciliennes”, “Simon Boccanegra”, “Un ballo in maschera”, “La forza del destino”, “Don Carlos” e “Aida”.

Con la “trilogia popolare”, Verdi diventa il più celebre musicista del suo tempo.
Eugène Scribe, a quel tempo librettista dell’ “Opéra” di Parigi, propone al compositore un testo in francese per un’opera da rappresentare nella Ville Lumière.
Verdi accetta subito e nasce “Les vêpres siciliennes” (Grand-Opéra rappresentato nel 1855), opera validissima musicalmente, ma non sembra molto persuasiva drammaturgicamente e che, comunque, a mezzo della versione italiana “I vespri siciliani” (Parma, 1855), nel Secondo Dopoguerra Mondiale, ottiene maggiore successo sotto alcuni fra i più famosi Direttori d’Orchestra e interpreti della Lirica internazionale (celebre la rappresentazione scaligera di Victor de Sabata-Callas del 1951).

 

La villa di Verdi a Sant’Agata:

Desiderando ritornare alla vita di campagna, nel maggio 1848, Verdi compera dai signori Merli la tenuta di Sant’Agata, una frazione di Villanova sull’Arda in provincia di Piacenza, dove diventa anche consigliere comunale.
Con forte impegno ed energia, segue in prima persona le attività della fattoria e,
In una lettera alla Contessa Maffei, scrive: «Non sto facendo nulla. Non leggo. Non scrivo. Cammino nei campi dalla mattina alla sera, cercando di recuperare…, finora senza successo, dai problemi di stomaco che mi ha causato I vespri siciliani. Maledette opere».
Verdi è esperto di pioppicoltura, di allevamento di cavalli, di irrigazione dei campi, di enologia e si tiene al corrente delle ultime novità come, ad esempio, la coltivzione di cachi che, in Italia, è appena iniziata: cosa della quale Verdi si mostra subito entusiasta, auspicandone la diffusione su tutto il territorio nazionale.

31 agosto 1857: la Repubblica di San Marino conferisce a Verdi il titolo di Patrizio Sanmarinese.

Nella seconda metà degli Anni Cinquanta dell’Ottocento, Verdi può comporre senza fretta, e nota che l’intero mondo musicale sta cambiando lentamente: l’esempio è dato da “Simon Boccanegra”, rappresentato a Venezia nel 1857, che non piace perché il dramma politico non possiede i particolari sentimentali che appassionavano nel tempo passato.

Inizio gennaio 1858: Verdi e la Strepponi vanno a Napoli per lavorare con Antonio Somma librettista dell’opera “Gustave III, ou Le Bal masqué”, tratto a sua volta da quello di Eugène Scribe per Daniel Auber che, l’anno dopo, diventa “Un ballo in maschera”.
La censura napoletana rifiuta l’assassinio di un Capo di Stato e l’adulterio di Amelia, ma la cosa si risolve, e l’opera viene presentata al Teatro “Apollo” di Roma cambiando il titolo in “Un ballo in maschera” con grande successo per una musica e un dramma raffinato, dallo stile elegante.

In questo periodo Verdi inizia a chiamare la Strepponi «mia moglie», mentre lei si firma Giuseppina Verdi.

Marzo 1859: Tornati a Sant’Agata, Verdi e la Strepponi trovano la vicina città di Piacenza occupata da circa 6 000 soldati austriaci stanziati per contrastare l’unificazione dell’Italia. Nella successiva Seconda Guerra di Indipendenza Italiana, gli Austriaci lasciano la regione e la Lombardia, ma mantengono il controllo della regione di Venezia, secondo l’Armistizio di Villafranca.
Verdi è fortemente dispiaciuto per la mancata annessione del Veneto.

29 agosto 1859: Verdi e Strepponi si sposano in Piemonte, presso il villaggio di Collonges-sous-Salève.
La cerimonia celebrata in assoluta segretezza ha, come testimoni, il cocchiere che li ha portati lì e il campanaro della chiesa.
Dopo il ritorno a Sant’Agata, Verdi inizia i lavori di ristrutturazione della sua residenza, lavori che si protraggono per diversi anni.
Fa realizzare una stanza quadrata che diventerà la sua stanza da lavoro, la sua camera da letto e il suo ufficio.

 

1860-1887: da “La forza del destino” ad “Otello”.

Verdi, in Russia:

Dicembre 1860: il “Teatro Imperiale” di San Pietroburgo offre a Verdi un compenso di 60.000 franchi, oltre a tutte le altre spese, per la realizzazione di un’opera.
Verdi pensa a “Don Alvaro o La fuerza del sino”, lavoro dello scrittore spagnolo Ángel de Saavedra e lo adatta all’opera “La forza del destino” che comprende particolari comici e tragici, affidando a Piave la stesura del libretto.

L’opera possiede un certo vigore musicale anche se, in alcuni punti, appare meno compatta, meno unitaria della precedente, sotto il profilo teatrale.
Dicembre 1861: Verdi arriva a San Pietroburgo, per la “prima”, ma problemi con la compagnia di canto ne provocarono il rinvio.

24 febbraio 1862: al ritorno dalla Russia, Verdi è a Parigi, dove incontra lo scrittore Arrigo Boito e il Direttore d’Orchestra Franco Faccio.
Essendo invitato a scrivere un brano musicale per la Grande Esposizione di Londra del 1862, Verdi sceglie Boito per la scrittura del testo che diventerà l’ “Inno delle Nazioni”.
10 novembre 1862: a San Pietroburgo, la “prima” de “La forza del destino” va in scena con grande successo e Verdi è insignito dell’ “Ordine di San Stanislao”.

Parigi, 1865: la ripresa di “Macbeth” non consegue pieno successo, ma fa commissionare a Verdi una nuova opera, “Don Carlos”, opera basata sul dramma omonimo di Friedrich Schiller.
Sull’opera vengono dati giudizi diversi: il critico Théophile Gautier elogia il lavoro, il compositore Georges Bizet resta deluso dal nuovo stile di Verdi, sostenendo: «Verdi non è più l’italiano. Sta seguendo Wagner».
E’ risaputo, comunque, che il Grand-Opéra “Don Carlos”, è considerato < uno dei grandi capolavori di Verdi che riesce a scavare profondamente nella psicologia dei protagonisti, attraverso una potente descrizione del dramma umano e politico che ha sconvolto la Spagna nella seconda metà del XVI secolo e che “ruota attorno alla logica spietata della ragion di stato”>.

1860-1870: Verdi ha molta attenzione verso la sua tenuta vicino a Busseto, acquisendo ulteriore terreno e migliorando gli impianti, affrontando raccolti variabili e crisi economiche.

1867: muoiono suo padre Carlo (dopo del tempo che sono stati restaurati buoni rapporti) e il suo mecenate Antonio Barezzi.
Verdi e Giuseppina adottano, come figlia propria, la pronipote di Carlo, Maria Filomena Verdi, di sette anni.

La massima maturazione umana e artistica del Verdi culmina con “Aida”, andata in scena a “Il Cairo” il 24 dicembre 1871.
1869: il Kedivè d’Egitto insiste con Verdi per fargli comporre un Inno per l’Inaugurazione del Canale di Suez e l’opera è il risultato finale dei contatti con Verdi.
Camille du Locle scrive in lingua francese il libretto di “Aida”, traendolo da uno scenario concepito dall’Egittologo Auguste Mariette, e modificato in versi italiani da Antonio Ghislanzoni.
Verdi confessa di non aver mai ammirato la civiltà dell’Antico Egitto, ma succede che gli viene offerta la somma di 150.000 franchi per “Aida”, opera che costituisce un ulteriore, grande passo in avanti verso la modernità.

E’ importante ricordare che, dopo la prima esecuzione di “Aida”, opera con innovazioni musicali, la prima opera wagneriana ad essere rappresentata in Italia, precisamente a Bologna, è la wagneriana “Lohengrin”: ciò accade quando Verdi è già a conoscenza di innovazioni musicali di Wagner, verso il quale – inizialmente – non nutre molta stima.

Verdi passa parecchio tempo dei due anni seguenti a sovrintendere alle produzioni italiane di “Aida” a Milano, Parma e Napoli e, durante le prove per la produzione npoletana, scrive il suo “Quartetto in mi minore per archi”, l’unica musica da camera da lui scritta fatta eseguire privatamente nel suo appartamento.

1869: la composizione di una sezione per una “Messa da Requiem” in memoria di Gioachino Rossini viene chiesta a Verdi che completa il lavoro ma che sospende per cinque anni dopodiché, ripreso, serve per il “Requiem” in memoria di Alessandro Manzoni.
22 maggio 1874: la prima esecuzione viene tenuta nella Chiesa di “San Marco” di Milano, in occasione dell’anniversario della morte del celebre scrittore.

Il soprano lirico-drammatico Teresa Stolz, nel febbraio 1872, a “La Scala” di Milano, canta “Aida” in anteprima europea e instaura un rapporto personale con Verdi (la cui esatta natura è stata oggetto di supposizioni, mai ben dimostrate), suscitando l’inquietudine iniziale di Giuseppina Verdi.
Però, le due donne si riconciliano e la Stolz rimane in buoni rapporti fino alla morte di Verdi.

1875: Verdi dirige il suo “Requiem” a Parigi, Londra e Vienna e, nel 1876, a Colonia.
Nonostante i più ritengano che quella sia la sua ultima opera, segretamente, nel
1879: Boito gli propone privatamente “Otello e Verdi inizia il lavoro.
Revisiona “Simon Boccanegra” e “Don Carlos”, per cui la composizione di “Otello” viene ritardata.
“Otello” debutta trionfalmente a “La Scala” il 5 febbraio del 1887 e diventa opera disputata da molti teatri.

 

1887-1901: “Falstaff” e gli ultimi anni:

“Le allegre comari di Windsor” e le “parti prima e seconda” da “Enrico I” di Shakespeare come materiale aggiuntivo, ispirano a Boito il libretto di “Falstaff”.
Boito spicca nella “Scapigliatura”, filiazione italiana del “Movimento Artistico Bohèmien”.

Intorno ai primi di luglio 1889: Verdi riceve la bozza e l’apprezza, ma nutre molti dubbi sulla possibilità di completare la cosa: l’età, la salute e la morte di amicizie a lui vicine lo gettano in uno stato di depressione però, si fa coraggio e, a fasi alterne, realizza “Falstaff” che viene rappresentata al Teatro “Alla Scala” il 9 febbraio 1893, conseguendo enorme successo.
Infatti, i bis richiesti sono numerosi e, al termine, gli applausi per Verdi e il cast durano un’ora, oltre a verificarsi un benvenuto impetuoso quando il compositore, sua moglie e Boito arrivano al Grand Hotel de Milan.
Per la prima rappresentazione, i prezzi ufficiali dei biglietti hanno un valore trenta volte più alti del solito e sono presenti la famiglia reale, l’aristocrazia, i critici e i protagonisti del mondo della cultura.
Con “Falstaff”, dimostra un’energia creativa sbalorditiva, prova la sua efficienza artistica e la sua mentalità aperta alla modernità.
“Falstaff”, opera sempre amata dal musicista, influisce decisivamente sui giovani operisti, come Puccini.

Gli ultimi anni di Verdi lo vedono intraprendere iniziative filantropiche:
. 1894: pubblica una musica per le vittime del terremoto in Sicilia e,
. dal 1895 in poi, programma e sovraintende la costruzione di una Casa di Riposo per Musicisti in pensione, a Milano (in Piazza Buonarroti) e di un ospedale a Villanova sull’Arda, vicino a Busseto.

Gli anni seguenti, Verdi li trascorre tra Sant’Agata e Milano: ha perso gli ultimi amici di gioventù, fra cui Andrea Maffei e sua moglie Clara, Tito I Ricordi ed Emanuele Muzio.

14 novembre 1897: la moglie Giuseppina muore a seguito di una polmonite.

1898: Verdi pubblica l’ultima composizione importante; si tratta del gruppo corale dei “Quattro pezzi sacri”.
1900: Verdi fortemente scombussolato per l’assassinio del Re Umberto I di Savoia, abbozza una poesia in suo ricordo, ma non riesce a completarla.

21 gennaio 1901: durante la permanenza presso il “Grand Hotel et de Milan”, a Milano, Verdi viene colpito da ictus cerebrale.
Si indebolisce a poco a poco fino a spegnersi alle ore 2,50 del 27 gennaio, all’età di 87 anni, assistito dalla figlia adottiva insieme al soprano Teresa Stolz.

 

Esequie di stato del compositore:

La tomba di Verdi:

All’inizio, Verdi viene tumulato con cerimonia privata nel Cimitero Monumentale di Milano ma, un mese dopo, il suo corpo viene traslato nella cripta della Casa di Riposo e, in tale occasione, 820 cantanti eseguono il coro “Va, pensiero” dall’opera “Nabucco” sotto la direzione di Arturo Toscanini.
Sembra che la folla immensa presente sia composta da 300.000 persone.

In tutta Italia, si svolgono cerimonie per commemorare la morte del “Grande Vecchio”, ed è molto eloquente quella tenuta alla presenza del Duca di Genova, nel “Teatro Greco” di Siracusa.
Una cartolina commemorativa viene stampata in occasione della dolorosa circostanza, mentre Pascoli e D’Annunzio scrivono poeticamente, in suo ricordo: al Museo Verdiano di Busseto è conservata la prima stesura del manoscritto originale dell’ode “In morte di Giuseppe Verdi” (1901) di Gabriele D’Annunzio.

In ricordo di Verdi, Boito scrivendo ad un amico, usa parole che richiamano la misteriosa scena finale di Don Carlos: «[Verdi] riposa come un Re di Spagna nel suo Escurial, sotto una lastra di bronzo che lo copre completamente».

Battuto al computer da Lauretta

 

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Notizie sul Verdi non operistico:

Verdi compone anche musica sacra e strumentale, destinata per lo più alla locale Società “Filarmonica” (1836-1839), compreso un “Tantum ergo”, che il compositore, nella propria maturità, giudica severamente.
Dopo “Oberto, Conte di San Bonifacio” (del 1839), per più di vent’anni, tralascia quasi del tutto i generi non operistici, nonostante scriva musica da camera, fra cui alcune romanze per voce e pianoforte.

1862: per l’ “Esposizione Universale” di Londra, compone l’ “Inno delle Nazioni” su testo di Arrigo Boito.

1868: per la morte di Rossini, Verdi propone a undici compositori italiani un “Requiem”, mai terminato, come omaggio collettivo al compositore di Pesaro e, per sé, riserva l’ultimo brano, il “Libera me, Domine” che, con alcuni cambiamenti, recupera per il suo “Requiem”; per cui, nella Chiesa di San Marco, a Milano, il 22 maggio 1874, viene eseguita la “Messa di Requiem” per la morte di Alessandro Manzoni.

Verdi compone anche un “Pater noster” su testo di Dante (in Volgare), pubblicato nel 1880 e diretto per la prima volta da Franco Faccio al Teatro “Alla Scala”, oltre a “Quattro pezzi sacri: Ave Maria, Stabat Mater, Laudi alla Vergine e Te Deum”, composti nella tarda maturità e pubblicati nel 1898.

Ma è, soprattutto, nel periodo giovanile che Verdi scrive musica da camera, fra cui troviamo le “Sei romanze” (del 1838), l’ “Album di sei romanze (del 1845) per voce e pianoforte” e il “Quartetto per archi in mi minore” (del 1873).

1859: compone il “Valzer in fa maggiore per pianoforte” che sarà orchestrato da Nino Rota per la colonna sonora del film “Il Gattopardo”.

 

Verdi e la politica:

1859: Verdi ha raggiunto una certa fama e una certa prosperità economica, dopodiché comincia ad interessarsi attivamente alla politica italiana, impegnandosi per il movimento risorgimentale, mentre amenta sempre più l’ «identificazione della musica di Verdi con la politica nazionalista italiana».
1848: Giuseppe Mazzini, il capofila nazionalista che incontra Verdi a Londra l’anno prima, gli chiede di scrivere un inno patriottico ma, secondo lo storico operistico Charles Osborne, “La battaglia di Legnano” del 1849 è «un’opera con uno scopo» e sostiene che «mentre le parti delle precedenti opere di Verdi erano state spesso riprese dai combattenti del Risorgimento…questa volta il compositore aveva dato al movimento una propria opera».

Circoscritto inizialmente solo a Napoli fino al 1859, e poi diffusosi
In tutta Italia, si espande lo slogan “Viva Verdi”, utilizzato come un acronimo per “Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia” (Viva Vittorio Emanuele II Re d’Italia, al tempo, Re di Sardegna).
1861: è creata l’unificazione d’Italia e molte delle prime opere di Verdi vengono re-interpretate psicologicamente come dimostrazione della presenza di messaggi rivoluzionari nascosti.

1859: elezione di Verdi a membro del nuovo Consiglio Provinciale e nominato a Capo di un gruppo di cinque persone che dovrebbero incontrare il Re Vittorio Emanuele II, a Torino.
Lungo il percorso vengono accolte entusiasticamente e, a Torino, Verdi riceve grandi segni di popolarità.

17 ottobre: Verdi incontra Cavour, il grande “Maestro” politico e, nello stesso anno, il Governo dell’Emilia viene ricondotto sotto le Province Unite del Centro Italia; di conseguenza, la vita politica di Verdi viene temporaneamente sospesa.

1860: pur restando Nazionalista, rifiuta la carica di Membro del Consiglio Provinciale, ma Cavour insiste per averlo come candidato alla Camera del Primo Parlamento del Regno d’Italia (1861-1865), considerando positiva l’elezione di un uomo della statura di Verdi per una carica politica necessaria al rafforzamento per il futuro dell’Italia.
3 febbraio 1861: Verdi viene eletto Deputato nel Collegio di Borgo San Donnino (oggi, Fidenza) al ballottaggio (qualche tempo dopo, il musicista confida a Piave: «Ho accettato a condizione che dopo un paio di mesi mi potessi dimettere»).
Eletto al Parlamento del Regno di Sardegna (dal marzo 1861, Parlamento del Regno d’Italia), dopo la morte di Cavour (nel 1861), tale ufficio Verdi lo frequenta poco.
1874: Verdi è nominato Membro del Senato Italiano, ma non partecipa mai ai suoi lavori.

 

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Personalità:

Verdi non è solamente un uomo tranquillo di campagna-grande genio, contadino, schietto, integerrimo e con rara onestà intellettuale, ma anche patriota ardente che siede come deputato nel Primo Parlamento dell’Italia Unita.
Oltre a ciò, Verdi è un operista attento alle grandi correnti di pensiero che attraversano l’Italia e l’Europa dell’epoca, che sa mettersi in gioco ma che si rende conto anche del proprio valore.

È un essere molto riservato che risente molto di eventuali indagini sui suoi fatti personali: per Verdi, i giornalisti, gli aspiranti biografi, i suoi vicini di Busseto e il pubblico operistico in generale, sono persone invadenti, per cui si difende sempre dalle loro attenzioni indiscrete.

Religiosamente, è anticlericale per natura ma, nei suoi primi anni, fa erigere una cappella a Sant’Agata (probabilmente più per motivi sociali, piuttosto che per fede religiosa), ma non la frequenta molto.
Nel 1871, la Strepponi scrive: «Non voglio dire che Verdi sia un ateo, ma non è molto più di un credente».

Verdi è appassionato d’Arte e, ogni volta che si reca a Roma o a Firenze, visita (seppur brevemente, il Vaticano, gli Uffizi e altre pinacoteche.
Legge e apprezza i canti della Bibbia, i drammi di Shakespeare e le poesie di Ludovico Ariosto.
Nella sua casa colleziona pitture e sculture pregevoli, quasi sempre commissionate ad artisti conoscenti.

Non tutti sanno che Verdi, orgoglioso della propria estrazione contadina, è anche uomo colto e fine osservatore della realtà e dell’ambiente che lo circondano, oltre ad essere personaggio inquieto e protagonista carismatico della sua epoca.

 

Stile e critica:

Verdi è compositore aggiornatissimo, sempre alla ricerca di nuovi elementi che ispirino le sue opere, e frequentatore della capitale artistica dell’Europa del tempo: Parigi.
Infatti, il suo primo viaggio nella “Ville Lumière” lo effettua nel 1847, l’ultimo, nel 1894, in occasione della messa in scena di “Otello” che segue personalmente.

Meticoloso e dotato di un’eccezionale sensibilità drammaturgica affinata attraverso gli anni, per tutta la sua Verdi sperimenta verso traguardi sempre più alti, essendo dotato di un senso critico fuori del comune che gli permette di andare incontro ai gusti di un pubblico sempre più esigente, pur senza mai rinunciare alle proprie convinzioni umane e artistiche.

 

Vita artistica di Verdi:

La vita artistica di Verdi viene divisa in “periodi”: primo periodo, periodo di mezzo, periodo tardo.

. Primo periodo:

È risaputo che, agli inizi della sua carriera, Verdi scrive musica per la Società “Filarmonica” di Busseto (musica vocale, musica per banda e musica da camera, un’ouverture alternativa per “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini), musica in gran parte andata persa.

Le opere verdiane del primo periodo mostrano poca strutturazione, l’orchestrazione semplice o basica, e il musicologo Richard Taruskin suggerisce che «l’effetto più evidente delle prime opere verdiane, e uno dei più evidenti alleati dello stato d’animo del Risorgimento, è stato il grande numero di canti corali, rozzi o sublimi, secondo l’orecchio di chi ascolta, all’unisono».

Il famoso coro “Va, pensiero” di Nabucco (che Rossini indica come “una grande aria cantata da soprani, contralti, tenori e bassi”) è stato replicato similmente ne “I Lombardi” e in “Ernani” (qui, è l’inno di battaglia dei cospiratori in cerca di libertà).

Ne “I due Foscari”, Verdi utilizza temi ricorrenti identificati con i personaggi principali e, da questo momento, Verdi sviluppa anche il suo istinto per il “colore”.

Per quanto riguarda “Macbeth”, nella “scena del pugnale” e nel duetto in seguito all’assassinio di Duncan, le forme oltrepassano il “Codice Rossini” e spingono il dramma in modo convincente.

Per Verdi, il colore è il filo che assiema tutte le parti, fattore essenziale nelle sue opere.

. Periodo di mezzo:

In questo periodo, due fattori influenzano le composizioni di Verdi:
. L’aumento della propria reputazione e della sicurezza finanziaria gli consentono di scegliere i propri soggetti e di svilupparli secondo le proprie idee, in maggior tempo.
. Il cambiamento della situazione politica che incide sulla sua produzione: il fallimento delle rivoluzioni del 1848 diminuisce l’enfasi risorgimentale e porta ad un considerevole aumento della censura teatrale.
Per cui, Verdi incentra le trame preferibilmente sui rapporti personali e su una efficace riduzione delle parti corali.

. Periodo tardo:

Secondo Chusid, la Strepponi definisce le opere composte tra il 1860 e il 1870 come “moderne”, a differenza di Verdi che classifica quelle posteriori al 1850 come “opere cavatina”, dimostrando che lo stesso «Verdi era sempre più insoddisfatto con le vecchie convenzioni dei suoi predecessori, che aveva adottato fin dall’inizio della sua carriera».

Le composizioni di questo periodo sono differenti da quelle passate per la grande precisione verso le orchestrazioni, molto più vigorose ed ariose rispetto a quelle delle opere degli anni passati, però “Aida” è un ritorno alle opere precedenti: la trama è riferita all’amore, all’eroismo e la musica è volta all’impressione e alla grandiosità.
Però, Verdi raggiunge un effetto straordinario e stupefacente utilizzando la “Marcia trionfale”, con lunghe trombe, del tipo delle trombe egizie o delle buccine ricostruite espressamente per l’occasione.
E’ importante citare che < Quando il compositore Ferdinand Hiller chiese a Verdi se preferisse Aida o Don Carlos, Verdi rispose che “Aida” era “più mordente e (se mi passate la parola) più teatrale” >.

 

Ultimi lavori:

1887: più di 15 anni dopo “Aida”, le opere di Richard Wagner risultano penetrate nel gusto popolare e molti aspetti wagneriani si notano nelle ultime composizioni di Verdi.
Quando “Otello” di Verdi va in scena, in tale lavoro si nota, molta originalità: la potente tempesta che apre l’opera in medias res, il ricordo nel duetto d’amore che chiude il primo atto , l’armonia fantasiosa in “Era la notte” di Iago (Atto II).

Sei anni dopo, “Falstaff” è l’unica commedia di Verdi dopo la sfortunata “Un giorno di regno”.
Secondo Roger Parker: “l’ascoltatore viene bombardato da una splendida varietà di ritmi, tessiture orchestrali, motivi melodici e strutture armoniche.”

 

Eredità:

Monumenti e rappresentazioni cinematografiche e teatrali su Verdi:

Tre Conservatori italiani (Conservatorio di Milano, di Torino e di Como) sono stati intitolati a Verdi, come anche alcuni teatri italiani.
A Parma si trova il monumento a Giuseppe Verdi.

Vicino al Teatro “Giuseppe Verdi” di Busseto, si trova la statua del compositore realizzata da Luigi Secchi; si tratta solo di una delle tante statue a lui dedicate che esistono in Italia.

1906: Pasquale Civiletti scolpisce il “Giuseppe Verdi Monument” che si trova in Verdi Square, a Manhattan, New York, monumento scolpito nel marmo e comprendente la statua che raffigura Verdi insieme ai personaggi – scolpiti a grandezza naturale – di quattro delle sue opere (Aida, Otello, Falstaff e Leonora da “Il trovatore”).

 

Verdi e il cinema:

Film biografici, più o meno liberamente tratti dalla vita di Giuseppe Verdi:

. Giuseppe Verdi nella vita e nella gloria (1913) – film diretto da Giuseppe De Liguoro
. Giuseppe Verdi (1938) – film diretto da Carmine Gallone
. Giuseppe Verdi (1953) – film diretto da Raffaello Matarazzo
. Giuseppe Verdi (1963) – sceneggiato televisivo diretto da Mario Ferrero
. Verdi (1982) – sceneggiato televisivo diretto da Renato Castellani
. Giuseppe Verdi (2000) – documentario di Francesco Barilli

2001: per onorare il Centenario dalla morte di Verdi, l’impresario teatrale americano Peter Klein produce lo spettacolo “Viva Verdi!” coadiuvato da Patricia Murray-Bett, spettacolo che viene presentato nel Regno Unito ed Irlanda con musiche tratte dalle opere Nabucco, Rigoletto, Il Trovatore, …

2011: Lorenzo Ferrero compone l’opera “Risorgimento!” in occasione del 150º anniversario dell’unificazione italiana, lavoro in cui Verdi è uno dei personaggi.

 

Musei dedicati a Giuseppe Verdi:

Nelle zone in cui Giuseppe Verdi è vissuto, si trovano alcuni musei a lui dedicati: la Casa Natale a Roncole Verdi, il Museo di Casa Barezzi nel centro di Busseto, il “Museo Nazionale Giuseppe Verdi” di Villa Pallavicino alle porte della città, la “Villa Verdi” a Sant’Agata e il Museo di “Casa Verdi” a Milano.

 

Verdi nel ventunesimo secolo: notizie.

Le opere di Verdi vengono spesso messe in scena in tutto il mondo e, secondo Operabase, nella stagione 2013-2014 “La traviata” è stata l’opera più eseguita (659 spettacoli).
Tutte le opere verdiane sono disponibili in diverse registrazioni e su DVD.

La musica di Verdi richiama interessi culturali e politici, ed estratti dal “Requiem” presenziano alla cerimonia commemorativa di Diana, Principessa del Galles.

17 marzo 2011: al Teatro dell’ “Opera” di Roma, durante una rappesentazione di “Nabucco” per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, il direttore d’orchestra Riccardo Muti – in una pausa, dopo il celebre coro “Va, pensiero” – si rivolge al pubblico (e al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi) per lamentarsi dei tagli ai finanziamenti statali della Cultura; il pubblico si unisce e ripete cantando con il coro.

2013: il bicentenario della sua nascita viene celebrato con tantissime manifestazioni in molte parti del Mondo.

 

Opere liriche:

. Oberto, Conte di San Bonifacio (Teatro alla Scala di Milano, 17 novembre 1839) – Dramma in due atti di Temistocle Solera
. Un giorno di regno (Teatro alla Scala di Milano, 5 settembre 1840) – Melodramma giocoso in due atti di Felice Romani
. Nabucco (Teatro alla Scala di Milano, 9 marzo 1842) – Dramma lirico in quattro parti di Temistocle Solera
. I Lombardi alla prima crociata (Teatro alla Scala di Milano, 11 febbraio 1843) – Dramma lirico in quattro atti di Temistocle Solera
. Ernani (Teatro La Fenice di Venezia, 9 marzo 1844) – Dramma lirico in quattro parti di Francesco Maria Piave
. I due Foscari (Teatro Argentina di Roma, 3 novembre 1844) – Tragedia lirica in tre atti di Francesco Maria Piave
. Giovanna d’Arco (Teatro alla Scala di Milano, 15 febbraio 1845) – Dramma lirico in un prologo e tre atti di Temistocle Solera
. Alzira (Teatro San Carlo di Napoli, 12 agosto 1845) – Tragedia lirica in un prologo e due atti di Salvadore Cammarano
. Attila (Teatro La Fenice di Venezia, 17 marzo 1846) – Dramma lirico in un prologo e tre atti di Temistocle Solera
. Macbeth (Teatro La Pergola di Firenze, 14 marzo 1847) – Melodramma in quattro atti di Francesco Maria Piave, con interventi di Andrea Maffei; seconda versione (Théâtre Lyrique di Parigi, 21 aprile 1865)
. I masnadieri (Her Majesty’s Theatre di Londra, 22 luglio 1847) – Melodramma tragico in quattro parti di Andrea Maffei
. Jérusalem (Teatro de l’Opéra di Parigi, 26 novembre 1847) – Grand opéra in quattro atti di Alphonse Royer e Gustave Vaëz, rifacimento de I Lombardi alla prima crociata
. Il corsaro (Teatro Grande di Trieste, 25 ottobre 1848) – Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
. La battaglia di Legnano (Teatro Argentina di Roma, 27 gennaio 1849) – Tragedia lirica in quattro atti di Salvadore Cammarano
. Luisa Miller (Teatro San Carlo di Napoli, 8 dicembre 1849) – Melodramma tragico in tre atti di Salvadore Cammarano
. Stiffelio (Teatro Grande di Trieste, 16 novembre 1850) – Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
. Rigoletto (Teatro La Fenice di Venezia, 11 marzo 1851) – Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
. Il trovatore (Teatro Apollo di Roma, 19 gennaio 1853) – Dramma in quattro parti di Salvadore Cammarano, con aggiunte di Leone Emanuele Bardare
. La traviata (Teatro La Fenice di Venezia, 6 marzo 1853) – Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
. Les vêpres siciliennes (Teatro dell’Opéra di Parigi, 13 giugno 1855) – Grand opéra in cinque atti di Eugène Scribe e Charles Duveyrier
. Simon Boccanegra (Teatro La Fenice di Venezia, 12 marzo 1857) – Melodramma in un prologo e tre atti di Francesco Maria Piave, con interventi di Giuseppe Montanelli; seconda versione, su libretto rivisto e ampliato da Arrigo Boito (Teatro alla Scala di Milano, 24 marzo 1881)
. Aroldo (Teatro Nuovo di Rimini, 16 agosto 1857) – Melodramma in quattro atti di Francesco Maria Piave, rifacimento di Stiffelio
. Un ballo in maschera (Teatro Apollo di Roma, 17 febbraio 1859) – Melodramma in tre atti di Antonio Somma
. La forza del destino (Teatro Imperiale di San Pietroburgo, 10 novembre 1862) – Opera in quattro atti di Francesco Maria Piave; seconda versione, su libretto rivisto e ampliato da Antonio Ghislanzoni (Teatro alla Scala di Milano, 27 febbraio 1869)
. Don Carlos (Teatro de l’Opéra di Parigi, 11 marzo 1867) – Grand opéra in cinque atti di Joseph Méry e Camille du Locle; versione italiana in 4 atti (Teatro alla Scala di Milano, 10 gennaio 1884)
. Aida (Teatro dell’ Opera del Cairo, 24 dicembre 1871) – Opera in quattro atti di Antonio Ghislanzoni
. Otello (Teatro alla Scala di Milano, 5 febbraio 1887) – Dramma lirico in quattro atti di Arrigo Boito
. Falstaff (Teatro alla Scala di Milano, 9 febbraio 1893) – Commedia lirica in tre atti di Arrigo Boito

 

Onorificenze:

– Onorificenze italiane:

. Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
— 1887
. Cavaliere dell’Ordine Civile di Savoia – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine Civile di Savoia
— 1869
. Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine della Corona d’Italia – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine della Corona d’Italia
— 1887

– Onorificenze straniere:

. Cavaliere di III classe dell’Ordine di Medjidié – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di III classe dell’Ordine di Medjidié
— 1869
. Commendatore dell’Ordine Imperiale di Francesco Giuseppe – nastrino per uniforme ordinaria Commendatore dell’Ordine Imperiale di Francesco Giuseppe
— 1869
. Cavaliere di Gran Croce della Legion d’onore – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce della Legion d’onore
— 1894
. Cavaliere della Legion d’Onore – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere della Legion d’Onore
— agosto 1852
. Cavaliere dell’Ordine di San Stanislao – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine di San Stanislao
— San Pietroburgo, novembre 1862
. Cavaliere dell’Ordine Pour le Mérite (classe di pace) – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine Pour le Mérite (classe di pace)
— 1887

 

Altro:

. Cittadinanza onoraria di Parma con medaglia d’oro (5 aprile 1872), per mano del sindaco Alfonso Cavagnar

. A Verdi è intitolato il cratere Verdi su Mercurio.

. Dal 1962 al 1969 e dal 1969 al 1981 la Banca d’Italia ha emesso due banconote da 1.000 lire con l’immagine del compositore.

 

Strumenti:

Suona un pianoforte di Anton Tomaschek.
Giuseppe Verdi ama anche i pianoforti di Johann Fritz e utilizza il pianoforte viennese Fritz a 6 pedali dai tempi di “Rigoletto” (nel 1851), fino ad “Aida” (nel 1871).
Questo pianoforte si grova a Villa Verdi, villa del compositore in Provincia di Piacenza (a Sant’Agata), in Italia.
Nel 1857, per l’inaugurazione del Teatro “A. Galli” di Rimini, Verdi suona un pianoforte a coda di Joseph Danckh.

 

Battuto al computer da Lauretta

 

Ritratto di Giuseppe Verdi, Giovanni Boldini:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Verdi_by_Giovanni_Boldini.jpg

File:Verdi by Giovanni Boldini.jpg

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AIDA, “MARCIA TRIONFALE” e “DANZA”:

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NABUCCO, SINFONIA:

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NABUCCO, Coro “VA’, PENSIERO”:

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I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA, Coro “O SIGNORE DAL TETTO NATIO”:

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I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA, “LA MIA LETIZIA INFONDERE”:

 

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GIOVANNA D’ARCO, SINFONIA:

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RIGOLETTO, “SI’, TREMENDA VENDETTA”:

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IL TROVATORE, “Coro “CHI DEL GITANO”:

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IL TROVATORE, “DI QUELLA PIRA”:

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LA TRAVIATA, “BRINDISI”:

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I VESPRI SICILIANI, SINFONIA:

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UN BALLO IN MASCHERA, “PRELUDIO ALL’ATTO I”:

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LA FORZA DEL DESTINO, SINFONIA:

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LA FORZA DEL DESTINO, “LA VERGINE DEGLI ANGELI”:

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DON CARLO, Coro “NEI GIARDIN”: https://youtu.be/dnW7kk6sXnU

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OTELLO, “ESULTATE!”:

 

 

MARCO TUTINO

Marco Tutino nasce a Milano il 30 maggio 1954.

E’ un compositore italiano.

In Italia, i teatri che eseguono le sue opere sono il Teatro “Alla Scala” di Milano, il “Teatro dell’ Opera” di Roma, il Teatro “Massimo” di Palermo, il Teatro “Comunale” di Bologna.

All’Estero,  le sue opere vengono rappresentate in Paesi come Austria, Ungheria, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Francia, Germania sotto le Direzioni Orchestrali di Roberto Abbado, Daniele Gatti, Riccardo Chailly, Giuseppe Sinopoli, Carlo Rizzi, Dino Scuderi.

Il filone compositivo seguito è il “neo-tonale” e il “neoromantico”, di cui ne è un esponente principale.

Fra i suoi lavori teatrali: “Pinocchio”, “Cirano”, “Vite immaginarie”, “La lupa”, “Federico II”, “Il gatto con gli stivali”, “Pugacev”, “Dylan Dog”, “Peter Pan”, “La bella e la bestia”, “Le bel indifferent”, “The servant”, “Senso”, “Le braci”, “La Ciociara”.

Tra le sue composizioni musicali, emergono il “Requiem” che viene eseguito nella Cattedrale di Palermo il 27 marzo 1993 in memoria dei Morti nelle stragi di mafia e “Canto di pace” per tenore, composto su testo di Giovanni Paolo II e interpretato da Plácido Domingo il 28 aprile del 2003.

2002-2006: è Direttore Artistico del Teatro “Regio” di Torino.

Dall’ottobre 2006 al gennaio 2011: è Sovrintendente e Direttore Artistico del Teatro “Comunale” di Bologna.

2007: è Presidente della Giuria del Concorso Internazionale di Composizione “2 Agosto”.

 

Le “prime” delle sue opere:  

. Pinocchio (Teatro Margherita di Genova, 23 maggio 1985)
. Cirano (Teatro Comunale di Alessandria, 18 settembre 1987)
. Vite immaginarie (Teatro Comunale di Bologna, 6 novembre 1989)
. La lupa (Teatro La Gran Guardia di Livorno, 4 settembre 1990)
. Federico II (Commissionata dal teatro di Bonn nel 1992, prima esecuzione Teatro Giovanni Battista Pergolesi di Jesi, 1º ottobre 2004)
. Il gatto con gli stivali (Teatro Filarmonico di Verona, 17 aprile 1997)
. Vita, opera in un atto di Patrizia Valduga liberamente tratta dalla commedia Wit di Margaret Edson (per il Teatro alla Scala di Milano nel Piccolo Teatro Studio, 9 maggio 2003 con Anna Caterina Antonacci)
. Le bel indifferent (Teatro Lauro Rossi di Macerata, 15 luglio 2005, con Monica Bacelli, Luca Canonici, Elena Rossi, Milton Danilo Fernández; orchestra Státní opera Praha; dir: Guillaume Tourniaire; regia: Pier Luigi Pizzi per lo Sferisterio di Macerata)
. The servant (Auditorium S. Paolo di Macerata, 27 luglio 2008) per la regia di Gabriele Lavia nell’ambito dello Sferisterio Opera Festival
. Senso (Teatro Massimo Vittorio Emanuele di Palermo, 22 gennaio 2011)
. Le braci, opera in un atto, libretto del compositore dal romanzo omonimo di Sándor Márai, commissionata del Festival della Valle d’Itria e Maggio Musicale Fiorentino (produzione del Teatro Nazionale di Seghedino, nell’ambito dell’Armel International Opera Festival, Budapest, 9 ottobre 2014)
. La ciociara (titolata Two Women, San Francisco Opera, 19 giugno 2015, con Anna Caterina Antonacci), libretto di Marco Tutino e Fabio Ceresa
. Miseria e nobiltà, 23 febbraio 2018, Teatro Carlo Felice di Genova (Ricordi), libretto di Luca Rossi e Fabio Ceresa

 

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

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LA CIOCIARA: visione di alcune scene mentre l’autore spiega tale capolavoro =

 

AMBROISE THOMAS

Charles Louis Ambroise Thomas nasce a Metz il 5 agosto 1811 e muore a Parigi il 12 febbraio 1896.

E’ un Compositore francese, molto famoso nel XIX secolo per le sue opere, specialmente per “Mignon”.

 

Primi anni e gioventù di Thomas:

Ambroise Thomas è figlio di un Violinista di Metz, Jean-Baptiste-Martin Thomas, e di una Cantante.
E’ un ragazzo prodigio e apprende la Musica da suo padre imparando, contemporaneamente, a suonare il Pianoforte e il Violino.

1823: purtroppo, il padre muore lasciando la famiglia senza risorse.
1827: la madre si trasferisce a Parigi.

1828: Ambroise entra al Conservatorio di Parigi dove studia Composizione con Zimmerman, Doulen, Jean-François Lesueur, mentre l’insegnamento del Pianoforte gli proviene da Kalkbrenner.

1829: vince il “Primo Premio” di Pianoforte.
1830: vince il “Primo Premio” di Armonia.
1831: un primo tentativo si presenta infruttuoso ma, nel
1832: vince il “Prix de Rome” con la Cantata “Herman et Ketty”.

Soggiornando in Italia, trovandosi a “Villa Medici”, compone Musica da Camera e stringe amicizia con Hippolyte Frandin (che esegue un suo ritratto) e con Dominique Ingres, allora Direttore dell’ “Accademia di Francia”.

In seguito, va a Vienna, a Monaco di Baviera e a Lipsia.
A quel tempo, secondo la descrizione di Léon Escudier, è < un giovane uomo di linea slanciata, dalla fisionomia espressiva, con degli occhi azzurri di una dolcezza ammaliante, dal passo noncurante e dai modi eleganti e garbati, con la voce flessuosa e penetrante e non si fa pregare molto per sedersi al pianoforte e suonare. Thomas suona bene questo strumento, non alla maniera dei virtuosi da concerto sempre in cerca di approvazione e produttori di sonorità assordanti; ma un poeta che sa parlare al cuore e trovare i colori per dipingere i suoi trasporti e i suoi sogni >.

1837: al suo ritorno a Parigi, Thomas inizia la composizione di opere, che saranno tutte brillanti.
Le opere di questo periodo vengono composte in uno stile leggero e melodioso e ottengono un buon successo, ma nessuna rimane in repertorio:
. 1837: “La Double Échelle” riceve i complimenti di Hector Berlioz.
. 1849: “Le Caïd” è un’operetta brillante che ottiene un grande successo.
. 1850: “Le Songe d’une Nuit d’Été” è una fantasia drammatica e viene ben accolta (basso: “Falstaff” da William Shakespeare).
. 1851: “Raymond” la cui ouverture rimane popolare, “Le Roman d’Elvire”; e altre.

1851: il successo di “Le Caïd” regala un’elezione trionfale ad Ambroise Thomas presso l’ “Académie des Beaux-Arts de l’Institut de France”, superando Berlioz che non ottiene voti.

All’età di cinquant’anni compiuti, “Mignon”, la sua opera del 1866, ottiene un granissimo successo, dopo un debutto modesto.
Da allora “Thomas”, con piccola fama, sale al “grado” di grande compositore.
1894: Mignon è già stata rappresentata oltre 1.000 volte solo all’ “Opéra-Comique” ed è un successo in tutti i teatri europei.

1868: “Hamlet”, dalla tragedia di Shakespeare, è la sua opera successiva, gli darà fama internazionale e lo stesso Thomas sarà il primo compositore che riceverà l’insegna di Commendatore della “Légion d’honneur” direttamente dalle mani di Napoleone III.

1856: Thomas è Professore di Composizione al Conservatorio di Parigi, succedendo ad Adolphe Adam, e sono suoi colleghi Massenet, Édouard Colonne, Théodore Dubois, Albert Bourgault-Ducoudray, Albert Lavignac e Francis Thomé.

1871: alla morte di Daniel Auber, Thomas riceve lo stesso incarico di Direttore del Conservatorio, per cui smette di comporre, salvo “Françoise de Rimini” (del 1882) con Louis Mérante, opera che non ottiene grande successo e salvo un balletto, “La Tempête” (del 1889), entrambi da Shakespeare, rappresentati all’ “Opéra de Paris”.

In tale periodo di Direzione, non accetta le influenze tedesche sulla Musica francese, assegna la Cattedra di Organo a César Franck (nel 1872) e combatte contro la nomina di Gabriel Fauré, che diventa Direttore del Conservatorio solo nel 1896, dopo la morte dello stesso Thomas.

Ad inizio carriera: Thomas compone alcuni pezzi di Musica Sacra, di Musica Strumentale e Sinfonica.

1887: presiede la Commissione creata dal Ministro della Guerra per scegliere la versione ufficiale de “La Marseillaise”; versione che viene adottata fino al 1974.

 

Opere liriche:

. La Double échelle, Opéra-Comique, 1837
. Le Perruquier de la Régence, 1838
. Gipsy, 1839
. Le comte de Carmagnola, libretto di Eugène Scribe 1842 all’Académie Royale de Musique di Parigi con Prosper Dérivis
. Angélique et Médor, 1843
. Le Caïd, 1849
. Le Songe d’une nuit d’été, 1850
. Raymond, 1851
. Psyché, 1857
. Le Roman d’Elvire, 1860
. Mignon, tragedia lirica in 3 atti e 5 quadri, libretto di Michel Carré e Jules Barbier, rappresentata al Opéra-Comique il 17 novembre 1866
. Hamlet, opera in 5 atti, libretto di Michel Carré e Jules Barbier, rappresentata all’Opéra de Paris il 9 marzo 1868
. Françoise de Rimini, Opéra de Paris, 1882
. La Tempête, balletto, 1889

 

Battuto al computer da Lauretta

 

 

Ambroise Thomas, circa 1865:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Ambroise_Thomas_2.jpg

File:Ambroise Thomas 2.jpg

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MIGNON, “IO SON TITANIA”:  https://youtu.be/t6GbL8w-62w

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MIGNON, “NON CONOSCI IL BEL SUOL”:

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HAMLET, “O VIN DISCACCIA LA TRISTEZZA”:

 

 

 

 

 

 

 

 

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