Opera in due atti su libretto e musica di RUGGERO LEONCAVALLO.

Tratta da un fatto realmente accaduto.

Prima rappresentazione: 21 maggio 1892 al Teatro “Dal Verme” di Milano.

 

Interpreti:  della prima rappresentazione:

Canio/Pagliccio (tenore) Fiorello Giraud
Nedda/Colombina (soprano) Adelina Stehle
Tonio/Taddeo (baritono) Victor Maurel
Beppe/Arlecchino (tenore) Francesco Daddi
Silvio (baritono) Mario Roussel

Direttore:i Arturo Toscanini.


Trama:

Periodo storico: la Festa dell’Assunzione (periodo: tra il 1865 e il 1870).

Per un’opera, solitamente, si scrive una premessa (come facevano Lully  e Gluck), o si prepara  un’esposizione che spiega chiaramente (come Wagner, Busoni ed altri), ma non è il caso di Leoncavallo che ha musicato le sue idee presentandole come “prologo” dell’opera “I Pagliacci” (“Si può?, si può?”): idee piuttosto chiare per chi ascolta

Tonio, personaggio importante, rivela al pubblico il “proposito del poeta”: presentare personaggi reali con sentimenti veri alla “commedia dell’arte” e, con il sipario sceso, attraverso la bellissima melodia introduttiva del prologo, non nasconde che, dietro la maschera del “clown”, si nasconde l’anima triste e malinconica dei commedianti; forse, la tristezza dello stesso Leoncavallo.

La piccola compagnia teatrale è mobile ed è formata dal capocomico Canio, da Nedda (sua moglie) e da  Tonio e Beppe (due commedianti); arriva in un paesino del Sud Italia.

Il deforme Tonio ama Nedda (stanca di una vita di tipo vagabondo, sogna una vita residente) e, in principio, è rispettoso, con lei ma, respinto dalla donna, diventa malvagio e vendicativo, per cui avverte Canio del tradimento da parte della stessa Nedda con Silvio (un contadino del luogo).

Canio li scopre, ma Silvio fugge senza essere riconosciuto.

Canio vorrebbe colpire la moglie, ma Beppe raccomanda l’inizio della commedia perché il pubblico è presente.

Canio è possessivo e si rende conto di essere di età molto maggiore di Nedda, ma l’ama intensamente.

Canio è turbato, ma DEVE truccarsi per lo spettacolo (“Vesti la giubba”) e, attraverso “Ridi Pagliaccio”, il suo dolore viene evidenziato drammaticamente considerando che – in scena – DEVE recitare la “sua” parte di marito ingannato.

La recitazione di Canio/Pagliaccio sta nell’interpretare un marito tradito, ma la finzione diventa realtà (“No, Pagliaccio non son”) e rinfaccia a Nedda/Colombina la sua non riconoscenza, facendole presente che il suo amore è diventato odio a causa di gelosia.

Nedda, intimidita, reagisce conservando un tono da recitazione e, provocata, reagisce con durezza.

Beppe capisce che le cose sono cambiate, ma non può intervenire perché Tonio, glielo impedisce.

Il pubblico è attratto dal cambiamento da farsa in dramma ma, troppo tardi, si rende conto che non si tratta più di creazione scenica.

Nedda si rifiuta di dire il nome dell’amante e Canio la accoltella a morte.

Silvio, fra il pubblico, accorre sul palco per aiutarla, ma trova la stessa fine.

Rivolgendosi al pubblico, Canio stabilisce che  “La commedia è finita!”: all’inizio, era la battuta beffarda e compiaciuta di Tonio/Taddeo al pubblico, ma – poi – è passata a Canio come prassi esecutiva abituale.

 


Brani noti:  

“Si può?”, Tonio (Prologo)
“Son qua, ritornano!”, Coro (Atto I)
“Qual fiamma avea nel guardo”, Nedda (Atto I)
“Vesti la giubba”, Canio (Atto I)
“Canzone di Arlecchino”, Beppe (Atto II)
“No, Pagliaccio non son”, Canio (Atto II)

Incisioni: 

Alessandro Valente, Adelaide Saraceni, Apollo Granforte, Leonildo Basi, Nello Palai Carlo Sabajno
Francesco Merli, Rosetta Pampanini, Carlo Galeffi, Gino Vanelli, Giuseppe Nessi Lorenzo Molajoli
Beniamino Gigli, Iva Pacetti, Mario Basiola, Leone Paci, Giuseppe Nessi Franco Ghione
Richard Tucker, Lucine Amara, Giuseppe Valdengo, Clifford Harvuot, Thomas Hayward Fausto Cleva
Jussi Björling, Victoria de los Ángeles, Leonard Warren, Robert Merrill, Paul Franke Renato Cellini
Mario Del Monaco, Clara Petrella, Afro Poli, Aldo Protti, Piero De Palma Alberto Erede
Giuseppe Di Stefano, Maria Callas, Tito Gobbi, Rolando Panerai, Nicola Monti Tullio Serafin
Mario Del Monaco, Gabriella Tucci, Cornell MacNeil, Renato Capecchi, Piero De Palma Francesco Molinari Pradelli
Gianni Poggi, Aureliana Beltrami, Aldo Protti, Walter Monachesi, Alfredo Nobile Ugo Rapalo
Franco Corelli, Lucine Amara, Tito Gobbi, Mario Zanasi, Mario Spina Lovro von Matačić
Carlo Bergonzi, Joan Carlyle, Giuseppe Taddei, Rolando Panerai, Ugo Benelli Herbert von Karajan
James McCracken, Pilar Lorengar, Robert Merrill, Tom Krause, Ugo Benelli Lamberto Gardelli
Plácido Domingo, Montserrat Caballé, Sherrill Milnes, Barry McDaniel, Leo Goeke Nello Santi
Luciano Pavarotti, Mirella Freni, Ingvar Wixell, Lorenzo Saccomani, Vincenzo Bello Giuseppe Patanè
José Carreras, Renata Scotto, Kari Nurmela, Thomas Allen, Ugo Benelli Riccardo Muti
Plácido Domingo, Teresa Stratas, Juan Pons, Alberto Rinaldi, Florindo Andreolli Georges Prêtre
Luciano Pavarotti, Daniela Dessì, Juan Pons, Paolo Coni, Ernesto Gavazzi Riccardo Muti
José Cura, Barbara Frittoli, Carlos Álvarez, Simon Keenlyside, Charles Castronovo Riccardo Chailly

 

Videografia:

Mario Del Monaco, Gabriella Tucci, Aldo Protti, Attilio D’Orazi, Antonio Pirino Giuseppe Morelli

Plácido Domingo, Teresa Stratas, Juan Pons, Alberto Rinaldi, Florindo Andreolli Georges Prêtre Franco Zeffirelli Philips

Luciano Pavarotti, Teresa Stratas, Juan Pons, Dwayne Croft, Kenn Chester James Levine Franco Zeffirelli, Fabrizio Melano DG

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:  

Un’opera magica con personaggi tristi, nonostante Nedda sogni attraverso la sua “ballatella” e la gente rida per la comicità della commedia.

Un’opera attuale e realista, un dramma umano che si svolge nella verde zona sulle montagne appenniniche di Montalto, in Calabria.

Un’opera in cui la mentalità è quella della seconda metà dell’ ‘800, quando “non esistono i diritti” ma esiste il “delitto d’ onore” (in Italia, abrogato nel 1981).

Un’opera con un pizzico di folclore e dove tutto comincia dalla derisione di Nedda verso Tonio per autodifendere un suo diritto che “sente” di avere.

 


Tonio:   

E’ un soggetto infido e servile ma, all’inizio, Tonio/Taddeo considera la parità di sentimenti fra la gente “normale” e gli artisti girovaghi.

Ciò che, pare, non è per Canio.

Taddeo di estrazione sociale bassa, complessato cosciente della sua deformazione fisica, SA essere vendicativo, sottile e subdolo nel manipolare Canio, mentalmente.

Da artefice della conseguenza drammatica alla sua vendetta, impedisce persino che Beppe salvi Nedda dall’ira di Canio, in scena.

SA compiere atti cattivi perché la sua cattiveria è dovuta, infatti, al suo complesso d’inferiorita’ e alla sua frustrazione, complesso che gli procura sofferenza interiore di rabbia e odio verso gli altri.

 


Nedda: 

Nedda, innamorata e giovane, si abbandona ai suoi sogni, (“Stridono lassù”).

È sempre osservata da Tonio che viene respinto dalla donna perché innamorata di Silvio.

NON è colpa sua se s’innamora di un uomo che le si addice principalmente per l’età, a differenza del marito che potrebbe essere suo padre: Nedda ha i suoi diritti, MA – chi comanda – sono la mentalità e le leggi del tempo.

Tonio, complessato a causa della sua deformazione (Silvio, incoscientemente, lo soprannomina “Tonio, lo scemo”, nonostante il serio timore di Nedda), è capace di provare un sentimento sincero nei confronti della donna e, nel contempo, realizza di essere “lieto” che gli venga offerta l’occasione di aiutare Canio a “fare giustizia”; tale sentimento che gli provoca gelosia lo porterà a vendicarsi e causerà la tragedia, nonostante la resistenza di Nedda verso Silvio (nel duetto ” Non mi tentar”) e nonostante gli sia appartenuta.
Ma si riprende e l’amore trionfa: fuggiranno assieme.

Nedda, in un processo al giorno d’oggi, sicuramente verrebbe assolta.

 


Canio:

Canio: con età molto maggiore di Nedda, l’aveva raccolta orfana, sfamata e sposata “dandole un nome”.

NON sa capacitarsi di perdere la giovane moglie che lui ama, forse, morbosamente.

NON sa capacitarsi che la sua anima NON accetti la sfida vigente secondo la mentalità e le leggi del 1800.

NON gli resta altro che chiedere alla moglie “il nome dell’amante” secondo l’argomento simile della commedia-spettacolo.

Canio: veridicità, specialmente, in “Recitar”, verso il finale dell’opera.

Canio si rende conto, lucidamente, che “la commedia è finita”: morta Nedda, la sua vita – ormai – non ha più scopo perché Nedda RAPPRESENTAVA una cosa reale e positiva di sopravvivenza; LUI l’aveva raccolta e sfamata (oggi, sarebbe come una specie di badante).

Nedda era più giovane di lui e RAPPRESENTAVA il suo aiuto a vivere, praticamente: COSA IMPORTANTE.

 


Silvio: 

Silvio è malinconico e, quando convince Nedda a fuggire, il duetto estasiato ed incantato ha le basi nel secondo atto di “Tristano e Isotta” di Richard Wagner.

Se è vero che “Tristano e Isotta” è chiamata anche “l’opera degli sguardi” perché l’amore fra i due era nato prima di bere il filtro d’amore, è anche vero che Leoncavallo – in gioventù, appassionato di Wagner – si richiama al compositore tedesco.

 

Il pubblico:

Il pubblico si commuove per la veridicità della commedia che si conclude in tragedia-dramma della gelosia che porta Canio ad uccidere Nedda e Silvio: “La commedia è finita”.

Battuto al computer da Lauretta  

Il baritono SALVATORE SASSU canta “ SI PUO’ “ (PROLOGO):

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Il tenore CARLO BERGONZI e CORO cantano “SON QUA, RITORNANO!”:

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Il soprano ANNA MOFFO “ QUAL FIAMMA AVEA NEL GUARDO … STRIDONO LASSU’ ” (aria delle Campane):

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Il soprano ANGELA GHEORGHIOU e il baritono DMITRI HVOROSTOVSKY cantano il duetto “DECIDI IL MIO DESTIN”:

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l tenore MARIO DEL MONACO canta “RECITAR … VESTI LA GIUBBA”:

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Il tenore BENIAMINO GIGLI canta “O, COLOMBINA” (“Canzone di Arlecchino”):

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Il tenore MARIO DEL MONACO e il soprano GABRIELLA TUCCI cantano “No, Pagliaccio non son” e finale: