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I PAGLIACCI di RUGGIERO LEONCAVALLO

 

Opera in due atti su libretto e musica di RUGGERO LEONCAVALLO.

Tratta da un fatto realmente accaduto.

Prima rappresentazione: 21 maggio 1892 al Teatro “Dal Verme” di Milano.

 

Interpreti:  della prima rappresentazione:

Canio/Pagliccio (tenore) Fiorello Giraud
Nedda/Colombina (soprano) Adelina Stehle
Tonio/Taddeo (baritono) Victor Maurel
Beppe/Arlecchino (tenore) Francesco Daddi
Silvio (baritono) Mario Roussel

Direttore:i Arturo Toscanini.


Trama:

Periodo storico: la Festa dell’Assunzione (periodo: tra il 1865 e il 1870).

Per un’opera, solitamente, si scrive una premessa (come facevano Lully  e Gluck), o si prepara  un’esposizione che spiega chiaramente (come Wagner, Busoni ed altri), ma non è il caso di Leoncavallo che ha musicato le sue idee presentandole come “prologo” dell’opera “I Pagliacci” (“Si può?, si può?”): idee piuttosto chiare per chi ascolta

Tonio, personaggio importante, rivela al pubblico il “proposito del poeta”: presentare personaggi reali con sentimenti veri alla “commedia dell’arte” e, con il sipario sceso, attraverso la bellissima melodia introduttiva del prologo, non nasconde che, dietro la maschera del “clown”, si nasconde l’anima triste e malinconica dei commedianti; forse, la tristezza dello stesso Leoncavallo.

La piccola compagnia teatrale è mobile ed è formata dal capocomico Canio, da Nedda (sua moglie) e da  Tonio e Beppe (due commedianti); arriva in un paesino del Sud Italia.

Il deforme Tonio ama Nedda (stanca di una vita di tipo vagabondo, sogna una vita residente) e, in principio, è rispettoso, con lei ma, respinto dalla donna, diventa malvagio e vendicativo, per cui avverte Canio del tradimento da parte della stessa Nedda con Silvio (un contadino del luogo).

Canio li scopre, ma Silvio fugge senza essere riconosciuto.

Canio vorrebbe colpire la moglie, ma Beppe raccomanda l’inizio della commedia perché il pubblico è presente.

Canio è possessivo e si rende conto di essere di età molto maggiore di Nedda, ma l’ama intensamente.

Canio è turbato, ma DEVE truccarsi per lo spettacolo (“Vesti la giubba”) e, attraverso “Ridi Pagliaccio”, il suo dolore viene evidenziato drammaticamente considerando che – in scena – DEVE recitare la “sua” parte di marito ingannato.

La recitazione di Canio/Pagliaccio sta nell’interpretare un marito tradito, ma la finzione diventa realtà (“No, Pagliaccio non son”) e rinfaccia a Nedda/Colombina la sua non riconoscenza, facendole presente che il suo amore è diventato odio a causa di gelosia.

Nedda, intimidita, reagisce conservando un tono da recitazione e, provocata, reagisce con durezza.

Beppe capisce che le cose sono cambiate, ma non può intervenire perché Tonio, glielo impedisce.

Il pubblico è attratto dal cambiamento da farsa in dramma ma, troppo tardi, si rende conto che non si tratta più di creazione scenica.

Nedda si rifiuta di dire il nome dell’amante e Canio la accoltella a morte.

Silvio, fra il pubblico, accorre sul palco per aiutarla, ma trova la stessa fine.

Rivolgendosi al pubblico, Canio stabilisce che  “La commedia è finita!”: all’inizio, era la battuta beffarda e compiaciuta di Tonio/Taddeo al pubblico, ma – poi – è passata a Canio come prassi esecutiva abituale.

 


Brani noti:  

“Si può?”, Tonio (Prologo)
“Son qua, ritornano!”, Coro (Atto I)
“Qual fiamma avea nel guardo”, Nedda (Atto I)
“Vesti la giubba”, Canio (Atto I)
“Canzone di Arlecchino”, Beppe (Atto II)
“No, Pagliaccio non son”, Canio (Atto II)

Incisioni: 

Alessandro Valente, Adelaide Saraceni, Apollo Granforte, Leonildo Basi, Nello Palai Carlo Sabajno
Francesco Merli, Rosetta Pampanini, Carlo Galeffi, Gino Vanelli, Giuseppe Nessi Lorenzo Molajoli
Beniamino Gigli, Iva Pacetti, Mario Basiola, Leone Paci, Giuseppe Nessi Franco Ghione
Richard Tucker, Lucine Amara, Giuseppe Valdengo, Clifford Harvuot, Thomas Hayward Fausto Cleva
Jussi Björling, Victoria de los Ángeles, Leonard Warren, Robert Merrill, Paul Franke Renato Cellini
Mario Del Monaco, Clara Petrella, Afro Poli, Aldo Protti, Piero De Palma Alberto Erede
Giuseppe Di Stefano, Maria Callas, Tito Gobbi, Rolando Panerai, Nicola Monti Tullio Serafin
Mario Del Monaco, Gabriella Tucci, Cornell MacNeil, Renato Capecchi, Piero De Palma Francesco Molinari Pradelli
Gianni Poggi, Aureliana Beltrami, Aldo Protti, Walter Monachesi, Alfredo Nobile Ugo Rapalo
Franco Corelli, Lucine Amara, Tito Gobbi, Mario Zanasi, Mario Spina Lovro von Matačić
Carlo Bergonzi, Joan Carlyle, Giuseppe Taddei, Rolando Panerai, Ugo Benelli Herbert von Karajan
James McCracken, Pilar Lorengar, Robert Merrill, Tom Krause, Ugo Benelli Lamberto Gardelli
Plácido Domingo, Montserrat Caballé, Sherrill Milnes, Barry McDaniel, Leo Goeke Nello Santi
Luciano Pavarotti, Mirella Freni, Ingvar Wixell, Lorenzo Saccomani, Vincenzo Bello Giuseppe Patanè
José Carreras, Renata Scotto, Kari Nurmela, Thomas Allen, Ugo Benelli Riccardo Muti
Plácido Domingo, Teresa Stratas, Juan Pons, Alberto Rinaldi, Florindo Andreolli Georges Prêtre
Luciano Pavarotti, Daniela Dessì, Juan Pons, Paolo Coni, Ernesto Gavazzi Riccardo Muti
José Cura, Barbara Frittoli, Carlos Álvarez, Simon Keenlyside, Charles Castronovo Riccardo Chailly

 

Videografia:

Mario Del Monaco, Gabriella Tucci, Aldo Protti, Attilio D’Orazi, Antonio Pirino Giuseppe Morelli

Plácido Domingo, Teresa Stratas, Juan Pons, Alberto Rinaldi, Florindo Andreolli Georges Prêtre Franco Zeffirelli Philips

Luciano Pavarotti, Teresa Stratas, Juan Pons, Dwayne Croft, Kenn Chester James Levine Franco Zeffirelli, Fabrizio Melano DG

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:  

Un’opera magica con personaggi tristi, nonostante Nedda sogni attraverso la sua “ballatella” e la gente rida per la comicità della commedia.

Un’opera attuale e realista, un dramma umano che si svolge nella verde zona sulle montagne appenniniche di Montalto, in Calabria.

Un’opera in cui la mentalità è quella della seconda metà dell’ ‘800, quando “non esistono i diritti” ma esiste il “delitto d’ onore” (in Italia, abrogato nel 1981).

Un’opera con un pizzico di folclore e dove tutto comincia dalla derisione di Nedda verso Tonio per autodifendere un suo diritto che “sente” di avere.

 


Tonio:   

E’ un soggetto infido e servile ma, all’inizio, Tonio/Taddeo considera la parità di sentimenti fra la gente “normale” e gli artisti girovaghi.

Ciò che, pare, non è per Canio.

Taddeo di estrazione sociale bassa, complessato cosciente della sua deformazione fisica, SA essere vendicativo, sottile e subdolo nel manipolare Canio, mentalmente.

Da artefice della conseguenza drammatica alla sua vendetta, impedisce persino che Beppe salvi Nedda dall’ira di Canio, in scena.

SA compiere atti cattivi perché la sua cattiveria è dovuta, infatti, al suo complesso d’inferiorita’ e alla sua frustrazione, complesso che gli procura sofferenza interiore di rabbia e odio verso gli altri.

 


Nedda: 

Nedda, innamorata e giovane, si abbandona ai suoi sogni, (“Stridono lassù”).

È sempre osservata da Tonio che viene respinto dalla donna perché innamorata di Silvio.

NON è colpa sua se s’innamora di un uomo che le si addice principalmente per l’età, a differenza del marito che potrebbe essere suo padre: Nedda ha i suoi diritti, MA – chi comanda – sono la mentalità e le leggi del tempo.

Tonio, complessato a causa della sua deformazione (Silvio, incoscientemente, lo soprannomina “Tonio, lo scemo”, nonostante il serio timore di Nedda), è capace di provare un sentimento sincero nei confronti della donna e, nel contempo, realizza di essere “lieto” che gli venga offerta l’occasione di aiutare Canio a “fare giustizia”; tale sentimento che gli provoca gelosia lo porterà a vendicarsi e causerà la tragedia, nonostante la resistenza di Nedda verso Silvio (nel duetto ” Non mi tentar”) e nonostante gli sia appartenuta.
Ma si riprende e l’amore trionfa: fuggiranno assieme.

Nedda, in un processo al giorno d’oggi, sicuramente verrebbe assolta.

 


Canio:

Canio: con età molto maggiore di Nedda, l’aveva raccolta orfana, sfamata e sposata “dandole un nome”.

NON sa capacitarsi di perdere la giovane moglie che lui ama, forse, morbosamente.

NON sa capacitarsi che la sua anima NON accetti la sfida vigente secondo la mentalità e le leggi del 1800.

NON gli resta altro che chiedere alla moglie “il nome dell’amante” secondo l’argomento simile della commedia-spettacolo.

Canio: veridicità, specialmente, in “Recitar”, verso il finale dell’opera.

Canio si rende conto, lucidamente, che “la commedia è finita”: morta Nedda, la sua vita – ormai – non ha più scopo perché Nedda RAPPRESENTAVA una cosa reale e positiva di sopravvivenza; LUI l’aveva raccolta e sfamata (oggi, sarebbe come una specie di badante).

Nedda era più giovane di lui e RAPPRESENTAVA il suo aiuto a vivere, praticamente: COSA IMPORTANTE.

 


Silvio: 

Silvio è malinconico e, quando convince Nedda a fuggire, il duetto estasiato ed incantato ha le basi nel secondo atto di “Tristano e Isotta” di Richard Wagner.

Se è vero che “Tristano e Isotta” è chiamata anche “l’opera degli sguardi” perché l’amore fra i due era nato prima di bere il filtro d’amore, è anche vero che Leoncavallo – in gioventù, appassionato di Wagner – si richiama al compositore tedesco.

 

Il pubblico:

Il pubblico si commuove per la veridicità della commedia che si conclude in tragedia-dramma della gelosia che porta Canio ad uccidere Nedda e Silvio: “La commedia è finita”.

Battuto al computer da Lauretta  

Il baritono SALVATORE SASSU canta “ SI PUO’ “ (PROLOGO):

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Il tenore CARLO BERGONZI e CORO cantano “SON QUA, RITORNANO!”:

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Il soprano ANNA MOFFO “ QUAL FIAMMA AVEA NEL GUARDO … STRIDONO LASSU’ ” (aria delle Campane):

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Il soprano ANGELA GHEORGHIOU e il baritono DMITRI HVOROSTOVSKY cantano il duetto “DECIDI IL MIO DESTIN”:

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l tenore MARIO DEL MONACO canta “RECITAR … VESTI LA GIUBBA”:

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Il tenore BENIAMINO GIGLI canta “O, COLOMBINA” (“Canzone di Arlecchino”):

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Il tenore MARIO DEL MONACO e il soprano GABRIELLA TUCCI cantano “No, Pagliaccio non son” e finale:

 

 

 

OTELLO di GIUSEPPE VERDI

Opera in 4 atti su libretto di Arrigo Boito tratto dalla tragedia “Othello” (1603) di William Shakespeare

Prima rappresentazione: Teatro “Alla Scala” di Milano, 5 febbraio 1887, nel periodo della “Stagione di Carnevale e Quaresima”.

Esito: grande successo.

 

In seguito, Verdi opera alcune modifiche alla partitura per la versione francese (Danze) che va in scena al “Théâtre de l’Opéra” di Parigi come “Othello”, il 12 ottobre 1894.

Il libretto viene tradotto dallo stesso Boito e da Camille du Locle.

 

Personaggi:

Otello, moro, generale dell’Armata Veneta (tenore)
Iago, alfiere (baritono)
Cassio, capo di squadra (tenore)
Roderigo gentiluomo veneziano (tenore)
Ludovico, ambasciatore della Repubblica Veneta (basso)
Montano, predecessore d’Otello nel governo dell’isola di Cipro (baritono)
Un araldo, (basso)
Desdemona, moglie d’Otello (soprano)
Emilia, moglie di Iago (mezzosoprano)

Coro

Primi interpreti:

Otello (tenore) Francesco Tamagno
Desdemona (soprano) Romilda Pantaleoni
Iago (baritono) Victor Maurel
Emilia (mezzosoprano) Ginevra Petrovich
Cassio (tenore) Giovanni Paroli
Roderigo (tenore) Vincenzo Fornari
Lodovico (basso) Francesco Navarrini
Montano (baritono) Napoleone Limonta
Un Araldo (basso) Angelo Lagomarsino

Direttore e inventore del macchinismo: Luigi Caprara

Maestro del coro: Giuseppe Cairati

Concertatore: Giuseppe Verdi

Direttore d’orchestra: Franco Faccio

Secondo violoncello dell’orchestra: Arturo Toscanini


Trama: 

Atto I

L’esterno del castello. Una sera con forte temporale.

La nave di Otello, il generale dell’Armata Veneziana, ha difficoltà ad attraccare, per cui ufficiali, soldati e popolazione di Cipro assistono atterriti al difficile approdo.

Otello, “Il Moro”, dichiara la sua vittoria contro i Musulmani: «Esultate! L’orgoglio musulmano sepolto è in mar; nostra e del ciel è gloria! Dopo l’armi lo vinse l’uragano!».

L’alfiere Iago odia profondamente Otello perché ha nominato Cassio luogotenente al posto dello stesso Iago.

Roderigo – gentiluomo veneziano – è innamorato di Desdemona e viene avvicinato da Iago che gli fa conoscere il proprio odio per il Moro e gli fa credere che anche Cassio provi passione per la donna.
Ad entrambi conviene rovinare Cassio.

Iago istiga Cassio a bere che, ubriaco, cede alla provocazione di Roderigo, duellando, e Montano, ex governatore di Cipro, viene ferito per fermarli.
Il rumore fa accorrere Otello che punisce Cassio, degradandolo.

Giunge Desdemona e il Moro ordina a tutti di allontanarsi.

Otello e Desdemona si sono sposati segretamente; in questo duetto, Otello rivive i momenti burrascosi della sua vita e i momenti dolci dell’inizio del loro amore.

La notte che seguirà sarà angelica.

Atto II: Una sala terrena del castello.

Il “ragno” Iago continua ad intessere la sua trama: dopo avere consigliato a Cassio di ricorrere a Desdemona per perorare la sua causa, a poco a poco persuade il Moro che fra Cassio e sua moglie sia in atto un amore.

Desdemona NON SA che cosa Iago stia preparando e, rivolgendosi ad Otello, distrattamente, lascia cadere il fazzoletto donatole dal marito come pegno d’amore.

Emilia, ancella di Desdemona, lo raccoglie ma le viene subito sottratto da Iago, suo marito.

Iago racconta ad Otello che Cassio, in sogno, rivolgeva parole tenere a Desdemona e di aver visto il fazzoletto nelle mani dell’ufficiale.
La cosa provoca l’ira furibonda e la gelosia di Otello che giura punizione.

Atto III: La grande sala del castello.

Gli ambasciatori di Venezia stanno recandosi a Cipro, a bordo di una galea.

Otello chiede a Desdemona di fasciargli la fronte col fazzoletto che le aveva regalato.
Desdemona si accorge di averlo perduto e, confusa, non può farlo; inoltre, l’insistere nella perorazione verso Cassio, fanno incollerire Otello che insulta e scaccia la sua sposa, in lacrime.

Per fornire una prova del tradimento di Desdemona, Iago organizza un incontro con Cassio, mentre Otello origlia nascosto: pensa di capire il senso pur non sentendo le parole che, per la verità, intendono Donna Bianca.
Cassio proferisce il nome di Desdemona e sorride, tenendo in mano il famoso fazzoletto che Iago aveva già fatto arrivare nell’abitazione di Cassio, all’oscuro di tutto.

La galea veneziana approda nel porto assieme allo squillo di tromba e al colpo di cannone-segnale mentre, con Iago, decide di uccidere la moglie adultera.

Nella sala con dignitari, gentiluomini e dame, Desdemona è turbata ma presenzia alla cerimonia accompagnata da Emilia.

L’Ambasciatore della Repubblica Veneta rende noto il messaggio del Doge che richiama Otello a Venezia; Cassio gli succederà a Cipro.

Lodovico prega Otello di consolare Desdemona piangente, ma il Moro è convinto che il dolore della donna confermi il tradimento.
Non riuscendo a padroneggiare i suoi impulsi, la butta a terra.
I presenti sono sbigottiti e agghiacciati; Otello ordina loro di andarsene, e maledice Desdemona.
Una paurosa crisi convulsiva, lo fa cadere a terra svenuto.

Fuori del palazzo, si inneggia al «Leon di Venezia», ma il feroce Iago deride: «Ecco il Leone!».

Atto IV: La camera di Desdemona.

Desdemona ha un triste presentimento e, si prepara per la notte. Emilia, come sempre, l’assiste.
Desdemona canta “La canzon del salice” e, prima di addormentarsi, recita l’Ave Maria.

Otello entra silenzioso in camera della moglie; le si avvicina; la bacia.
Desdemona si sveglia e Otello le dice che la sua morte è vicina, per cui chieda perdono al cielo per i suoi peccati.
Desdemona tenta di difendersi ma Otello la soffoca con il suo stesso cuscino.
Emilia entra appena in tempo per ascoltare le ultime parole della morente: «Al mio signor mi raccomanda… Muoio innocente…».

Otello dichiara che Desdemona lo ha tradito, per cui Emilia gli rivela che Cassio ha ucciso Roderigo.
Poi, Emilia grida anche: «Otello uccise Desdemona!».
Tutti accorrono.
Emilia smaschera Iago rendendo noto l’inganno del fazzoletto. Iago fugge davanti a tutti, inseguito dai soldati.

Tutto è stato reso lampante e Otello si pugnala, cadendo sul corpo della moglie.
Muore baciandola per l’ultima volta.


Brani noti: 

Esultate!, sortita di Otello (Atto I)
Innaffia l’ugola!…Chi all’esca ha morso, Brindisi (Atto I)
Già nella notte densa, duetto, Otello e Desdemona (Atto I)
Credo in un Dio crudel, monologo, Jago (Atto II)
Sì, pel ciel marmoreo giuro, cabaletta, Otello e Jago (Atto II)
Dio ti giocondi, o sposo, duetto, Otello e Desdemona (Atto III)
Dio! Mi potevi scagliar, monologo, Otello (Atto III)
Questa è una ragna, terzetto tra Jago, Cassio ed Otello(Atto III)
Canzone del salice (Piangea cantando), Desdemona (Atto IV)
Ave Maria, preghiera di Desdemona (Atto IV)
Niun mi tema, monologo, Otello (Atto IV)


Incisioni più note: 

Ramón Vinay, Herva Nelli, Giuseppe Valdengo;
Mario Del Monaco, Renata Tebaldi, Aldo Protti
Jon Vickers, Leonie Rysanek, Tito Gobbi
Mario Del Monaco, Renata Tebaldi, Aldo Protti
James McCracken, Gwyneth Jones, Dietrich Fischer-Dieskau
Jon Vickers, Mirella Freni, Peter Glossop
Carlo Cossutta, Margaret Price, Gabriel Bacquier
Placido Domingo, Katia Ricciarelli, Justino Díaz
Placido Domingo, Barbara Frittoli, Leo Nucci
Jonas Kaufmann, Maria Agresta, Marco Vratogna
Jonas Kaufmann, Federica Lombardi, Carlos Alvarez

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Quest’opera, curata meticolosamente, ha pagine musicali forti e vigorose ma, anche, pagine pervase di dolcezza, come, ad esempio, la “Canzone del salice” e l’ “Ave Maria”, il bacio prima di uccidere Desdemona da parte di Otello “esasperato” da Iago: infatti, nel II atto, Jago instilla il dubbio atroce, provocando così la massima ira di Otello a causa della sua gelosia verso Cassio e Desdemona.

Da parte di Otello, si tratterebbe di uxoricidio premeditato o a causa di rabbia accumulata di cui Iago “è il mandante morale”.

Desdemona PERDE la vita però, umanamente, NON È PERSONALITÀ PERDENTE perché viene RIABILITATA da Otello, dopo la sua uccisione: Otello prova RIMORSO ma, inconsapevolmente, questo momento “LO LIBERERA’ DAL SUO TORMENTO” visto che uccide anche sé stesso.

NON è una bella consolazione, certamente: si tratta di una TRAGEDIA PSICOLOGICA E UMANA.

 

Desdemona: 

Desdemona ha appena sposato Otello in gran segreto ed è donna che possiede una dolcezza infinita, specialmente durante il duetto d’amore del I atto, dove esprime la sua anima angelica, dolce, pura, buona, innocente, generosa; e, dove al termine, Otello dimostra il suo essere poetico e innamorato citando “Venga la morte! E mi colga nell’estasi di quest’amplesso il momento supremo!”, “Le Pleiadi ardenti” e “Venere splende”.

È una donna moralmente pulita e NON si può pensare all’infedeltà perché è il tipo di donna buona, di donna che ama, di donna rassegnata, di donna che è portata alla rassegnazione anche verso il comportamento di Otello: la si nota, specialmente, durante la recitazione dell’Ave Maria, quando si prepara per dormire.

 

Otello: 

Per quanto riguarda la GELOSIA ESAGERATA, psicologicamente, è classificata una MALATTIA: ai tempi di Otello, la donna è SUBORDINATA all’uomo e, fra parentesi, in Italia, la moglie NON si può più picchiare dal 1963, mentre il Delitto d’onore NON esiste più dal 1981, per cui, quando la gelosia mostra insistenza e maniacalità, è consigliabile rivolgersi a personale sanitario per avere aiuto psicologico.

“Otello” è “UN PERDENTE” perché, la sua, è la storia della diminuzione della capacità interiore di vivere appartenente ad un’anima generosa, nobile, che viene affascinata da un’altra moralmente guasta e malvagia fino ad organizzare l’uccisione della propria moglie.

Un’anima generosa aiutata dalla stessa anima malvagia: infatti, il suo comportamento di “innamorato geloso patologico” è scatenato dalla sua fragilità mentale e psicologica, per cui crede Desdemona capace di complottare verso di lui.

Oggi, si direbbe che certi soggetti che attuano tali azioni estreme possano sviluppare paranoie che portano delirio, disperazione e a terminare la relazione a mezzo di stalking (pedinamento del proprio partner o incarico all’agenzia investigativa), origliare alle porte, omicidi e suicidi.

 

Iago: 

La psicologia scientifica moderna nasce nella seconda metà dell’Ottocento, ma Shakespeare, da grande psicologo innato, presenta Iago come un PERSONAGGIO STRAORDINARIO, sicuramente il più interessante dell’opera, reso comprensibile molto bene dal librettista Arrigo Boito, grande letterato.

Verdi collocherebbe Iago all’età di 28 anni circa e potrebbe risultare strano che lo stesso Iago sappia avere la capacità di riconoscere la propria personalità: infatti, il definito da Otello “onesto Iago”, SA di essere SCELLERATO, DEMONIACO, interiormente.

La sua riflessione è CAPACE DI REALTA’; soprattutto nel suo brano, il “CREDO”, si presenta come lo scellerato che non giustifica le sue azioni ma riesce a spiegare il significato, ossia il concetto: Iago E’ COSCIENTE DI CIO’ CHE E’.

Infatti, in questo brano, Iago riesce a riassumere sé stesso: un essere DISTRUTTIVO, DEVASTANTE  INCONTROLLATO DALLA SUA PERSONALITA’ e, nel III atto, è soddisfatto di essere riuscito ad abbattere, psicologicamente, l’anima di Otello; a lui si rivolge beffardo: “Ecco il Leon!”.

I “segnali” della DIVERSITA’ MENTALE e della DIVERSITA’ SOCIALE hanno creato il suo orgoglio e l’eterna invidia per il suo prossimo, arrivando a creargli addirittura quella che, oggi, la Psicologia chiama “SINDROME DI PROCUSTE”, ossia “LA MALATTIA DEGLI INVIDIOSI”: “PORRE GLI ALTRI IN CATTIVA LUCE”.

Chiarendo un po’ meglio: la PAURA della “diversità” è composta da un complesso di emozioni negative che proviamo, < trovandoci davanti a persone con differenze rispetto alle nostre (opinioni, etnia, religione, orientamento sessuale [attrazione emozionale sessuale di una persona verso un individuo di sesso opposto, dello stesso sesso, o verso entrambi i sessi]) >.

NON si tratta di credere che il disprezzo per il “diverso” sia solo a causa di cattiveria e mancanza di umanità perché la nostra mente umana – inconsapevolmente – cerca sempre di autotutelarsi dal mondo esterno: ossia, SAREBBE BENE cercare di CAPIRE I MOTIVI dei comportamenti altrui.

Per cui, pur appartenendo esteriormente al genere umano, con un comportamento indifferente e disinvolto, da persona che possiede grande fascino e che piace, Jago – interiormente – è NATO PER FARE IL MALE, avvalendosi di astuzia, di potere di simulare, di rendere reale, di aspetto che trasmette fiducia, di modi che persuadono, riuscendo a dominare gli altri, di “aggirare l’ostacolo” (Otello, Cassio, Roderigo, Desdemona, Emilia sono sue “pedine”), tanto da diventare il “deus ex machina” dell’opera, in quanto rende inafferrabili le sue trame machiavelliche perché nascoste dalla “maschera” dell’onestà, ma che conducono ad un finale tragico.

Ad esempio, nel duetto con Otello, Jago racconta IL “SOGNO” (sempre, comportandosi “pur non dando peso”): copia la voce suadente di Cassio, ricordando “Il rio destino impreco che al Moro ti donò”.

Spesso, Otello viene indicato come “moro” (non si sa se come Arabo o del Nord-Africa), ma ciò sottolinea la diversità da una razza ad un’altra.

Di tutto ciò, Otello HA PAURA e s’infuria come reazione.

Iago NON possiede EMPATIA ed è, sicuramente, affetto da NARCISISMO MALIGNO MANIPOLATORE PERVERSO: è UN VAMPIRO EMOTIVO che SI NUTRE DELL’ENERGIA INTERIORE DEL SUO INTERLOCUTORE.

SALE FINO IN CIELO, MA I RAGGI DEL SOLE SCALDANO LA CERA CON CUI LE ALI SONO APPICCICATE AD “ICARO” che CADE E PERDE: anche Iago avrà una brutta fine.

Iago: grande e affascinante personaggio, psicologicamente.

LUI È L’OPERA “OTELLO” perché È il “DEUS EX MACHINA” DI TALE VICENDA.

 

Concludendo:

Otello e Iago sono due personaggi molto diversi fra loro: Otello, valido guerriero della “Serenissima” della fine del 1400, anima nobile, “L’EROE” che è innamorato della sua neo-moglie e  che è invidiato da Iago per il ruolo che ricopre e per avere sposato la donna che anche lui avrebbe voluto.

Anche Emilia, Cassio e Roderigo sono tutte vittime di Iago.

Emilia, dama di Desdemona, percepisce l’angoscia e l’incredulita’ della sua padrona, durante la “Canzone del salice”: Emilia è un essere comprensivo.
Emilia conosce l’animo maligno del marito che “comanda e tiene sotto controllo”, ma NON del tutto: solo alla fine, si rende completamente conto di come egli sia veramente, per cui “testimonia” assieme a Cassio.

Battuto al computer da Lauretta

Il tenore MARIO DEL MONACO canta “ESULTATE!”:

 

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Il baritono TITO GOBBI canta IL BRINDISI, “INNAFFIA L’UGOLA! … CHI ALL’ESCA HA MORSO” :

 

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Il tenore MARIO DEL MONACO e il soprano ROSANNA CARTERI cantano il duetto d’amore “GIA’ NELLA NOTTE DENSA”:

 

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Il  baritono RENATO CAPECCHI canta il monologo di Iago “CREDO IN UN DIO CRUDEL”:

 

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Il tenore MARIO DEL MONACO e il baritono RENATO CAPECCHI cantano “SI’, PEL CIEL MARMOREO GIURO:

 

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Il soprano ROSANNA CARTERI e il tenore MARIO DEL MONACO  cantano “DIO TI GIOCONDI, O SPOSO”:

 

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Il tenore … canta il monologo di Otello “DIO! MI POTEVI SCAGLIAR”:

 

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Il soprano ROSANNA CARTERI canta la “CANZON DEL SALICE”:

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Il soprano ROSANNA CARTERI canta “AVE MARIA”:

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Il tenore MARIO DEL MONACO canta “NIUN MI TEMA” e finale dell’opera:

 

NORMA di VINCENZO BELLINI

 

Opera-tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani tratto da “Norma, ou L’infanticide” di Alexandre Soumet (6 aprile 1831)

Musica Vincenzo Bellini

 

Epoca di composizione settembre – novembre 1831

Prima rappresentazione: Teatro “Alla Scala”di Milano, 26 dicembre 1831

 

Personaggi:   

Pollione, proconsole di Roma nelle Gallie (tenore)
Oroveso, capo dei druidi (basso)
Norma, druidessa, figlia di Oroveso (soprano)
Adalgisa, giovane ministra del tempio di Irminsul (soprano)
Clotilde, confidente di Norma (soprano)
Flavio, amico di Pollione (tenore)
Due fanciulli, figli di Norma e Pollione (recitanti)
Druidi, Bardi, Eubagi, sacerdotesse, guerrieri e soldati galli

 

Cast 26 dicembre 1831:

Direttore: Alessandro Rolla

Norma, (soprano), Giuditta Pasta
Adalgisa, (soprano), Giulia Grisi
Pollione, (tenore), Domenico Donzelli
Oroveso, (basso), Vincenzo Negrini
Clotilde, (soprano), Marietta Sacchi
Flavio, (tenore), Lorenzo Lombardi

 

Trama: 

Epoca storica: al tempo dell’invasione romana delle Gallie.

(Il soggetto richiama il mito di Medea).

Atto I

Foresta consacrata al dio Irminsul: qui, i Druidi esaltano la liberazione dalla sottomissione di Roma.

Il proconsole romano Pollione, addentrato nel bosco sacro gallico, confessa al suo amico Flavio che si è innamorato di Adalgisa, una giovanissima sacerdotessa del Dio Irminsul (“Meco all’altar di Venere”) e di voler lasciare Norma (pur temendo la sua vendetta), la figlia di Oroveso e sacerdotessa druidica che, all’insaputa di tutti, ha partorito due figli suoi e che fa custodire da Clotilde.

Durante la riunione gallica, Norma esprime che ha saputo dagli Dèi che non è ancora giunta l’ora della rivolta contro Roma, la quale dovrà cadere, ma non a causa dei Druidi.

Durante il rito sacro, tranquillizza i presenti attraverso la famosa preghiera alla Luna:
< Casta Diva, che inargenti  queste sacre antiche piante, a noi volgi il bel sembiante, senza nube e senza vel >.

I Druidi si sono allontanati e, rimasta sola, Adalgisa incontra Pollione che la convince ad abbandonare i Galli e la loro religione per vivere a Roma con lui (“Va, crudele, al Dio spietato”).

Volendo confidarsi con Norma circa l’avere mancato al suo voto di castità, senza riferire il nome dell’uomo che ama, Adalgisa racconta il primo incontro (“Sola, furtiva, al tempio”), ma viene sciolta dai voti perché, in lei, Norma rivede sé stessa e le sue emozioni.

Pollione arriva mentre  Norma, saputo che il suo amato è lui, in preda al furore, la  mette in guardia circa l’infedeltà dell’uomo (“Oh, non tremare, o perfido”) e racconta della sua relazione col proconsole, mentre Adalgisa – sentendosi ingannata – rifiuta di seguirlo a Roma.

Norma è richiamata alla riunione dei Druidi, Pollione se ne va irritato e Adalgisa informa la stessa Norma che intende rinunciare all’amore.

Atto II

Nella sua abitazione, Norma, traumatizzata da quanto ha saputo, medita di vendicarsi uccidendo i suoi due bambini, ma riflette grazie al suo istinto di madre.

Determinata ad uccidersi, chiede ad Adalgisa di prendersi cura dei soi figli portandoli a Roma (“Deh, con te, con te li prendi”), dopo avere contratto il matrimonio con Pollione.

Però, Adalgisa la dissuade e promette di adoperarsi presso Pollione perché ritorni a lei, confermando la sua rinuncia all’uomo, mentre Norma le assicura amicizia senza fine.

Oroveso comunica ai Galli che Pollione partirà e che il nuovo proconsole sarà più pericoloso  ma, dal momento che Norma non ha ancora annunciato la rivolta, invita tutti a pazientare per insorgere (“Ah, del Tebro al giogo indegno”).

Norma s’illude nel ripensamento di Pollione, ma Clotilde non le nasconde che il proconsole è determinato a portare Adalgisa a Roma.

Norma, essendo sempre stata contraria che il suo popolo attuasse rivolte, ascolta la sua illusione-speranza non concretizzata che la spinge a riunire i Druidi per dichiarare guerra a Roma.
Quindi, batte lo scudo di Irminsul per annunciare ai Galli  la ribellione verso Roma (“Guerra! Guerra!”), dopodiché Oroveso le chiede il nome della vittima del sacrificio proprio quando Pollione viene scoperto dopo essersi introdotto nello spazio riservato alle sacerdotesse, allo scopo di rapire Adalgisa.

Norma sta per uccidere Pollione ma, impietosita, dice di volerlo interrogare. Chiede a tutti di allontanarsi e offre la salvezza della vita al proconsole imponendogli di lasciare Adalgisa (“In mia man alfin tu sei”) ma, avendone un rifiuto, ucciderà i loro due figli e manderà Adalgisa al rogo.

Pollione accetta e Norma prende coscienza che la “colpa” di Adalgisa è la sua, per cui si autodenuncia e ordina che venga eretto il rogo, mentre Pollione si accorge della grandezza e generosità di Norma e decide di seguirla.

In segreto, Norma confessa a Oroveso di essere madre e lo prega di prendersi cura dei bambini (“Deh, non volerli vittime”) che sono custoditi da Clotilde.

 

Brani celebri:   


Atto I

Sinfonia
Coro d’Introduzione – Ite sul colle
Recitativo e Cavatina Pollione
Recitativo – Svanir le voci!
Cavatina – Meco all’altar di Venere
Coro – Norma viene
Recitativo e Cavatina Norma
Recitativo – Sediziose voci
Cavatina – Casta Diva
Recitativo e Duetto Pollione e Adalgisa
Recitativo – Sgombra è la sacra selva
Duetto – Va’, crudele, al Dio spietato

Finale I
Recitativo – Vanne, e li cela entrambi
Duetto Norma e Adalgisa – Sola, furtiva, al tempio
Terzetto Norma, Adalgisa e Pollione – Ah! Di qual sei tu vittima

Atto II

Introduzione
Recitativo – Dormono entrambi
Duetto Norma e Adalgisa – Deh! con te, con te li prendi…
Coro – Non partì?… Finora è al campo
Recitativo e Sortita Oroveso
Recitativo – Guerrieri! a voi venirne
Sortita – Ah! del Tebro al giogo indegno

Finale II
Recitativo – Ei tornerà
Coro – Guerra, guerra! le galliche selve
Recitativo – Né compi il rito, o Norma?
Duetto Norma e Pollione – In mia man alfin tu sei
Recitativo – Dammi quel ferro
Duetto Norma e Pollione – Qual cor tradisti, qual cor perdesti
Scena ultima – Deh! non volerli vittime

 

Incisioni:  

Gina Cigna, Giovanni Breviario, Ebe Stignani, Tancredi Pasero

Vittorio Gui  Orchestra e Coro dell’EIAR di Torino     Warner Music

Maria Callas, Mario Filippeschi, Ebe Stignani, Nicola Rossi-Lemeni       Tullio Serafin   Orchestra e coro del Teatro alla Scala   EMI

Maria Callas, Franco Corelli, Christa Ludwig, Nicola Zaccaria    Tullio Serafin  Orchestra e coro del Teatro alla Scala   EMI

Joan Sutherland, John Alexander, Marilyn Horne, Richard Cross           Richard Bonynge   London Symphony Orchestra e Chorus RCA Victor/Decca Records

Elena Souliotis, Mario Del Monaco, Fiorenza Cossotto, Carlo  Cava        Silvio Varviso   Orchestra e coro dell’Accademia di Santa Cecilia          Decca Records

Montserrat Caballé, Plácido Domingo, Fiorenza Cossotto, Ruggero Raimondi   Carlo Felice Cillario  London Philharmonic Orchestra e Ambrosian Chorus   RCA Victor

Beverly Sills, Enrico Di Giuseppe, Shirley Verrett, Paul Plishka  James Levine

New Philharmonia Orchestra e John Alldis Choir           Deutsche Grammophon

Montserrat Caballé, Jon Vickers, Josephine Veasey, Agostino Ferrin     Giuseppe Patané          Dreamlife

Renata Scotto, Giuseppe Giacomini, Tatiana Troyanos, Paul  Plishka      James Levine National Philharmonic Orchestra e Ambrosian Opera Chorus    Sony Classical Records

Joan Sutherland, Luciano Pavarotti, Montserrat Caballé, Samuel Ramey          Richard Bonynge  Orchestra e coro della Welsh National Opera    Decca Records

Cecilia Bartoli, John Osborn, Sumi Jo, Michele Pertusi  Giovanni Antonini Orchestra La Scintilla e International Chamber Vocalists          Decca Records

 

Registrazioni dal vivo:

Maria Callas, Kurt Baum, Giulietta Simionato, Nicola Moscona Guido  Picco      Città del Messico            Melodram

Maria Callas, Mirto Picchi, Ebe Stignani, Giacomo Vaghi   Vittorio Gui       Londra Legato Classic

Maria Callas, Franco Corelli, Elena Nicolai, Boris Christoff         Antonino Votto Trieste Melodram

Maria Callas, Mario del Monaco, Ebe Stignani, Giuseppe Modesti         Tullio Serafin    Roma   Fonit Cetra

Maria Callas, Mario del Monaco, Giulietta Simionato, Nicola Zaccaria    Antonino Votto     Orchestra e coro del Teatro alla Scala di Milano            Teatro alla Scala, 7 dicembre   Arkadia

Maria Callas, Gianfranco Cecchele, Fiorenza Cossotto, Ivo Vinco          George Prêtre  Parigi    Eklipse

Montserrat Caballé, Placido Domingo, Fiorenza Cossotto, Ruggero   Raimondi   Carlo Felice Cillario       Milano            MYTO

Montserrat Caballé, Jon Vickers, Josephine Veasey, Agostino Ferrin     Giuseppe Patanè  Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino

Teatro romano di Orange, 27 luglio      Opera d’Oro

Grace Bumbry, Giuseppe Giacomini, Lella Cuberli, Robert Lloyd           Michael Halasz  Orchestra Sinfonica di Bari, Coro Amici della Polifonia e Voci per la Musica       Palazzo Ducale, Martina Franca            Dynamic

Renata Scotto, Ermanno Mauro, Margherita Rinaldi, Agostino Ferrin    Riccardo Muti Orchestra e coro del Maggio Musicale Fiorentino          Teatro Comunale di Firenze      Lyric Distribution Inc., Myto

Jane Eaglen, Vincenzo La Scola, Eva Mei, Dimitri Kavrakos[18]            Riccardo Muti  Orchestra e coro del Maggio Musicale Fiorentino          Teatro Dante Alighieri, Ravenna           EMI

DVD & BLU-RAY (selezione)

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Norma è una tragedia lirica tratta da “Norma, ou L’infanticide” di Louis-Alexandre Soumet, è composta in quasi tre mesi ed è rappresentata al Teatro “Alla Scala” di Milano il 26 dicembre 1831, inaugurando così la “Stagione di Carnevale e Quaresima” del 1832.

Esito: insuccesso dovuto a poblemi di esecuzione e ad una claque nemica di Bellini e del soprano Giuditta Pasta.

Sapendo che avrebbe dovuto musicare l’opera per l’apertura della Stagione Lirica del famoso teatro di Milano, Bellini si rivolge al suo amico librettista Felice Romani, la cui scelta considera il cast che comprende il prestigio di Giuditta Pasta sia come cantante, sia come attrice, cucendole il libretto su misura, eccellente interprete di ruoli drammatici.

E’ importante ricordare che il libretto, tratto dal lavoro di Soumet, basato sulla tragedia greca, Romani lo rende più umano, romantico e più attuale, nel tempo.

Le due protagoniste della “prima” sono i soprani:

. Giulia Grisi interpreta Adalgisa, soprano  romantico, dal timbro chiaro e in grado di sostenere buoni acuti.

.  Giuditta Pasta, in origine, contralto, poi spostata verso il registro di soprano, interpreta Norma.

 

Nota è l’ammirazione di Wagner per quest’opera, la cui grande notorieità rende Bellini immortale, mentre la decima scena del Secondo Atto, “In mia mano alfin tu sei”, è una sorpresa e una grande gioia per lo tesso Wagner che, come altri, apprezza molto l’introduzione al secondo atto (che Chopin prende come base per il suo studio n. 7, op. 25, per pianoforte).

Le arie di “Norma” di Bellini hanno ispirato alcune composizioni, fra cui, per pianoforte e altri strumenti:

Fantasia “Réminiscences de Norma” di Franz Liszt, Grande “Fantaisie et Variations” sur des motifs de l’opéra Norma di Sigismund Thalberg, il “Thême favori” de la Norma de Bellini varié variazioni di Friedrich Kalkbrenner, “Grandes fantaisies”-studio pianistico su “Casta Diva” di Fryderyk Chopin (grandissimo ammiratore di Bellini), fantasia sulla Norma per violino e orchestra di Henri Vieuxtemps; Giovanni Bottesini per contrabbasso e pianoforte;  Jean-Baptiste Arban: variazioni per cornetta e pianoforte.

Una fantasia a grande orchestra “Omaggio a Bellini” è stata creata da Saverio Mercadante ed è ispirata dai temi della Norma.

 

Norma:

“Norma” è simile a “Medea”, tragedia greca di Euripide ma, a differenza della Maga, non uccide i suoi figli.

Nell’opera, si nota il suo rapporto “pubblico” durante i riti e le riunioni, mentre il suo rapporto “privato” presenta affetti personali e passioni che riguardano la stessa Norma, Adalgisa e Pollione.

E’ sacerdotessa dei Druidi, popolo celtico, amante della Natura, fedele al Dio Irminsul e  pregano la Luna/Diva bianca e casta affinché una rivolta si realizzi verso Roma, per cui le riunioni si svolgono alla sua luce.

Entrambi i rapporti vengono uniti quando Norma permette al padre e al popolo di conoscere i suoi drammi personali, i suoi conflitti, diventando un’eroina che evita il sangue dei suoi figli e sacrificandosi a mezzo del rogo purificatore: da un fatto personale, la situazione diventa un fatto pubblico.

Psicologicamente, la statura morale di Norma è al di sopra degli altri personaggi, in quanto è sacerdotessa del culto celtico e conduce il suo popolo, è madre e sa amare ardentemente Pollione agisce sempre in presenza di cori o di altri personaggi in una vicenda che racconta la relazione segreta e l’istinto amorevole materno, oltre alla falsità di Pollione, la diversità di società culturale.

La sua vocazione è stata infranta a causa dell’amore per il proconsole romano che la rende  madre di due figli e tale cosa le provoca il dramma emotivo religioso e il tormento di una donna innamorata, gelosa, e l’amore per i figli.

Desta interesse il finale con l’unione dei due innamorati nella morte e l’anima generosa che non accusa Adalgisa ma sé stessa, affrontando il sacrificio della Morte.

Norma è un anima bella.

 

Pollione: 

Secondo l’epoca in cui l’opera viene ambientata, Pollione desta l’interesse femminile, però  la sua falsità lo porta ad ingannare due donne.

Al giorno d’oggi, esiste il divorzio e una logica di ragionamento secondo cui una donna ingannata dal proprio uomo CHIEDE SODDISFAZIONE ATTRAVERSO LE VIE LEGALI.

Pollione non prova il senso di colpa verso Norma, ma “si redime” alla fine.

 

Adalgisa: 

Adalgisa, come Norma, è una vittima di Pollione.

Ha la forza di respingerlo dopo che Norma gli ha raccontato chi è Pollione.

NORMA: MELODRAMMA AFFASCINANTE, E’ LA PIU’ NOBILE OPERA LIRICA DELLA PRIMA META’ DELL’ ‘800.

 

Battuto al computer da Lauretta

 

RICCARDO CHAILLY dirige la SINFONIA:

.

Il basso CESARE SIEPI e il coro cantano “ITE SUL COLLE, O DRUIDI”:

.
Il tenore MARIO DEL MONACO canta MECO ALL’ALTAR DI VENERE:

 

.
Il soprano MARIA CALLAS canta “CASTA DIVA”:

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Il soprano GERALDINE CHAUVET e il tenore MANRICO TEDESCHI cantano “SGOMBRA E’ LA SACRA SELVA” (Pollione e Adalgisa):

.

Il mezzosoprano Cecilia Bartoli,  il soprano Sumi Jo, il tenore John Osborn cantano il terzetto “OH! DI QUAL SEI TU VITTIMA”:   https://youtu.be/4UdRwc9CIrg

.

Il soprano MARIA CALLAS e il mezzosoprano CHRISTA LUDWIG cantano “DEH! CON TE LI PRENDI”:

.

Il soprano DANIELA DESSI’ e CORO cantano “GUERRA! GUERRA! LE GALLICHE SELVE”:

.

Il soprano MARIA CALLAS e il tenore MARIO DEL MONACO cantano “In mia man alfin tu sei”:

.

Il soprano MARIA CALLAS, il mezzosoprano CHRISTA LUDWIG, il tenore FRANCO CORELLI, il basso NICOL ZACCARIA cantano “QUAL COR TRADISTI, QUAL COR PERDESTI, … DEH, NON VOLERLI VITTIME”:   https://youtu.be/onmB8U6J5Dk

 

NABUCCO  di  GIUSEPPE VERDI 

 

Opera in IV parti su libretto di Temistocle Solera, tratto da “Nabuchodonosor”, dramma di Auguste Anicet-Bourgeois e Francis Cornue, musica di Giuseppe Verdi.

Prima rappresentazione: Teatro “La Scala” di Milano, 9 marzo 1842 con Giorgio Ronconi e Giuseppina Strepponi.

 

Personaggi:

Nabucco, re di Babilonia (baritono)
Ismaele, nipote di Sedecia re di Gerusalemme (tenore)
Zaccaria, gran pontefice degli Ebrei (basso)
Abigaille, schiava, creduta figlia primogenita di Nabucco (soprano)
Fenena, figlia di Nabucco (mezzosoprano)
Il Gran Sacerdote di Belo (basso)
Abdallo, vecchio ufficiale del re di Babilonia (tenore)
Anna, sorella di Zaccaria (soprano)

 

Gli interpreti principali della prima rappresentazione: 

Nabucodonosor (baritono) Giorgio Ronconi
Ismaele (tenore) Corrado Miraglia
Zaccaria (basso) Prosper Dérivis
Abigaille (soprano) Giuseppina Strepponi
Fenena (mezzosoprano) Giovannina Bellinzaghi

 

Trama: 

Epoca storica: intorno al 587 circa a.C.

Parte I: Gerusalemme,

Nel Tempio di Gerusalemme, i Leviti e il popolo lamentano la sorte degli Ebrei, assediati dal re di Babilonia, Nabucodonosor.
Il profeta Zaccaria incoraggia piuttosto irruentemente la sua gente presentando un prezioso ostaggio, Fenena, figlia
di Nabucodonosor, che affida in custodia ad Ismaele, nipote del re di Gerusalemme.
Il giovane ama la prigioniera, la vuole liberare e fuggire con lei perché, in passato, mentre si trovava a Babilonia, era prigioniero ed era stato liberato proprio da Fenena.

Giunge Abigaille, idem innamorata di Ismaele e minaccia la sorella di riferire al padre, ma tacerà se Ismaele rinuncerà a Fenena e amerà la stessa Abigaille.

Nabucodonosor, a capo del suo esercito, è deciso a saccheggiare Gerusalemme, e Zaccaria, per fermarlo, minaccia di uccidere Fenena: Ismaele riesce a consegnarla salva, nelle mani di Nabucodonosor che sfoga la sua ira imprigionando gli Ebrei e facendo incendiare il Tempio di Salomone.

Parte II: L’empio.

Abigaille trova una pergamena che attesta le sue umili origini di schiava.
Nabucco nomina reggente Fenena, che ordina di liberare tutti gli Ebrei.
Abigaille accetta il consiglio del Sacerdote di Belo di impossessarsi della corona.

Zaccaria, prigioniero degli Assiri in Babilonia con tutto il suo popolo sollecita Iddio a parlare attraverso il suo labbro e incontra Fenena che ha deciso di convertirsi al Dio degli Ebrei.
I Leviti maledicono Ismaele perché li ha traditi, ma Anna, sorella di Zaccaria, lo difende: il giovane infatti ha salvato un’Ebrea, perché la figlia del re nemico, Fenena, si è convertita alla “Legge”.

Nabucco è creduto morto in guerra e Abigaille pretende da Fenena la corona, ma il re ritorna e se la riprende.
Deride il Dio di Babilonia, che avrebbe spinto i Babilonesi a tradirlo, e il dio degli Ebrei, (Jehova).
Esige di essere adorato come l’unico Dio, un fulmine scende sulla sua testa e la corona cade mentre il re comincia a mostrare segni di follia.
La corona viene subito raccolta da Abigaille che si autonomina regina a difesa dell’Assiria.

Parte III: La profezia.

Il Gran Sacerdote di Belo consegna ad Abigaille la sentenza di condanna a morte degli Ebrei, e la regina si finge incerta sul da farsi.
All’arrivo di Nabucco, spodestato, dà ordine di ricondurlo nelle sue stanze.
Lo invita a porre il suggello regale sulla sentenza di morte degli Ebrei.
Nabucco la accontenta, ma subito vede il nome di Fenena nell’elenco dei condannati; Abigaille, implacabile, afferma che nessuno potrà salvarla e gli ricorda di essere anch’essa sua figlia, ma il re conferma la sua vera condizione di schiava.
Abigaille fa a pezzi la pergamena che attesta la sua origine.
Il re chiama le sue guardie ma esse lo arrestano, obbedendo alla nuova regina.
Preda di confusione e impotenza, Nabucco chiede perdono ad Abigaille e invoca pietà per Fenena.

Sulle sponde dell’Eufrate gli ebrei, sconfitti e prigionieri, ricordano con nostalgia e dolore la cara patria perduta (coro: “Va’, pensiero, sull’ali dorate”).

Il Pontefice Zaccaria li incita a non piangere come femmine imbelli e profetizza una dura punizione per il loro nemico: il Leone di Giuda sconfiggerà gli Assiri e distruggerà Babilonia.

Parte IV: L’Idolo infranto.

Nabucco, tornato in sé, si affaccia alla loggia e vede con raccapriccio Fenena in catene.
Disperato e rendendosi conto di essere prigioniero, si inginocchia al Dio di Giuda invocando il suo aiuto e chiedendogli perdono.
Subito, sopraggiunge il fedele ufficiale Abdallo con un numero di soldati, che gli offre la spada (“Il brando tuo”) e l’aiuto a riconquistare il trono.

Nel corteo degli Ebrei, Zaccaria conforta Fenena e la fanciulla si prepara a godere delle gioie celesti.

Nabucco, alla testa delle sue truppe, ordina di infrangere la statua di Belo e, miracolosamente, «l’idolo cade infranto da sé»: tutti gridano al «divino prodigio».

Nabucco concede la libertà agli Ebrei e ordina al popolo d’Israele di costruire un tempio per il suo Dio grande e forte, “il solo degno di essere adorato”.

Mentre tutti, Ebrei ed Assiri, s’inginocchiano invocando l’«Immenso Jehova», entra Abigaille sorretta da due guerrieri: la donna si è avvelenata e chiede il perdono degli uomini e di Dio prima di morire.
Zaccaria rivolge a Nabucco l’ultima profezia: «Servendo Jehova, sarai de’ regi il re!».

 

Brani noti: 

Sinfonia
D’Egitto là sui lidi, cavatina di Zaccaria (parte I)
Mio furor, non più costretto, (finale parte I)
Ben io t’invenni, o fatal scritto!… Anch’io dischiuso un giorno, recitativo e aria di Abigaille (parte II)
Vieni, o Levita, preghiera di Zaccaria (parte II)
S’appressan gli istanti, finale (parte II)
Donna, chi sei? duetto tra Nabucco e Abigaille (parte III)
Va, pensiero, sull’ali dorate, coro degli ebrei (parte III)
Dio di Giuda! preghiera di Nabucco (parte IV)

 

Incisioni note: 

Gino Bechi, Maria Callas, Luciano Neroni, Amalia Pini, Gino Sinimberghi Vittorio Gui Warner Classic

Paolo Silveri, Caterina Mancini, Antonio Cassinelli, Gabriella Gatti, Mario Binci Fernando Previtali Fonit Cetra

Ettore Bastianini, Margherita Roberti, Paolo Washington, Miriam Pirazzini, Gastone Limarilli Bruno Bartoletti Myto

Cornell MacNeil, Leonie Rysanek, Cesare Siepi, Rosalind Elias, Eugenio Fernandi Thomas Schippers MetOpera

Ettore Bastianini, Mirella Parutto, Ivo Vinco, Anna Maria Rota, Luigi Ottolini Bruno Bartoletti G. O. P.

Tito Gobbi, Elena Souliotis, Carlo Cava, Dora Carral, Bruno Prevedi Lamberto Gardelli Decca

Giangiacomo Guelfi, Elena Souliotis, Nicolaj Ghiaurov, Gloria Lane, Gianni Raimondi Gianandrea Gavazzeni Nuova Era

Matteo Manuguerra, Renata Scotto, Nicolaj Ghiaurov, Elena Obrazcova, Veriano Luchetti Riccardo Muti EMI

Piero Cappuccilli, Ghena Dimitrova, Evgenij Nesterenko, Lucia Valentini Terrani, Plácido Domingo Giuseppe Sinopoli Deutsche Grammophon

Paolo Gavanelli, Monica Pick-Hieronimi, Paata Burchuladze, Anna Schiatti, Gilberto Maffezzoni Anton Guadagno Koch Schwann

Renato Bruson, Marija Hulehina, Ferruccio Furlanetto, Elena Zaremba, Fabio Armiliato Daniel Oren Valois

Leo Nucci, Dimitra Theodossiou, Riccardo Zanellato, Anna Maria Chiuri, Bruno Ribeiro Michele Mariotti  C Major

Amartüvshin Enkhbat, Saoia Hernández, Michele Pertusi, Annalisa Stroppa, Ivan Magrì Francesco Ivan Ciampa Dynamic

 

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:

Nabucco (il titolo originale completo è “Nabucodonosor”) è la terza opera lirica di Giuseppe Verdi ed è quella che ne ha decretato il successo, consacrandolo quale “Simbolo dell’Unità d’Italia”.

Secondo una critica:

“È stata spesso definita come l’opera più risorgimentale di Verdi, poiché gli spettatori italiani dell’epoca avevano la condizione politica simile a quella degli Ebrei soggetti al dominio babilonese. Questa interpretazione però fu il risultato di una lettura storiografica retroattiva che, alla luce degli avvenimenti storici occorsi, volle sottolineare in senso risorgimentale l’attività artistica del compositore.

La lettura fu incentrata soprattutto sul famosissimo coro” Va’, pensiero, sull’ali dorate”, intonato dal popolo ebraico, ma il resto del dramma è invece incentrato sulle figure drammatiche dei Sovrani di Babilonia Nabucodonosor II e della sua presunta figlia Abigaille”.

Dopo il fiasco di “Un giorno di regno” e la morte della moglie e dei due figlioletti, Verdi si ritrova vittima del rifiuto psicologico di comporre musica, ma l’impresario Bartolomeo Merelli gli propone un libretto scritto da Temistocle Solera intitolato “NABUCCO”.

 

Verdi rimane molto colpito e accetta volentieri di musicare l’opera.

Nel 1841 viene completata la partitura musicale e, il successivo 9 marzo 1842, l’opera viene rappresentata al Teatro “Alla Scala” di Milano con felicissima accoglienza da parte del pubblico e della critica.

E’ importante ricordare anche che Nabucco debutta con grande successo al Teatro “Alla Scala” di Milano, alla presenza di Gaetano Donizetti.

Secondo quanto scritto da qualche storico musicale, “Il librettista Solera aderì alla battaglia risorgimentale da posizioni neoguelfe, circostanza che potrebbe giustificare la collocazione di un’autorità di tipo religioso, l’inflessibile pontefice Zaccaria, a capo della fazione ebraica”.

L’azione si svolge a Gerusalemme, a Babilonia e sulle sponde del fiume Eufrate, nel 587 a.C. circa.
Ha per sfondo la guerra dei Babilonesi, guidati dal Re Nabucodonosor contro gli Ebrei e i Leviti (ossia, gli appartenenti alla tribù di Levi), popolazione che NON ha MAI perso la propria identità, neppure al giorno d’oggi.

Presenziano gli eventi di guerra, le rivalità amorose, i tradimenti: il tutto termina con la liberazione degli Ebrei, mentre Nabucco, convertito, dichiara la Gloria di Jehova.

 

Nabucco: 

E’ UN “VINCITORE”, dal momento che, una volta svegliatosi dall’incubo e rinsavito, il senno ritornato gli fa CAPIRE che IL DIO DEGLI EBREI E’ PIU’ FORTE DEL SUO ESSERSI VOLUTO ERIGERE AD ESSERE SUPERIORE: “NON SON PIU’ RE, SON DIO!”.

Si prostra al Dio di Israele per il quale Fenena, la vera figlia, avrebbe dovuto essere sacrificata e che, grazie al piegarsi di Nabucco, continuerà a vivere.

Infatti, nel IV atto, Nabucco canta: “Dio degli Ebrei, perdono” seguito da “Dio di Giuda, l’ara, il tempio a te sacrati …”.

 

Zaccaria: 

Nel II atto, mentre è prigioniero, sua è “LA PREGHIERA”: brano fantastico commovente e intriso del forte “credo religioso”.

Aria preceduta da un passo orchestrale splendido, in cui emerge solo il violoncello.

Nel III atto, grazie al suo “POTERE” mistico, SCUOTE gli Ebrei che, a mezzo dello splendido coro “Vah, pensiero …”, sulle rive del fiume Eufrate, esprimono la nostalgia per la loro patria lontana, li “solleva” dalla tristezza a mezzo delle parole “Oh, chi piange? Di femmine imbelli … Chi solleva lamenti all’Eterno?”.

Zaccaria promette, profetizzando, che il Leone di Giuda vincerà Babilonia.

Ebbene, sì, questo coro stupendo, il più famoso nella storia dell’opera Lirica, E’ UN LAMENTO: qui vengono ricordati, con nostalgia e dolore, i Vati che ammutoliscono attraverso la loro arpa d’oro pendente dal salice e che ricorda i tempi andati, il fiume Giordano, le Torri atterrate di Sionne (ossia Gerusalemme: si chiamava così dal nome del Colle Sion).

E’ importante evidenziare che per il testo di questo coro, il più famoso dell’opera, «Va’, pensiero», cantato dagli Ebrei resi schiavi, il librettista Temistocle Solera si è ispirato al Salmo biblico 137: «Lungo i fiumi di Babilonia ci sedemmo angosciati in memoria della patria. Con le lacrime appendemmo le nostre cetre sopra i salici. In quell’esilio, parole di canto ci chiedevano i nostri carcerieri, inni di giubilo i nostri oppressori. No! Come potremmo cantare le lodi del Signore in terra straniera, senza evocare il dramma di Gerusalemme? Come potremmo dimenticare la nostra città? Il suo ricordo è al di sopra di ogni gioia».

Anche Salvatore Quasimodo si è ispirato, nella sua poesia: “E come potevamo noi cantare”, riferendosi chiaramente al periodo della tirannia nazifascista nel nostro Paese.

Infatti, Quasimodo scrive: “E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze, al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto anche le nostre cetre erano appese. Sussurravano lievi al triste vento”.

«Va pensiero» è famosissimo in tutto il Mondo ed è una delle musiche italiane più conosciute accanto alla Marsigliese, a Lily Marlène, a We are theworld, a Les feuilles mortes…

 

Abigaille: 

Come Nabucco e Zaccaria, rincorre “IL POTERE”, ma la vera PERDENTE è Abigaille a causa del suo NON essere figlia biologica di Nabucco che le provoca il desiderio di rivalsa.

Infatti, Abigaille rimane traumatizzata dal ritrovamento del “fatal scritto” che prova la sua nascita NON di sangue reale e, che lei NON sa, potrebbe avere sempre portato ad un comportamento non troppo nobile (la Genetica ha sempre “parlato” per chiunque).

Il sentimento di RIVALSA la porterà a suicidarsi a mezzo di avvelenamento, nell’ultimo atto.

Psicologicamente, Abigaille è una personalità incisiva.

 

. Vocalità di Abigaille.

La parte di Abigaille è molto difficile: il soprano è drammatico e di grandissima potenza; le difficoltà tecniche sono rilevanti ed evidenziano il carattere predisposto all’ira da parte di tale donna.

Tra le più celebri Abigaille spiccano Maria Callas, Anita Cerquetti, Elena Souliotis, Ghena Dimitrova, Maria Dragoni, Marija Guleghina e Ekaterina Metlovama.

 

Fenena: 

Figlia biologica di Nabucco che si converte alla religione del suo Ismaele, possiede la vocalità di un mezzosoprano morbido ed è stata interpretata da mezzosoprani come Giulietta Simionato, Fiorenza Cossotto e Lucia Valentini Terrani.

 

Ismaele:

E’ l’amato di Fenena, conosciuto in Babilonia quale Ambasciatore.

Pur essendo coraggioso, viene maledetto dai Leviti perché si credono traditi, ma viene difeso da Anna, sorella di Zaccaria, che li informa che il giovane ha salvato un’Ebrea: infatti, la figlia di Nabucco-nemico, si è convertita alla religione di Jehova.

 

Abdallo: 

Ufficiale fedele a Nabucco, assieme ad un gruppo di soldati, lo aiuta nella riconquista della sua corona, a differenza del Grande Sacerdote di Belo che è fedele ad Abigaille.

Opera molto corale, Nabucco “è, praticamente, tutta un coro”.

Verdi dimostra la sua sensibilità, la sua attrazione inconscia verso la popolazione, specialmente sofferente, ossia il suo altruismo, la sua empatia.

Battuto al computer da Lauretta

ARTURO TOSCANINI dirige la SINFONIA:

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LOUIS BUSKENS dirige il CORO DEI LEVITI “GLI ARREDI FESTIVI”:

 

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Il  basso ILDAR ABDRAZAKOV canta “D’EGITTO, LA’, SUI LIDI”:

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Il soprano MARIA GULEGHINA canta “BEN IO T’INVENNI, O FATAL SCRITTO”:

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Il basso CARLO COLOMBRA canta “VIENI, O LEVITA”:

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Il baritono RENATO BRUSON, il soprano GHENA DIMITROVA, il tenore BRUNO BECCARIA, il soprano RAQUEL PIEROTTI cantano “S’APPRESSAN GL’ISTANTI”:

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Il baritono GINO BECHI e il soprano MARIA CALLAS cantano “DONNA CHI SEI?”:

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RICCARDO MUTI dirige il coro “VA, PENSIERO, SULL’ALI DORATE”:   https://youtu.be/MBYmhYxEvUM

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Il baritono PIERO CAPPUCCILLI canta “DIO DI GIUDA” (PREGHIERA DI NABUCCO):

MANON LESCAUT di GIACOMO PUCCINI

Manon Lescaut è un’opera in quattro atti su libretto di Luigi Illica, Giuseppe Giacosa, Marco Praga, Domenico Oliva, Ruggero Leoncavallo, Tito Ricordi e lo stesso Puccini.

Fonti: “Storia del cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut” di Antoine François Prévost.

Prima rappresentazione: Teatro Regio, di Torino, 1º febbraio 1893 con, primi interpreti,  Cesira Ferrani e Giuseppe Cremonini Bianchi.

Genere: dramma lirico Musica Giacomo Puccini.

 

Personaggi:   

Manon Lescaut (soprano)
Il Cavaliere Renato Des Grieux, studente (tenore)
Lescaut, Sergente della Guardia del Re (baritono)
Geronte di Ravoir, tesoriere generale (basso)
Edmondo, studente (tenore)
Un  lampionaio (tenore)
Un musico (mezzosoprano)
Un oste (basso)
Il maestro di ballo (tenore)
Sergente degli Arcieri / Sergente di Parigi (basso)
Il Comandante di Marina (basso)
Un parrucchiere (mimo)

 

Trama:

Epoca: Seconda metà del secolo XVIII.

Atto I: Amiens, una locanda nel piazzale in prossimità della Porta di Parigi.

Qui, alcuni studenti, borghesi e ragazze scherzano sugli argomenti amore e giovinezza.

Fra gli studenti, Renato Des Grieux, mostra indifferenza verso l’amore (“L’amor? Questa tragedia, ovver commedia, io non conosco!”).

Arriva una carrozza che sosta per il cambio dei cavalli.
Da qui, scendono Manon Lescaut (la cui vita proseguirà in convento per decisione della famiglia che la ritiene piuttosto vivace e capricciosa), il fratello Lescaut (Sergente della Guardia del Re), Geronte di Ravoir (tesoriere generale del Re) e altri viaggiatori.

Vedendo Manon, Des Grieux ha “il colpo di fulmine” e, appena Manon resta sola, le si avvicina; al ritorno di Lescaut, promettono di rivedersi.

Intanto, Lescaut organizza di rapire la sorella affinché  lei diventi l’amante di Geronte di Ravoir, vecchio danaroso banchiere così, anche lui beneficerà.

Edmondo, l’amico di Des Grieux, ascolta il dialogo e lo informa, per cui organizzano una mossa contraria: Renato rapirà Manon, precedendo il banchiere.

Des Grieux convince faticosamente Manon a fuggire assieme in carrozza, gli studenti li salutano, Geronte smania e medita vendetta, mentre Lescaut, conoscendo la sorella, SA che NON sosterrà una vita senza pretese.

 

Atto II:  A Parigi.

Nella casa di Geronte: il salotto elegantissimo.

Lescaut aveva ragione e Manon lo ha raggiunto per diventare l’amante del vecchio banchiere.
E’ abituata a prepararsi per ricevimenti, durante i quali balla e canta.
Però, ormai, si annoia e prova nostalgia per il giovane Des Grieux; a questo punto, il fratello chiama di nascosto Des Grieux a palazzo.

Terminato l’ultimo ricevimento, Manon è sola e, nella sua camera, entra a forza Des Grieux: fra loro, la passione ritorna.
Des Grieux è arrabbiatissimo, ma Manon lo seduce facilmente.

Purtroppo, all’improvviso, arriva Geronte che, nonostante – attraverso uno specchio – Manon gli faccia presente quanto il banchiere sia maggiore di lei, saluta con :  “Arrivederci… e a presto!”.
Des Grieux la sollecita a fuggire subito, ma Manon non percepisce il pericolo.
Interviene anche il fratello che la mette in guardia che è stata denunciata e, mentre tenta di ritrovare un po’ di gioielli tenuti nella stanza, le guardie la trattengono come ladra e infedele.

Atto III:  Piazzale presso il porto di Le Havre e caserma con una cella.

È notte.
Manon è incarcerata nella prigione di Le Havre assieme ad altre donne di malaffare; da qui, l’alba seguente sarà imbarcata in una nave che andrà negli Stati Uniti.
L’azione per scansare tale esilio non riesce a Lescaut, per cui Des Grieux supplica il comandante della nave allo scopo che lo imbarchi insieme a lei. Il comandante è commosso dalle sue lacrime e gli permette di partire come mozzo per il viaggio d’oltreoceano.

 

Atto IV: Una landa sterminata ai confini della Nuova Orléans, nell’America del Nord.

Manon e Des Grieux si spostano senza meta prestabilita attraverso un terreno arido, esausti.
Manon è stata imprudente molte volte per cui, questa volta, sono fuggiti.
Manon è stanca e non riesce a proseguire anche a causa della zona senz’acqua.
Il suo amante Des Grieux le è sempre stato fedele ma NON può aiutarla.
E’ disperato  e piangente e può solo ascoltare le ultime parole di Manon che spira fra le sue braccia.

 

Brani noti: 

Donna non vidi mai, romanza di Des Grieux (atto I)
In quelle trine morbide, romanza di Manon (atto II)
Tu, tu, amore? Tu?!, duetto tra Manon e Des Grieux (atto II)
Intermezzo orchestrale, viaggio a Le Havre (atto III)
Sola… perduta… abbandonata, aria di Manon (atto IV)

 

Incisioni: 

Maria Zamboni, Francesco Merli, Lorenzo Conati, Attilio Bordonali, Giuseppe Nessi, Lorenzo Molajoli, Columbia

Renata Tebaldi, Mario del Monaco, Mario Borriello, Fernando Corena, Piero De Palma, Armando Giannotti, Francesco Molinari Pradelli, Decca

Licia Albanese, Jussi Björling, Robert Merrill, Mario Carlin, Franco Calabrese, Anna Maria Rota, Jonel Perlea, RCA

Maria Callas, Giuseppe Di Stefano, Giulio Fioravanti, Dino Formichini, Franco Calabrese, Fiorenza Cossotto, Tullio Serafin, EMI

Montserrat Caballé, Plácido Domingo, Vincente Sardinero, Noël Mangin, Robert Tear, Peter Klein, Bruno Bartoletti, EMI

Mirella Freni, Plácido Domingo, Renato Bruson, Kurt Rydl, Robert Gambill, Giuseppe Sinopoli            Deutsche Grammophon

Raina Kabaivanska, Giuseppe Giacomini,Nelson Portella, Ljubomir Djakovski, Giancarlo Luccardi, Cristina Anghelakova, Angelo Campori, RCA

Kiri Te Kanawa, José Carreras, Paolo Coni,Italo Tajo, William Matteuzzi, Riccardo Chailly, Decca

Mirella Freni, Luciano Pavarotti, Dwayne Croft, Giuseppe Taddei, Ramón Vargas, Cecilia Bartoli, James Levine,  Decca

Marija Hulehina, José Cura, Lucio Gallo, Luigi Roni, Marco Berti, Riccardo Muti, Deutsche Grammophon

 

Cinema:    

. Manon Lescaut, film-opera del 1939 con Alida Valli e Vittorio De Sica, regia di Carmine Gallone.

. Gli  amori di Manon Lescaut, film del 1954 con Myriam Bru e Franco Interlenghi, regia di Mario Costa (utilizza la musica di Puccini).

. Sembra che John Williams si sia ispirato all’intermezzo del 3° atto di quest’opera per il celebre tema musicale di Star Wars.

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Il libretto di Manon Lescaut è Ispirato al romanzo scritto nel 1731 dall’abate Antoine François Prévost “Storia del cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut”, mentre l’opera viene composta fra il 1889 e il 1892.
Infatti, nel 1889, Puccini è impegnato con il rifacimento di “Edgar”, con la composizione di “Manon Lescaut” (eccetto l’ultimo atto), la riduzione de “I Maestri Cantori di Norimberga”, su richiesta di Ricordi  (per cui va a Bayreuth ad ascoltare l’opera di Wagner che, con “Tristano e Isotta” e “Parsifal” è fra le sue predilette).
Quindi, nell’ottobre 1892, l’opera è pronta.

Manon Lescaut è la terza opera di Puccini, gli apre la strada da percorrere, è considerata il suo primo lavoro operistico soggettivo e la sua partitura viene modificata da Puccini più volte, dalla prima rappresentazione dell’opera fino a poco prima di decedere.

Da non dimenticare quanto è risaputo:

< Lo stesso soggetto aveva già ispirato la Manon Lescaut di Daniel Auber (Daniel-François Esprit Auber), rappresentata a Parigi, Opéra-Comique, 23 febbraio 1856 e, soprattutto, la Manon di Jules Massenet (Parigi, Opéra-Comique, 19 gennaio 1884).

Secondo quanto raccontato, < Quando Marco Praga gli fece notare che avrebbe dovuto affrontare il confronto con la fortunata opera di Massenet, Puccini rispose: “Lui la sentirà alla francese, con cipria e i minuetti. Io la sentirò all’italiana, con passione disperata” >.

“Manon Lescaut”, opera attuale, affascinante e melodiosa, formata anche da alcuni autoimprestiti di musiche che Puccini aveva già composto, è definita “PURA PASSIONE” dal suo compositore (all’epoca, trentacinquenne) alla “prima” rappresentazione al Teatro “Regio” di Torino del 1° febbraio 1893.

E’ stato riconosciuto che “la bravura con cui Manon è stata orchestrata, non viene superata nelle sue opere seguenti e che Puccini utilizza tutti i valori stilistici che gli permettono di creare un’opera verista che possa colpire subito”.

Infatti, Manon suggerisce a Puccini qual è il suo percorso musicale da seguire, in futuro.

Quindi:

. PURA PASSIONE per l’amore che lega Manon e Des Grieux.

. PURA PASSIONE per quest’opera che sarà chiamata “il primo capolavoro di Puccini”.

. PURA PASSIONE per perfezionare l’opera attraverso nove varianti (dal 1893 fino al 1924), il cui libretto – oltre ai sei librettisti – passa a Giuseppe Adami e a Ricordi che, a quanto pare,  stampa la prima edizione senza i nomi degli autori.

. PURA PASSIONE per la trama semplice e coerente.

. PURA PASSIONE perché conosce molto bene la tecnica di Wagner (Puccini ama tre sue opere, in particolare: Tristano e Isotta, I Maestri Cantori di Norimberga e Parsifal) e a lui si ispira per lo stile amoroso del duetto del secondo atto.

. PURA PASSIONE circa la scrupolosità con cui Puccini SA calarsi nell’interiore dei protagonisti.

. PURA PASSIONE: addirittura, su Mercurio, a Puccini, è stato dedicato un cratere chiamato col suo nome.

 

Manon Lescaut: 

Manon, bella, sensuale, inebriante, volubile e leggera, possiede un carattere irrequieto, per il quale si deduce che lei stessa sia la causa dei suoi  guai, ossia che questo sia il motivo secondo il quale la famiglia Lescaut impone a Manon di entrare in convento.

E’ accompagnata dal losco fratello Lescaut che la promette al vecchio banchiere Geronte di Ravoir, ma la cosa non riesce perché lo studente Des Grieux batte tutti sul tempo.

Come previsto dal fratello, Manon non sopporta la povertà e accetta la vita agiata e ricca offerta dal banchiere, facendo mercato della sua passione per Des Grieux che, comunque, si evidenzia sotto forma di nostalgia e che incontra nuovamente.

Ama Des Grieux, ma non quanto lui ama lei.

Nel II atto, Manon viene perdonata da Des Grieux e, qui, compare con frequenza il  “Tristan-Akkord” (evidenzia l’importanza del legame amore-morte), riferimento adottato e affermato nella Giovane Scuola Italiana con la quale, praticamente, termina il Romanticismo e inizia il Verismo a cui appartengono Puccini, Mascagni, Leoncavallo, Giordano, Cilea, Catalani, Franchetti).

Come già detto sopra, “può essere lei stessa la causa dei suoi guai”: infatti, Antoine François Prévost, lo scrittore francese che l’ha concepita, la definisce “una peccatrice senza malizia”, ossia la personificazione incosciente e scriteriata del male.

Chi la conosce è condotto inevitabilmente alla distruzione a causa del suo forte potere di seduzione, mentre Puccini, alla prima rappresentazione, nel 1893, così definisce la sua terza opera: “La bella, voluttuosa e tragica Manon Lescaut”.

Manon senza dubbio è affetta da qualche disagio psichico: sicuramente, si tratta di un disturbo d’ansia e di preoccupazione che si manifesta in modo eccessivo e che non riesce a padroneggiare, per cui – secondo la Scienza Medica – le conseguenze potrebbero manifestarsi con insoddisfazione, difficoltà di concentrazione, tensione muscolare, stanchezza, sonno agitato: tutto ciò le porta un forte danno.

Ad esempio, il Disturbo Oppositivo Provocatorio è una forma di comportamento ripetitivo negativo, sfidante-irritante, ribelle ed avverso nei confronti di chi possiede autorevolezza.

Si manifesta con perdita di controllo, liti con gli adulti, resistenza e rifiuto di rispettare richieste o regole delle persone più grandi, suscettibilità o fastidio a causa degli altri, essere dispettoso o vendicativo.

I rischi che facilitano la comparsa del Disturbo Oppositivo Provocatorio  possono essere provocati da:

. Essere stato abusato o trascurato.

. Disciplina particolarmente severa o inconsistente.

. La mancanza di supervisione.

. Genitori con una storia di ADHD, Disturbo Oppositivo Provocatorio o problemi  di comportamento.

. Instabilità familiare.

. Cambiamenti stressanti che invalidano il senso di coerenza di un bambino aumentano il rischio di comportamento dirompente.

Le manifestazioni del disturbo si manifestano nell’ambiente familiare ma possono essere evidenti anche a scuola o nella comunità.

 

Renato Des Grieux:

Psicologicamente, Manon è la protagonista, nonostante Des Grieux, Lescaut e Geronte, rivestano ruoli di un certo peso.

Des Grieux è un puro e l’amore per Manon gli ottenebra la mente, per cui tronca i rapporti con la sua facoltosa famiglia e si impoverisce alquanto per avere “scelto” Manon.

Innamoratissimo di Manon, la supporta sempre assieme ai guai che lei stessa causa per sua  incoscienza, noncuranza; quando ritrova Manon è arrabbiatissimo, però – fra i due – è lui l’unico ad essere capace di perdonare e di riprendere.

Des Grieux è persino capace di autoesiliarsi per stare accanto alla “sua” donna fino all’ultimo, anche dopo l’abbandono di costei dovuto alla brama di denaro, fino a rassegnarsi disperatamente, alla fine.

Il comportamento continuamente onesto di Des Grieux, verso Manon, potrebbe far  pensare al “mammismo” o alla sindrome dell’abbandono, ossia alla paura di perdere una persona o di restare soli (cosa alquanto diffusa, nella popolazione umana).

La psicologa e psicoterapeuta Cristina Lanza, su miodottore.it., spiega che questa sindrome comprende un insieme di “sintomi e sensazioni di disagio/paura/angoscia innescati dall’assenza (reale o solo minacciata, temporanea o definitiva) dell’altra persona, verso cui si è strutturata una vicinanza affettiva e vissuta come una riedizione di esperienze abbandoniche della propria infanzia”.

Infatti, il vivere nella propria infanzia queste situazioni continue, avvia e immagazzina ansie, paura di restare senza l’altra persona e un senso di incertezza che si possono trascinare nella vita adulta.

Tutto ciò, se è forte o continuo, può provocare depressione abbandonica.

Pare  che la storia Manon-Des Grieux sia originata da una vicenda realmente esistita nella vita di Prévost: infatti, lo scrittore e Des Grieux presentano somiglianze attraverso la predisposizione religiosa e il volere vivere la vita pienamente; coinvolgimento in scandali e riaccostamento alla Chiesa dove Prévost diventa abate.

 

Sergente Lescaut:  

Lescaut non è il protagonista, ma il suo ruolo è basilare.

Da persona poco raccomandabile qual è, vuole dare la sorella al vecchio banchiere così anche lui gode di una vita “comoda”, ma si riabilita un po’ quando organizza l’incontro di Manon e Des Grieux nel palazzo di Ravoir e quando vuole scansare l’esilio della sorella.

Lescaut, con la sorella “punita” per la sua irrequietezza e iperattività a mezzo della destinazione alla vita conventuale, è una persona anaffettiva (sicuramente, in modo patologico), priva di correttezza morale, per cui  il suo comportamento è, chiaramente,  una reazione conseguenziale della vita trascorsa in famiglia per lui e la sorella, ma con la differenza che la donna non era considerata importante quanto l’uomo (ancora oggi, si usa dire, che “l’uomo porta i pantaloni”).

 

Geronte di Ravoir:  

E’ un personaggio comprimario importante ed è un vecchio banchiere bavoso vendicativo che, oggi, verrebbe definito pedofilo e denunciato-condannato, vista e considerata la differenza d’età fra lui e la giovinetta Manon.

A Geronte, la propria immagine viene presentata da Manon attraverso uno specchio, per cui, a causa della propria cattiveria, provoca le disavventure della stessa Manon e di Des Grieux, arrivando alla deportazione in America.

 

Battuto al computer da Lauretta

 

Il tenore GIUSEPPE DI STEFANO canta “DONNA NON VIDI MAI SIMILE A QUESTA”:

 

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Il soprano ANNA NETREBKO canta “IN QUELLE TRINE MORBIDE”:

 

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Il soprano KRISTINE OPOLAIS e il tenore JONAS KAUFMANN cantano il duetto d’amore “TU? TU? AMORE, TU?” (E SCENA DELLA SEDUZIONE):

 

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HERBERT von KARAJAN dirige L’INTERMEZZO DEL III ATTO:

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Il soprano MIRELLA FRENI canta “SOLA, PERDUTA, ABBANDONATA”:

 

MADAMA BUTTERFLY di GIACOMO PUCCINI

Madama Butterfly è un’opera in tre atti (inizialmente, due) su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica tratto da un lavoro di David Belasco, a sua volta tratto da un breve racconto di John Luther Long.

Nello spartito e nel libretto l’opea è definita “tragedia giapponese” ed è dedicata alla regina d’Italia Elena di Montenegro.

Prima rappresentazione: Teatro alla Scala di Milano, il 17 febbraio 1904 (stagione di Carnevale e Quaresima).
Esito: insuccesso.

Seconda rappresentazione con modifiche apportate: 28 maggio 1904 – Teatro Grande di Brescia
Esito: grande successo.


Personaggi: 

Madama Butterfly / Cio Cio-san (soprano)
B. F. Pinkerton, tenente della Marina degli Stati Uniti (tenore)
Suzuki, servitrice di Cio Cio-san (mezzosoprano)
Sharpless, console degli Stati Uniti a Nagasaki (baritono)
Goro, nakodo (tenore)
Lo zio Bonzo (basso)
Il Principe Yamadori (tenore)
Kate Pinkerton (mezzosoprano)
Lo zio Yakusidé (baritono)
Il commissario imperiale (basso)
L’ufficiale del Registro (basso)
La zia (soprano)
La cugina (soprano)
La madre (mezzosoprano)
Dolore (bambino, mimo)
Parenti, amiche e amici di Cio-Cio-San, servi

 

Primi interpreti dei personaggi principali: 

Cio-Cio-San (soprano) Rosina Storchio
Pinkerton (tenore) Giovanni Zenatello
Sharpless (baritono) Giuseppe De Luca

Direttore: Cleofonte Campanini

 

Trama:

Epoca storica: Nagasaki, inizio 1900.

Atto I:

Il tenente Pinkerton è con il console americano Sharpless ed è in attesa della giovanissima sposa giapponese, un’adolescente incontrata per mezzo di Goro, un sensale di matrimoni (oggi, noi lo chiameremmo “agente matrimoniale”): la fanciulla è figlia di un nobile costretto a suicidarsi “con onore”  su comando dell’imperatore; nobile che, chiaramente, da anni, non può più provvedere a moglie e figlia.

L’unico legame ritenuto valido da Pinkerton è quello con una compatriota e incoraggia il console a brindare al matrimonio futuro americano; da farfallone, gli esprime le proprie intenzioni sui legami che vorrebbe contrarre: “Lo yankee vagabondo”, afferma, “affonda l’ancora alla ventura… la vita ei non appaga se non fa suo tesor i fiori di ogni plaga …”.

Infatti, Pinkerton è un avventuriero che conosce il diritto di abbandonare la moglie anche dopo un solo mese di matrimonio, secondo le consuetudini del Paese.

Il nome della ragazza quindicenne è Cio-Cio-San (Madama = San; Farfalla = Cho-Cho) che, in lingua inglese, diventa Butterfly, nome col quale viene chiamata dopo le nozze per fissare la fedeltà al marito.

Anche Cho Cho-San desidera queste nozze perché, caduta in disgrazia dopo la morte del padre, potrà riscattarsi dal lavoro di geisha per mezzo del matrimonio.

Durante la cerimonia, lo zio bonzo disereda la ragazza che, per sposare Pinkerton, ha ripudiato la propria religione e il proprio nome per convertirsi al Cristianesimo.

A Butterfly non importa perché è innamorata del marito appena sposato e gli esprime che è “rinnegata e felice”.

Atto II:

Pinkerton è ritornato negli Stati Uniti d’America da tre anni, lasciando vivere Butterfly e Suzuki nella casa che lui aveva comprato in occasione del loro matrimonio.
Casetta che sta degradando, mentre le finanze lasciate da Pinkerton stanno per terminare.

Secondo Suzuki l’uomo non tornerà, ma Butterfly, è tenace ed è certa che il marito tornerà.

Un giorno, Sharpless va a trovare Butterfly per rendersi conto delle condizioni finanziarie; capisce che lei si illude e le suggerisce di prendere in considerazione la corte del principe Yamadori, che vorrebbe sposarla seriamente.

Butterfly si considera ancora legata a Pinkerton e rifiuta il consiglio di Sharpless, mostrandogli il bambino generato da Pinkerton, prima che partisse: Butterfly lo ha nascosto a tutti, compreso il marito.

Se Pinkerton non tornasse, come donna esclusa dalla sua famiglia, ridiventerebbe geisha per mantenere il figlio, destino a cui lei preferisce la morte.

Cho Cho-San, scrutando sempre l’orizzonte, vede apparire la nave “Abramo Lincoln”, quella del suo amato Pinkerton.

E’ certa che sia tornato per lei, per cui è raggiante e, con Suzuki, para a festa la casa per accoglierlo meritatamente; con Suzuki e il bambino lo aspettano per tutta la notte, ma invano.

Atto III:

Notte insonne: Butterfly è delusa e rassegnata.

Ma, mentre riposa, Pinkerton si reca presso la loro casa in compagnia di Sharpless e di Kate, la giovane moglie da lui sposata regolarmente in America.

L’ufficiale dice a Suzuki che è deciso a portarsi il bambino negli U.S.A. per educarlo secondo gli usi occidentali.
Il velo illusorio cade dagli occhi di Butterfly e fa cadere la felicità tanto sognata.
Decide di farsi da parte, silenziosamente.

Quindi, affida il figlio a Pinkerton e Kate, lo benda e lo fa sedere dietro un paravento.

Nella penosa e dolorosa scena finale, Butterfly si colpisce al collo con lo stesso pugnale con cui il padre si è ucciso.
Pinkerton vuole chiederle perdono, ma la trova morta, mentre il bambino è bendato, gioca con una bambola e una bandierina americana e non i rende conto di nulla.


Brani famosi: 

Dovunque al mondo, aria di Pinkerton (atto primo)
Quanto cielo! Quanto mar!, entrata di Butterfly con coro femminile (atto primo)
Viene la sera … Bimba dagli occhi pieni di malìa … Vogliatemi bene, un ben piccolino, duetto tra Butterfly e Pinkerton (atto primo)
Un bel dì, vedremo (atto secondo)
Coro a bocca chiusa (atto secondo)
Addio fiorito asil (atto terzo)
Tu, tu piccolo Iddio! (atto terzo)

 

Incisioni più note con: 

Rosetta Pampanini, Toti Dal Monte, Renata Tebaldi, Maria Callas, Anna Moffo, Mirella Freni, Montserrat Caballé, Renata Scotto, Angela Gheorghiu.

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:

Verso la fine della seconda metà del 1800, viene creato un Gruppo di musicisti post-wagneriani che appartiene alla corrente verista, la “Giovine Scuola Italiana”: Mascagni, Leoncavallo, Giordano, Cilea, Franchetti e – all’inizio – Puccini.

Praticamente, siamo alla fine dell’Opera Romantica dalla quale Puccini presto trova e percorre una strada sua.

Dopo avere musicato cinque opere, Puccini incontra la piccola geisha Cio-Cio-San (Onorevole Farfalla).
Infatti, nel luglio 1900, Puccini si trova a Londra per la prima di “Tosca” là e, una sera, andando ad assistere alla rappresentazione di “Madama Butterfly” di David Belasco, al “Duke of York’s Theatre”, nonostante non conosca la lingua inglese, viene colpito dallo strale amoroso verso il personaggio della piccola geisha.

Puccini compone “Madama Butterfly” a Torre del Lago, con interruzioni a causa di un incidente d’auto e problemi vari.

Puccini ama l’esotismo ed è convintissimo del valore del soggetto e della personalità della piccola geisha, per cui si documenta instancabilmente e in modo particolareggiato su musiche, usi e costumi nipponici.
Ha l’aiuto di una famosa attrice di là, Sada Yacco, e della moglie dell’Ambasciatore giapponese, in Italia, facendosi descrivere usi e costumi del popolo orientale.

I costumi, al debutto alla Scala di Milano, sono disegnati da Giuseppe Palanti.

Purtroppo, la prima al Teatro “La Scala”, nel febbraio 1904, cade clamorosamente (sembra a causa di boicottaggio), ma Puccini è caparbio e, nel maggio 1905, dopo appropriate modifiche, l’opera, al Teatro “Grande” di Brescia, consegue un esito trionfale venendo, poi, rappresentata in tutti i teatri del Mondo.

Il sensibilissimo Puccini sceglie i suoi libretti convinto che: “Se non mi tocca il cuore non c’è niente da fare”.

Così parla a Butterfly: “Piccola creatura mia, io amo le anime che piangono senza urlare e soffrono con amarezza tutta intima”.

Puccini ama l’esotismo e, la predilezione per questa sua opera è talmente grande che chiama “Cio-Cio-San” la sua nave; nave che solca le acque del Lago di Massaciuccoli e del Mare di Viareggio.

Questo esempio femminile lascia un forte segno nella psiche di Puccini che, più tardi, creerà il simile personaggio di Liù, nell’incompiuta “Turandot”.

 

Da notare che, in quest’opera:

. L’inno nazionale degli Stati Uniti d’America che compare svariate volte all’interno dell’opera, in realtà, ai tempi di Puccini è l’inno della Marina degli Stati Uniti d’America.

Ma, nel 1931, tale inno, con una risoluzione del congresso, diventa l’inno nazionale statunitense.

. L’ assolo di Yakusidé, lo zio ubriacone di Butterfly: non viene eseguito e, soprattutto, il concertato a cui appartiene, non viene mai eseguito.

 

Butterfly:   

Cio-Cio-San è adolescente e un po’ bambina, ha paura di soffrire e lo dice a Pinkerton, durante il bellissimo duetto d’amore del I atto: “Vogliatemi bene, un bene piccolino”.

E’ una nobile e dolcissima ragazza quindicenne che ha “dovuto” prostituirsi per mantenere se stessa e sua madre, dal momento che il padre si è ucciso su comando dell’imperatore.

Sposando Pinkerton, Butterfly conosce i suoi diritti di moglie, ma non possiede la giusta quantità di fiducia in sé stessa, anche dopo che lo zio la rinnega perché lei si converte alla Fede del marito in modo pio.

Butterfly si sente “rinnegata e felice”.
Suzuki e Sharpless tentano di aprirle gli occhi, ma cedono di fronte alla sua convinzione testarda di persona che necessita di affetto: infatti, la perdita del padre, quando era bambina, l”ha traumatizzata.

Butterfly, la notte prima che Pinkerton ritorni nella loro casetta dopo anni, la cosparge di fiori e si veste con l’abito da sposa indossato il giorno del matrimonio: organizza una specie di Festa.

Dopo avere organizzato l’accoglienza per “il suo Pinkerton”, non riesce a dormire perché la tanta felicità sembra farle male, pur trepidando e abbandonandosi al sogno ad occhi aperti.

Vedendo Kate e, rendendosi conto che è stata un giocattolino nelle mani di Pinkerton, non si lamenta, si dà la morte, facendosi da parte “con onore” e lasciandogli il bambino che è figlio suo ma – soprattutto – E’ IL FIGLIO DELL’UOMO CHE AMA.

Butterfly SA provare il Sentimento d’Amore anche con l’atto estremo: l’intenzione ferma di suicidarsi fa sembrare Butterfly fredda, interiormente, però, è pervasa da mille cose ed è decisa.

Viene interrotta dall’arrivo del bambino, ma riesce ad allontanarlo per poi colpirsi a morte, nella gola, con lo stesso pugnale di suo padre.

Butterfly non ha la mente manipolata al punto di ritrovarsi come “una bambola rotta”, ma diventa ugualmente “una bambola rotta” a causa del rendersi conto, dopo il ritorno di Pinkerton, che il suo sogno si è frantumato; si rende conto di essersi illusa in modo caparbio, si rende conto di non essere mai stata amata.

 

Quest’opera tratta un’ILLUSIONE che sfocia in tragedia, ma Butterfly NON è una perdente: Butterfly HA CONQUISTATO L’IMMORTALITA’, attraverso la Musica di Puccini.

Puccini E’ Butterfly, dal momento che ha saputo calarsi benissimo nel personaggio di Cio-Cio-San.

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A questo punto, ritengo opportuno fare presente qualcosa di importante che si può collegare alla vicenda di Butterfly:

. Fortunatamente, Cio-Cio-San non è vissuta nel periodo recente della guerra in Vietnam, dove i soldati statunitensi appartenenti alle basi stanziate a Bangkok e a Pattaya frequentavano prostitute tailandesi anche con la violenza fisica, lasciandole incinte: Butterfly si riabilita sposandosi secondo l’uso giapponese ma, da parte di Pinkerton, si tratta sempre di violenza psicologica e fisica su un’adolescente, su una donna, su un essere umano.

. Ad esempio, esistono, le “Ragazze Thai”: fra loro, si trovano brave ragazze che si affidano ad un uomo che le possa proteggere, ma esistono anche le ragazze che si offrono o che vengono spinte dalla famiglia per pagare i debiti di giochi stipulati con la mafia thailandese (qui, vendono anche i propri figli), molte delle quali “lavorano” nei Go-go-bar a luci rosse e rosa di Bangkok, Pattaya, Phuket, Koh Samui.
Sottostanno agli ordini di una maîtresse e sono molto abili nel comportarsi da vittime per scucire parecchi soldi ai clienti, raccontando che “svolgono tale tipo di lavoro perché la famiglia è povera, il tetto di casa è crollato ed è da rifare, …” ma, a loro, interessano i soldi.
Per non molti euro (valuta pregiata per quel Paese), sono disposte a tenere compagnia per un’ora, per tutta la notte o, addirittura, per l’intero periodo di soggiorno.

. Si possono trovare spettacoli strani (anche transessuali), nei Go-go-bar: qui, si trovano le Thai Lady Bar, i Ladyboy, i Trans Thailandesi e le lesbiche, …

. Il mio titolo di studio è “Maturità Professionale per Operatore Turistico”, per cui consiglio di fare attenzione alle sorprese e di ascoltare le comunicazioni da parte di un’Agenzia di Viaggi seria che, a mezzo del suo Accompagnatore, si comporta regolarmente e avverte i propri clienti dei pericoli nei quali potrebbero incorrere.

Infatti, sembra che, lì, sia ancora vivo il turismo sessuale, pur essendo in forte calo dalla fine degli anni ’90.

. I degenerati uomini “virtuosi” occidentali che cercano donne thai, uomini “virtuosi” che, con la loro doppia personalità, si trasformano in “Dottor Jeckyll e Mister Hyde”, facendo credere di essere bravi padri di famiglia, bravi nonni, invece, sono persone-“Centro dell’Universo” interiormente vuote, insoddisfatte che – inconsapevolmente – vogliono “dimostrare” e “raccontare” per sentirsi qualcuno e abbattere la personalità femminile (anche verso bambine e bambini, nei bordelli infantili: quindi, pedofili).
Questo, sicuramente, a seguito di azioni negative subìte non si sa quando; azioni che provocano la fuoriuscita della loro rabbia in corpo da placare.
(SE Pinkerton fosse vissuto in questo periodo, credo che questo tipo di turismo gli sarebbe calzato a perfezione).

. E’ importante citare che, da vent’anni a questa parte, la Thailandia si sta sviluppando economicamente.
Sono aumentati i posti di lavoro e si è verificata la diminuzione della Prostituzione, dell’AIDS e della pedofilia grazie anche alle Associazioni Internazionali che ritenevano la Thailandia un Paese moralmente degradato e alle leggi varate e fatte rispettare in modo ferreo dallo Stato Thailandese (Covid, a parte).

 

Detto quanto sopra, chiudo questo SCRITTO IN DIFESA DI BUTTERFLY, DELLA DONNA E DEI BAMBINI.

 

Pinkerton: 

Fin da subito, la personalità di questo ufficiale della Marina americana si presenta come cinica e immatura, egocentrica-egoista, tendente a ciò che gli conviene, NON preoccupandosi dei sentimenti altrui, illudendo, umiliando, provocando sofferenze nelle “vittime” psicologiche scelte inconsciamente.

“Vittime” che non possiedono una fiducia in sé stesse sufficiente per reagire.

Pinkerton è un “macho” del suo tempo: narcisista interiormente vuoto, mentalmente sadico, anaffettivo.

Infatti, la tendenza convinta a contrarre il matrimonio tradizionale con una compatriota – nell’attesa – gli ha fatto scattare il meccanismo psicologico di “diritto di avventure”.

Pinkerton è conquistato dalla finezza di Cio-Cio-San ed è risaputo che le geishe affascinano il maschio occidentale, creando curiosità e soddisfazione.

Ma è anche vero che, nel duetto d’amore, al termine del I atto, constata verso sé stesso “Questo giocattolino è mia moglie”: in effetti, il suo comportamento verso Butterfly è proprio come se fosse rivolto ad un giocattolo che può rompere quando non gli piace più.

(Parecchi uomini come lui trattano la donna così, per cui anche ai giorni nostri – come conseguenza a vari tipi di traumi – possono esistere donne che, idem, possiedono una percentuale di narcisismo, ma i dati dimostrano che le percentuali maschili sono maggiori di quelle femminili).

NON è tutta colpa di Pinkerton, ma dei fattori ambientali in cui è cresciuto: famiglia ed extra famiglia.

Può avere ricevuto parecchie concessioni, dai genitori (studi, sport), ma NON ciò di cui aveva più bisogno: l’amore.

Per cui è internamente vuoto e arido; pensa – inconsciamente – che tutto gli sia dovuto e si nutre dell’energia emotiva di chi gli sta di fronte.

Però, nel III atto, come per miracolo, riesce a rendersi conto del male creato a causa della sua aridità (“Addio, fiorito asil …”).

Nell’opera, il vero PERDENTE, è proprio il narcisista Pinkerton perché il suo comportamento è proprio di personalità che “NON SI RENDE CONTO”, oppure “NON SI VUOLE RENDERE CONTO, INCONSCIAMENTE PER AUTODIFESA VERSO QUALCOSA O QUALCUNO”: infatti, Sharpless, da uomo equilibrato, con empatia, insiste per far riflettere il marinaio: “E’ un facile vangelo che fa la vita vaga ma che intristisce il cor”).

 

Suzuki: 

Serva di Butterfly da prima del matrimonio, è religiosa e prega, oltre ad essere buona e paziente.

Con Sharpless, cerca di disilludere Butterfly e, quando arriva Kate, la moglie americana di Pinkerton, è colpita tristemente a causa del dolore che “la piccina” proverà; ossia, Suzuki conosce bene la fanciulla per cui “assorbe come una spugna” la tragedia umana della ragazza.

 

Sharpless: 

Sharpless, Console degli Stati Uniti in Giappone, conosce abbastanza il carattere vanitoso e superficiale di Pinkerton e lo avverte educatamente che “ella ci crede”.

E’ comprensivo ed umano nei confronti di Cio-Cio-San: a differenza di Pinkerton, Sharpless dimostra di possedere empatia.
Sharpless è un uomo di buon senso, equilibrato, responsabile.
Sharpless è “un saggio”.

A lui il destino affida il compito di avvertire Butterfly (“… nella stagione del pettirosso …”) che Pinkerton ha una nuova moglie, ma non riesce a farlo perché l’entusiasmo, la speranza e l’ansia della giapponesina lo frenano.

 

Goro: 

E’ un “nakodo”, ossia un intermediario matrimoniale che fa conoscere stranieri e donne del luogo: “sol cento yen”.

Infatti, anche Butterfly e Pinkerton si conoscono grazie a lui, mentre lo stesso Goro organizza il loro matrimonio ‘momentaneo’.

Da bravo “agente matrimoniale”, Goro è molto professionale, non è invadente, ma – giustamente – informa circa l’abitazione giapponese, la servitù, e non disturba il colloquio fra il console e l’ufficiale americano pur proponendo a Pinkerton un legame ‘di convenienza’: “Se Vostra Grazia mi comanda, ce n’ho un assortimento”.

Davvero, “Gran perla di sensale”, lo definisce Pinkerton.

Gli presenta “L’imperial Commissario, l’Ufficiale, del registro, i congiunti”, e si avvale del suo potere per far tacere il chiasso provocato dai parenti di Butterfly, Yakusidé in testa (lo zio ubriacone).

Goro è un eccellente professionista, che segue attentamente tutta la cerimonia perché non si presentino spiacevoli imprevisti (purtroppo, l’intervento di Yakusidé produce negatività).

Goro diventa invadente solamente nel II atto, quando Suzuki e Butterfly sono costrette a malmenarlo fino a farlo scappare per avere accompagnato il Principe Yamadori da Butterfly, luogo dove le sottopone la norma contrattuale, giapponese, che “… per la moglie, l’abbandono al divorzio equiparò”, ma Butterfly obietta ingenuamente con le clausole della legge del ‘suo’ Paese: gli Stati Uniti.
Rischiando la coltellata da Butterfly, Goro risponde “dicevo solo che là in America, quando un figlio è nato maledetto, trarrà, sempre reietto, la vita fra le genti!”.

Goro: agisce unicamente per il proprio interesse.  E’ diplomatico ed è una personalità tossica, psichicamente.

Moltissime persone sono come lui in qualsiasi Paese e in qualsiasi epoca: spesso, sono definite “truffatrici”.

Goro, psicologicamente, è una personalità interessante.

 

Il Principe Yamadori:

La parte del Principe Yamadori è breve, ma dimostra che tale uomo possiede grande rispettabilità e conosce bene sia la tradizione giapponese sia la civiltà americana.

Pare capire bene la disgrazia di Butterfly, verso cui prova un sentimento sincero, la quale si ostina: “Già legata è la mia fede”.

Butterfly considera Goro e Yamadori “persone moleste”, per cui il Principe la saluta in modo commovente: «Addio. Vi lascio il cuor pien di cordoglio: ma spero ancor» … “Ah! Se voleste”.

Butterfly: «Il guaio è che non voglio…».

Concludendo: Yamadori è, senza dubbio, una persona buona nel vero senso della parola.

Lo zio Bonzo: 

Ha una parte brevissima che si trova nel primo atto: maledice Cio-Cio-San per avere rinnegato fede e cultura giapponesi e avere abbracciato la religione del marito americano.

MADAMA BUTTERFLY: UNA TRAGEDIA MUSICALE, UMANA E PSICOLOGICA CREATA IN MODO ALTO.

Battuto al computer da Lauretta

 

 

Il tenore MARCELLO GIORDANI canta “DOVUNQUE AL MONDO”:

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Il soprano ANGELA GHEORGHIOU canta “QUANTO CIELO! QUANTO MAR!”:

 

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I soprano MIRELLA FRENI e il tenore PLACIDO DOMINGO cantano “VIENE LA SERA … BIMBA DAGLI OCCHI PIENI DI MALIA”:

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Il soprano RENATA TEBALDI canta “UN BEL DI’ VEDREMO”:

 

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ETTORE GRACIS dirige il CORO A BOCCA CHIUSA (ATTO II) presso il Teatro “LA FENICE” di Venezia:  https://youtu.be/RWo6MZ4QuRg

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Il tenore MARIO DEL MONACO canta “ADDIO, FIORITO ASIL”:

 

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Il soprano RENATA TEBALDI canta “TU, TU, PICCOLO IDDIO”:

LOHENGRIN di RICHARD WAGNER

Opera lirica in tre atti – libretto e musica di Richard Wagner.

Prima rappresentazione al “Gross Herzoegliches Hofftheater” di Weimar, 28 agosto 1850

 

Personaggi:

Enrico l’Uccellatore, re di Germania (basso)
Lohengrin (tenore)
Elsa di Brabante (soprano)
Goffredo, duca di Brabante, suo fratello (ruolo muto)
Federico di Telramondo, conte di Brabante (baritono)
Ortruda, sua moglie (soprano)
L’araldo del Re (basso o baritono)
Quattro nobili di Brabante (tenori e bassi)
Quattro paggi (soprani e contralti)
Nobili sassoni, turingi e brabantini, dame, vassalli, servi

 

Primi interpreti:

Lohengrin, Karl Beck
Elsa di Brabante, Rosa von Milde
Ortruda, Josephine Fastlinger
Federico di Telramondo, Hans Feodor von Milde
Enrico l’Uccellatore, August Höfer
L’araldo del Re, August Ferdinand Pätsch

Direzione orchestrale: Franz Liszt
Regia: Eduard Genast
Scenografia: Angelo Quaglio

 

Trama: 

Periodo storico: Medioevo, prima metà del X secolo.

Quest’opera è fiabesca e si nota che lo stile del suo compositore è completamente diverso dai musicisti italiani come Verdi, Bellini, Puccini, …

Il colore dominante è il BIANCO: irradia SPLENDORE.

Quanto è  accaduto prima della scena iniziale costituisce il motivo-base dell’opera, per cui è opportuno spiegare che il vecchio Duca di Brabante ha affidato la tutela di Elsa e Goffredo (suoi eredi)  al Conte Federico di Telramondo.

Federico avrebbe dovuto sposare Elsa ma, a seguito della sua ACCUSA verso la fanciulla di avere ucciso il fratello Goffredo rivendicando l’eredità del ducato, ha ricevuto – come risposta dalla stessa Elsa – la decisa rinuncia al matrimonio.

Ragione per la quale ha sposato la discendente di un ceppo di prìncipi pagani, Ortruda; principi che hanno sempre adorato divinità con poteri magici, per cui è importante sottolineare che Ortruda, al contrario di Lohengrin, crede nei vecchi Dei pagani: infatti, fra questi due personaggi, esiste la diversità di “CREDO RELIGIOSO”, ossia di  un argomento fondamentale da tenere ben presente e che, in effetti, evidenzia la scena maggiore della stessa Ortruda, ossia quella in cui lei – disperata – chiede  aiuto a Wotan e a Freia per attuare la sua vendetta, proprio perché osserva la religione pagana.

Quindi, per vendicare l’ “affronto” subìto dal marito per il mancato matrimonio con Elsa e per ereditare il ducato, Ortruda trasforma Goffredo in un cigno, convincendo Federico ad accusare la pura e angelica Elsa di fratricidio.

 

ATTO I:

Sulla riva del fiume Schelda, stanno i Brabantini: sono invitati dal Re Enrico-l’Uccellatore  a tenersi pronti nella difesa verso gli Ungari.

Essendo in previsione che la battaglia avvenga entro due giorni e, per ristabilire la pace, chiede l’aiuto del Conte Federico di Telramondo, definito “ UN MODELLO DI VIRTU’ “.

Il Re incoraggia Elsa a difendersi contro l’accusa di fratricidio da parte di Telramondo la quale gli racconta un suo sogno: si sentiva sola, indifesa, per cui aveva implorato l’aiuto di Dio che, come risposta, materializzava un cavaliere dall’armatura smagliante che giurava di combattere in sua difesa.

Telramondo NON ritratta l’accusa fatta, per cui il Re “voglia permettere” un duello per  risolvere la “questione davanti a Dio” che egli sosterrà con chiunque voglia difendere l’onore di Elsa.

Lohengrin arriva su una piccola barca trascinata da un cigno candido: la sua armatura è d’argento e risplende.
Poi, si accomiata dal cigno: “Mercè! Mercè, cigno gentil!”.

Il cavaliere rende noto a tutti che Elsa è innocente e che l’accusa di Telramondo è falsa; chiede ad Elsa di diventare sua moglie, ma ESIGE la PROMESSA che lei NON gli chieda mai chi è e da dove sia venuto: in caso contrario, sarà costretto ad abbandonarla per sempre.

Lohengrin vince Telramondo, ma non lo uccide, Elsa e Lohengrin vengono portati in trionfo, Telramondo cade ai piedi di sua moglie sconfitto e disonorato.

 

Atto II:

Nella scena altamente wagneriana, vedendo la fragilità emotiva del marito, Ortruda è ANGOSCIATA INTERIORMENTE, lo titola di VILE e gli fa presente che  “Il  cavaliere dovrebbe rivelare il suo nome, affinché il potere avuto ad opera dell’inganno possa cadere”.

Psicologicamente, Ortruda riesce ancora a sottomettere Federico che viene preso da un desiderio di rivalsa, per cui agiscono subito affinché Elsa venga presa dal forte tarlo del dubbio: fingendosi vittima, Ortruda le comunica il pentimento di Telramondo e insinua che Lohengrin possa amare senza incertezza, nonostante venga eletto a Protettore del  Brabante e sposi Elsa.

Infatti, fra la folla, quattro vecchi vassalli di Telramondo, diffondono la notizia della battaglia imminente con gli Ungari, per cui Telramondo si erige ad accusatore di Lohengrin per STREGONERIA, MAGIA NERA.

 

Nella cattedrale, il coro del corteo è interrotto dall’intervento di Ortruda, che, con un subitaneo cambiamento di atteggiamento, sfida Elsa attraverso “MOTIVI VALIDI” secondo i quali suo marito era grandemente onorato, in patria, mentre Lohengrin NON sembra puro e NESSUNO  LO CONOSCE.

Le accuse di Ortruda vengono respinte da tutti i presenti, Elsa si stringe a Lohengrin, appena arrivato assieme al Re per le nozze.

Qui, Federico accusa Lohengrin di menzogna, chiedendogli: “Nome, rango e meriti io gli domando! Possa egli smentire l’inchiesta!”.

 

Atto III:

Elsa non è felice completamente a causa del dubbio inculcatole da Ortruda e Lohengrin si rende conto che Elsa è ormai in balia del dubbio: “Elsa, come ti vedo tremare!”.

A seguito dell’irruzione di Telramondo nella stanza dei due sposi, Elsa porge la spada a Lohengrin che lo uccide.

Sulla riva della Schelda, stanno il Re, la corte, la bara con il corpo di Telramondo.

Lohengrin giunge e rende noto, addolorando tutti, che non può più essere il protettore  che proviene dal Castello di Monsalvato nel quale è custodito un calice – il GRAAL – dove è raccolto il sangue di Cristo, calice portato lassù da una schiera di Angeli e sorvegliato da un gruppo di cavalieri che hanno il compito di proteggere chi necessita di aiuto.

Ogni anno, una colomba rinnova il potere del calice.

Parsifal, suo padre, è il re del Castello ed egli si chiama Lohengrin.

Riappare la barchetta trascinata dal cigno; Lohengrin, addolorato, si accomiata da Elsa, si inginocchia pregando sommessamente e una colomba bianca vola sopra la barca.

Ortruda grida che il cigno è il fratello di Elsa che lei stessa ha stregato.

Lohengrin scioglie la catena che lega il cigno il quale, dai flutti, emerge nei panni di un fanciullo vestito d’argento e balza sulla riva del fiume.

Lohengrin sale sulla barca trascinata, questa volta, dalla colomba bianca ed Elsa invoca Lohengrin, ma cade morta al suolo.

 

Brani noti:  

Preludio atto I
“Einsam in trüben Tagen”, (“Sola in tristi giorni”, ossia il “Sogno di Elsa) atto I
Wenn ich im Kampfe für dich siege, “Se in campo io vinco per te”  atto I
Euch lüften, die mein Klagen, “A voi arie, che il mio lamento”
Inizio della 4ª scena (Processione di Elsa alla cattedrale)
Preludio atto III
Treulich geführt, “Fedelmente guidati” (Coro  e marcia nuziale)
Das süsse Lied verhallt, “Il dolce canto muore” (Duetto d’amore)
Höchstes Vertraun, “D’altissima fiducia”
Ingresso del re Enrico
In fernem Land, “Da voi lontan, in sconosciuta terra ” (Racconto del Graal)
Mein lieber Schwan… O Elsa! Nur ein Jahr an deiner Seite, “Mio caro cigno… O Elsa! Un anno solo al tuo fianco” (Addio di Lohengrin)

 

Incisioni note:

Eleanor Steber, Wolfgang Windgassen, Josef Greindl     Joseph Keilberth Coro e Orchestra di Bayreuth   Decca

Annelies Kupper, Lorenz Fehenberger, Otto Von Rohr   E. Jochum Coro e Orchestra Radio Bavarese   DGR

  1. Cunitz, R. Schock, G. Frick   Wilhelm Schuechter Coro e Orchestra Radio Amburgo   VDP


Video: 

Placido Domingo, Robert Lloyd, Cheryl Studer, Hartmut Welker, Dunja Vejzovic, Georg Tichy   Claudio Abbado Coro e Orchestra dell’Opera di Stato di Vienna   RM Arts 1990

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:  

Richard Wagner è un intellettuale che esercita un ruolo incisivo sulla cultura europea del 1800, svecchiando decisamente  il teatro musicale e influenzando il pensiero psicologico di parecchi stati europei, fra cui Jung e destando l’ammirazione di Baudelaire, D’Annunzio, Nietzsche (da estimatore, passato, poi, a denigratore), Alban Berg.

Per Wagner, “Lohengrin”, ossia “Il Cavaliere del Cigno”, è una grand opéra romantica  nello stile “fiaba con finale tragico”.
Lohengrin è un’opera allegorica e complessa che, a differenza di altri lavori di Wagner (il cui fine è la  “la redenzione”), è l’unica che termina con il senso di rimpianto.

Nella vita, Wagner, come artista, si sente isolato e Lohengrin è il personaggio-immagine della sua situazione personale solitaria: come Lohengrin, Wagner necessita di affetto e comprensione da parte del mondo umano.

Allora, in base all’interpretazione di poesie e di documenti storici a cui si ispira, allude all’ “artista assoluto”, in modo psicologico e filosofico.

Infatti, appare chiaro che Lohengrin vuole essere amato da Elsa per come lui è, senza  rendere conto della sua estrazione sociale.
Lohengrin-“artista” simboleggia l’opposto di Telramondo, il cavaliere che rappresenta il “conformismo borghese” accettato dalla legge e che, con Ortruda, genera l’ombra del dubbio che, lentamente, si annida in Elsa, provocando il suo allontanamento da Lohengrin il quale ritiene meno importante il legame fra il Cristianesimo iniziale e il Paganesimo.

Quanto sopra viene visto dai nostri occhi mortali come storia fiabesca “normale” ma, in effetti, il concetto di Wagner è profondo, psicologico, sociologico e filosofico perché pone Ortruda come “maga” della religione pagana; maga che diventa la “reazionaria” contro quanto attuato dal “rivoluzionario” Lohengrin.

Però, reazionaria e rivoluzionario non riescono a realizzare i loro sforzi perché l’ “artista”, ossia qualsiasi essere umano in generale, “non viene riconosciuto” e il reazionario “non viene giustficato dalla Storia”.

La spiegazione è intricata, però la Psicologia e la Filosofia aiutano in tale cosa insegnandoci che è giusto operare dei cambiamenti per “uscire” da dove siamo rimasti bloccati, cambiamenti  che ci facciano avanzare di nuovo e avere spazio nel  cuore, nella mente, fisicamente.

Tutto questo affinché NON ci venga impedito di ottenere quello che vogliamo bloccando il nostro sviluppo personale, allontanando le fonti di sofferenza: consolazioni false e mancanza di autostima.

Wagner contrappone il Mondo puro dei Cavalieri del Graal e il Mondo cupo dei Maghi Pagani.

Scrivendo trama e libretto, Wagner compie “un lavoro da certosino” perché riunisce e  assembla storie come la “Saga di Lohengrin”, il “Parzival” di Eschenbach (sviluppando la storia di Lohengrin, il figlio del Cavaliere del Graal), arrivando ad un solo argomento coerente e ben definito filosoficamente e psicologicamente, trasportato nell’epoca medioevale.

Wagner crea l’opera “Lohengrin” e cita gli Dei pagani che anticipano particolari psicologici dei nostri tempi abbastanza recenti, opera in cui si riflettono la vita e il pessimismo del compositore.
Infatti, da scontento qual è, per Wagner, “il mondo moderno” dell’epoca è insignificante, per cui dà per certo che il protagonista sarà sconfitto: infatti, Lohengrin-personaggio profetico non può coesistere con la realtà sociale in cui viene a trovarsi.

Quindi, il debole Re Enrico rappresenta il Re Federico Guglielmo IV che tende alla soppressione  della democraticità della corrente del filosofo Hegel; re che stipula la “Santa Alleanza” con il reazionario Zar Nicola I, per cui Wagner ipotizza il concetto di “amore” e lo rende constrastante con la realtà del suo tempo.

Il fiuto di Wagner dimostra che amore e liberazione-riscatto sono il contrario delle lotte di potere nella società in cui vive, società che usa l’amore per puro calcolo: Lohengrin usa l’amore e la verità per essere capito ed amato per suo diritto personale e sta per raggiungere l’obiettivo prefisso quando Elsa, come gli esseri umani, usa l’amore e la verità entro un certo arco di tempo (la prima notte di nozze) per chiedere a Lohengrin chi è veramente.

Sicuramente, qualcuno non ha mai capito il motivo per cui Lohengrin non vuole svelare la sua identità, per cui si chiede perché tale motivo possa sembrare sciocco: motivo che rappresenta il transito verso il  “vero punto centrale dell’esistenza umana”.

Passaggio che riguarda la solitudine di Lohengrin ed Elsa, figure fondamentali per poter mostrare gli attacchi all’immagine umana; immagine dell’uomo-Lohengrin che sarebbe guaribile dall’amore di una donna, nonostante la macchinazione della demoniaca Ortruda che rappresenta il “calcolo politico”, la “borghesia reazionaria”.

Wagner sceglie l’ “allegoria dell’artista” che ha necessità di essere compreso per  mezzo del sentimento “amore”, sentimento che non trova nella società “moderna” in cui vive, per cui Elsa (ama l’artista/Lohengrin) diventa distruttiva inconsapevolmente, in quanto “riflessione/curiosità” che, inconsciamente e gravemente, non rispetta la libertà e la vita altrui.

Dopotutto, Lohengrin si reca da lei come difensore ed Elsa rappresenta la sua parte emotiva inconscia.

Per Wagner, i Cavalieri del Graal rispecchiano la “comunità degli artisti”, mentre  il Calice del Sacro Graal rappresenta, secondo Feuerbach, “Il cuore condotto alla ragione”, un regno che per Wagner è sinonimo di amore e libertà.

Per cui, secondo Wagner (che può sembrare utopistico): “Gli artisti  sono degli esseri mortali con il dono del fuoco dell’intuizione divina e sono coloro che, sostenuti dalla fede del Genio in sé, la cui forza non è eguagliata da alcuni, con straordinaria sofferenza dispiegano gli enigmi dell’esistenza per rivelarla all’umanità. – Il bisogno più urgente e più forte dell’uomo perfetto e artista è di comunicare sé stesso in tutta la pienezza della sua natura all’intera comunità: l’artista che, ‘nella solitudine silenziosa’, fa nascere la sua opera, sente l’impulso divino alla comunicazione e ha bisogno della comunità degli uomini per suffragare il suo ruolo di guida”.

Wagner descrive quest’uomo come uomo perfetto, il cui problema è quello dell’artista moderno, ossia nel suo rapporto con la società del suo tempo.

Infatti, Wagner ha capito che “L’artista nutre la speranza che gli altri gli tributino onore e gloria, restandone deluso e incompreso: l’artista, se gli domanderete se la maggior  parte degli uomini d’arte ha capito i suoi sforzi migliori, risponderà alla vostra domanda con un profondo sospiro”.

Nel 1800, la società borghese amareggia, scontenta e annienta l’artista, esigendo che – praticamente – le necessità suggerite dalla moda e non dai bisogni artistici – provochino la frustrazione dell’artista stesso che reagisce “trasformandosi” in mito-artefice di un’arte libera.

Per cui, come conseguenza, ricerca sempre la comprensione da parte della comunità di cui fa parte dal momento che, come Wagner sostiene, “Chi è isolato non è libero. E’ limitato e suddito in seno all’indifferenza; libero è l’uomo sociale perché l’amore lo rende indipendente.

Il bisogno di amare è insito ‘nell’anelito vitale dell’uomo poiché solo ciò che si ama si può comprendere e amare: significa riconoscere altri e, nello stesso tempo, riconoscere se stessi.”

 

Quindi, Wagner, essendo artista e pensatore, è cosciente di provare interesse-avversione verso la società moderna, la cui scienza e il cui ragionamento del guadagno, hanno operato una scissione fra uomo e natura, dal “puramente umano”, modificando l’aspetto artistico causando declino: “Ecco l’arte del nostro mondo civilizzato! La sua vera essenza è l’industria, il suo fine morale il guadagno, il suo pretesto estetico la distrazione delle noie.

Finché ci sarà una società basata sulla logica del guadagno, del potere e guidata dalle leggi della scienza sarà impossibile creare una comunità di uomini uniti nella necessità e nell’amore che rende l’uomo partecipe eliminando egoismi e solitudini”.

Situazione di grande attualità, in quanto la Storia si ripete.

 

Lohengrin:

Lohengrin, il Cavaliere del Cigno, è l’uomo che fa sognare chi vive in una dimensione “normale”.

Nell’opera wagneriana, impersona il difensore ideale dei deboli e scende per accorrere in aiuto di Elsa di Brabante che diverrà sua moglie.

Ma, secondo Wagner, è il puro innocente, il semi-dio che vive con i Cavalieri del Graal che simboleggiano la “comunità degli artisti” che la società borghese vuole distruggere a mezzo del potere e della logica del guadagno rappresentati da Ortruda e Telramondo.

Ortruda instilla il dubbio in Elsa che rivolge la domanda fatidica a Lohengrin circa la sua vera personalità ed è deluso dal comportamento della neo-moglie, per cui è costretto a raccontare pubblicamente la sua origine divina e a ripararsi “nella sua solitudine” tornando fra i Cavalieri del Graal, ossia la “comunità degli artisti” rappresentata dallo stesso Graal.

 

Elsa: 

. Elsa è una fanciulla dolce, con sentimenti puri, in cui Lohengrin/artista cerca di “redimersi”.

Viene travolta dagli eventi: la falsa accusa da parte di Telramondo è basilare per gli avvenimenti che seguiranno.

Secondo la tragedia wagneriana, Elsa è collocata fra Storia e Mito e vive in una realtà fantastica diversa di cui non si rende conto perché è innocente  ingenua, per cui si fa raggirare da Ortruda e Telramondo che, dopo averla accusata di fratricidio, le faranno perdere l’amore di Lohengrin.

Lohengrin, nonostante abbia natura di uomo-dio, intende essere amato come uomo terreno, per cui – all’inizio – non manifesta ad Elsa la sua personalità individuale; la quale Elsa rimane incuriosita dal non poter possedere il suo uomo sotto tutti gli aspetti e renderà irrealizzabile il loro rapporto nel mondo sociale proprio quando vuole attuare il loro amore.

Lohengrin si rende conto che “sbalordimento della comunità” e “senso di voler superare” arrivano fin dentro Elsa; quindi si rende conto che non è capito, ma solamente “venerato”, per cui si sente obbligato a rendere nota la sua  divinità.

 

Ortruda e Telramondo:

E’ importante citare Ortruda e Telramondo perché simboleggiano la borghesia, i suoi usi e costumi, le sue capacità politiche che non c’entrano con l’amore umano verso il prossimo.

Borghesia che impedirà, a Lohengrin-artista-dio, la possibilità  di creare una “comunità” nuova, inerente necessità e spirito, attraverso il guadagno, l’avidità di potere.

. Ortruda è un personaggio corrotto, distruttivo, che trama per riscattare l’onore di Federico di Telramondo, suo marito, idem persona immonda, immatura e insicura.

Persona che VUOLE IL POTERE, pur essendo debole, fragile: infatti, E’ SUA MOGLIE CHE “AGISCE” PER TUTTO.

Wagner sostiene:  “Ortrud è una donna che non conosce l’amore. Con ciò tutto è detto. Sua natura è la politica. Un uomo politico è ripugnante, ma una donna politica è atroce. Questa atrocità io dovevo rappresentare. Essa è una reazionaria, una donna rivolta esclusivamente all’antico e perciò nemica ad ogni novità”.

. Ortruda è un tassello importante, nell’opera, perché LEI è il “Deus ex Machina” che conduce la vicenda dell’opera (iniziando con la trasformazione in cigno di Goffredo).

LEI è “la vera protagonista”, nel secondo atto: qui, è  importante evidenziare, musicalmente, che il soprano-interprete DEVE “SAPERE COMANDARE” la tendenza della sua voce e conferirle il giusto stile creato da Wagner attraverso l’aria estremamente difficile e complessa fin da subito per mezzo degli acuti iniziali.

Dal duetto con Telramondo, si denota la malvagità di Ortruda che lo seduce con l’inganno,  arrivando al suo obiettivo di ottenebrargli la mente affinché odio e vendetta distruggano “i due innocenti”.

 

 

OPERA-CAPOLAVORO, MAGICA, FORTEMENTE IMPEGNATA PSICOLOGICAMENTE, FILOSOFICAMENTE, SOCIOLOGICAMENTE, POLITICAMENTE.

E’ UN PENSIERO PER QUANTO RIGUARDA LA RAPPRESENTAZIONE ALLEGORICA ATTRAVERSO IL  ‘PENSIERO ALTO WAGNERIANO VERSO LA SOCIETA’ UMANA DEL SUO TEMPO’.

Battuto al computer da Lauretta

 

 

ARTURO TOSCANINI dirige il PRELUDIO ALL’ATTO I:

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Il soprano MARIA CANIGLIA canta “SOLA NEI MIEI PRIM’ANNI” (SOGNO DI ELSA):

 

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Il tenore AURELIANO PERTILE canta “MERCE’ CIGNO GENTIL”:

 

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Il baritono ALDO PROTTI e il mezzosoprano LAURA DIDIER cantano TI LEVA, ANDIAM” DAL II ATTO:

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HERBERT von KARAJAN dirige il PRELUDIO ALL’ATTO III:

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Il CORO POLIFONICO DELLA CITTA’ DI VENTIMIGLIA esegue la “MARCIA NUZIALE”:

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Il tenore AURELIANO PERTILE canta DA VOI LONTAN IN SCONOCIUTA TERRA:

 

GIOVANNA D’ARCO di GIUSEPPE VERDI

Opera in tre atti su libretto di Temistocle Soliera, tratto parzialmente dal dramma di Friedrich Schiller “Die Jungfrau von Orléans”, musica di Giuseppe Verdi

Prima rappresentazione al Teatro “Alla Scala”, di Milano 15 febbraio 1845

 

Personaggi:

Carlo VII, re di Francia (tenore)
Giovanna, figlia di Giacomo (soprano)
Giacomo, Pastore in Domrémy (baritono)
Delil, Ufficiale del re (tenore)
Talbot, supremo comandante degli inglesi (basso)

Ufficiali del Re, Borghigiani, Popolo di Reims, Soldati francesi, Soldati inglesi, Spiriti eletti, Spiriti malvagi, Grandi del regno, Araldi, paggi, fanciulle, Marescialli, Deputati, Cavalieri e Dame, Magistrati, Alabardieri, Guardie d’onore (Coro)

Primi interpreti: 

Giovanna (soprano) Erminia Frezzolini
Carlo VII (tenore)  Antonio Poggi
Giacomo (baritono) Filippo Colini
Delil (tenore) Napoleone Marconi
Talbot (basso) Francesco Lodetti

 

Trama:

Epoca storica: in Francia, circa nel 1429.

 

Prologo:

Carlo VII di Francia, comunica che intende rinunciare al trono in favore del re d’Inghilterra perché, la Vergine, in sogno, gli ha comandato di posare armi ed elmo nel bosco.

Carlo racconta questo sogno e viene a sapere che, proprio là, c’è una cappellina, per cui vi si reca.

Nel piccolo ovile vicino, abitano Giacomo e la figlia Giovanna che è demoralizzata per non potere combattere per la Francia che, lentamente, viene assoggettata agli Inglesi.

Tornata a casa, si addormenta e, durante il sonno, vede gli spiriti malvagi che la tentano convincendola a vivere la sua vita giovane; sempre, in sogno, la luna, mostra a Giovanna gli spiriti Eletti, i quali le predicono l’avverarsi del desiderio di combattere: combatterà, ma non dovrà provare alcun affetto terreno.

Si sveglia e va alla cappellina dove trova l’elmo, le armi e il Re.

A questo punto Giovanna indossa l’elmo, la corazza e, con le armi in pugno, informa il re che libererà la Francia.

Giacomo, vedendo la scena, crede che il Re con l’aiuto del demonio sia riuscito a soggiogare sua figlia; mentre Giovanna si allontana, Carlo inizia a provare amore per lei.

 

Atto I

Scena I: Luogo roccioso presso Reims.

I soldati inglesi sono sconfitti dopo tante affermazioni belliche per cui, con il loro comandante Talbot decidono di fuggire.

Giacomo li incontra ed espone loro il motivo delle loro disfatte.

 

Scena II: I giardini della reggia di Reims.

Qui, è in corso la festa per la vittoria, ma Giovanna decide di ritornare alla propria abitazione, nel bosco. Carlo la raggiunge e le confessa il suo amore, «puro e spirituale».

Giovanna rifiuta ma, poco dopo, confessa di contraccambiare l’amore del re per cui prova una specie di vaneggiamento perché le anime celesti le citano la sua rinuncia per poter vestire la corazza.

Nella basilica entreranno il re per l’incoronazione e Giovanna per l’omaggio.

Carlo prega per Giovanna, la quale vede gli spiriti malvagi esultanti per la vittoria contro di lei, donna combattente.

Atto II: Piazza di Reims con la cattedrale di S. Dionigi.

La folla inneggia a Giovanna, mentre giunge la processione composta da Ufficiali del Re, Grandi del regno, Araldi, Marescialli, Deputati con altri grandi personaggi e, alla fine, Carlo e Giovanna che entrano nella basilica, mentre, poco distante, Giacomo si sente padre tradito.

Carlo, incoronato RE, uscito dalla cattedrale, informa che tale luogo sacro sarà intitolato a Giovanna.

In presenza di tutti Giacomo accusa la figlia di essere vincolata al Maligno.

Giovanna ama Carlo in modo terreno, ma puro, però non sa come giustificarsi: maledetta da tutti (tranne che dal Re) la fanciulla si getta nelle braccia del padre per la cui mentalità esiste il rogo purificatore.

Atto III: Giovanna è prigioniera in una fortezza inglese.

E’ in atto la battaglia e Giovanna crede che il Re sia assediato dalle truppe nemiche.

Giacomo entra da lei che lo prega di rompere le sue catene e, pur avendo amato per un attimo Carlo, è sempre rimasta fedele a Dio.

Ora, Giacomo crede nella purezza della figlia, rompe le catene e la sprona a combattere contro gli Inglesi per cui, arrivata nel mezzo della battaglia, combatte con Carlo e riescono a scacciare i nemici.

Giacomo è pentito ed è perdonato dal Re, ma Delil dichiara che Giovanna è morta.

Molto addolorato, Carlo vede il corteo che trasporta la salma dove, per brevissimo tempo, Giovanna riconosce il Re, il padre e domanda la “sua” bandiera.

Dopodiché, vede calare la Vergine Maria e trapassa ad Altro Mondo, accolta dagli Spiriti Eletti.

Brani noti: 

Sinfonia
Sotto una quercia parvemi (atto I)
Pondo è letal, martiro, cavatina e cabaletta di Carlo (atto I)
Sempre all’alba ed alla sera, cavatina di Giovanna (atto I)
Son guerriera che a gloria t’invita, trio di Giovanna, Carlo e Giacomo (atto I)
O fatidica foresta, romanza di Giovanna (atto II)
Vieni al tempio e ti consola, duetto di Giovanna e Carlo (atto II)
Amai, ma un solo istante, duetto di Giovanna e Giacomo (atto III)

Incisioni note:

Renata Tebaldi, Carlo Bergonzi, Rolando Panerai Alfredo Simonetto Pantheon
Renata Tebaldi, Gino Penno, Ugo Savarese Gabriele Santini Legato Classics
Montserrat Caballé, Plácido Domingo, Sherrill Milnes James Levine EMI
Katia Ricciarelli, Flaviano Labò, Mario Zanasi Carlo Franci Foyer
Anna Netrebko, Francesco Meli, Plácido Domingo Paolo Carignani Deutsche Grammophon
Jessica Pratt, Jean-François Borras, Julian Kim Riccardo Frizza Dynamic

Videografia: 

Susan Dunn, Vincenzo La Scola, Renato Bruson Riccardo Chailly Kultur
Svetla Vassileva, Evan Bowers, Renato Bruson Bruno Bartoletti Unitel Classica
Jessica Pratt, Jean-François Borras, Julian Kim Riccardo Frizza Dynamic
Vittoria Yeo, Luciano Ganci, Vittorio Vitelli Ramon Tebar Major

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

E’ un argomento appassionante che ha ispirato artisti di vari settori: scrittori, pittori, scultori, musicisti, teatro, registi cinematografici, …

Riconosciuta BEATA dalla Chiesa Cattolica, il 18 aprile 1909, dopo cinquecento anni dalla morte, GIOVANNA D’ARCO è LA PATRONA DI FRANCIA.

Grande personaggio medioevale, Giovanna aveva una personalità angelica, pregava e si confessava più volte, tanto era devota.

Inoltre, aveva LE VISIONI di Santa Caterina, Santa Margherita, San Michele Arcangelo.

Persona dalla psiche complessa, era molto caritatevole e, all’età di tredici anni cominciava a sentire “LE VOCI” CELESTIALI: con il grado di Medicina otorinolaringoiatrica raggiunto oggi, queste “VOCI” potrebbero ricondurre agli “ACUFENI”, ossia i rumori avvertiti in modo intermittente o continuo nell’orecchio di un paziente, quando non esiste uno stimolo acustico: ronzio, tintinnio, fischio, sibilo. Possono essere derivati dal flusso vascolare che si verifica in prossimità dell’orecchio medio, e possono comparire a causa di un’irregolarità che colpisce la coclea, il nervo acustico, conseguenze di malattie cardiovascolari (aterosclerosi), infezioni (otite media, labirintite, meningite neurosifilide), invecchiamento e uso di farmaci ototossici, ostruzione del condotto uditivo a mezzo di tappo di cerume, mentre il ronzio può essere di origine tumorale o lesioni del sistema nervoso centrale che coinvolgono le vie uditive.

Ecco: tenuto a chiarire queste cause importanti, inoltre, è da sottolineare che, nel 1400-1500, NON SI SAPEVA che la SEGALE fosse preda di un fungo parassita: la SEGALE CORNUTA  che, nel Medioevo, aggrediva le graminacee, provocava reazioni del tipo di intossicazioni alimentari che portavano all’amputazione degli arti, alla morte e, chiaramente, a quanto pare, anche ai RUMORI ACUSTICI di cui ho parlato sopra, oltre a qualche squilibrio psichico, qualche condizione psicotica.

Inoltre, Giovanna, da bambina (da particolari conosciuti sulla sua vita) risulterebbe essere stata TRAUMATIZZATA, assistendo – dal suo nascondiglio – allo STUPRO effettuato sulla sorella da parte degli Inglesi.

Era stata colpita da questo GRAVE turbamento emotivo che, agli occhi dei genitori (che, a quanto pare, NON sapevano della violenza), risultava la semplice conseguenza della formazione dovuta all’età della “tempesta ormonale”.

TUTTO INFLUISCE NELLO SVILUPPO DI UNA PERSONALITA’.

E, comunque, GIOVANNA MERITA SEMPRE IL RISPETTO SOTTO TUTTI GLI ASPETTI CHE SI DEVE AD UNA DONNA.

E’ opportuno citare una rappresentazione importante di “GIOVANNA D’ARCO”:

. Inaugurazione della Stagione Lirica del Teatro “ALLA SCALA” di Milano del 7 dicembre 2015: “GIOVANNA D’ARCO”  viene rappresentata in questo Teatro 150 anni dopo la sua “ultima” a “La Scala”.

. Le scene iniziale e finale sono ambientate alla fine del 1800 e rappresentano un nosocomio con la stanzetta di Giovanna dove presenziano la stufa, il letto, l’armadietto su cui è appoggiata la statuina che rappresenta una Madonnina da giardino (con cui Giovanna sa tenere un dialogo), una sedia-poltrona. La cattedrale di Reims, alta otto metri e mezzo, domina il terzo atto, esprimendo la fede religiosa.

. Allievo del Dottor Charcot de “La Salpetrière” di Parigi, (un uomo molto sensibile, umanamente), Sigmund Freud – in questo periodo (la sua opera, “Die Traumdeutung”, è del 1899) – ha già raggiunto una certa capacità di analisi psichica, sulle persone, per cui l’opera – rappresentata sotto l’aspetto psicologico – EVIDENZIA L’ ATTUALITA’ DEI PROBLEMI: in questo caso, una giovane, il cui padre non riesce a capirla.

(Problemi esistenti DA SEMPRE, nella nostra società umana, ma che sono stati portati ad una conoscenza mondiale, in generale, nel ventesimo secolo, dove i cosiddetti “DEMONI-SPIRITI MALIGNI” della sessualità femminile non vengono più ritenuti un disonore: FINALMENTE! ).

. Per cui, la Giovanna di questa rappresentazione, forse ben inquadrata psicologicamente, è psicotica a causa dei suoi conflitti interiori: NON è la guerriera combattente sul campo di una battaglia terrena materiale, ma una “GUERRIERA” combattente INTERIORMENTE che possiede la passione per il suo Credo religioso, che ambisce alla “guerra santa e alla purezza”, all’amore casto verso Carlo VII.

Giovanna cede al sentimento per il suo Re, per cui Giacomo, il padre – che, nel II atto le chiede in modo autoritario e per ben tre volte “Non sacrilega sei tu?” (frase-imprecazione, in quanto si tratta di un problema personale di Giovanna: la verginità fisica) – evidenzia la minore importanza dei “demoni mentali” dai normali “demoni dell’Amore sentimentale e sessuale”: importanza che traumatizza Giovanna fino a sentirsi in colpa e a provare rimorso e pentimento; fino a morire a causa di dolore e disagio psichico.

. Freud ha reso importante “IL SOGNO”.

Infatti, qui, in questa edizione scaligera, oniricamente, le “visioni” si mescolano con la realtà esteriore della sua camera e con la realtà verso il padre.

Giovanna ha il desiderio di fuggire dalla sua stanza che, simbolicamente, rappresenta il “soffocamento” psicologico da parte del padre e della società umana.

Per fare meglio capire al pubblico, compaiono video di battaglie; sogna di amare Carlo, per cui appaiono amplessi erotici e, quando inizia a intravedere la sua morte compaiono nuvole azzurre del cielo.

. Francesco Meli è realista, nonostante il pesante costume d’oro che lo avvolge tutto, mentre – in sostituzione di Carlos Alvarez, indisposto – viene apprezzato il Giacomo di Devid Cecconi, baritono fiorentino.

Ho ritenuto opportuno citare questo SPETTACOLO che, al Teatro “Alla Scala”, E’ “CENTRATO” E DESTA ENTUSIASMO.

Fra le grandi Giovanne del 900: Tebaldi, Ricciarelli, Caballé, Netrebko , mentre le pagine corali sono entusiasmanti.

Il ruolo di Giovanna è stato interpretato da altre cantanti di fama internazionale come June Anderson e Mariella Devia.

Una ripresa dell’opera in tempi moderni è avvenuta, conseguendo grande successo, al Festival della Valle d’Itria di Martina Franca, nel luglio 2013 in cui, a vestire i panni dell’eroica Giovanna, è stata Jessica Pratt.


Battuto al computer da Lauretta

RICCARDO MUTI dirige la SINFONIA:

.

Il soprano Maria Agresta canta “QUI! QUI!… DOVE PIU’ S’APRE … O FATIDICA FORESTA:   

 

 

LA GIOCONDA DI AMILCARE PONCHIELLI

Opera in 4 atti su libretto di Tobia Gorrio (pseudonimo e anagramma di Arrigo Boito) tratto da “Ange, tyran de Padoue” di Victor Hugo,

Prima rappresentazione: Teatro “Alla Scala” di Milano,  8 aprile 1876

Direzione orchestrale: Franco Faccio

 

Versioni successive:

18 ottobre 1876, Teatro Rossini, Venezia
24 gennaio 1877, Teatro Apollo, Roma
27 novembre 1879, Politeama Genovese, Genova

 

Personaggi:

La Gioconda, cantatrice (soprano)
Laura Adorno, genovese (mezzosoprano), moglie  di
Alvise Badoero, uno dei capi dell’Inquisizione di stato (basso)
La Cieca, madre della Gioconda (contralto)
Enzo Grimaldo, principe genovese (tenore)
Barnaba, cantastorie (baritono)
Zuàne, regatante (basso)
Un cantore (basso)
Isèpo, scrivano pubblico (tenore)Un pilota (alto)

Barnabotti – Arsenalotti – Senatori – Pregadi – Gentiluomini – Gentildonne – Maschere (arlecchini, pantaloni, bautte) – Popolo – Marinai – Mozzi – Monaci de’ Frari – Cavalieri della compagnia della calza – Cantori (coro)

Mazzieri – Scudieri – Scherani – Trombettieri – Dalmati – Mori – Il cancellier grande – Un regatante – Il consiglio dei dieci – Sei caudatari – Un nostromo – Un mastro delle vele – Un servo moro – Il doge (comparse)

 

Il debutto, le successive versioni e rappresentazioni si svolgono così: :

. Prima rappresentazione: 8 aprile 1876, Teatro alla Scala
(direttore: Franco Faccio)

Ponchielli, durante le prove, si dichiara soddisfatto della compagnia, particolarmente del basso Maini e del tenore spagnolo Julián Gayarré (noto in Italia come Giuliano Gayarre).
Addirittura, per Gayarre, riesce a prevedere il successo nel brano del secondo atto “Cielo e mar!”, brano bissato, insieme al preludio.

Previsione che si avverò, dato che la sera della prima fu questo uno dei due pezzi bissati, insieme al preludio.

 

. Seconda versione: 18 ottobre 1876, Teatro Rossini
(direttore Franco Faccio)

 

. Terza versione: 24 gennaio 1877, Teatro Apollo (direttore Luigi Mancinelli)

. Quarta versione: 27 novembre 1879, Politeama Genovese
(direttore Gialdino Gialdini)

 

Le quattro versioni:

La Gioconda, soprano,: Maddalena Mariani Masi

Laura Adorno, mezzosoprano: Marietta Biancolini Rodriguez, Eulalia Kadmina, Filippina von Edelsberg,  Flora Mariani De Angelis

Alvise Badoèro, basso: Ormondo Maini, Ormondo Maini, Ladislao Miller, Édouard de Reszke

La Cieca, contralto: Eufemia Barlani-Dini, Amelia Sbolgi, Amelia Sbolgi, Giuditta Celega

Enzo Grimaldo, tenore: Julian Gayarré, Enrico Barbacini, Enrico  Barbacini, Francesco Marconi

Barnaba, baritono: Gottardo Aldighieri, Giuseppe Kaschmann, Augusto Parboni, Gustavo Moriani

Zuàne, basso: Giovanni Battista Cornago, Abulcher Leoni, Achille Cardos, Giacomo Origo

Un cantore, basso: Giovanni Battista Cornago, Abulcher Leoni, Achille Cardos, Giacomo Origo

Isèpo, tenore: Amedeo Grazzi, Salvatore De Angelis, Emanuele Dall’Aglio

Un pilota, basso: Giovanni Battista Cornago,Giovanni Battista Panari

 

Riportando le notizie circa l’ultima versione:

< “La Scala”, il 12 febbraio 1880, quattro anni dopo il debutto: si raccoglie un autentico trionfo con la quinta e definitiva versione con la Mariani Masi, Elvira Demi come cieca, Elisabeth Leawington come Laura, Francesco Tamagno come Enzo, Francesco Marconi come Isèpo, Gustavo Moriani come Barnaba e Giovanni Ordinas come Alvise e Zuàne/cantore/pilota/barnabotto.

 

Poco per volta Ponchielli era riuscito a trovare la giusta misura e adattare il raffinato ma cerebrale libretto di Boito, alla propria vena musicale più autentica, calda e fluente, rimpiazzando, tagliando e aggiungendo interi episodi >.

 

Trama:  

Epoca: Venezia, XVII secolo.

 

Atto I – La bocca del leone.

Palazzo Ducale di Venezia: nel suo cortile, presenzia la Scala dei Giganti, mentre dal portico della Carta, si arriva alla Basilica di San Marco attraverso un ingresso di grande dimensione.

Sono presenti anche lo scrittoio di uno scrivano e una bocca di leone di marmo con la scritta: “Denontie secrete per via d’inquisizione contra cada una persona con l’impunita secreteza et benefitii giusto alle leggi “.

 

Il popolo, in festa, si dirige alla regata (“Feste! Pane!”).

Barnaba – finto cantastorie – è una spia del Consiglio dei Dieci e, di nascosto, vede Gioconda e la madre (la Cieca) che vanno in chiesa (“Figlia, che reggi il tremulo piè”).

< Gloria a chi vince il palio verde >, dice il popolo, al termine della regata ma, purtroppo, Zuàne, il partecipante, perde.

In modo subdolo, il dubbio gli è penetrato da Barnaba per mezzo della sua accusa alla Cieca (“La vidi staman gittar sul tuo legno un segno maliardo, un magico segno … la tua barca sarà la tua bara!”).

Come è già successo infinite volte,  tale calunnia viscida si diffonde tra la gente: in questo caso, se la prende con la povera donna.

Gioconda ed Enzo non riescono a sottrarla alla furia della folla (“Assassini, quel crin venerando rispettate! “), quando appaiono Laura Adorno (amata da Enzo) e suo marito Alvise Badoero, nobile inquisitore della Repubblica Serenissima di Venezia.

Laura prega il marito, di salvare la Cieca che – grata – dona a  Laura un rosario (“A te questo rosario, che le preghier aduna… ti porterà fortuna”).

Allontanata la folla, Barnaba chiama Enzo col suo nome, lo tranquillizza  che non lo nominerà e che Laura fuggirà con lui, nella notte.

Da spia potente, Barnaba rende nota ad Enzo, agghiacciato, la sua reale personalità attraverso il brano “Sono il possente demone del Consiglio dei Dieci”, esternandogli anche che ha fatto tutto ciò affinché Gioconda lo ami.

Poi, rimasto solo, Barnaba detta ad Isépo, il suo scrivano,  l’accusa verso Laura ed Enzo e la inserisce nella bocca del leone (“O monumento! “) non sapendo di essere osservato e udito da Gioconda e da sua madre.

La gente in festa entra nel cortile intonando < Carneval! Baccanal! > e una furlana, ma tutto  è  interrotto dai fedeli della basilica, dopodiché la gente stessa è sollecitata da un barnabotto ad inginocchiarsi e a pregare durante i vespri («Tramonta il sol… udite il canto del vespro santo, prostrati al suol»).

Gioconda, è disperata (“Tradita! Ohimè, io soccombo! ” e “O cor, dono funesto “, per cui la madre la consola come meglio può; però la ragazza è decisa, idem, a salire sulla nave di Enzo, nella notte.

 

Atto II – Il rosario.

Nella notte, presso la bocca della laguna di Venezia detta ” la bocca della Fusina “, Hècate , il  brigantino, è in attesa e i suoi marinai lavorano e cantano una marinaresca.

Il finto pescatore Barnaba spia la nave di Enzo mentre avverte il brigantino tramite il fido Isépo e intona la barcarola con la quale fa amicizia con i pescatori  (“Pescator, affonda l’esca!”).

Enzo veglierà durante la notte, per cui manda sotto coperta i marinai, mentre aspetta ansioso che Laura arrivi (“Cielo e mar”).

Lo stesso Barnaba gli porta Laura presso il  brigantino, attraverso una barca, mentre pronuncia un augurio sinistro che allarma la donna, ma che tranquillizza Enzo (“Eppure quello  è l’uomo che ci aperse il paradiso!”) e restano assieme fino al tramonto della luna, dopodiché Enzo la fa accompagnare a casa.

Laura è sola, preoccupata e scoraggiata per cui si rivolge alla Madonna  (“Stella del marinar”).

Gioconda si presenta (“E’ un anatema!”), aggredendo verbalmente la rivale e avvertendola di fuggire.

Laura reagisce forte (“L’amo come il fulgor del creato!”), per cui Gioconda l’avverte che suo marito sta arrivando sopra una barca (“Là è il tuo consorte!”).

Per reazione di Laura allo spavento e come richiesta d’aiuto alla Madonna a mezzo del  rosario, la conseguenza è alzarlo: qui, Gioconda la riconosce come salvatrice di sua madre, e la aiuta a fuggire.

Laura le chiede il nome (“Ma mi dirai chi sei?”) e Gioconda risponde: “Son la Gioconda”,  risponde l’altra.

Barnaba si rende conto della fuga di Laura (“Maledizion! Ha preso il vol!”), consigliando ad Alvise di seguire la barca sulla quale la donna fugge.

Ad Enzo, ritornato, Gioconda dice che Laura ha avuto paura (“Vedi là, nel canal morto? Un navil che forza il corso? Essa fugge… il suo rimorso fu più forte dell’amor!”), suscitando la riprovazione e l’ira di Enzo che vuole inseguire Laura ma che è fermato da Gioconda che lo avverte del pericolo delle galee veneziane, per cui incendia la sua nave.

 

Atto III – La Ca’ d’Oro.

Scena I: Una camera nella Ca’ d’Oro.

“Si, morir ella de’!”: così canta Alvise Badoero che si vuole vendicare terribilmente della moglie Laura che, lui decide, si darà la morte lei stessa a mezzo di un veleno, durante le danze della festa che si tiene a palazzo.

Chiama Laura, non mostra la sua collera, ma abbozza scherzoso al suo tradimento (“Bella così madonna, io non v’ho mai veduta”), per cui Laura gli chiede il motivo di tale comportamento (“Dal vostro accento insolito cruda ironia traspira”).

Alvise, sentendosi provocato, le urla che deve morire subito avendone come risposta “Morir, morir è troppo orribile” ma, insensibile, Alvise le indica la sua bara.

Fuori, i gondolieri intonano “La gaia canzone fa l’eco languir e l’ilare suono si muta in sospir” la cui ultima nota segnerà il termine dell’ingestione del veleno.

Gioconda è l’angelo che, nascostamente, la salva a mezzo della sostituzione attraverso un narcotico.

Bevuto il liquido soporifero, Laura  si distende sul catafalco della camera mortuaria.

Alvise, arrivato a controllare, nota la boccetta vuota e si persuade che Laura è morta, mentre Gioconda è scossa e riflette sul fatto che ha salvato la sua rivale per lo stesso uomo amato da entrambe: “Io la salvo per lui, per lui che l’ama”.

Scena II: sontuosa sala attigua alla camera mortuaria, sala dov’è in atto una festa durante la quale gli invitati inneggiano alla Ca’ d’Oro e dove è predisposto lo spettacolo della “Danza delle Ore”.

Barnaba arriva e accusa nuovamente di stregoneria la Cieca.

Fuori, risuona il suono della campana dei moribondi, per cui Barnaba porta a conoscenza Enzo che Laura è morta (“Un’agonia? Per chi?… Per Laura!”) e che, turbato fortemente, di conseguenza, rivela la sua identità a tutti.

Quindi, Alvise lo fa arrestare anticipandogli angoscia e tormento.

A questo punto, Alvise mostra il corpo di Laura.

Enzo è addolorato e Gioconda sussurra a Barnaba “Se lo salvi e adduci al lido, laggiù presso al Redentor, Il mio corpo t’abbandono, o terribile cantor.”

 

Atto IV – Il canal Orfano

Dall’atrio di un vecchio palazzo cadente, nell’isola della Giudecca, si vedono laguna e piazza San Marco con l’illuminazione a festa, oltre ad un’immagine della Madonna e una croce appesa al muro.

Un tavolo, un canapè con vari ornamenti per Gioconda con una lucerna, una lanterna, un veleno, un pugnale.

Una buia calle.

Gli amici cantori portano il corpo di Laura a Gioconda, che li prega di cercare la Cieca,  scomparsa e che, rimasta sola, valuta la soluzione del suicidio (“Suicidio! In questi fieri momenti”).

Gioconda, per un attimo, pensa a Laura: “Se spenta fosse!!! Siam sole… è notte… profonda è la laguna…”, ma è bloccata da voci che giungono dal vicino canale e che dicono “Eh! dalla gondola, che nuove porti? – Nel Canal Orfano ci son dei morti!”.

 

Enzo è liberato da Barnaba grazie a Gioconda, ma è disperato e vuole uccidersi per raggiungere Laura, ma Gioconda lo tranquillizza dicendogli che l’ha sottratta alla camera funeraria della Ca’ d’Oro.

Enzo s’arrabia e sta per uccidere Gioconda (“Oh, gioia, m’uccide!”) alloché Laura si risveglia  e  lo chiama per nome.

Laura rivela a Enzo che Gioconda le ha salvato la vita, per cui Enzo la benedice.

 

Gioconda rinnova la benedizione su Laura da parte della madre, fa fuggire Enzo e Laura in direzione di Aquileia a mezzo di una barca, avendone la loro benedizione.

 

Disperata, Gioconda vuole uccidersi con la spada, ma ripensa alla madre e all’accordo con Barnaba che le si para davanti quando sta per darsela a gambe.

La cantatrice ha promesso il suo corpo a Barnaba in cambio della liberazione di Enzo: deve pagare il prezzo.

Lo lusinga un po’ (“Vò farmi più gaia… più fulgida ancora…”) e cade a corpo morto sulla spada (“Volesti il mio corpo, demon maledetto? E il corpo ti do!”).

Il beffato Barnaba  si vendica dicendole che ha ucciso sua madre (“Ier  tua madre m’ha offeso… io l’ho affogata!”), però Gioconda è  deceduta (“Non ode più!”), per cui Barnaba grida rabbioso e scappa attraverso le calli.

 

Brani noti:

Atto I: La bocca del leone

Preludio
Coro d’introduzione Feste! Pane!
Scena e Terzettino
Scena E cantan su lor tombe!
Terzettino Gioconda, la Cieca e Barnaba Figlia che reggi il tremulo pie’
Recitativo – Coro della Regata e Sommossa – Romanza
Recitativo L’ora non giunse ancor
Coro della Regata e Sommossa Gloria a chi vince!
Romanza della Cieca Voce di donna o d’angelo
Scena e Duetto
Scena Enzo Grimaldo
Duetto Enzo e Barnaba Pensi a Madonna Laura
O grido di quest’anima
Scena, Recitativo e Monologo
Scena e recitativo Maledici? Sta ben…
Monologo Barnaba O monumento!
Finale I – Coro, Forlana e Preghiera
Coro Carneval! Baccanal!
Furlana (I, 9)
Preghiera Angele Dei
Arioso O cor, dono funesto

 

Atto II: Il Rosario

Marinaresca, Recitativo e Barcarola
Marinaresca Ho! He! Fissa il timone!
Recitativo Chi va là?
Barcarola Barnaba Pescator, affonda l’esca
Recitativo, ripresa della Barcarola e Romanza
Recitativo e ripresa della Barcarola Sia gloria ai canti dei naviganti
Romanza Enzo Cielo! e mar!
Scena e Duetto
Scena Ma chi vien
Duetto Laura Enzo
Tempo d’attacco Deh! non turbare con ree paure
Tempo di mezzo Ma dimmi come, angelo mio, mi ravvisasti?
Cantabile Laggiù nelle nebbie remote
Scena e Romanza di Laura
Scena E il tuo nocchiero
Romanza di Laura Stella del marinar!
Duetto
E’ un anatema!
Duetto Gioconda-Laura L’amo come il fulgor del creato
Scena e Duetto-Finale II
Scena Il mio braccio t’afferra!
Duetto-Finale II Gioconda Enzo Laura! Laura, ove sei?
Tu sei tradito!

 

Atto III: La Ca’ d’oro

Scena ed Aria
Scena Sì, morir ella de’
Aria Alvise Là turbini e farnetichi
Scena e Duetto
Scena Qui chiamata m’avete?
Duetto Laura Alvise Morir! è troppo orribile
Scena e Serenata
Scena E già che ai nuovi imeni
Serenata La gaia canzone
O madre mia
Scena, Ingresso dei Cavalieri e Coro
Scena e Ingresso dei Cavalieri Benvenuti, messeri
Coro S’inneggi alla Ca’ d’oro
Recitativo e Danza delle Ore
Recitativo Grazie vi rendo
Danza delle Ore
Sortono le ore dell’Aurora (Moderato)
Le Ore dell’Aurora (Andante poco mosso)
Sortono le Ore del giorno
Danza delle Ore del giorno (Moderato)
Sortono le Ore della sera
Sortono le Ore della notte (Moderato, Andante poco mosso, Allegro vivacissimo
Scena e finale III – Pezzo concertato
Scena Vieni! – Lasciami!
Pezzo concertato D’un vampiro fatale

Atto IV: Il Canal Orfano

Preludio, Scena ed Aria
Preludio
Scena Nessun v’ha visto?
Aria Gioconda Suicidio!
Duettino, Scena e Terzetto
Ecco il velen di Laura
Duettino Gioconda-Enzo Gioconda! – Enzo! sei tu!
Scena Enzo! – Mio Dio!
Terzetto A te questo rosario
Scena e Duetto finale
Scena Ora posso morir
Duetto finale Gioconda Barnaba Ebbrezza! delirio!

 

Incisioni note:

Giannina Arangi-Lombardi, Alessandro Granda, Ebe Stignani, Gaetano Viviani, Corrado Zambelli, Camilla Rota Lorenzo Molajoli Columbia

Maria Callas, Gianni Poggi, Fedora Barbieri, Paolo Silveri, Giulio Neri, Maria Amadini    Antonino Votto       Cetra

Anita Cerquetti, Mario del Monaco, Giulietta Simionato, Ettore Bastianini, Cesare Siepi, Franca Sacchi       Gianandrea Gavazzeni   Decca

Zinka Milanov, Giuseppe Di Stefano, Rosalind Elias, Leonard Warren, Plinio Clabassi, Belén Amparán Fernando Previtali RCA

Maria Callas, Pier Miranda Ferraro, Fiorenza Cossotto, Piero Cappuccilli, Ivo Vinco, Irene Companeez Antonino Votto EMI

Renata Tebaldi, Carlo Bergonzi, Marilyn Horne, Robert Merrill, Nikola Gjuzelev, Oralia Domínguez Lamberto Gardelli Decca

Montserrat Caballé, Luciano Pavarotti, Agnes Baltsa, Sherrill Milnes, Nicolaj Ghiaurov, Alfreda Hodgson Bruno Bartoletti Decca

Éva Marton, Giorgio Casellato Lamberti, Livia Budai, Sherrill Milnes, Samuel Ramey, Anne Gjevang Giuseppe Patané Sony

Violeta Urmana, Plácido Domingo, Luciana D’Intino, Lado Ataneli, Roberto Scandiuzzi, Elisabetta Fiorillo Marcello Viotti EMI

 

Videografia:

Eva Marton, Plácido Domingo, Ludmila Šemciuk, Matteo Manuguerra, Kurt Rydl, Margarita Lilowa Adam Fischer Arthaus

Deborah Voigt, Richard Margison, Elisabetta Fiorillo, Carlo Guelfi, Carlo Colombara, Ewa Podleś Daniele Callegari TDK

Andrea Gruber, Marco Berti, Ildikó Komlósi, Alberto Mastromarino, Carlo Colombara, Elisabetta Fiorillo Donato Renzetti Dynamic

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Grand Opéra.

A Ponchielli, che avrà la cattedra di composizione presso il Conservatorio di Milano (tra i suoi allievi futuri della “Giovine Scuola Italiana”: Giacomo Puccini, e Pietro Mascagni), viene proposto il libretto tratto da “Ange, tyran de Padoue” di Victor Hugo, per il quale Boito lo adatta inserendo il personaggio di Barnaba e fornendo un differente aspetto degli altri.

Ponchielli ammira moltissimo Boito, ma nutre moltissimi dubbi sulla risposta eventualmente sfavorevole da parte del pubblico, dal momento che lo stesso Ponchielli – scrivendo all’amico musicista Achille Formis, il 3 giugno 1875 –  si definisce incontentabile e di non avere più idee, per cui chiede varie volte a Boito di modificare il libretto, mentre ritiene difficile consegnare il lavoro per il periodo di Carnevale, oltre a qualche pezzo da aggiungere come la “Danza delle Ore” che verrà composta a Milano.

Durante le prove, Ponchielli è soddisfatto degli artisti, particolarmente del basso Maini e del tenore spagnolo Julián Gayarré (noto in Italia come Giuliano Gayarre) il cui brano “Cielo e mar!” è bissato.

L’esito è un successo enorme e le chiamate degli artisti al proscenio sono 27.

La partitura – essendo stata consegnata in ritardo – permette la rappresentazione solo per quattro serate per via della chiusura della stagione lirica de “La Scala” e, da maggio, Ponchielli modifica alcune parti.

Attraverso anche questa seconda versione, al Teatro “Rossini” di Venezia, il 18 ottobre 1876,  diretta da Faccio, ottiene un grande successo.

Vengono attuate altre modifiche e, il 12 febbraio 1880, idem a “La Scala”, Ponchielli e la sua opera trionfano per mezzo della quinta e ultima versione.

 

Gioconda: 

Secondo le critiche, “La Gioconda” è considerata il Grand Opéra italianao più rappresentativo, il cui merito è riconosciuto al musicista e al librettista, entrambi  esistenti nel periodo in cui viveva il movimento moderno della “Scapigliatura”, mentre il linguaggio dei personaggi dell’opera è tipico di Boito.

Gioconda è una bella persona dotata di sincerità, di candore, di grande abnegazione che sacrifica il suo amore per Enzo, favorendo l’uomo e la sua rivale: “rivale” che ha salvato sua madre dalla ferocia popolare fatta serpeggiare dalla perfidia di Barnaba.

Svolge il lavoro di cantatrice, uno dei lavori dell’epoca e, con Barnaba e Alvise, è una figura di spicco dal momento che annulla i loro piani avvertendo Enzo e Laura dell’agguato architettato da Barnaba, sostituisce il veleno col narcotico, e si uccide per non cedere allo stesso Barnaba, l’uomo che si illude di averla.

Però, come Enzo e Laura finisce nella “ragna che tesse la sua tela”.

Gioconda, eroina boitiana, è preda della solitudine emotiva provocata dalla vita, ma è Una Signora perché non si lascia sfuggire parole di autocommiserazione verso la povertà della sua infanzia e verso la povertà attuale che coinvolge lei e la madre, per la quale povertà  “Viviam cantando ed io canto a chi vuol le mie liete canzoni”.

Possiede un carattere forte che non le permette di lasciarsi minacciare da Barnaba e di non cedere alla sua rivale (“Ed io l’amo siccome il leone ama il sangue, ed il turbine il vol”).

 

Barnaba: 

Con Gioconda ed  Enzo, appartiene ai tre personaggi-base dell’opera.

Personaggio machiavellico, interessante e fortemente intrigante, è “IL CATTIVO” ASSOLUTO dell’opera: opera che, per la precisione, si dovrebbe intitolare “Barnaba”, visto e considerato il suo ruolo importantissimo.

La cattiveria è sempre esistita: danneggia la psiche o il corpo fisico della persona-bersaglio di attacchi e, in alcuni periodi, è dilagata arrivando ad un alto grado di aggressività attraverso la sua forma di comportamento malvagio, perfido, affinché porti danno o dolore ai nostri simili, attraverso un’azione subdola e ostile.

Oggi, la Psicologia spiegherebbe il sentimento di Barnaba anche come la Sindrome di Procuste, ossia “la calunnia”:  viene diffusa in modo che il suo creatore riesca a dimostrare  il suo modo di vedere l’altra persona, la quale ne riceverà danno”.

In questo caso, parlando di Barnaba: Gioconda, Enzo, Laura provano un qualcosa di importantissimo, che permette loro di stabilire le relazioni e di decidere in merito, ma finiscono con l’essere legati a lui.

Arrigo Boito, il librettista dell’opera, ha già scritto il libretto di “Mefistofele”, l’opera da lui stesso musicata dove il demonio indossa abiti da cavaliere ma, ne “La Gioconda” (il libretto è firmato Tobia Gorrio, anagramma di Arrigo Boito), il Mefisto entra in Barnaba, uomo-demone non soprannaturale, ma con personalità cinica e manipolatrice maligna perversa.

Un applauso ad Arrigo Boito, letterato finissimo che ha saputo creare il personaggio di Barnaba in modo stupendo.

Ponchielli giudica Barnaba una figura “odiosa, antipatica, ma originale”: infatti, Boito anticipa Jago-calunniatore, il personaggio che sa tramare e che  – nella romanza “O monumento” –  ricorda molto il “Credo” di Jago.

“O monumento”: è il monologo rabbioso, furente e diabolico, monologo dove rende nota  l’illogica e incoerente organizzazione del governo di Venezia rivolgendosi al leone marmoreo, ossia il monumento-simbolo di Venezia.

< O monumento!
< Regia e bolgia dogale! Atro portento!
< Gloria di questa e delle età future; ergi fra due torture il porfido cruento.
< Tua base i pozzi, tuo fastigio i piombi, sulla tua fronte il volo dei palombi, i marmi e l’ôr.
< Gioia tu alterni e orror con vece occulta, quivi un popolo esulta, quivi un popolo muor.
< Là il doge, un muto scheletro coll’acìdaro in testa; sovr’esso il Gran Consiglio, la signoria funesta; sovra la signoria, più possente di tutti, un re: la spia.
< O monumento! Apri le tue latèbre, spalanca la tua fauce di tenèbre, s’anco il sangue giungesse a soffocarla!
< Io son l’orecchio e tu la bocca: parla.

Da notare:

“Sovra la signoria, più possente di tutti, un re: la spia”.

Il re-spia: ossia, lo stesso Barnaba; ossia, il “Destino” che decide e organizza per tutti.

Ma, proprio chi lui tenta di beffare, si rende presto conto della sua natura ingannatrice, al contrario di Jago in “Otello” di Verdi che appare individuo onesto e incapace di fare del male.

Barnaba  è intelligente, è un’anima catastrofica ed è una spia spietata e crudele del governo di Venezia per cui sa e controlla tutto attraverso il suo sguardo attento e “sempre, in allarme”, indossando abiti trasandati e portandosi la chitarra quale strumento di cantastorie.

Si mostra seducente e affascinante, oltre a possedere la “funesta faccia da mistero”: un garbato narcisista maligno e perverso che tiene in mano le redini della situazione che riguarda Gioconda, Enzo, Laura, tre esseri costretti a soccombere al suo ricatto che, pur essendo coscienti di avere a che fare con “il Male” e “la Morte”, cadono nella “ragna” che lui intesse.

Enzo non si fida di Barnaba, ma “deve” fidarsi per incontrare Laura, arrivando persino a maledirlo come una specie di “autodifesa protettiva”, mentre Laura nota “un infernal sorriso” unito alla voce sinistra.

Gioconda si rivolge alla “Vergine santa” per esorcizzare il Barnaba-incarnazione del  Demonio e “l’orribile sua faccia”: infatti, a differenza di Jago che sa mascherare bene il suo essere, l’aspetto di Barnaba è indice del suo aspetto guasto, spiritualmente.

Barnaba è abituato ad osservare con attenzione e, per proprio vantaggio, è capace di convincere psicologicamente l’essere umano a realizzare il proprio desiderio.

Barnaba è in grado di descriversi: “E mentre s’erge il ceppo o la cuccagna, fra due colonne tesse la sua ragna Barnaba, il cantastorie; e le sue file sono le corde di questo apparecchio”. – “Con lavorìo sottile e di mano e d’orecchio colgo i tafàni al volo per conto dello stato”.  – “E mai non falla l’udito mio”.
Infatti, Barnaba, sadico ed esaltato mentalmente, “manovra” le situazioni per arrivare ad avere la bellissima Gioconda (“Coglier potessi solo per le mie brame e tosto una certa vaghissima farfalla!” – “Sovr’essa stendere la man grifagna”); cosa che succederà se Gioconda non si ucciderà, “raggirandolo” attraverso il proprio suicidio.

Barnaba, con sadismo, rivela all’orecchio di Gioconda che, il giorno prima, ha affogato sua madre e, accortosi che “non ode più”) è percosso da “un grido soffocato di rabbia”.

Barnaba è solamente  infatuato di Gioconda (la cui personalità emotiva vuole abbattere) e NON sa amare perché è schiavo della cattiveria che lo spinge a fare male solo per il gusto di farlo (male che gli si ritorce contro).

Si rende conto ma non ne capisce il motivo: “Un genio arcano/ verso il mal mi trascina”.

Psicologicamente,  è stato riconosciuto che un individuo può comportarsi come se un altro fosse dentro di lui e agisse al suo posto: Barnaba è un “grande pericolo” e potrebbe anche soffrire di “Disturbo dissociativo dell’identità” e, ai giorni nostri, sarebbe aiutato da un medico psicoterapeuta.

 

Enzo Grimaldo: 

E’ un principe genovese, uomo sincero che fa onore al suo sangue nobile: è incapace di azioni basse ed è legatissimo alla sua coscienza ineccepibile.

Infatti, non possiede cattiveria che porti alla vendetta, al sadismo, a gravi difetti come per Barnaba: Enzo è un puro e un esempio importante è dato dal suo intervento eroico in favore della Cieca, nel primo atto, salvataggio che si risolverà positivamente grazie alla sua amata Laura.

Purtroppo, desiderando risolvere le difficoltà, non capisce e sottovaluta il sacrificio compiuto da Gioconda, specialmente alla fine, prima che Laura si risvegli, momento in cui Gioconda si rifiuta di svelargli il nascondiglio dove giace Laura addormentata, per cui Enzo la minaccia col pugnale, oltre a salutarla sbrigativamente per andarsene con Laura.

Diffida di Barnaba e accusa Alvise Badoero per avere compiuto l’uxoricidio sulla persona della moglie (che, nessuno di loro lo sa, viene salvata da Gioconda per mezzo del narcotico).

 

Laura: 

Donna dolce, fragile, ha paura che, Enzo, il suo unico bene, le venga strappato, in particolare, quando incontra Gioconda, al buio.

Ma, poi, Gioconda la riconosce per mezzo del rosario che sua madre ha donato a Laura con gratitudine e benedicendola.

Barnaba fa da delatore al marito che, come castigo, le infligge sofferenze atroci, arrivando a comandarle di avvelenarsi: TERRIBILE!

Ma, grazie all’altruismo di Gioconda, verrà ricongiunta ad Enzo.

 

Alvise Badoero: 

Alvise Badoero, personaggio-tiranno, uno dei capi dell’inquisizione, vendicativo, è cosciente di potere comandare e decidere anche sulla vita della moglie Laura della quale si vuole vendicare a seguito del di lei “inganno coniugale” per cui è “indispensabile” lavare il “disonore” dell’adulterio e per cui “si darà la morte lei stessa”.

Non è uomo delicato ed è subdolo mostrandosi scherzoso del tradimento di Laura (“Bella così madonna, io non v’ho mai veduta”) che lascia Laura stupita dall’insolito complimento del marito.

Allora, Alvise, interpretando la cosa come una sfida, le urla che deve morire e le mostra la sua bara.

Alvise: arrivato alla cattiveria a causa degli usi, costumi e mentalità della sua epoca e della sua famiglia, è pur sempre “un cattivo” a causa dei subentrati egoismo, mancanza di impegno morale, narcisismo, senso di superiorità, sadismo.

Da cattivo e da imperfetto morale, espone sfacciatamente il catafalco su cui Laura si stenderà per morire, mentre viene eseguita la famosa e scintillante “Danza delle ore” e gli ospiti si rendono conto che hanno a che fare con un tarato mentale.

 

La moglie Laura lo lascierà e scapperà con l’uomo che ama e Alvise rimarrà punito dalla sua stessa arroganza e dalla sua stessa prepotenza: comportamenti psichicamente pericolosi in quanto dovuti a fragilità interiore.

 

La Cieca: 

Chiaramente, figura importante, la si vede nel primo atto, nella scena tumultuosa della “ribellion”, nella quale Enzo e Laura si prodigano per aiutarla contro la plebe scatenata dalla calunnia di Barnaba.

E’ sorretta dalla figlia (“Figlia che reggi il tremulo piè”), ma è importante attraverso il legame psicologico con Gioconda, la figlia che sorregge moralmente e, anche se a volte non si vede in scena, si percepisce l’alito della sua presenza.

 

Vincitori e Vinti: 

Enzo e Laura sono i veri vincitori perché vivranno il loro sogno d’amore.

Fra i perdenti, Gioconda e la madre raggiungono la pace eterna dopo avere perduto la vita: loro,  il rabbioso Barnaba e Alvise-“tiranno” sono i veri perdenti.

UN GRAND-OPÉRA. UN CAPOLAVORO.

Battuto al computer da Lauretta 

 

 

 

GIANANDREA GAVAZZENI dirige il PRELUDIO ALL’ ATTO I:

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Il soprano LUCILLE UDOVICH e il mezzosoprano LUISA BARTOLETTI cantano il duetto “FIGLIA CHE REGGI IL TREMULO PIE’:

 

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Il mezzosoprano FRANCA SACCHI canta la ROMANZA DELLA CIECA,  “VOCE DI DONNA O D’ANGELO”:

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Il baritono ETTORE BASTIANINI canta il Monologo di Barnaba, “O MONUMENTO!”:

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ANTONINO VOTTO dirige il  CORO CETRA DELL’ORCHESTRA SINFONICA DELLA R.A.I. di TORINO, Forlana e Preghiera FINALE ATTO I:

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Il baritono ETTORE BASTIANINI canta la Barcarola, “ PESCATOR, AFFONDA L’ESCA”:

 

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Il tenore MARIO DEL MONACO canta “CIELO E MAR”:

 

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Il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO e il tenore MARIO DEL MONACO cantano il duetto “LAGGIU’, NELLE NEBBIE REMOTE”:

 

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Il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO canta “STELLA DEL MARINAR”:

 

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Il soprano ANITA CERQUETTI e il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO cantano il duetto  “L’AMO COME IL FULGOR DEL CREATO:

 

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Il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO e il basso CESARE SIEPI cantano “QUI CHIAMATA M’AVETE?”:

 

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ANTONIO PAPPANO dirige il BALLETTO “LA DANZA DELLE ORE”:

 

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MARIO DEL MONACO, GIULIETTA SIMIONATO, ANITA CERQUETTI E CORO cantano “AH, IL COR MI SI RAVVIVA”:

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Il soprano ANITA CERQUETTI canta “SUICIDIO!”:

 

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Il soprano ANITA CERQUETTI e il baritono ETTORE BASTIANINI cantano il duetto finale,  “EBBREZZA! DELIRIO!”:

L’ELISIR D’AMORE di GAETANO DONIZETTI

Opera giocosa in due atti su libretto di Felice Romani tratto da “Le Philtre” di Eugène Scribe

Prima rappresentazione: Teatro della Cannobiana, Milano, 12 maggio 1832.

 

Personaggi: 

Adina, ricca e capricciosa fittavola (soprano )
Nemorino, coltivatore, giovane semplice, innamorato di Adina (tenore)
Belcore, sergente di guarnigione nel villaggio (baritono)
Il dottore Dulcamara, medico ambulante (basso buffo)
Giannetta, villanella (soprano)

Cori e comparse: villani e villanelle, soldati e suonatori del reggimento, un notaio, due servitori, un moro

 

Primi interpreti: 

Adina (soprano) Sabina Heinefetter
Dulcamara (basso) Giuseppe Frezzolini
Belcore (baritono) Henry Bernard Dabadie
Nemorino (tenore) Giovan Battista Genero
Giannetta (soprano) Marietta Sacchi

Direzione:  Alessandro Rolla

 

Trama: 

Epoca: L’azione ha luogo in un villaggio dei paesi baschi, alla fine del XVIII secolo.

Atto I

Mentre i mietitori stanno riposando all’ombra, la loro fittavola Adina è in disparte che legge un libro riguardante la storia di Tristano, Isotta e del filtro che aiuta la principessa ad innamorarsi dell’eroe.

Nemorino è un contadino povero che ama Adina, ma non riesce a dichiararle il proprio amore (“Quanto è bella, quanto è cara”).

Su richiesta dei contadini, Adina legge a voce alta che, innamorato della regina Isotta, Tristano si avvale di un filtro magico che lo aiuta a catturare il suo amore (“Della crudele Isotta”).

Nemorino sogna la concretizzazione di questo elisir soprannaturale mentre, nel paesino, arriva il sergente Belcore per arruolare giovani che prestino il servizio militare.

Belcore corteggia e vuole sposare Adina (“Come Paride vezzoso”) la quale desidera riflettere un pochino, mentre il duetto tra Adina e Nemorino vede il loro scambio di opinioni riguardanti l’amore che, per lei, non esiste (“Chiedi all’aura lusinghiera”).

Il Dottor Dulcamara, truffatore, si spaccia per medico famoso ed esibisce ai paesani i suoi preparati prodigiosi  (“Udite, udite, o rustici”).

Nemorino gli cerca l’elisir che produce l’innamoramento, per cui l’imbroglione gli dà una bottiglia di vino “Bordeaux” per uno zecchino che, dopo un giorno, farà effetto (Dulcamara sarà già lontano da quel villaggio: ambiguo, approfitta dell’ingenuo Nemorino).

Nemorino si ubriaca per cui la reazione lo fa diventare sciolto e spigliato mostrandosi  distaccato verso Adina che, da persona sempre al centro dell’attenzione, rimane piuttosto seccata che lui corteggi altre ragazze per cui, per ripicca, accetta la proposta di matrimonio di Belcore, il sergente che partirà il giorno dopo.

Quindi, il giorno stesso si sposeranno.

Per cui, Nemorino, sapendo che l’elisir farà effetto il giorno dopo, intende persuadere Adina di aspettare il giorno seguente, ma la ragazza non lo ascolta e si allontana assieme a Belcore.

 

Atto II

Durante i preparativi delle nozze Adina-Belcore, costei e Dulcamara ad un tratto, cantano la barcarola a due voci (“Io son ricco e tu sei bella”).

Per colpire l’anima di Nemorino a causa della sua “insensibilità”,  Adina dice al notaio di celebrare il matrimonio la sera, in presenza del contadino.

Nemorino vuole acquistare un altro “elisir” però, essendo rimasto senza soldi,  si arruola tra i soldati di Belcore per essere retribuito (“Ai perigli della guerra”) e, praticamente, viene allontanato dallo stesso sergente.

Arriva Giannetta che diffonde la notizia  che uno zio di Nemorino, deceduto da poco, gli ha lasciato un’eredità (“Nemorino ha ottenuto una grande eredità. E’ possibile?”).

Nemorino, Adina e Dulcamara non sanno nulla: le ragazze del paese intraprendono il  corteggiamento verso Nemorino che, a questo punto, crede che il loro comportamento sia dovuto all’elisir.

Adina prova gelosia e lo stesso Dulcamara resta sbalordito e meravigliato e comincia a credere seriamente che  il suo prodotto sia realmente portentoso.

Adina viene a sapere da Dulcamara della vendita a Nemorino dell’elisir, per cui si rende conto che lui l’ama davvero (“Quanto amore! Ed io spietata”).

Vedendo una lacrima negli occhi di Adina, Nemorino ha la certezza che anche lei lo ama (“Una furtiva lagrima”).

Il contratto di arruolamento di Nemorino viene riacquistato e consegnato a Nemorino che, così, resterà nel paese.

Ma il ragazzo è amareggiato e desidera una dichiarazione d’amore esplicita: dichiarazione che, non arrivando, lo spinge a volersene andare.

Quindi, Adina cede e dichiara di amarlo (“Prendi, per me sei libero”).

Belcore, facendo buon viso a cattivo gioco, si rassegna e dice che troverà qualche altra ragazza da corteggiare in altri paesi, mentre Dulcamara parte tutto allegro e beato per la riuscita vittoriosa del suo elisir (“Ei corregge ogni difetto”).

 

Struttura dell’opera:

Atto I

Preludio e Introduzione Bel conforto al mietitore
Quanto è bella, quanto è cara
Come Paride vezzoso (Coro, Giannetta, Nemorino, Adina, Belcore)
Scena e Duetto Una parola, o Adina… Chiedi all’aura lusinghiera (Nemorino, Adina)
Coro e Cavatina Che vuol dire codesta sonata?… Udite, o rustici (Dulcamara)
Recitativo, scena e Duetto Ardir! Ha forse il cielo… Voglio dire, lo stupendo (Nemorino, Dulcamara)
Recitativo e Finale Primo Caro elisir sei mio!… Esulti pur la barbara…Signor sergente… Adina, credimi… Fra lieti concenti (Nemorino, Adina, Belcore, Giannetta, Coro)

 

Atto II

Coro d’Introduzione e Barcarola a due voci Cantiamo, facciam brindisi (Adina,Dulcamara, Belcore, Giannetta)
Scena e Duetto Oh me infelice… Venti scudi? (Nemorino, Belcore)
Coro Saria possibile? (Giannetta)
Quartetto Dell’elisir mirabile (Nemorino, Giannetta, Coro, Adina, Dulcamara)
Duetto Quanto amore! Ed io spietata (Adina, Dulcamara)
Romanza Una furtiva lagrima (Nemorino)
Recitativo e Aria Prendi, per me sei libero (Adina)
Aria e Finale Secondo Alto, fronte… Ei corregge ogni difetto (Belcore, Adina, Dulcamara, Nemorino, Coro, Giannetta)

 

Brani noti:

Atto I:

Quanto è bella, quanto è cara! cavatina di Nemorino
Benedette queste carte…elisir di si perfetta di si rara qualità! aria di Adina con coro
Come Paride vezzoso cavatina marziale di Belcore
Chiedi all’aura lusinghiera duetto di Adina e Nemorino
Udite, udite, o rustici! cavatina di Dulcamara
Ardir, ha forse il cielo…voglio dire lo stupendo elisir duetto di Nemorino e Dulcamara
Esulti pur la barbara duetto di Adina e Nemorino

 

Atto II:

“Ai perigli della guerra” duetto di Nemorino e Belcore
“Quanto amore! Ed io, spietata” duetto di Adina e Dulcamara
“Una furtiva lagrima” romanza di Nemorino
“Prendi, per me sei libero” aria di Adina

 

Incisioni note:

Nicola Monti, Margherita Carosio, Tito Gobbi, Melchiorre Luise Gabriele Santini           La voce del padrone

Giuseppe Di Stefano, Hilde Güden, Renato Capecchi, Fernando Corena Francesco Molinari Pradelli       Decca

Luigi Alva, Rosanna Carteri, Rolando Panerai, Giuseppe Taddei Tullio Serafin    EMI

Nicolai Gedda, Mirella Freni, Mario Sereni, Renato Capecchi     Francesco Molinari Pradelli       EMI

Carlo Bergonzi, Renata Scotto, Giuseppe Taddei, Carlo Cava    Gianandrea Gavazzeni/Isabella Quarantotti            HardyClassic

Luciano Pavarotti, Joan Sutherland, Dominic Cossa, Spiro Malas          Richard Bonynge          Decca

Plácido Domingo, Ileana Cotrubaș, Ingvar Wixell, Geraint Evans          John Pritchard  Sony

José Carreras, Katia Ricciarelli, Leo Nucci, Domenico Trimarchi Claudio Scimone          Philips Records

Gösta Winbergh, Barbara Bonney, Bernd Weikl,Rolando Panerai          Gabriele Ferro  Deutsche Grammophon

Luciano Pavarotti, Kathleen Battle, Leo Nucci, Enzo Dara         James Levine   Deutsche Grammophon

Roberto Alagna, Mariella Devia, Pietro Spagnoli, Bruno Praticò Marcello Viotti  Erato

Roberto Alagna, Angela Gheorghiu, Roberto Scaltriti, Simone Alaimo  Evelino Pidò     Decca

 

Videografia:

Ferruccio Tagliavini, Alda Noni, Paolo Montarsolo, Arturo La Porta        Alberto Erede              VAI

Carlo Bergonzi, Renata Scotto, Carlo Cava, Giuseppe Taddei    Gianandrea Gavazzeni  Isabella Quarantotti            Hardy

Luciano Pavarotti, Judith Blegen, Sesto Bruscantini, Brent Ellis Nicola Rescigno Nathaniel Merrill           Pioneer Artists

Luciano Pavarotti, Kathleen Battle, Enzo Dara, Juan Pons        James Levine   John Copley     DG

Roberto Alagna, Angela Gheorghiu, SimoneAlaimo, Roberto Scaltriti   Evelino Pidò     Frank Dunlop   Decca

Aquiles Machado, Valeria Esposito, ErwinS chrott, Enrico Marrucci

Anna Netrebko, Ildebrando D’Arcangelo, Leo Nucci   Alfred Eschwé  Otto Schenk     Erato

Raùl Hernandez, Silvia Dalla Benetta, Alex Esposito, Damiano Salerno Alessandro De Marchi   Alessio Pizzech            Dynamic

Peter Auty,  Ekaterina Siurina, Luciano Di Pasquale, Alfredo Daza          Maurizio Benini Annabel Arden Opus Arte

Rolando Villazón, Miah Persson, Ildebrando D’Arcangelo, Roman Trekel           Pablo Heras-Casado            Rolando Villazón           Deutsche Grammophon

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

La famiglia di Donizetti è poverissima per cui Gaetano può frequentare le “lezioni caritatevoli” di Musica che vengono impartite dal Maestro Giovanni Simone Mayr, il quale  ha modo di notare l’attitudine dell’allievo di cui cura la formazione; formazione che lo condurrà nella strada del successo.

Nonostante le prime opere mostrino influenze rossiniane, Donizetti si presenta originale conferendo Romanticismo e Psicologia ai personaggi che lo rendono considerato e stimato fra i musicisti della prima metà dell’Ottocento e precursore di Verdi.

Con la piena maturità artistica, si libera  dal punto di riferimento rossiniano  e crea opere con soggetti umano-psicologici che provocano commozione e divertimento, fra cui  “L’elisir d’amore”, opera teatralmente romantica che contiene comicità, tristezza e amarezza, mentre le personalità psicologiche dei personaggi vengono tracciate con delicatezza e finezza.

Il librettista Felice Romani trae il libretto da “Le Philtre” che Eugène Scribe aveva scritto per il compositore Daniel Auber, l’anno prima.

Donizetti svolge il lavoro in quattordici giorni e Romani solamente in sette, circa  il testo.

Riuscita: grande modello di opera comica dell’ ‘800.

Si tratta di un melodramma carino di tipo allegro che include anche il lato struggente,  specialmente in “Una furtiva lagrima”.

Il successo della “prima” presenta trentadue repliche ininterrotte.

 

Nemorino: 

Ragazzo interiormente “fanciullo” e ingenuo, viene ingannato ed è deriso per la sua innocenza.

E’ un “escluso”, ma soffre realmente, oltre ad essere umile, onesto e con l’anima nobile.

Anima che emoziona attraverso la celeberrima romanza “Una furtiva lagrima”.

 

Adina:

Donna emancipata e moderna per il suo tempo, pur essendo capricciosa e volitiva, per paura di soffrire è riluttante ad una relazione duratura nel tempo, ma è capace di amare profondamente e sinceramente.

 

Dulcamara: 

Personaggio ambiguo, il “Dottore” approfitta di Nemorino vendendogli un inesistente “elisir d’amore” promettendogli che l’effetto lo sortirà il giorno dopo, proprio quando sarà già lontano dal  villaggio e non potrà essere oggetto di “castigo”.

Però, nello stesso tempo, pur essendo un ciarlatano, Dulcamara, inconsapevolmente, aiuta gli indecisi a superare le paure e ad immettersi nella via che porta alla felicità: Nemorino ne è un esempio.

 

Belcore: 

Soldato presuntuoso, cerca di liberarsi allontanando “il rivale” Nemorino che vuole arruolare, ma la cosa non riesce, per cui corteggerà altre ragazze in altri paesi.

Battuto al computer da Lauretta

 

 

Il tenore LUCIANO PAVAROTTI canta “QUANTO E’ BELLA, QUANTO E’ CARA”:

 

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Il baritono TITO GOBBI canta ”COME PARIDE VEZZOSO”:

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Il soprano STEFANIA BONFADELLI e il tenore GIUSEPPE FILIANOTI cantano “CHIEDI ALL’AURA LUSINGHIERA”:

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Il baritono GIUSEPPE TADDEI canta “UDITE! UDITE, O RUSTICI!”:

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Duetto Adina-Nemorino, “Esulti pur la barbara”:

 

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Duetto di Adina e Dulcamara”Quanto amore! Ed io spietata”:

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Il tenore LUCINO PAVARITTI canta “UNA FURTIVA LAGRIMA”:

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Il soprano RENTA SCOTTO canta “PRENDI. PRENDI, PER ME SEI LIBERO”:

 

 

 

DON GIOVANNI di WOLFGANG AMADEUS MOZART

Don Giovanni (titolo originale: “Il dissoluto punito, ossia il Don Giovanni, K 527”)  è un’opera in due atti su libretto di Lorenzo da Ponte tratto dai lavori di Tirso de Molina e Giovanni Bertati (“Don Giovanni, ossia Il convitato di pietra”).

Musica di Wolfgang Amadeus Mozart.

Prima rappresentazione: Teatro degli Stati Generali di Praga 29 ottobre 1787.
Prima rappresentazione in Italia: Teatro Valle di Roma, 11 giugno 1811.
Versioni successive: Burgtheater di Vienna, 7 maggio 1788.

 

Personaggi:   

Don Giovanni (baritono o basso)
Il Commendatore (basso profondo)
Donna Anna (soprano)
Don Ottavio (tenore)
Donna Elvira (soprano)
Leporello (basso-baritono o basso)
Masetto (baritono o basso)
Zerlina (soprano)

Contadine e contadini, servi, suonatori e coro di sotterra (coro)

 

Trama:

Epoca: indeterminata, fra il XVI e il XVIII secolo.

Atto I

Don Giovanni, mascherato, entra nella casa di Donna Anna allo scopo di conquistarla, lasciando il suo servo Leporello ad attenderlo.

Leporello si lamenta: “Notte e giorno faticar“.

Donna Anna crede che sia Don Ottavio, il suo fidanzato, ma si accorge della sostituzione di persona, per cui riesce ad allontanare l’uomo; che, in giardino, ritrova il suo servo.

Il Commendatore, padre di Donna Anna, è insospettito, dice alla figlia di chiamare aiuto e sfida a duello il nobile Don Giovanni che, quasi subito, uccide l’anziano uomo.

Leporello e il suo padrone sono costretti a dileguarsi al più presto.

Trovando il padre morto, Donna Anna perde i sensi; Don Ottavio le presta aiuto e s’impegna a vendicare, in ogni modo, la morte del Commendatore.

Don Giovanni cerca nuove conquiste e, mentre parla con Leporello, scorge – in lontananza – una fanciulla sola e le si avvicina accorgendosi, poi, che si tratta di Donna Elvira, una sua conoscenza conquistata ed abbandonata pochi giorni prima.

La donna è innamoratissima e lo cerca, per cui Don Giovanni è fortemente imbarazzato e, aiutato dalla distrazione che Leporello provoca alla donna, si allontana mentre Elvira s’infuria.

A questo punto, Leporello ritiene di raccontarle chi sia Don Giovanni, stendendo il catalogo delle sue conquiste: 640 in Italia, 231 in Germania, 100 in Francia, 91 in Turchia e in Spagna 1003.

Donna Elvira è sconvolta dalla rivelazione ma vuole caparbiamente fare pentire Don Giovanni.

Don Giovanni e Leporello vanno a vedere Zerlina e Masetto che si stanno sposando e che vengono festeggiati da alcuni contadini.

Scatta la molla inconscia che “comanda” a Don Giovanni di insidiare e ingannare la giovane sposina.

Leporello sta corteggiando alcune invitate e, su ordine di Don Giovanni,  viene allontanato da Masetto e dagli altri paesani.

Masetto è contrariato, però riesce a contenersi.

Don Giovanni, rimasto solo con Zerlina, la esorta a seguirlo cortesemente  e le promette di sposarla.

Proprio quando la ragazza è sul punto di cedere all’adescamento di Don Giovanni, arriva improvvisamente Donna Elvira: è  arrabbiatissima, per cui  la avvisa dei propositi del  malintenzionato e la conduce via.

A questo punto, arrivano Donna Anna e Don Ottavio che chiedono aiuto proprio a Don Giovanni  per ritrovare l’omicida sconosciuto del Commendatore.

Donna Elvira nuovamente denuncia di non credere a Don Giovanni che la accusa di essere folle.

Dopo il commiato di Don Giovanni e Donna Elvira, Donna Anna esprime a Don Ottavio che ha riconosciuto dalla voce di Don Giovanni il massacratore del padre, per cui  gli ricorda l’impegno di vendicarne la morte.

Don Ottavio ritiene giusto consolare Donna Anna, prima di arrestare Don Giovanni che, per sedurre Zerlina, ordina a Leporello di preparare una grande festa di matrimonio.

Zerlina chiede perdono a Masetto.

Giunge Don Giovanni che li invita a ballare con gli altri paesani.

Qui, si ritroveranno Donna Anna, Don Ottavio e Donna Elvira mascherati mentre Don Giovanni ordina a Leporello di invitarli, senza sapere i loro proponimenti.

Durante il ballo dei contadini, Leporello intrattiene  Masetto mentre Don Giovanni  danza con Zerlina e la conduce in disparte per possederla forzatamente.

Da fuori scena, si sente gridare Zerlina, per cui gli invitati si precipitano per proteggerla.

Don Giovanni tenta di accusare Leporello di volere usare violenza, ma Donna Elvira, Donna Anna e Don Ottavio, gettano le maschere, lo accusano esplicitamente e, con Masetto, Zerlina e agli altri paesani, cercano di bloccarlo.

Ma Don Giovanni e Leporello sono in grado di darsi alla fuga.

 

Atto II

Di fronte alla casa di Donna Elvira, la mattina dopo.

Troviamo Don Giovanni e Leporello che  parlano piuttosto vivacemente (“Eh, via, Buffone”) e, dopo le accuse ingiuste da parte di Don Giovanni, Leporello vorrebbe allontanarsi da lui che, però,  gli offre del denaro per una nuova impresa: lo scambio di abiti fra entrambi, così Leporello, distraendo Elvira, favorirà Don Giovanni che corteggerà la sua cameriera.

Donna Elvira, si affaccia alla finestra (“Ah, taci ingiusto core”), illudendosi che Don Giovanni-Leporello travestito si sia “redento” verso di lei, per cui si allontanano, mentre Don Giovanni canta la serenata alla cameriera.

Arrivano Masetto, contadini e contadine: sono tutti  armati per uccidere Don Giovanni.

Protetto dal suo travestimento, Don Giovanni riesce a far allontanare tutti, salvo Masetto (“Metà di voi qua vadano”): lo aveva privato delle armi con un sotterfugio e, rimasto solo con lui,  Don Giovanni lo malmena.

Dopodiché,  se ne va.

Zerlina, passando di lì, assiste il marito con il quale decide di catturare Don Giovanni e Leporello (infatti, Masetto crede di essere stato picchiato da lui, mentre Zerlina gli canta “Vedrai carino”).

Intanto, Leporello (sempre, col travestimento di Don Giovanni) non sa più come liberarsi di Donna Elvira che vuole fuggire con il nobile senza attirare l’attenzione, mentre Donna Anna, Don Ottavio, Zerlina e Masetto, servi, contadini e contadine si muovono per ucciderlo.

Fortunatamente, Leporello  riesce a far conoscere la propria identità  (“Sola sola in buio loco”) però, Zerlina lo incolpa di aver malmenato Masetto, Donna Elvira di averla aggirata e Don Ottavio e Donna Anna di averli traditi.

Leporello spiega a tutti di non sapere nulla  e che non ha colpa di tradimento dal momento che gira da un’ora con Donna Elvira.

Dopodiché, scappa (“Ah, pietà signori miei”).

Don Ottavio è sempre più determinato a consegnare Don Giovanni alla giustizia e parte per fare giustizia (“Il mio tesoro”).

Masetto va alla ricerca di Don Giovanni, Zerlina ritrova Leporello per ucciderlo perché non gli crede e, ingannandola, Leporello fugge nuovamente (“Per queste tue manine”).

La ragazza lo insegue assieme a Donna Elvira, ma Masetto rende noto che Leporello è innocente in quanto ha visto Don Giovanni negli abiti del suo servo.

Zerlina e Masetto partono in cerca di Don Giovanni e Donna Elvira si ritrova con amarezza e rabbia, per l’amore che prova ancora per Don Giovanni e, contemporaneamente, il desiderio di vendetta (“In quali eccessi” e “Mi tradì quell’alma ingrata”).

Intorno alle  due di notte.

Don Giovanni, rifugiato nel cimitero, attende Leporello che, una volta arrivato, gli racconta quanto gli è accaduto e che avrebbe fatto meglio a non accettare la sua offerta di soldi.

Don Giovanni ride di gusto ma, all’improvviso, si leva una voce sinistra e intimidatoria: «Di rider finirai pria dell’aurora».

Sbalorditi e sbigottiti, riodono la voce cupa e scura: «Ribaldo, audace, lascia ai morti la pace».

 

È la statua funebre del Commendatore a parlare e, se Leporello trema, Don Giovanni non è intimorito e la deride.

Ordina a Leporello, terrorizzato, di invitarla a cena (“Oh statua gentilissima”): la statua accetta attraverso un  mostruoso “Sì”.

 

Palazzo del Commendatore: di notte.

Don Ottavio chiede a Donna Anna se è sicura di sposarlo.

Donna Anna lo ama moltissimo ma il dolore per la perdita del padre le permetterà di sposarlo solo quando Don Giovanni sarà fermato (“Non mi dir”).

Don Ottavio e i suoi amici puniranno l’uccisore del Commendatore, ma nessuno è a conoscenza dell’invito di Don Giovanni.

Nel palazzo di Don Giovanni, tutto è pronto per la cena e Don Giovanni si siede a mangiare.

Don Giovanni ascolta brani da opere compresa l’aria di Figaro “Non più andrai farfallone amoroso”  da “Le nozze di Figaro” del medesimo Mozart  (“Già la mensa è preparata”).

Improvvisamente, appare Donna Elvira che, implorando ancora una volta che Don Giovanni si penta (“Ultima prova dell’amor mio”), viene cacciata, mentre grida terrorizzata.

Su ordine di Don Giovanni, Leporello va a vedere che cosa stia succedendo fuori, ma grida e torna  terreo e scosso: alla porta è apparsa la statua del Commendatore che viene accolta sfrontatamente  da Don Giovanni.

La statua entra (“Don Giovanni a cenar teco”), mentre Leporello insiste affinché il suo padrone fugga.

A sua volta, “Il convitato di pietra” invita Don Giovanni a cenare da lui: gli porge la mano.

Temerario e imprudente, Don Giovanni accetta e stringe la mano fredda della statua, rifiutando fino all’ultimo di pentirsi.

La furia del Commendatore, genera foschia, fiamme e terremoto e Don Giovanni cerca la fuga dal suo destino, però precipita nelle fiamme dell’inferno.

 

Gli altri personaggi con servi, contadini e contadine sono pronti ad arrestarlo, ma Leporello riferisce l’orribile scena appena avvenuta.

Don Giovanni è appena stato punito, Donna Anna ha il cuore ancora soffocato, Masetto e Zerlina vanno a cena con i loro amici, Donna Elvira si ritira in convento perché non ha più l’unico uomo che ha amato e Leporello va a cercare un nuovo padrone che sia migliore.

 

I personaggi che, dopo aver cantato il concertato finale (“Questo è il fin di chi fa mal”), si allontanano in direzioni diverse, dopodiché il sipario si chiude.

 

Versione cinematografica: 

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Don Giovanni (film 1979).

Oltre che in numerose versioni da teatro, è possibile vedere “Don Giovanni” di Mozart nella versione cinematografica prodotta dal regista Joseph Losey e diretta dal Maestro Lorin Maazel.

Un interessante riferimento all’opera viene fatto nel racconto breve di E.T.A. Hoffmann “Don Juan”, dedicato al suo compositore prediletto, poi adattato in un film di Ricard Carbonell nel suo cortometraggio “Don Giovanni” (2006).

L’ultimo libero adattamento del mito, nel quale viene ricreato l’ambiente di Mozart, è il film “Io, Don Giovanni” di Carlos Saura.

 

Brani celebri: 

Ouverture
Notte e giorno faticar – Leporello in Atto I, Scena I
Madamina, il catalogo è questo – Leporello in Atto I, Scena V
Là ci darem la mano – Don Giovanni e Zerlina in Atto I, Scena IX
Ah, fuggi il traditor – Donna Elvira in Atto I, Scena X
Don Ottavio … Or sai chi l’Onore – Donna Anna nel Atto I, Scena XIII
Dalla sua pace – Don Ottavio nel Atto I, Scena XIV
Fin ch’han dal vino – Don Giovanni in Atto I, Scena XV
Batti, batti, o bel Masetto – Zerlina in Atto I, Scena XVI
Deh, Vieni alla finestra – Don Giovanni in Atto II, Scena III
Vedrai, carino – Zerlina in Atto II, Scena VI
Il mio tesoro – Don Ottavio nel Atto II, Scena X
In quali eccessi … Mi tradì quell’alma ingrata – Donna Elvira in Atto II, Scena XI
Crudele? Troppo mi spiace … Non mi dir – Donna Anna nel Atto II, Scena XIII
Don Giovanni, a cenar teco m’invitasti – Don Giovanni, Leporello e Commendatore nell’Atto II, scena XVII

 

Incisioni discografiche (selezione):

John Brownlee, Salvatore Baccaloni, Ina Souez, Kolomon von Pataky, Luise Helletsgruber, Audrey Mildmay, Roy Henderson, David Franklin Fritz Busch EMI

Tito Gobbi, Erich Kunz, Ljuba Welitsch, Anton Dermota, Elisabeth Schwarzkopf, Irgmard Seefried, Alfred Poell, Josef Greindl   Wilhelm Furtwängler EMI

Giuseppe Valdengo, Sesto Bruscantini, Birgit Nilsson, Anton Dermota, Sena Jurinac, Alda Noni, Walter Berry, Gottlob Frick    Karl Böhm    Golden Melodram

Cesare Siepi, Fernando Corena, Elisabeth Grümmer, Léopold Simoneau, Lisa Della Casa, Rita Streich, Walter Berry, Gottlob Frick    Dimitri Mitropoulos    Sony Classical

Cesare Siepi, Fernando Corena, Suzanne Danco, Anton Dermota, Lisa Della Casa, Hilde Güden, Walter Berry, Kurt Böhme Josef Krips Decca

Eberhard Wächter, Giuseppe Taddei, Joan Sutherland, Luigi Alva, Elisabeth Schwarzkopf, Graziella Sciutti, Piero Cappuccilli, Gottlob Frick Carlo Maria Giulini EMI

Cesare Siepi, Geraint Evans, Leyla Gencer, Richard Lewis, Sena Jurinac, Mirella Freni, Robert Savoie, David Ward Georg Solti Living Stage

Nicolaj Ghiaurov, Walter Berry, Claire Watson, Nicolai Gedda, Christa Ludwig, Mirella Freni, Paolo Montarsolo, Franz Crass Otto Klemperer EMI

Dietrich Fischer-Dieskau, Ezio Flagello, Birgit Nilsson, Peter Schreier, Martina Arroyo, Reri Grist, Alfredo Mariotti, Martti Talvela Karl Böhm Deutsche Grammophon

Gabriel Bacquier, Donald Gramm, Joan Sutherland, Werner Krenn, Pilar Lorengar, Marilyn Horne, Leonardo Monreale, Clifford Grant Richard Bonynge Decca

Nicolai Ghiaurov, Sesto Bruscantini, Gundula Janowitz, Alfredo Kraus, Sena Jurinac, Olivera Miljakovic, Walter Monachesi, Dimiter Pektov Carlo Maria Giulini Arkadia

Ingvar Wixell, Wladimiro Ganzarolli, Martina Arroyo, Stuart Burrows, Kiri Te Kanawa, Mirella Freni, Richard Van Allan, Luigi Roni Colin Davis Philips

Bernd Weikl, Gabriel Bacquier, Margaret Price, Stuart Burrows, Sylvia Sass, Lucia Popp, Alfred Šramek, Kurt Moll Georg Solti Decca

Samuel Ramey, Ferruccio Furlanetto, Anna Tomowa-Sintow, Gösta Winbergh, Agnes Baltsa, Kathleen Battle, Alexander Malta, Paata Burchuladze Herbert von Karajan Deutsche Grammophon

Thomas Hampson, László Polgár, Edita Gruberová, Hans Peter Blochwitz, Roberta Alexander, Barbara Bonney, Anton Scharinger, Robert Holl Nikolaus Harnoncourt Teldec

Håkan Hagegård, Gilles Cachemaille, Arleen Augér, Della Jones, Nico van der Meel, Barbara Bonney, Bryn Terfel, Kristin Sigmundsson Arnold Östman L’Oiseau-Lyre

William Shimell, Samuel Ramey, Cheryl Studer, Frank Lopardo, Carol Vaness, Suzanne Mentzer, Natale De Carolis, Jan-Hendrik Rootering Riccardo Muti Emi

Thomas Allen, Simone Alaimo, Sharon Sweet, Francisco Araiza, Karita Mattila, Marie McLaughlin, Claudio Otelli, Robert Lloyd Neville Marriner Philips

Ferruccio Furlanetto, John Tomlinson, Lella Cuberli, Uwe Heilmann, Waltraud Meier, Joan Rodgers, Michele Pertusi, Matti Salminen Daniel Barenboim Erato

Bo Skovhus, Alessandro Corbelli, Christine Brewer, Jerry Hadley, Felicity Lott, Nuccia Focile, Umberto Chiummo, Umberto Chiummo Charles Mackerras Teldec

Bryn Terfel, Michele Pertusi, Renée Fleming, Herbert Lippert, Ann Murray, Monica Groop, Roberto Scaltriti, Mario Luperi Georg Solti Decca

Simon Keenlyside, Bryn Terfel, Carmela Remigio, Uwe Heilmann, Soile Isokoski, Patrizia Pace, Ildebrando D’Arcangelo, Matti Salminen Claudio Abbado Deutsche Grammophon

Peter Mattei, Gilles Cachemaille, Carmela Remigio, Mark Padmore, Véronique Gens, Lisa Larsson, Till Fechner, Gudjon Oskarsson Daniel Harding Virgin Classics

Johannes Weisser, Lorenzo Regazzo, Olga Pasichnyk, Kenneth Tarver, Aleksandrina Pendačanska, Sunhae Im, Nikolaj Borchev, Alessandro Guerzoni René Jacobs Harmonia Mundi

Ildebrando D’Arcangelo, Luca Pisaroni, Diana Damrau, Rolando Villazón, Joyce Didonato, Mojca Erdmann, Konstantin Wolff, Vitalij Kowaljow Yannick Nézet-Séguin Deutsche Grammophon

Dimitris Tiliakos, Vito Priante, Myrtò Papatanasiou, Kenneth Tarver, Karina Gauvin, Christina Gansch, Guido Loconsolo, Mika Kares Teodor Currentzis Sony Classical

DVD (selezione)

Ruggero Raimondi, José van Dam, Edda Moser, Kenneth Riegel, Kiri Te Kanawa, Teresa Berganza, Malcolm King, John Macurdy Lorin Maazel Joseph Losey CBS

Samuel Ramey, Ferruccio Furlanetto, Anna Tomowa-Sintow, Gösta Winbergh, Julia Varady, Kathleen Battle, Alexander Malta, Paata Burchuladze Herbert von Karajan Michael Hampe Sony Classical

Thomas Allen, Claudio Desderi, Edita Gruberová, Francisco Araiza, Ann Murray, Suzanne Mentzer, Natale De Carolis, Sergej Koptchak Riccardo Muti Giorgio Strehler Opus Arte

Carlos Álvarez, Ildebrando D’Arcangelo, Adrianne Pieczonka, Michael Schade, Anna Caterina Antonacci, Angelika Kirchschlager, Lorenzo Regazzo, Franz-Josef Selig Riccardo Muti Roberto De Simone TDK

Bryn Terfel, Ferruccio Furlanetto, Renée Fleming, Paul Groves, Solveig Kringelborn, Hei-Kyung Hong, John Relyea, Sergej Koptchak James Levine Franco Zeffirelli Deutsche Grammophon

Rodney Gilfry, László Polgár, Isabel Rey, Roberto Saccà, Cecilia Bartoli, Liliana Nikiteanu, Oliver Widmer, Matti Salminen Nikolaus Harnoncourt Jürgen Flimm Arthaus

Thomas Hampson, Ildebrando D’Arcangelo, Christine Schäfer, Piotr Beczała, Melanie Diener, Isabel Bayrakdarian, Luca Pisaroni, Robert Lloyd Daniel Harding Martin Kusej Decca

Simon Keenlyside, Anton Scharinger, Eva Mei, Piotr Beczala, Malin Hartelius, Martina Jankova, Reinhard Mayr, Alfred Muff Franz Welser-Most Sven-Erich Bechtoff EMI Classics

Ildebrando D’Arcangelo, Andrea Concetti, Myrtò Papatanasiou, Marlin Miller, Carmela Remigio, Manuela Bisceglie, William Corrò, Enrico Giuseppe Iori Riccardo Frizza Pier Luigi Pizzi Unitel Classica

Peter Mattei, Bryn Terfel, Anna Netrebko, Giuseppe Filianoti, Barbara Frittoli, Anna Prohaska, Štefan Kocán, Kwangchul Youn Daniel Barenboim Robert Carsen Deutsche Grammophon

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

E’ UN’OPERA FORTEMENTE PSICOLOGICA e ALL’AVANGUARDIA, ESSENDO RAPPRESENTATA NEL 1787.

Commissionata dall’imperatore Giuseppe II, è la seconda delle tre opere buffe che Mozart scrive su libretto di Da Ponte, librettista che attinge ad alcune fonti dell’epoca ed è considerata uno dei capolavori di Mozart, della Musica e della Cultura dell’Occidente.

Consta di due atti ed è classificata come dramma giocoso, ma chiamata da Mozart “opera buffa” e con pezzi seri riferiti a Donna Anna e a Don Ottavio.

E’ importante citare le due versioni di:
< Il Teatro degli Stati di Praga

. L’opera, in scena per la prima volta a Praga il 29 ottobre 1787, ha un esito felice, per cui Mozart è entusiasta: “L’opera è andata in scena con il successo più clamoroso possibile”.

. La sera del 3 novembre, la quarta recita, devolve l’incasso «a beneficio del compositore» e molti insistono perché Mozart si fermi a Praga affinché gli si possa commissionare una nuova opera.

L’impresario Guardasoni scrive a Da Ponte: “Evviva Da Ponte! Evviva Mozart! Tutti gli impresari, tutti i virtuosi devono benedirli! Finché essi vivranno, non si saprà mai cosa sia la miseria teatrale”.

 

. Nel maggio successivo l’opera viene rappresentata a Vienna, al Burgtheater, per il cui pubblico conservatore Mozart opera tagli e modifiche in modo che l’opera termini dopo la caduta di Don Giovanni all’inferno.

 

< Burgtheater di Vienna

. Non è cosa certa ma – sembra – Mozart, sceglie, probabilmente, di concludere l’opera nella tonalità di inizio dell’ouverture.

La disputa tra i sostenitori della partitura praghese e quelli della partitura viennese nasce quasi immediatamente e, anche in tempi moderni, ritroviamo le scelte di entrambe le partiture, disputa risolta dai membri della Neue Mozart-Ausgabe e, comunque, la versione  più spesso usata dai direttori d’orchestra è la praghese.

 

< Rappresentazioni a Praga e a Vienna

. A Praga, 29 ottobre, 1787 (Direttore: Wolfgang Amadeus Mozart)

. A Vienna, 7 maggio 1788 (Direttore: Wolfgang Amadeus Mozart)

Don Giovanni (basso/baritono) Luigi Bassi, Francesco Albertarelli
Il Commendatore (basso profondo) Giuseppe Lolli, Francesco Bussani
Donna Anna (soprano) Teresa Saporiti, Aloysia Weber Lange
Don Ottavio (tenore) Antonio Baglioni, Francesco Morella
Donna Elvira (soprano/mezzosoprano) Catarina Micelli, Katherina Cavalieri
Leporello (basso/basso-baritono) Felice Ponziani, Francesco Benucci
Masetto (basso/baritono) Giuseppe Lolli, Francesco Bussani
Zerlina (soprano/mezzosoprano) Caterina Bondini Saporiti, Luisa Laschi Mombelli

Coro: Contadini, contadine, servi, musicisti, coro di Demoni.

Katherina Cavalieri (Donna Elvira) è stata la prima Konstanze in “Il ratto dal serraglio”, Francesco Benucci (Leporello) il primo Figaro in “Le nozze di Figaro”, e Aloysia Weber-Lange, la cognata di Mozart, ha cantato spesso nelle sue opere liriche.

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Don Giovanni: 

Approfondendo la personalità complessa del “superuomo” Don Giovanni, si denota la molteplicità di aspetti di una mente che ha sempre interessato studiosi della Psicologia e della Critica, oltre ad avere ispirato scrittori e musicisti, in particolare Mozart-Da Ponte che hanno creato una cosa singolare, meravigliosa e – soprattutto – impareggiabile.

Non sembra la tipica persona affetta da “disturbo paranoide di personalità”, secondo il quale  la persona tende, senza alcuna  motivazione concreta, a interpretare le parole e le azioni degli altri come minacciose e consapevoli, umilianti o malevole: infatti, spesso, la persona paranoide è polemica e particolarmente suscettibile alle critiche alle quali  risponde soprattutto con rabbia.

Invece, Don Giovanni è una tipica anima delle persone psicopatiche ed è un personaggio affascinante che “vuole competere” con le tradizioni sociali e i principi morali fondamentali; è un personaggio per il quale ciò che conta è vivere senza pensare al futuro e agisce senza pensare che le sue azioni non avranno  contraccolpi: infatti, è bugiardo, è un traditore, opportunista che si serve delle persone, è anaffettivo perché non ha rispetto per i sentimenti altrui.

Ma, nonostante tutto questo, non si prova odio o antipatia, per lui  (risulta chiaro che si tratta di un’opera con molte sfumature ed equivoci): il suo comportamento negativo  (parlantina, falsità, tradimenti, opportunismo, truffe, mancanza di empatia e di responsabilità) è dettato dall’inconsapevolezza propria di uno psicopatico “lucido”.

Lo psicopatico NON è capace di amare e la sua emotività è alquanto povera.

Può essere concitato, può avere entusiasmo, pianto, ira esagerata, può iniziare argomenti  non meditati sui suoi guai: osservandolo con attenzione ci si rende conto che non si tratta di  sentimento, ma di scioltezza di parola.

Spiegando meglio, il Disturbo Psicopatico (o psicopatia) consta di comportamenti antisociali durevoli che iniziano nell’infanzia; disturbo che si mostra a mezzo di una serie di fattori interpersonali, affettivi e comportamentali:

Loquacità/fascino superficiale: lo psicopatico, conversatore piacevole, è abile a  raccontare storie poco credibili ma convincenti, per farsi elogiare.

Senso grandioso del Sé: possiede un’opinione elevata del proprio valore.

Bisogno di stimoli/propensione alla noia: lo psicopatico si annoia velocemente, per cui cerca di reagire con il comportamento o emotivamente  assumendo condotte rischiose.

Menzogna patologica: ha una considerevole immediatezza e disinvoltura nel mentire.

Manipolatorietà: SA truffare, ingannare o manipolare gli altri, per raggiungere uno scopo personale vantaggioso.

Assenza di rimorso/senso di colpa: il disturbo psicopatico si può manifestare con mancanza di ansia ed angoscia per gli esiti negativi del proprio operato.

Affettività superficiale: spesso, le emozioni sono finte ed istrioniche, superficiali, passeggere, frettolose.

Deficit del controllo comportamentale: la persona psicopatica può diventare irritabile o collerica e, da frustrata, avere maniere aggressive verbali o violente.

Impulsività: questo disturbo può provocare mancanza di riflessione, programmazione e intenzionaltà.

Don Giovanni: iperattivo psicologicamente e fisicamente, “fugge” sempre: in effetti,  “ha sempre molta fretta”, come se non avesse tempo a disposizione, per cui non si ferma troppo nello stesso luogo o con le stesse persone e non racconta di sé a differenza di come fanno gli altri personaggi.

Inoltre, psicologicamente, adotta sempre una maschera diversa a seconda del proprio interlocutore con cui, al momento del rapporto iniziale, si rende conto immediatamente di cosa l’interlocutore stesso si aspetta da lui, per cui si regola di conseguenza e per cui gli viene accordato immediato affidamento unito ad una certa dose di innalzamento, elevazione: cose  che lo collocano al di sopra di ogni sfiducia e paura.

Don Giovanni adotta questo tipo di tattica: ad esempio, a nessuno viene il dubbio che lui abbia ucciso il Commendatore e, infatti, è Donna Anna che riconosce la voce, per cui le prime reazioni di Don Ottavio sono la sorpresa e il rifiuto mentale (la cosa gli sembra incredibile) fino alla metà del secondo atto, quando si convincerà.

Per quanto riguarda Zerlina: nonostante Donna Elvira l’abbia avvertita, concede la sua  fiducia e non si rende conto fino al momento che Don Giovanni cerca di stuprarla.

Don Giovanni è arrogante e, fin dall’inizio dell’opera, psicologicamente,  “si nasconde  sotto mentite spoglie” per il proprio fine: “amicizia” con Donna Anna e Don Ottavio, il continuo scambio d’identità con il suo servo Leporello (segnale emotivo che rappresenta lo scaricare sugli altri i propri torti, segnale che rivela la particolarità del suo rapporto con lui con cui è sempre stato sincero).

La sua “maschera” è il modo che gli permette di controllare gli altri per poter avere “il potere” su di loro: questo, per sapere come reagire ad un’eventuale “minaccia” che rappresentano (forse, il rifiuto, l’abbandono che avrebbe subìto fin da piccolo).

La maschera di don Giovanni è “la parola”, ossia  la sua arma verso gli altri e la sua difesa dagli altri.

Principalmente, Don Giovanni conquista, seduce e si difende attraverso il suo comportamento verbale: il suo parlare intrigante gli permette di essere maestro nella conquista, per ferire, per fingere e, soprattutto, per eclissarsi.

Sfida le potenze celesti e la morale comune per cui, fino all’ultimo, rifiuta di pentirsi, di fronte alla statua del Commendatore (ossia “il giustiziere divino”) e alla inviolabilità della sua morte, evidenziando la sua caparbietà con la sua immaturità e i demoni dell’Inferno dove precipita sono quelli della sua mente.

A questo punto, risulta evidente che Don Giovanni è affetto anche da “cattiveria” il cui fattore D (“dark” = Fattore Oscuro della Personalità) rende noto che “La cattiveria può essere una forma di comportamento o azione crudele o meschina volta a provocare, in modo volontario o involontario, danno o dolore, al prossimo. Comporta la manifestazione più o meno aperta o subdola di ostilità”.

 

Gli aspetti psicologici che caratterizzano il Fattore D sono:

 

Egoismo. 

La prima caratteristica del fattore D è l’egoismo.

La persona egoista è una persona eccessivamente determinata verso i propri interessi (anche a danno degli altri).

Machiavellismo. 

Termine derivante dal famoso autore dell’opera “Il principe”, è tipico delle persone manipolatrici, dalla mentalità strategica e spregiudicata; persone determinate che antepongono sempre i propri interessi.

Assenza di etica e di senso morale. 

Narcisismo.

Allo stesso modo di Narciso, innamorato della sua immagine rispecchiata, il narcisista è determinato verso sé stesso, tanto da non vedere gli altri.

La propria ammirazione eccessiva è completamente rivolta sul proprio benessere.

Superiorità psicologica. 

Un’altra caratteristica interessante è quella della superiorità psicologica, secondo la quale la persona cattiva è convinta di essere migliore, di meritare  trattamenti speciali diversi da quelli riservati agli altri.

La persona giustifica i propri atti sulla base di questa profonda e radicata convinzione.

Psicopatia. 

Caratteristica che presenta un deficit nell’affettività, scarsa empatia, poca sensibilità, tendenza a mentire, impulsività.

Sadismo. 

Tendenza a imporre dolore agli altri esseri viventi attraverso aggressioni di vario genere, da quella psicologica a quella sessuale, traendo piacere da questo comportamento.

Tali azioni generano nella persona sadica una sensazione di piacere e di dominio, persona che non si pone troppi problemi nel causare dolore agli altri.

Interessi sociali e materiali. 

La persona è costantemente alla ricerca di un tornaconto economico e morale (riconoscimento sociale, successo, acquisizione di beni materiali e ricchezze),

Malevolenza (Perfidia). 

Propensione al male e tendenza all’ostilità in atti di diverso tipo  (aggressioni fisiche, abusi, furti, umiliazioni, ecc. …).

Le ricerche hanno messo in evidenza che coloro che riportano elevati punteggi in tali caratteristiche hanno anche un alto valore del Fattore D.

Don Giovanni: sicuramente, ha avuto un cattivo rapporto con la madre o con chi doveva occuparsi di lui, fin da piccolo (zia, nonna, tata), per cui è stato trascurato nell’affetto e nell’attenzione da PERSONE NON IN GRADO DI RASSICURARE, PROTEGGERE.

Don Giovanni è un narcisista maligno manipolatore perverso che nutre un rapporto di amore-odio nei confronti della madre, per cui ODIA LA DONNA, IN GENERE, e LA VUOLE “ABBATTERE” COLPENDO COMPULSIVAMENTE LA SUA PERSONALITA’ ATTRAVERSO LE DONNE CHE CONOSCE.

Certamente, la sua autostima è bassa e si sente sicuro solamente se è convinto di esercitare pienamente il suo potere seduttivo sulle donne.

Infatti, il suo piacere non è costituito dall’oggetto (ossia, l’ennesima donna che ha conquistato), ma il godimento-compensazione del “successo” ottenuto a seguito della seduzione, godimento-compensazione contro la sua depressione di una certa imponenza.

Per cui, NON è in grado di amare tutte le donne che conquista, (per la sua necessità continua di seduzione, è improbabile che rimanga fedele ad una sola partner, a prescindere dal rango delle “sue vittime”); nelle quali donne – inconsciamente – “vuole” abbattere la personalità della madre: le avvicina e le lascia dopo pochissimo = infatti, nel famoso catalogo steso da Leporello (il suo servo), viene espresso “Ma in Ispagna son già 1003” (ossia, le donne spagnole conquistate dalla sua personalità narcisistica e “buttate via” senza soddisfarle troppo).

NON si rende conto che TEME DI RIMANERE SOLO: cosa che si rende concreta da parte di chi “LO ABBANDONA”.

Infatti, le sue relazioni sono brevi, superficiali, senza una vera partecipazione affettiva per cui la sua personalità lo porta alla conquista angosciante.

Tutte le sue “prede” hanno il “dovere” di “sfamare” momentaneamente il bisogno infinito di ammirazione narcisistica, bisogno frustrato quando era piccolo.

Don Giovanni NON si rende conto di TEMERE INCONSCIAMENTE la sua QUASI CERTA OMOSESSUALITA’ INTERIORE proprio a causa del suo narcisismo maligno di manipolatore perverso (sotto l’aspetto psicologico).

Il Complesso di Don Giovanni corrisponde al femminile Complesso di Messalina (vedere “Carmen”) ma, al contrario, Don Giovanni termina l’atto, senza lasciarlo in sospeso.

 

Lorenzo da Ponte è il librettista che HA SAPUTO ESPRIMERE il testo per l’opera di Mozart.

Mozart HA SAPUTO ESPRIMERE attraverso la Musica.

Tirso de Molina e Giovanni Bertati hanno steso la GRANDE BASE su cui poggiare l’ESPRESSIONE DI QUESTO CAPOLAVORO PSICO-MUSICALE.

Dal mio scritto su Mozart:

L’opera “Don Giovanni” è considerata da tutti uno dei massimi capolavori di tutti i tempi, non solo dell’arte musicale, ma anche psicologicamente, essendo caratteristica con le incredibili comicità e tragedia.
Opera in cui il protagonista, Don Giovanni, all’inizio personalità negativa, nell’ultima parte, si eleva assurdamente ad una “dignità eroica” in cui il suo ostinato e coraggioso rifiuto di pentirsi (pur avvicinandosi la dannazione eterna minacciatagli dalla statua soprannaturale semovente del commendatore) rappresenterebbe il simbolo di rivolta laica e illuministica contro il soprannaturale.

 

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Gli altri personaggi dell’opera:  

La distinzione psicologica evidenzia la mentalità di un personaggio e racchiude in sé  il suo stato emotivo, il suo ragionare, i motivi delle sue azioni, la sua condotta, …

Mozart e Da Ponte riescono ad addentrarsi in tutto questo e a rendere esplicita la personalità di Don Giovanni, personaggio nobile degenerato, “abbassandolo” di ceto per investirlo della funzione del basso buffo settecentesco, nonostante un bell’aspetto fisico, un certo ambiente sociale e un certo livello culturale.

“Don Giovanni”, opera seria-buffa/tragedia-commedia, con la statua del Commendatore-deus ex machina dalla predisposizione quasi “soprannaturale” che diffonde correttezza, viene definita da Da Ponte come “dramma giocoso con il conseguente proseguimento del titolo, ovvero “Il dissoluto punito”.

Infatti:

Ricoprono parti serie: Don Ottavio, Donna Anna e il Commendatore.
Ricopre la parte di “mezzo carattere”: Donna Elvira.
Ricoprono le parti comiche: Leporello, Zerlina e Masetto.

 

Leporello:

Leporello (basso ai limiti del buffo) è un personaggio che, quasi sempre, si trova tra lo scherno, l’arroganza, la mancanza di rispetto verso il padrone Don Giovanni al quale, ad ogni modo, deve stare sottomesso per guadagnarsi da vivere.

E’ il primo personaggio che compare sulla scena e canta un’aria da basso comico, un’aria un po’ sillabata, attraverso la quale  rivela sé stesso: è stato lasciato fuori da Don Giovanni che “sta seducendo”.

Rende subito noto che nutre dei sentimenti discordanti verso Don Giovanni: lo odia e, contemporaneamente, lo ammira.

L’ammirazione  prevale tanto da provocargli l’accettazione più o meno cosciente di tante incoerenze che gli vengono obbligate.

Inoltre, il rapporto tra Don Giovanni e Leporello è strettissimo: Don Giovanni, si confida con lui da amico e gli permette grosse libertà; Leporello si lamenta, si irrita parecchio e protesta per lo sfruttamento che riceve, ma non cambia padrone perché intuisce che Don Giovanni possa essere affetto da disagi psichici e non può stare senza di lui su cui appoggiarsi per non crollare.

 

Donna Anna, Don Giovanni, Don Ottavio: 

Dopo il termine dell’aria di Leporello, appaiono Don Giovanni e Donna Anna (è la prima donna ad apparire in scena) donna che, da subito, risulta una personalità passionale e risoluta, sue doti  che vengono dimostrate  dal suo inseguimento dell’uomo che voleva approfittare di lei, uomo che non conosce: infatti, Don Giovanni è appena apparso e già si nasconde; coprendosi il volto, le dice “Chi son io tu non saprai”.

Sempre, nel primo atto, figura lo splendido duetto Donna Anna-Don Ottavio “Fuggi, crudele, fuggi”, che viene confrontato con altri duetti-gioiello dell’opera seria come – ad esempio –  il duetto Cesare-Cleopatra, mentre, da “Don Giovanni”,  sono da segnalare “Non mi dir, bell’idol mio” e “Mi tradì quell’alma ingrata”, dove Mozart usa la coloratura in senso profondamente drammatico.

Don Giovanni fugge passando sul corpo morto del Commendatore, la cui figlia, Donna Anna, afflitta e irata a causa del non avere più una figura paterna che la protegga, è costretta a sposare Don Ottavio, per cui fa giurare al fidanzato di vendicarla.

Don Ottavio promette a Donna Anna  «Un ricorso vo’ far a chi si deve, e in pochi istanti vendicarvi prometto».

Secondo alcuni critici, la serietà di Don Ottavio lo rappresenta come il “fidanzato modello”, ama Donna Anna sinceramente e non la forza a sposarlo, ma si spazientisce al termine  dell’opera dove Donna Anna lo rassicura attraverso il  rondò “Non mi dir bell’idol mio”.

 

Donna Elvira e Zerlina: 

Dopo Donna Anna e Don Ottavio, Don Giovanni e Leporello incontrano, inaspettatamente,   Donna Elvira.

Di Burgos, Donna Elvira – dopo soli tre giorni di matrimonio con Don Giovanni – viene abbandonata  e, ora, lo rincorre.

Testardamente, vuole fare capire a Don Giovanni quanto sia sbagliato il suo comportamento, ma NON SA che una personalità NON può cambiare e può migliorare solo con l’aiuto della Psicologia (a quel tempo, scienza non ancora scoperta).

Però, è un personaggio di grandissima importanza perché possiede energia e vitalità  psicologiche, ideologiche, quasi simili a quelle di don Giovanni e Leporello.

E’ innamorata di Don Giovanni e prova “pietà”, nonostante sia infuriata con lui, lo insulti e lo minacci di morte: la stessa “pietà” che la porta a calarsi nell’ “armatura di difesa” del marito che si comporta scelleratamente e indifferentemente.

Tutto ciò è avvertito istintivamente da Leporello, ma Donna Elvira SA tutto questo e la cosa impaurisce e turba Don Giovanni che la schiva per questo motivo (Don Giovanni HA PAURA della moglie).

Leporello spiega a Donna Elvira – attraverso la celebre “Aria del catalogo” – come il nobile abbia incontrato molte donne.

 

Leporello, assieme a Don Giovanni, arriva ad una festa di matrimonio di contadini.
Zerlina, la sposa, attira subito l’attenzione di Don Giovanni.

Donna Elvira provoca l’insuccesso di Don Giovanni che (attraverso la voce) viene riconosciuto da donna Anna, la quale  si accorda  con Elvira e Ottavio per sorprenderlo sul fatto; non conoscendo il complotto, Don Giovanni, ritenta per mezzo di un’altra festa comprendente anche Zerlina.

Qui, Don Giovanni canta l’ “Aria dello champagne” per mezzo della quale viene evidenziata e ripetuta in modo quasi ossessivo (come se questo fosse il suo unico scopo di vita): “Ah, la mia lista, doman mattina, d’una decina devi aumentar, devi aumentar, devi aumentar…”

Alla festa, quando Don Giovanni circuisce  Zerlina, intervengono Donna Anna, Don Ottavio e Donna Elvira che lo sbugiardano; Don Giovanni tenta invano di incolpare Leporello che si sente compromesso e danneggiato, però la sua ammirazione verso il padrone resta stabile.

 

Zerlina-Masetto:

Zerlina e Masetto appartengono  alle figure contadine, figure che trasmettono al pubblico valori onesti e corretti.

Zerlina cede due volte all’adulazione tentatrice di Don Giovanni, ma sa anche essere furba.

Infatti, si finge ingenua per avere ciò che vuole: prima don Giovanni, poi Masetto quando è convinta che Don Giovanni sia diventato irraggiungibile; poi, nuovamente Don Giovanni quando si ripresenta.

Ad un certo punto, si toglie la mascherina della contadinella ingenua, per cui sarà presso Masetto, uomo con la personalità ferma e decisa, ma uomo ingenuo, geloso e collerico, possessivo verso Zerlina che si sente “soffocata” e per cui si sente attratta da Don Giovanni, conseguenzialmente.

Masetto, comunque, è disposto anche a fare a botte con Don Giovanni/Leporello travestito, visto e considerato che capisce subito che è un impostore che si avvale della propria classe sociale, e per cui non gli si sente inferiore; anzi, moralmente, si ritiene migliore di lui.

 

Il Commendatore: 

Nel primo atto – dopo Leporello, Don Giovanni, e Donna Anna – arriva il Commendatore, ossia il padre di Donna Anna: è un personaggio incisivo perché, quando compare, si verificano svolte decisive degli avvenimenti.

L’uccisione del Commendatore segna l’inizio del poco tempo rimasto a Don Giovanni per vivere, l’inizio dell’inseguimento da parte di Donna Anna e Don Ottavio, l’inizio della corsa contro il tempo di Leporello e Donna Elvira per salvarlo dall’autodistruzione inconscia.

Contrariamente a Don Giovanni, il Commendatore è un padre di famiglia (Don Giovanni non lo è e non  sarebbe mai stato capace di esserlo), rappresenta l’ordine sociale e, forse, “il potere divino” che Don Giovanni combatte.

Nel finale dell’opera, il Commendatore offre a Don Giovanni l’estrema  possibilità di salvezza che il nobile rifiuta altezzosamente: il pentimento.

Don Giovanni RIFIUTA IL PENTIMENTO PER SETTE VOLTE, per cui la statua del  Commendatore  sottolinea: “Ah, tempo più non v’è”.

Nel pavimento, si apre una profonda apertura infuocata e forze orrende e spaventose afferrano Don Giovanni che urla mentre lo trascinano all’Inferno.

 

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Nell’ultima scena, tutti i personaggi commentano: “Questo è il fin di chi fa mal, e dei perfidi la morte alla vita è sempre ugual”: sembra una purificazione emotiva.

Certamente, non si tratta di un’opera buffa: comincia con un’uccisione e termina con la morte del protagonista che, vista la mal parata, “ritiene preferibile” morire LIBERO con l’aureola del martire.

 

Battuto al computer da Lauretta

 

OUVERTURE:

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Il basso FERRUCCIO FURLANETTO canta “NOTTE E GIORNO FATICAR”:

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Il basso FERRUCCIO FURLANETTO canta “MADAMINA IL CATALOGO E’ QUESTO”:

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TERZETTO, “AH TACI INGIUSTO CORE”:

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Il basso DIMITRIS TILIAKOS e il soprano  ARIANNA VENDITTELLI cantano il duetto “LA’, CI DAREM LA MANO”:

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Il tenore JUAN DUEGO FLOREZ canta “DALLA SUA PACE”:

 

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Il soprano LUCIA POPP canta “BATTI BATTI, O BEL MASETTO”:

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“EH, VIA, BUFFONE-AH TACI INGIUSTO CORE-DEH, VIENI ALLA FINESTRA”:

 

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Il soprano LUCIA POPP canta “VEDRAI, CARINO”:

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Il tenore ANTON DERMOTA canta IL MIO TESORO INTANTO:

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Il soprano MARIA CALLAS canta MI TRADI’ QUELL’ALMA INGRATA:

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SCENA FINALE:

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FINALE, “QUESTO E’ IL FIN DI CHI FA MAL”:

 

CAVALLERIA RUSTICANA di PIETRO MASCAGNI

Opera in un atto su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga.

Prima rappresentazione: Teatro Costanzi di Roma, 17 maggio 1890

 

Personaggi e interpreti della prima rappresentazione: 

Turiddu, giovane contadino (tenore) Roberto Stagno
Santuzza (soprano) Gemma Bellincioni
Lucia, madre di Turiddu (contralto) Federica Casali
Alfio, carrettiere (baritono) Gaudenzio Salassa
Lola, moglie di Alfio (mezzosoprano) Annetta Guli

 

Trama: 

Epoca storica: a Vizzini, in Sicilia, alla fine del secolo XIX, nella mattinata di Pasqua.

E’ l’alba.

All’inizio dell’opera, il sipario è chiuso, ma si sente la serenata destinata a Lola, moglie di compare Alfio, un carrettiere di mezza età.

Lola era stata l’innamorata di Turiddu ma, durante il suo servizio militare, si era spazientita di attendere e aveva sposato Alfio.

Turiddu, tornato dopo essere stato soldato, pur amando sempre Lola, per puntiglio, si è fidanzato con la giovane Santuzza, che lo ama appassionatamente, ma riprende il rapporto clandestino con la sua ex fidanzata.

Si ha il lento risveglio del paese e tutti si preparano per la festa pasquale e Lucia, che detiene l’osteria, prepara il vino per il raduno dopo la messa, presso di lei.

Lucia invita Santuzza ad entrare in casa, ma la ragazza rinuncia, dicendole che Turiddu l’ha sedotta e la trascura.

Inoltre, Santuzza sa che Turiddu non è andato a Francofonte a comperare del vino perché lo ha visto presso la casa di Lola.

Passa Alfio col suo carretto, con altri paesani, e canta la sua vita felice e la fedeltà della moglie, oltre ad accennare di avere visto Turiddo fuori di casa sua, la sera precedente.

Arriva anche Turiddu, che saluta Santuzza come se niente fosse.

Lei lo accusa delle infedeltà, lui si arrabbia alquanto e arrivano al duetto appassionato a seguito della collera di Turiddu che le grida: “dell’ira tua non mi curo”.

Entra Lola e canta una frivola canzone di fiori e d’amore indirizzata a Turiddu e lo fa infuriare perché gli chiede del marito.

Dopo avere sbeffeggiato Santuzza, Lola si reca in chiesa; Turiddu la segue dopo che Santuzza ha  lanciato al ragazzo la “Mala Pasqua”.

Appare Alfio che cerca la moglie e Santuzza, agitata e sdegnata – senza riflettere sulle conseguenze – gli fa conoscere le infedeltà della moglie con Turiddu.

Alfio giura vendetta e Santuzza è atterrita dal male che ha fatto.

Segue l’”Intermezzo sinfonico” in cui gli archi deliziano chi ascolta.

Poco dopo terminata la messa, tutti si recano all’osteria di Lucia, dove brindano alle gioie della vita e Turiddu chiama gli amici a bere un bicchiere di vino: “Viva il vino spumeggiante. …”.

Giunge Alfio che rifiuta l’invito e sfida Turiddu ad un duello mortale, provocando pena in tutti i presenti.

Le donne allontanano Lola e Santuzza, Turiddu prega Mamma Lucia di dargli la sua benedizione e la prega di fare “da madre a Santa”.

Il duello rusticano avviene in un orto poco distante.

Lucia si rende conto della veridicità delle parole di Santuzza.

Le due donne sono disperate.

Si ode un mormorio giungere da lontano e, subito dopo, una popolana urla: “Hanno ammazzato compare Turiddu!”

Santuzza lancia un urlo e perde i sensi, mentre Mamma Lucia resta impietrita.

Brani noti: 

Preludio
Siciliana: O Lola ch’ai di latti la cammisa (Turiddu)

Atto unico

Coro d’introduzione Gli aranci olezzano (Coro)
Scena e sortita Dite, mamma Lucia…
Il cavallo scalpita (Santuzza, Lucia, Alfio, Coro)
Scena e preghiera
Beato voi, compar Alfio…
Inneggiamo il Signor non è morto (Santuzza, Lucia, Alfio, Coro)
Romanza e scena Voi lo sapete, o mamma…
Andate, o mamma, ad implorare Iddio (Santuzza, Lucia)
Duetto Tu qui, Santuzza (Santuzza, Turiddu)
Stornello Fior di giaggiolo (Lola)
Duetto Il Signore vi manda, compar Alfio (Santuzza, Alfio)
Intermezzo sinfonico
Scena e brindisi A casa, a casa, amici… Viva il vino spumeggiante (Turiddu, Lola, Coro)
Finale A voi tutti salute… Mamma, quel vino è generoso (Santuzza, Turiddu, Lucia, Alfio, Lola, Coro)

 

Popolarità dell’intermezzo sinfonico:  

L’intermezzo sinfonico dell’opera è un brano popolarissimo, è basato sull’impiego degli archi ed ha avuto molto successo anche eseguito singolarmente.

Nel campo cinematografico, presenzia come sfondo in una famosa scena del film” Il padrino” – Parte III.

“Toro scatenato” di Martin Scorsese: in questo film, appare nei titoli di testa.

E’ il tema conduttore del film “Il cavaliere di Lagardère di Philippe de Broca” (con Daniel Auteuil) e accompagna l’episodio “Strane allucinazioni” (appartenente alla celebre serie americana Ally McBeal).

Inoltre, il tema centrale è stato rielaborato per una canzone-dance dal titolo “Will be one” dei Datura, è stato ripreso da Vasco Rossi nell’ “Introdei” live del 2007 ed è presente nella canzone “Mascagni” di Andrea Bocelli.

Tra gli spot pubblicitari che lo hanno utilizzato troviamo quello della Ferrero Rocher, dell’Enel (2011) e della Tim (con Riccardo Muti, 2020).

 

Versioni cinematografiche: 

Cavalleria rusticana(1916) – film diretto da Ugo Falena
Cavalleria rusticana (1924) – film diretto da Carmine Gargiulo
Cavalleria rusticana (1939) – film diretto da Amleto Palermi
Cavalleria rusticana (1953) – film diretto da Carmine Gallone
Cavalleria rusticana (1982) – film diretto da Franco Zeffirelli

 

Incisioni discografiche: 

Lina Bruna Rasa, Beniamino Gigli, Gino Bechi, Maria Marcucci,  Giulietta Simionato          Pietro Mascagni

Elena Nicolai, Mario Del Monaco, Aldo Protti, Laura Didier Gambardella, Anna Maria Anelli         Franco Ghione

Maria Callas, Giuseppe Di Stefano, Rolando Panerai, Anna Maria Canali, Ebe Ticozzi        TullioSerafin

Caterina Mancini, Gianni Poggi, Aldo Protti, Adriana Lazzarini, Aurora Cattelani    Ugo Rapalo

Giulietta Simionato, Mario Del Monaco, Cornell MacNeil, Ana Raquel Satre, Anna Di Stasio          Tullio Serafin

Victoria de los Ángeles, Franco Corelli, Mario Sereni, Adriana Lazzarini, Corinna Vozza   Gabriele Santini

Elena Obraztsova, Plácido Domingo, Renato Bruson       Georges Prêtre

Agnes Baltsa, Plácido Domingo,Juan Pons          GiuseppeSinopoli1990      Jessye Norman, Giuseppe Giacomini, Dmitrij Hvorostovskij         Semyon Bychkov

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:     

“Cavalleria rusticana” viene spesso rappresentata insieme a un’altra opera breve, “I Pagliacci ” di Ruggero Leoncavallo, un’altra significativa opera verista.

Abbinamento proposto al “Metropolitan Opera House” di New York, il 22 dicembre 1893, dopo la rappresentazione de “I Pagliacci”; abbinamento autorizzato dallo stesso Mascagni,  direttore delle due opere al Teatro “Alla Scala” di Milano, nel 1926, durante la stessa sera.

“Cavalleria rusticana” è la prima e più celebre opera composta da Mascagni (altre due opere “Iris” e “L’amico Fritz” perdurano nel repertorio dell’ambito lirico) e il suo successo continua fin dalla sua prima rappresentazione.

Nel 1888-1889, l’editore milanese Edoardo Sonzogno crea un concorso per tutti i giovani compositori italiani che non hanno ancora fatto rappresentare una loro opera.

Mascagni, residente a Cerignola (FG), dirige la banda musicale di là e, venuto a conoscenza di questo concorso solo due mesi prima della chiusura delle iscrizioni, si accorda con l’amico Giovanni Targioni-Tozzetti per scrivere un libretto che, assieme al suo collega Guido Menasci, manda a Mascagni i testi per cartolina postale; Mascagni li musica rapidamente tanto da fare trovare spesso la musica già pronta.

L’opera viene completata proprio l’ultimo giorno valido per l’iscrizione al concorso e, consegue un successo grande.

E’ da citare che l’opera richiesta dal concorso doveva constare di un atto ma, essendo Cavalleria creata in due atti, Mascagni li riunisce attraverso il celeberrimo INTERMEZZO.

Cavalleria rusticana: un’opera focloristica?

Si, senza dubbio, possiede un certo folclore, dove il popolino ha le sue tradizioni, i propri usi e costumi, i suoi pregiudizi, l’abbandono agli impulsi individuali, un proprio egoismo, l’amore esclusivo, la gelosia, la falsità.

Ma, anche, un’opera sanguigna: qui, in un paesino siciliano, con i vecchi valori di gente semplice e passionale, fra cui il sostare all’osteria di Mamma Lucia, dopo la funzione religiosa, la gente s”incontra per “fare un po’ di festa” e dove si concretizza un DRAMMA DELLA GELOSIA a causa del DELITTO D’ONORE (in Italia, abrogato nel 1981).

 

Qui, dove nella mattinata di Pasqua, tutti e cinque i personaggi principali si ritrovano PERDENTI: Turiddu perde la vita, Lucia perde il figlio, Santuzza perde  l’uomo che ama, Lola perde il suo amante e Alfio perde la fiducia nella moglie.

 

Santuzza: 

Nell’epoca di svolgimento dei fatti, pur essendo giovane, Santuzza – sin da subito – si dimostra matura, per la sua età.

Onestamente, confida a Mamma Lucia che Turiddu frequenta Lola, la sua vecchia fidanzata, di cui Santuzza è gelosa, chiaramente.

Inoltre, è importante evidenziare che, nel duetto, Santuzza dice a Turiddu: “Battimi, insultarmi, ti perdono”. – Poi, lo prega: “Turiddu ascolta”.

A fine ‘800, si usava ancora picchiare la donna e, Santuzza, oggi, in Psicologia, “potrebbe” essere inserita fra coloro che si aggrappano all’uomo, in quanto “potrebbero” essere dipendenti perché “schiave della paura di essere abbandonate”, abbastanza subordinate all’uomo e, comunque, a seguito di esasperazione, si comporta da persona “dipendente affettiva”.

Però, non è proprio tutto così perché Santuzza, personaggio dolce, ferito e tradito nell’amore, disperato, è determinata e non tace, non piange silenziosamente, non vuole vendetta, ma lei denuncia per un senso di giustizia.

Quindi, è talmente esasperata che non può fare a meno di lanciare a Turiddu l’irata “A te la Mala Pasqua!” e racconta al sopraggiunto Alfio la tresca fra Turiddu e sua moglie Lola.

Ad Alfio racconta anche che “Turiddu mi tolse l’onore e vostra moglie lui rapiva a me!”, ma si pente subito.

Santuzza è l’artefice “quasi” involontaria della tragedia. E’ importante fare presente che al giorno d’oggi, una cosa del genere è ormai sorpassata, mentre si ricordano i cambiamenti avvenuti nella Storia, specialmente nell’Antico Egitto, dove – all’occorrenza – la donna sapeva  persino usare un anticoncezionale creato con materiale naturale.

Infatti, Santuzza si sente peccatrice e non sale le scale della chiesa dalla quale si sente psicologicamente respinta.

Purtroppo, non sa che Dio non condanna gli sbagli dell’uomo e che accetta tutti gli esseri, anche chi sta per nascere a prescindere dalla documentazione civile.

Per cui, esprimendo meglio il concetto di dipendenza affettiva:

. L’amore simboleggia la necessità e la facoltà di creare una nuova concretezza insieme ad un’altra persona, dal momento che l’amore viene formato da due esseri, per cui la sua completezza sta nel donarsi senza annientarsi e dissolversi nell’altra.

Però può diventare una “prigione” senza potere fuggire, a causa del dolore: questa è la dipendenza affettiva, ossia una forma morbosa di amore contraddistinta da mancanza irreversibile di corrispondenza nella vita affettiva, in cui l’unico “donatario d’amore” vede nell’altra persona l’unico scopo della propria vita e il riempire dai propri vuoti affettivi.

. La differenza tra amore e dipendenza affettiva sta nel grado di autonomia della persona e nell’essere in grado di trovare un senso in se stessa.

Di conseguenza, la persona dipendente affettiva non è autonoma, intimamente, per cui la paura dell’abbandono e della separazione provoca una tensione continua.

Infatti, la presenza dell’altro individuo assume l’importanza di una questione di vita o di morte: senza l’altro, “non si può” esistere perché bisogni e desideri personali vengono “contestati” e “annullati”, praticamente, in una relazione.

. In effetti, ciò che affascina è la lotta: se non interessiamo alla persona dalla quale vogliamo essere amati, la dipendenza cresce in rapporto al respingere, finendo per farci provare un senso di ira-rancore e di colpa.

Inoltre, si può creare una paura angosciosa verso chi si ama, manifestandola con gelosia e possesso, che ingigantisce ad ogni segno negativo che si osserva e intuisce.

 

. La dipendenza affettiva ha le sue radici nel legame con i genitori, durante il periodo dell’infanzia.

Infatti, alle persone dipendenti, da piccole, è stato trasmesso il messaggio che non erano meritevoli di amore o che le loro necessità non erano rilevanti.

Queste persone di solito provengono da famiglie dove i bisogni emotivi sono stati trascurati a causa dell’interesse dei beni materiali.

Quindi, lo scatenare della dipendenza affettiva è l’esito di un danno del circuito neuronale della dopamina, il neurotrasmettitore coinvolto nei processi psicologici di gratificazione e motivazione oltre all’ ambiente familiare in cui si tende ad intromettersi nei pensieri e nei comportamenti degli altri componenti.

 

. Anche i traumi vissuti nel passato, spesso possono causare scarsa autostima, ansia, disturbo post traumatico da stress, depressione.

 

Traendo le CONCLUSIONI: non si sa quali traumi Santuzza possa avere subìto, nella sua giovane vita (fra cui la causa della paura di essere abbandonata), in un’epoca dove il grandissimo senso dell’onore è radicato, però risulta chiaro che, giustamente, NON vuole che la sua dignità e il suo onore vengano calpestati.

Alla fine, Santuzza prova rimorso, ma si sente vendicata.

In effetti, si tratta di gelosia-vendetta verso l’uomo amato e verso la rivale: può sembrare strano, ma si potrebbe trattare anche di un atto d’amore estremo verso Turiddu che, amando sempre Lola, è ricaduto nella rete da cui non sapeva liberarsi.

E’ chiaro che le usanze dell’epoca e della terra siciliana influiscono molto, ma una grande dose di paura di perdere il suo uomo, per Santuzza esiste: E’ CHIARISSIMO.

Ciò porta all’uccisione del ragazzo.

 

Turiddu: 

E’ giovane, fa girare la testa alle ragazze, indifferente e cinico, l’entusiasmo dell’amore per Lola lo esalta, tanto da non pensare alle conseguenze negative.

Ma sa essere anche coscienzioso nei confronti di Santuzza: infatti, rivolgendosi a Mamma Lucia, la prega di farle da madre e, qui, come per incanto, pare maturare emotivamente.

Ma SUCCEDE la tragedia e Turiddu viene ucciso.

 

Lucia: 

Una donna all’antica, una donna di “una volta”, che conosce tutti e tutti la conoscono.

La madre che non sa spiegarsi il comportamento del figlio verso Lola.

 

Alfio: 

Convintissimo di avere una moglie fedele, la rivelazione di Santuzza è una doccia fredda, per lui, per cui, ritrovandosi nei panni del marito ferito, non ci pensa due volte a pretendere il duello che “laverà l’onta”.

 

Lola: 

Durante il brindisi, Lola è preoccupata perché il marito non è presente: ha ragione perché Alfio arriva e NON accetta il bicchiere di vino che Turiddu gli offre (gli sembra una presa in giro).

Una riflessione: “La leggera e noncurante Lola è fedifraga?”.

Sì. Per un verso, sì.

Da donna un po’ vuota, “si è stancata” di aspettare Turiddu mentre svolgeva il servizio militare e ha sposato Alfio, più anziano di lei, ma – dopo il ritorno del ragazzo – torna a frequentare il suo vecchio amore.

Però, a parte l’attrazione ancora presente in Lola verso Turiddu, Alfio è sempre in giro per lavoro e, quando va a letto,  chiaramente, è stanco, per cui la moglie GIOVANE si sente TRASCURATA, senza dubbio.

Quindi, Lola non è poi tanto da condannare.

Ma, nella Sicilia della fine del XIX secolo, vige LA LEGGE DELL’ONORE in modo fortissimo …

 

UN’OPERA-CAPOLAVORO.

Battuto al computer da Lauretta 

 

 

FRANCO GHIONE dirige il PRELUDIO ALL’ATTO I:


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Coro “GLI ARANCI OLEZZANO”:


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FIORENZA COSSOTTO canta “VOI LO SAPETE, O MAMMA”:

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EKATERINA SEMENCHUK e ROBERTO ALAGNA cantano “TU QUI, SANTUZZA?” (Duetto):


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Dal film di Franco Zeffirelli del 1982, “REGINA COELI LAETARE” :

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HERBERT von KARAJAN dirige l’INTERMEZZO:


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MARIA CALLAS canta “FIOR DI GIAGGIOLO”:


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MARIO DEL MONACO CANTA il “BRINDISI”:


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MARIO DEL MONACO canta l’ “ADDIO ALLA MADRE” e FINALE:

 

CARMEN di GEORGES BIZET

Opéra-comique in 4 atti su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy tratto dall’omonima novella di Prosper Mérimée, “Carmen” (1845), musica di Georges Bizet

Prima rappresentazione: Teatro “Opéra-Comique”, Parigi, 3 marzo 1875, giorno in cui Bizet viene premiato con la Légion d’honneur”.

Esito della “prima”: insuccesso.

 

Personaggi:  

Carmen, zingara (mezzosoprano)
Don José, sergente (tenore)
Escamillo, torero (baritono)
Moralès, sergente (baritono)
Zuniga, tenente (basso)
Micaëla, contadina (soprano)
Mercédès, zingara (soprano)
Frasquita, zingara (soprano)
Dancairo, contrabbandiere (tenore)
Remendado, contrabbandiere (tenore)
Lillas Pastia, oste (ruolo parlato)
Una venditrice di arance (soprano)
Uno zingaro (basso)
Una guida (ruolo parlato)
Un soldato (ruolo parlato)
Un vecchio signore, la sua giovane moglie, un giovane, l’Alcalde (ruoli muti)
Soldati, giovani, popolani, sigaraie, zingare, zingari, venditori ambulanti, Coro dei
Monelli (voci bianche)

 

Interpreti della prima rappresentazione:   

Carmen, bellissima zingara (mezzo soprano) Célestine Galli-Marié
Don José, sergente (tenore) Paul Lhérie
Escamillo, Toreador (baritono) Jacques Bouhy
Micaëla, contadina (soprano) Marguérite Chapuy
Zuniga, tenente (basso) Eugène Dufriche
Moralès, sergente (baritono) Edmond Duvernoy
Frasquita, zingara (soprano) Alice Ducasse
Mercédès, zingara (soprano) Esther Chevalier
Lillas Pastia, oste (ruolo parlato) M. Nathan
Il Dancairo, contrabbandiere (baritono) Pierre-Armand Potel
Il Remendado, contrabbandiere (tenore) Barnolt
Una guida (ruolo parlato) M. Teste
Coro: Soldati, giovani, popolani, sigaraie, zingare, zingari, venditori ambulanti
Direttore: Adolphe Deloffre

 

Trama:    

Periodo storico: Siviglia (Spagna), intorno al 1820

 

Atto I

L’opera inizia con il preludio che riprende il tema del toreador Escamillo.

Presso la manifattura dei tabacchi, nella piazza piuttosto animata, il sergente inizia a chiacchierare con la timida Micaela; la ragazza sta cercando Don José e, saputo che arriverà fra poco, si allontana.

Viene effettuato il Cambio della Guardia e alcuni bambini imitano le mosse dei soldati i quali aspettano l’arrivo delle operaie, in particolare di Carmen.

Fra i soldati, l’ormai sopraggiunto Don José è il solo che mostra disinteresse per le sigaraie: ha promesso alla madre di sposare Micaela.

Viene annunciata la venuta delle operaie, la musica dell’opera diventa irrequieta perché evidenzia l’uscita della zingara Carmen, bellissima e sfrontata sigaraia, centro dell’attenzione da parte di tutti che canta una provocante Habanera (“L’amour est un oiseau rebelle”, ossia “L’amore è un uccello ribelle”), canzone inneggiante all’amore volubile e capriccioso e tutti le stanno intorno.

Per provocargli attenzione verso sé stessa, Carmen lancia un fiore a Don Josè ed entra di corsa nella manifattura, ridendo.

Don Josè è il tipico bravo ragazzo vissuto fuori città, ingenuo.

Raccoglie il fiore, rimane turbato e, inconsciamente, nasconde il fiore sotto la giubba mentre arriva Micaela che porta a José soldi e notizie da parte di sua madre (duetto incantevole: “Parle-moi de ma mère, Parlami di mia madre”).

All’improvviso, dalla fabbrica, provengono delle urla: durante una zuffa con una compagna di lavoro, Carmen l’ha ferita al volto.

Il tenente delle guardie, Zuniga, l’arresta e ordina a José di imprigionarla.

In cella, legata, Carmen induce Don José a lasciarla libera, perché, dice, il fiore è stregato e che lui, ora, è innamorato di lei (“Près des remparts de Séville”, “Presso il bastion di Siviglia”), resiste , ma è turbato profondamente da Carmen per cui cede.

L’aiuta a scappare ma viene punito, arrestato e degradato dal capitano.

Atto II

Un mese è passato.

Nella taverna di Lillas Pastia.

Carmen è in attesa del ritorno di Don José (imprigionato per averla lasciata fuggire) e di cui si è innamorata, a suo modo.

Nonostante questo, si diverte ugualmente cantando e ballando con gli altri: infatti, qui, danza con le altre zingare Mercedes e Frasquita (Carmen, chanson bohème: “Les tringles des sistres tintaient”, ossia “All’udir del sistro il suon”).

Entra Zuniga e, fra l’entusiasmo generale, arriva il famoso torero Escamillo che racconta le sue gesta nella corrida, venendo ascoltato e ammirato da tutti: “Votre toast, je peux vous le rendre” (“Il vostro brindisi, posso rendervelo”) e “Toreador en garde” (”Toreador attento”).

Affascinato da Carmen, Escamillo si illude di poterla corteggiare, ma lei respinge entrambi.

Escamillo si era illuso, ma decide di riprovare.

Don José, arrivato da Carmen, uscito di prigione, sente suonare la tromba per cui deve tornare in caserma.

Carmen è fortemente irritata e lo deride facendolo ingelosire.

A questo punto, Josè si ribella a Zuniga: la rissa è repressa dai contrabbandieri intervenuti su richiesta di aiuto da parte di Carmen.

Don Josè si arrende a Carmen e le confessa di amarla (“La fleur que tu m’avais jetée”, ossia “Il fior che avevi a me tu dato”), ma la donna si impone su Josè, ricattandolo: se l’ama, deve abbandonare tutto, per vivere con lei nel rifugio dei gitani sulla montagna.

Sono vani gli sforzi di Josè per farla riflettere, ma – ormai – non c’è altro da fare che cedere e disertare: (“Là-bas dans la montagne, ossia “Vieni lassù sulla montagna”).

 

Atto III

Sulla montagna, nel rifugio dei gitani-banditi-contrabbandieri-malfattori:

Questo genere di vita non si addice a Don Josè e si sente profondamente colpevole per aver disertato e causato una grande sofferenza a sua madre.
Inoltre, il suo legame con Carmen non è più quello di un tempo perché si è guastato, pur amandola in modo folle ma, purtroppo, lei si è disamorata, portando la loro relazione al termine.

Carmen, attraverso le carte (“Parlez encore, parlez, mes belles” -“En vain pour éviter les réponses amères”) riceve il responso terribile: la morte sia per lei e, a seguire subito, di Don Josè.

E’ turbata, nonostante sappia che sta esasperando il geloso Josè, ma non ha paura ed entra in competizione con il destino.

Nascondendosi, Micaela è tra le rocce montane (“Je dis que rien ne m’épouvante”); trovato Don José, gli racconta che la madre è in fin di vita.

Giunge anche Escamillo che viene sfidato a duello dal geloso Don Josè perché Carmen ormai è affascinata dal torero: entrambi sono staccati da alcuni gitani ma prima di seguire Micaela, Josè minaccia Carmen della quale è geloso morboso: “Ah! Je te tiens, fille damnée” – “Mia tu sei alma dannata”).

Atto IV

La Plaza de toros, in Siviglia.

Il popolo è in festa e acclama il corteo dei toreri; l’atteso Escamillo entra trionfante nell’arena per affrontare la corrida.

Carmen aspetta sorridendo Escamillo, di cui ora è pazza d’amore.

Mercedes e Frasquita l’avvertono di evitare il pericolo derivante da Don Josè, nascosto tra la folla.

Carmen ignora i loro consigli e lo incontra sola, nella piazza spopolata, dal momento che tutti stanno assistendo alla corrida.

Carmen non ha paura e lo fronteggia.

José la supplica, umiliandosi, di tornare con lui: vuole riavere “la sua” donna.
Carmen lo respinge duramente e, annoiata dalla debolezza del carattere di Don Josè, gli getta in faccia con disprezzo l’anello che lui le aveva donato mesi prima: ‘C’est toi?? C’est moi!!’ (“Sei tu?? Son io!”).

Escamillo è vittorioso sul toro ma, a questo punto, Josè è accecato dalla disperazione e l’uccide, gridandole il suo amore disperato e si fa arrestare: “Vous pouverz m’arreter” (“Potete arrestarmi”).

 

Brani noti: 

Atto I:

Preludio

Avec la garde montante (Coro dei monelli)

L’amour est un oiseau rebelle, Habanera di Carmen

Parle-moi de ma mère!, duetto Don José-Micaëla

Près des remparts de Séville, Seguidille Carmen-Don José

Atto II:

Intermezzo (basato sulla canzone Haltelà, Qui va là? Dragon d’Alcala!

Votre toast, je peux vous le rendre… Toreador, en garde

Les tringles des sistres tintaient, Chanson bohème di Carmen, Frasquita, Mercedes

Votre toast, je peux vous le rendre… Toreador, en garde, Couplets di Escamillo

Nous avons en tête une affaire, quintetto di Mercédès, Frasquita, Carmen, il Remendado e il Dancairo

Je vais danser en votre honneur, duetto di Don José e Carmen con “La fleur que tu m’avais jetée”, aria di Don José

Bel officier, bel officier, finale concertato

Atto III:

Intermezzo (Andantino quasi allegretto)

Mêlons!, Coupons! Terzetto “delle carte” di Frasquita, Mercedes, Carmen con l’arioso di Carmen

En vain pour éviter les réponses amères

Je dis que rien ne m’épouvante aria di Micaëla

Atto IV:

Intermezzo (Allegro vivo)

A deux cuartos, coro

Les voici, voici le quadrille, coro

Si tu m’aimes, Carmen, Escamillo, Carmen, Frasquita, Mercédès

C’est toi? C’est moi, Carmen, Don José, coro

 

Incisioni note:  

Gabriella Besanzoni, Piero Pauli, Ernesto Besanzoni, Maria Carbone

Leontyne Price, Franco Corelli, Robert Merrill, Mirella Freni

Regina Resnik, Mario Del Monaco, Tom Krause, Joan Sutherland

Maria Callas, Nicolai Gedda, Robert Massard, Andrea Guiot

Grace Bumbry, Jon Vickers, Kostas Paskalis, Mirella Freni

Anna Moffo, Franco Corelli, Piero Cappuccilli, Helen Donath

Teresa Berganza, Plácido Domingo, Sherrill Milnes, Ileana Cotrubaș

Agnes Baltsa, José Carreras, José van Dam, Katia

Angela Gheorghiu, Roberto Alagna, Thomas Hampson, Inva Mula

Elīna Garanča, Roberto Alagna, Teddy Tahu Rhodes, Barbara

 

Nota Bene:

Riguardo alle diverse edizioni, si sono avute le seguenti informazioni: “Della Carmen esistono diverse edizioni, che variano soprattutto in occasione dei recitativi e del duello fra José ed Escamillo”.

La creazione dell’opera è stata elaborata parecchio: Bizet, dopo l’insuccesso della prima edizione come Opéra-Comique, molti recitativi vengono tagliati e diverse parti vengono modificate.

 

Lista di film costruiti sull’opera o sul racconto:  

1907 Carmen di Arthur Gilbert

1909 Carmen di Gerolamo Lo Savio

1911 Carmen di Jean Durand con Gaston Modot.

1912 Carmen di Theo Frenkel

1913 Carmen di Lucius Henderson

1913 Carmen di Stanner E.V. Taylor

1913 Carmen di Giovanni Doria e Augusto Turchi

1915 Carmen di Cecil B. De Mille

1915 Carmen di Raoul Walsh, con Theda Bara.

1915 La parodia di Carmen (Burlesque on Carmen) di Charlie Chaplin

1918 Sangue gitano (Gypsy Blood) di Ernst Lubitsch, con Pola Negri e Harry Liedtke.

1921 Carmen di Ernesto Vollrath

1922 Carmen di George Wynn

1926 Carmen di Jacques Feyder con Raquel Meller

1927 Carmen di H.B. Parkinson

1927 Gli amori di Carmen (The Loves of Carmen) di Raoul Walsh, con Dolores del Río

1929 Carmen di Shunichi Takeuchi

1931 Carmen di Cecil Lewis

1933 Carmen di Lotte Reiniger animazione di 9 minuti

1938 La cortigiana di Siviglia / (Andalusische Nächte – Carmen, la de Triana) di Florián Rey con Imperio Argentina

1941 Carmen di produzione Filippina

1943 Carmen di Luis César Amadori (di produzione argentina)

1945 Carmen di Christian-Jaque con Jean Marais e Viviane Romance

1948 Gli amori di Carmen (The Loves of Carmen) di Charles Vidor con Rita Hayworth e Glenn Ford.

1954 Carmen Jones di Otto Preminger; basato sull’adattamento del 1943 di Oscar Hammerstein II, Carmen Jones. Con Dorothy Dandridge, Harry Belafonte, Pearl Bailey, e Diahann Carroll.

1959 Carmen la de Ronda di Tulio Demicheli con Sara Montiel and Maurice Ronet.

1960 The Wild, Wild Rose di Wong Tin-Lam

1967 Carmen di Herbert von Karajan (regista e direttore) con Grace Bumbry, Jon Vickers, Justino Diaz  e Mirella Freni, Deutsche Grammophon

1967 L’uomo, l’orgoglio, la vendetta

1978 Carmen (Vienna State Opera) – Elena Obrazcova/Plácido Domingo/Carlos Kleiber, regia Franco Zeffirelli, Arthaus Musik/Naxos

1983 Carmen Story di Carlos Saura; film di danza

1983 La tragédie de Carmen di Peter Brook, cortometraggio su adattamento dello stesso Brook

1983 Prénom Carmen di Jean-Luc Godard

1984 Carmen di Francesco Rosi con Julia Migenes e Plácido Domingo

1989 Carmen – Levine/Baltsa/Carreras/Ramey, Metropolitan Opera, Deutsche Grammophon

1990 Carmen on Ice di Horant H. Hohlfeld

1991 Carmen (Royal Opera House) – Maria Ewing/Gino Quilico/Zubin Mehta, Arthaus Musik/Naxos

2001 Carmen: A Hip Hopera di e con Robert Townsend

2001 Karmen Gei di Joseph Gaï Ramaka; girato a Dakar, Senegal e cantato in francese e wolof.

2002 Carmen (Glyndebourne) – Anne Sofie von Otter/London Philharmonic Orchestra, Opus Arte/Naxos

2003 Carmen di Vicente Aranda

2003 Carmen (Arena di Verona) – Marina Domashenko/Marco Berti, regia Franco Zeffirelli, TDK/Naxos

2005 U-Carmen eKhayelitsha di Mark Dornford-May

2007 Carmen – Pappano/Antonacci/Kaufmann/ROH, regia Francesca Zambello, Decca

2008 Carmen – Welser-Most/Kasarova/Kaufmann, Decca

2010 Carmen (Liceu) – Béatrice Uria-Monzon/Roberto Alagna, C Major/Naxos

2010 Carmen (Royal Opera House) – Christine Rice, Opus Arte/Naxos

2013 Carmen (Opera Australia) – Rinat Shaham, EPC Distribution/Naxos

 

Danza e teatro:

1943 Carmen Jones, musical di Broadway con testi e musiche di Oscar Hammerstein II. Lo spartito di Bizet fu adattato e orchestrato da Robert Russell Bennett.

1949 Carmen, balletto creato da Roland Petit basato su musica di Bizet e trama molto simile, replicato oltre 5,000 volte.

1967 Carmen, balletto scritto da Rodion Shchedrin e direttamente ispirato all’opera.

2000 The Car Man, versione contemporanea creata dal coreografo Matthew Bourne, ispirata alla Carmen di Rodion Shchedrin.

1981 La Tragédie de Carmen, musical drammatico di Peter Brook.

1994 “Carmen”, Performed by the Cullberg Ballet, Choreography by Mats Ek, Music by Bizet-Shchedrin.

1997 Carmen, balletto contemporaneo di 45 minuti del Ballet Pacifica su musiche di Miles Davis e coreografato da Robert Sund.

2007 Carmen, balletto di Ramón Oller.

2008 Carmen, The Passion, balletto del The Royal Winnipeg Ballet creato da Mauricio Wainrot.

2009 Flow: El Musical, presentato al Centro de Bellas Artes Luis A. Ferré è un adattamento di Carmen. Il cast include alcuni partecipanti della trasmissione televisiva portoricana Objetivo Fama.

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

“L’amour est un oiseau rebelle”: è la famosa “habanera” cantata da Carmen, nel I atto, con parole scritte dallo stesso Bizet che collabora alla stesura del libretto durante i tre mesi alquanto stancanti di prove di un’opera composta nello stile comique, cioè comprendente conversazioni con parti declamate e musicali.

Inizialmente, l’opera, non consegue successo per cui, Bizet, essendo deceduto tre mesi dopo la prima recita, non può rendersi conto del trionfo del suo lavoro.

L’Opéra-Comique incarica Bizet di comporre un’opera costruita sul romanzo di Mérimée, ma le cantanti Zulma Bouffar e Marie Roze rifiutano la parte, per cui l’impresario Camille du Locle contatta la famosa Célestine Galli-Marié.

La trattativa è economica e il mezzosoprano accetta per 2.500 franchi al mese per quattro  mesi.

Adolphe de Leuven, assistente di Du Locle, è insoddisfatto a causa della trama e preme su Bizet e sui librettisti per un cambio del finale che pare troppo tragico e traumatizzante, visto che l’Opéra-Comique è adatta ad un pubblico prettamente familiare e abituato al Romanticismo.

I librettisti acconsentono a cambiare il finale ma Bizet rifiuta e consegna le sue dimissioni a Leuven per cui i librettisti addolciscono qualche particolare piuttosto forte.

Esistono le difficoltà finanziarie dell’Opéra-Comique, per cui aleggia la paura del fallimento del teatro, ma Bizet, i librettisti e la compagnia vengono convinti dell’originalità brillante dell’opera.

E’ chiaro che Bizet non mantiene il legame tradizionale ed è evidente che la causa prima dell’opera è sensuale: uno degli esempi è dato dall’esaltazione sfrenata della “Chanson bohème” e, comunque, trovano posto il preludio all’atto III, pagina raffinatissima paragonabile ad una meditazione pastorale, idilliaca, serena e il “tema del destino” che presenzia nel preludio.

 

Rappresentazioni:

Tra il pubblico, presenziano Charles Gounod, Charles Lecocq e Jacques Offenbach e i cantanti Hortense Schneider, Zulma Bouffar, Anna Judic, Jean-Baptiste Faure, personalità importanti in campo letterario e musicale come Jules Pasdeloup, Alphonse Daudet e Alexandre Dumas figlio.

Critici, come Joncières e il poeta Théodore de Banville, elogiano l’opera per la sua innovazione comprendente personaggi più realistici in confronto a quelli solitamente interpretati in questo teatro, ma è importante anche citare che, a causa delle recensioni negative, Carmen fatica ad imporsi.

Dopo poco tempo trascorso dalla morte di Bizet, Wagner, Brahms, Ciaikovskij e il filosofo Nietzsche elogiano Bizet.

Nietzsche, ne “Il caso Wagner”, lo loda così: “Costruisce, organizza, termina”.

Nel 1900, “Carmen” si inserisce bene nel repertorio operistico, diventando una delle opere più eseguite al Mondo.

 

Parte scritta per la voce di mezzosoprano, anche soprani e contralti sono in grado di esibire capacità intense affinché si capisca il carattere complicato di Carmen e il suo muoversi in maniera persuadente e trascinante sul palco.

 

Curiosità: 

Il preludio dell’opera con il tema di Escamillo viene trasmessa per la cerimonia del podio nei Gran Premi di Formula 1.

 

Carmen: 

Oltre a concerti vocali, è la prima opera che ho presentato per cui, con “Carmen” sono un po’ “imparentata”.

Bizet riesce a sedurre musicalmente e fortemente attraverso “Carmen” che, cosa riconosciuta, E’ UNO DEI PIU’ GRANDI CAPOLAVORI DELL’OPERA LIRICA.

Carmen, opera sensuale e umana del 1800, evidenzia lo spirito della protagonista, dove il bellissimo personaggio emotivo E’ COSCIENTE DI ESSERE NATO LIBERO e DI VOLER MORIRE LIBERO.

Zodiacalmente, parlando, per chi ci crede, oggi, la zingara Carmen potrebbe essere classificata come nata sotto un Segno di Terra: forse, Toro o Capricorno, vista anche la sua caparbietà nell’affermare la propria personalità sotto l’aspetto reale “piedi ben piantati in terra”.

Carmen è una donna emancipata, per il suo tempo, SA che cosa vuole.

Carmen NON è condizionata, NON è subordinata.

L’ultima parola è sua: decisiva.

Carmen: già, nel 1820, è cosciente di sapere con certezza e di propugnare che “il corpo è mio e me lo gestisco io”.

Oggi, verrebbe definita “FEMMINISTA”: lei ha solamente anticipato i tempi.

La cosa è ATTUALE per cui: FA VALERE I PROPRI DIRITTI CIVILI DI ESSERE UMANO, pur essendo arrogante, prepotente, insolente.

. Carmen: davvero, una primadonna della sua epoca e sulle altre interpreti dell’opera.

. Carmen: è un personaggio selvaggio, dal carattere irrispettoso, incostante e implacabile per raggiungere il suo scopo.

. Carmen: da subito, la sua personalità risulta forte e attraente, capace di avere un certo potere sugli altri a mezzo del suo carisma di seduzione e, già, nel I atto, cerca di sedurre Zuniga e Don Jose’: Carmen stuzzica Don Jose’ lanciandogli un fiore per attirare la sua attenzione dal momento che lo ha adocchiato subito “volendo” impadronirsi di lui.

Cosa che le riesce perché Don Josè ricorderà questo “omaggio” nella nostalgica “romanza del fiore” in cui le confessa di amarla in modo appassionato e sognante.

Il torero Escamillo esprime, in generale, la sua convinzione secondo la quale “gli amori di Carmen non durano più di sei mesi”: Carmen “sa” amare perché “s’innamora”, anzi “crede” di innamorarsi, ma si diverte a sedurre gli uomini, a farli innamorare, canta e balla il flamenco con loro, li stuzzica.

Ma, dopo poco, si stanca a causa del suo voler “respirare”, in quanto si sente “soffocata” da qualcosa di più forte di lei come, ad esempio, la gelosia di Don Josè che lo fa diventare ossessivo.

Carmen si comporta così perché è narcisista e seduttrice seriale, una “allumeuse”.

Si sa che esiste la “violenza delle donne sulle altre donne”, ossia “donne che odiano le altre donne”: anche la SEDUTTRICE SERIALE appartiene a questo genere femminile.

Questo tipo di seduttrice avvicina gli uomini a causa della sua necessità assoluta di sentirsi appagata del proprio charme e della propria bellezza fisica.

Narcisisticamente, il suo scopo inconscio NON è amare, MA conquistare.

Il contatto della seduttrice seriale verso altre donne è meno conosciuto del contatto verso gli uomini ed è dovuto al volere sentirsi migliore di altre donne ritenute “inferiori” a lei e per “non avere rivali”: ossia, DEVE vincere “la competizione”.

Carmen è una “allumeuse”: ossia, una donna con personalità isterica che ha alcune manie di protagonismo tanto da sembrare un po’ un’attrice sulla scena teatrale.

E’ capace di sedurre in tantissimi modi: lo sguardo (arma piuttosto elevata), con il corpo che assume qualche movenza significativa, particolarmente indirizzata all’altro sesso, il tocco frequente dei capelli.

Emotivamente, si avvale di molte tattiche fra cui l’abbandono e il vittimismo.

Per cui lei è la colpevole della circostanza, MA è capace di manipolare la persona sua interlocutrice fino a farla sentire in colpa di quanto succede e a rovinarle la vita.

Carmen-allumeuse, ossia la “civetta”:

Francesco Lamendola, il 30/04/2009, così aveva espresso, in generale: “La seduttrice è una povera creatura costretta a dissimulare la propria miseria”.

Fra le persone capaci di stregare, esistono anche i seduttori che, a seconda dei loro casi, “a monte” hanno qualcosa che li fa reagire; proprio come le seduttrici.

 

Il fascino:

Il fascino e la bellezza non sono uguali: ad esempio, una donna bellissima può colpire subito e, poi, passare ignorata a causa del suo comportamento.

Al contrario, esistono seduttrici senza grandi qualità estetiche e piacevoli che riescono a conquistare l’uomo.

Di conseguenza, sono affascinanti, avvenenti, vengono notate, “rimangono solamente  loro sul palco del teatro”, emergendo e sembrando un traguardo da conquistare.

 

L’intelligenza:

La seduttrice seriale, in particolare, nella società attuale, è una donna pratica e sa come manovrare un uomo.

La seduttrice è intelligente, pur non avendo molta cultura: infatti, sa prevedere “i passi” altrui.

Per manipolare la persona da conquistare, le tattiche usate dalla seduttrice sono molte fra cui, maggiormente, la SOFFERENZA DI VITTIMISMO, allo scopo di risultare come persona buona e di provocare pena e protezione nella persona interlocutrice.

Per non lasciarsi manipolare dalla “civetta”, è necessario studiare attentamente il suo modo di agire, modo che può essere benissimo volto solamente a conseguire piaceri e gentilezze o per sentirsi la più bella esistente al mondo.

La prima causa che Carmen possiede è l’estrema frustrazione.

La seconda causa sicuramente, ha a che fare con la sua paura inconsapevole.

La terza causa di Carmen: donna seduttrice – o donna civetta – seduce per esaltarsi con un potere astratto perché non rimane gratificata dopo ciascuna “conquista”.

 

. Carmen è un demonio e, le cause della circostanza-istinto di libertà, potrebbero essere provocate dall’istinto di zingara, bisogno di “respirare”, forse tenuta oppressa o traumatizzata fin da piccola? A causa di mentalità vigente e a causa di educazione ricevuta?

Da demoniaca qual è, Carmen-allumeuse, invoglia il maschio per cui si elettrizza a sua volta attraverso tale abilità e tale reazione emotiva.

Purtroppo, i “demoni inconsci” la rendono impotente a concretizzare l’armonia con l’altro essere e con sé stessa di cui è vittima: le sue paure e le sue frustrazioni (è insicura).

 

. A proposito delle cause dell’innamorarsi continuo di Carmen: potrebbe corrispondere alla Sindrome di Messalina (è il corrispondente maschile del Complesso di Don Giovanni, ossia l’ “allumer”).

Sotto l’aspetto psicologico, si suppone che la causa principale della sindrome sia dovuta al “padre assente” e alla madre piuttosto energica e dispotica e, comunque, da un conflitto competitivo tra madre e figlia evidente.

Secondo Bergmann: “Nelle Messaline, coesisterebbero sia la ricerca dell’oggetto edipico perduto, sia il desiderio di ristrutturazione con un nuovo oggetto col quale fondersi, onde ripetere la relazione simbolica originaria”.

. Carmen è complessa, psicologicamente: Mérimée l’ha ben descritta ma, attraverso le informazioni ben definite create da Bizet, esse denotano la sua personalità satanica derivata dalla frustrazione estrema.

. Carmen che, ad esempio, nella scena del III atto, attraverso le carte, si rende conto del suo destino tragico (“La Morte”) per mano di chi “NON sa capire” la sua INDIPENDENZA MORALE: è una super femminista che SA affermare la propria personalità che attua alquanto la decisione razionale libera e fedele verso di sé.

. Carmen che MUORE PER LA SUA LIBERTÀ PERSONALE “INFISCHIANDOSENE” DELLE CONVENZIONI.

. NON è Ipazia d’Alessandria MA, come Ipazia muore per le sue idee: Carmen MUORE TENENDO ALTA LA LIBERTÀ VERSO SE’ STESSA.

Infatti: «Giammai Carmen cederà! Libera è nata e libera morirà!»  (Atto IV).

 

Don Jose’: 

E’ il tipico “ragazzo di campagna” puro, con sentimenti genuini, che, per avere un lavoro, si è fatto assumere nel Corpo dei Dragoni come soldato semplice e in cui, fin da subito, è passato brigadiere.

E’ molto legato alla madre e spera di poter tornare al paese per vivere con lei e con Micaela, la sua fidanzata che vuole sposare.

Incontrare Carmen muta la sua vita.

Personalità fragile, è dipendente dalla “sfidante” Carmen fino all’ultimo.

Infatti, Don José appare come il tipico ‘maschio mediterraneo’ capace solo di credere nell’immagine della donna materna, angelo del focolare.

L’immagine del “diavolo tentatore”, provocherà la sua “frantumazione” nel finale dell’opera, dove – psicologicamente – si sente abbandonato e implora Carmen per paura abbandonica o paura di un disperato che non vuole perdere un sentimento che lo tiene in vita, pur avendo perduto la pace.

Questo, soprattutto, dopo che viene esasperato dal lancio dell’anello da parte di Carmen, in segno di ormai forte rifiuto verso di lui, genera la sua “esplosione”.

E’ importante evidenziare che, nella fatidica scena delle carte, Carmen è cosciente del proprio destino, oltre alla rovina morale dell’uomo-uccisore a causa di volere distruggere sé stesso.

José, si rende conto di essere insufficiente senza Carmen, per cui, per fragilità morale e senza speranza, abbatte l’uno e l’altra.

Psicologicamente, la potenza demoniaca di Carmen fa scattare il meccanismo che trasforma il mite Don Josè in assassino.

 

Micaela:  

Nel primo atto, la purezza di Micaela, contro l’esuberanza e la vitalità di Carmen, viene distinta, specialmente durante il duetto con Don Jose’: infatti, Micaela è la contrapposizione ‘buona’ di Carmen; Micaela è melodia gentile e affettuosa; Micaela è persona consueta.

Micaela ha 17 anni e, orfana, era stata raccolta dalla madre di Don Josè.

Praticamente, è “la seconda donna” dell’opera, “il contrario” di Carmen.

Micaela è una bella personcina, riservata, ma sa essere coraggiosa nella ricerca che interessa Don Josè e sua madre (“Je dis que rien m’épouvente”).

Aspetta la reazione di José e, capendo che il ragazzo sta correndo verso il baratro, cerca di salvarlo in qualsiasi modo.

Quindi, persona piuttosto giovane, con traumi infantili dovuti al suo stato di orfana, Micaela dimostra maggiore senso di maturità e di responsabilità di Carmen.

 

Escamillo:  

Psicologicamente, Escamillo è “intrigante” e si potrebbe definire “un gallo in un pollaio”.

Nel II atto, lo si vede corteggiato da parecchie donne, mentre Carmen finge di infischiarsene, pur subendo il fascino del toreador.

Grande torero, famoso e coraggioso, è adorato dalla popolazione, specialmente nel  IV atto.

Ama la bella vita, le belle donne, in particolare se sanno tenergli testa e lo fanno aspettare prima di cadere nelle sue braccia: potenza della “sfida di conquista” …

E’ “IL DIO DELLA CORRIDA” ma, interiormente, è superficiale e oggetto della gelosia di Don Josè.

Sicuramente “macho”, è abbastanza vuoto e, alla fine dell’opera, nel suo breve duetto con Carmen (“Si tu m’aimes, Carmen”), è seducente.

 

CARMEN, LA PRIMA OPERA REALISTA: BIZET HA CONSEGNATO QUESTO CAPOLAVORO ALL’IMMORTALITA’.

 

Battuto al computer da Lauretta 

 

LORIN MAAZEL dirige il PRELUDIO dall’opera “CARMEN” :

 

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Il mezzosoprano FIORENZA COSSOTTO canta l’ “HABANERA”:

 

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Il tenore FRANCO CORELLI canta “LA ROMANZA DEL FIORE”:

 

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Il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO canta “PRESSO IL BASTION DI SIVIGLIA”:

 

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Il baritono DMITRI HVOROSTOVSKIJ canta “TOREADOR, EN GARDE”:

 

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HERBERT VON KARAJAN dirige il PRELUDIO ALL’ATTO III:

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Il soprano ANGELA GHEORGHIOU canta “JE DIS CHE RIEN NE M’ÉPOUVANTE”:

 

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PRELUDIO ALL’ATTO IV:

 

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MARIA CALLAS e NICOLAI GEDDA cantano il duetto “C’EST TOI, C’EST MOI con FINALE:

IL BARBIERE DI SIVIGLIA di GIOACCHINO ROSSINI

Prima rappresentazione: Roma, Teatro “Argentina”, 20 febbraio 1816

 

Personaggi:

Il Conte d’Almaviva, innamorato della giovane Rosina, (tenore leggero)

Don Bartolo, dottore in medicina, tutore di Rosina e suo pretendente (basso buffo)

Rosina, sua pupilla (mezzosoprano di cloratura, o contralto leggero, o soprano di coloratura)

Figaro, barbiere tuttofare (baritono leggero)

Don Basilio, maestro di musica di Rosina (basso buffo)

Berta, vecchia governante in casa di Bartolo (soprano)

Fiorello, servitore del Conte d’Almaviva (basso)

Ambrogio, servitore di Bartolo; un ufficiale, un alcalde, o Magistrato; un notaro; Alguazils, o Agenti di polizia; soldati; suonatori di istromenti (basso)

 

I primi interpreti:

(direzione: Gioachino Rossini)

Il Conte d’Almaviva (tenore) Manuel García

Bartolo (basso) Bartolomeo Botticelli

Rosina (contralto) Geltrude Righetti Giorgi

Figaro (baritono) Luigi Zamboni

Basilio (basso) Zenobio Vitarelli

Berta (soprano) Elisabetta Loyselet

Fiorello (basso) Paolo Biagelli

 

Trama:

Atto I

Periodo storico: XVIII secolo.

L’esterno della casa di Don Bartolo.

Il Conte d’Almaviva, Grande di Spagna, è innamorato di Rosina, ricca pupilla che vive presso il suo anziano tutore, Don Bartolo, il quale ha l’intenzione di sposarla.

Figaro è il barbiere-tuttofare (si definisce “il factotum della città”), per cui il Conte d’Almaviva chiede il suo aiuto per arrivare a Rosina dopo che, attraverso la serenata “Ecco ridente in cielo” le dichiarato il suo amore, mostrandosi come  Lindoro, servo del Conte.

Il Conte riceve la risposta di Figaro che gli consiglia di presentarsi sotto altra personalità: quindi, dovrà  fingersi un giovane ufficiale, ubriaco, si presenterà da Don Bartolo con il documento-prova del diritto di risiedere “ad interim” nella casa allo scopo di poter comunicare con la ragazza.

Il maestro di musica della ragazza, Don Basilio, è al corrente che il Conte d’Almaviva si trova a Siviglia e gli sembra opportuno consigliare a Don Bartolo di svalutarne l’immagine per mezzo di una calunnia (“La calunnia è un venticello”).

Don Bartolo è frettoloso e, con Don Basilio, si accinge a scrivere l’atto matrimoniale  fra lui e Rosina.

Figaro sente il discorso per cui consiglia fortemente Rosina di scrivere un biglietto a Lindoro, biglietto che la ragazza ha già scritto e dà al barbiere perché lo recapiti a Lindoro.
Don Bartolo si rivolge alla ragazza (“a un dottor della mia sorte…”) perché si è reso conto che ha scritto un biglietto.

Il Conte d’Almaviva, come deciso con Figaro,  travestito da soldato ubriaco, invade impetuosamente la casa di Don Bartolo, provocando grande trambusto per cui è necessario chiamare la gendarmeria.

Il Conte manifesta di nascosto all’ufficiale la sua persona, per cui i gendarmi fermano la propria azione, mentre Don Bartolo rimane letteralmente annichilito  (“guarda Don Bartolo sembra una statua…”).

 

Atto II

Nella casa di Don Bartolo.

A Don Bartolo, nascono sospetti circa l’ufficiale ubriaco che, praticamente, “si è imposto” sulla Gendarmeria intervenuta.

Don Alonso, ossia, il Conte travestito da maestro di musica mandato da Don Basilio malato, giunge in casa di Don Bartolo per la lezione di canto a Rosina e, per conferma, gli esibisce il biglietto fatto recapitare dalla ragazza.

Arriva Figaro deve fare la barba a Don Bartolo e arriva Don Basilio, la cui presenza crea subbuglio, ma viene fatto allontanare dal Conte che gli allunga qualche denaro.

Cosa che aumenta i sospetti di Don Bartolo che raccoglie parte del discorso fra Rosina e Don Alonso e che scaccia Don Alonso e il barbiere.

A questo punto, Don Bartolo ritiene opportuno attuare il suggerimento di Don Basilio (“la calunnia”) dando ad intendere a  Rosina che Lindoro possa essere un collaboratore del Conte che si beffa di lei.

Rosina crede e rimane amareggiata e, quindi, accetta di sposare Don Bartolo che convoca il notaio.

Per mezzo di una scala, Figaro e il Conte raggiungono Rosina entrando in casa attraverso la finestra, mentre – nel contempo – arriva Don Basilio.

Qui, il Conte dichiara il suo rango e convince la ragazza circa le sue sincere intenzioni.

La scala viene rimossa da Don Bartolo e, di conseguenza, Rosina, Figaro e il Conte sono bloccati in casa dove, in quel momento, arriva il notaio, per stilare il contratto delle nozze.

Don Bartolo si è assentato e il Conte approfitta dell’occasione per chiedere a Figaro e a Don Basilio (dietro forte riconoscimento in denaro) di fare da testimoni e scrivere nel contratto di nozze il suo nome anziché quello di Don Bartolo, la cui dote per Rosina viene rifiutata dal Conte stesso che corona il suo sogno d’amore con la sua innamorata.

 

Brani noti:

 

Atto I

Introduzione

Coro Piano, pianissimo (Fiorello, Conte, Coro)

Cavatina Ecco, ridente in cielo (Conte)

Seguito dell’introduzione (Recitativo) Ehi, Fiorello?…(Conte, Fiorello, Coro)

Cavatina Largo al factotum (Figaro)

Canzone Se il mio nome saper voi bramate (Conte)

Duetto All’idea di quel metallo (Figaro, Conte)

Cavatina Una voce poco fa (Rosina)

Aria La calunnia è un venticello (Basilio)

Duetto Dunque io son… tu non m’inganni? (Rosina, Figaro)

Aria A un dottor della mia sorte (Bartolo)

Finale I atto Ehi di casa… buona gente… (Conte, Bartolo)

Signori miei (Figaro) La Forza! (Tutti, Ufficiale, Coro)

Guarda don Bartolo (Rosina, Conte, Berta, Figaro)

Stretta (Tutti, Ufficiale, Coro)

Atto II

Duetto Pace e gioia sia con voi (Conte, Bartolo)

Aria Contro un cor che accende amore (Rosina)

Arietta Quando mi sei vicina (Bartolo)

Quintetto Don Basilio!… (Rosina, Conte, Figaro,Bartolo, Basilio)

Aria Il vecchiotto cerca moglie (Berta)

Temporale

Terzetto Ah! qual colpo inaspettato (Rosina, Conte,Figaro)

Recitativo strumentato Il Conte!… ah, che mai sento!…(Conte, Bartolo)

Aria Cessa di più resistere (Conte, Coro)

Finaletto II Di sì felice innesto (Tutti, Coro)

 

Arie alternative:

Nellie Melba come Rosina (primi anni venti)

Aria (al posto di A un dottor della mia sorte)

Manca un foglio (Bartolo) scritta da Pietro Romani

Aria (al posto di Contro un cor che accende amore)

La mia pace, la mia calma (Rosina)

Aria (posta prima del temporale)

Ah, s’è ver, in tal momento (Rosina – composta per Joséphine Fodor, interprete del ruolo a Venezia nel 1819)

Per la replica al Teatro Contavalli di Bologna nell’estate del 1816, Rossini, su suggerimento di Geltrude Righetti-Giorgi, riadattò l’aria “Cessa di più resistere” per il personaggio di Rosina (interpretata proprio dalla Righetti-Giorgi).

 

Auto-imprestiti:

L’ouverture dell’opera proviene dalla sua opera “Aureliano in Palmira”, riutilizzata poi anche in “Elisabetta, regina d’Inghilterra”.

L’introduzione “Piano pianissimo” proviene dal “Sigismondo” (Introduzione seconda “In segreto a che ci chiama”)

La serenata “Ecco, ridente in cielo” proviene dall’ “Aureliano” (Coro Sposa del grande Osiride)

La cabaletta “Io sono docile” proviene dall’ “Elisabetta” (Cabaletta “Questo cor ben lo comprende”)

La cabaletta “Fortunati affetti miei!” proviene da “La cambiale di matrimonio” (Cabaletta “Vorrei spiegarvi il giubilo”)

L’aria “Ah il più lieto e più felice” sarà riutilizzatane “Le nozze di Teti e Peleo” (Aria “Ah, non potrian resistere”) e nell’opera “La Cenerentola” (Aria “Non più mesta accanto al fuoco”)

 

Incisioni:

Riccardo Stracciari, Mercedes Capsir, Dino Borgioli, Salvatore Baccaloni, Vincenzo Bettoni    Lorenzo Molajoli   Columbia

Gino Bechi, Victoria de los Ángeles, Nicola Monti, Melchiorre Luise, Nicola Rossi-Lemeni    Tullio Serafin   His Master’s Voice

Tito Gobbi, Maria Callas, Luigi Alva, Melchiorre Luise, Nicola Rossi-Lemeni   Carlo Maria Giulini   Cetra/Myto

Ettore Bastianini, Giulietta Simionato, Alvinio Misciano, Fernando Corena, Cesare Siepi   Alberto Erede    Decca

Tito Gobbi, Maria Callas, Luigi Alva, Fritz Ollendorf, Nicola Zaccaria  Alceo Galliera  EMI

Robert Merrill, Roberta Peters, Cesare Valletti, Fernando Corena, Giorgio Tozzi Erich Leinsdorf  RCA

Nicola Monti, Gianna D’Angelo, Renato Capecchi, Giorgio Tadeo   Bruno Bartoletti   Deutsche Grammophon

Sesto Bruscantini, Victoria de los Ángeles, Luigi Alva, Ian Wallace, Carlo Cava   Vittorio Gui   EMI

Manuel Ausensi, Teresa Berganza, Ugo Benelli, Fernando Corena, Nicolai Ghiaurov    Silvio Varviso    Decca

Piero Cappuccilli, Margherita Guglielmi, Antonio Cucuccio, Giuseppe Valdengo, Silvano Pagliuca    Giacomo Zani    Supraphon

Hermann Prey, Teresa Berganza, Luigi Alva, Enzo Dara, Paolo Montarsolo   Claudio Abbado   Deutsche Grammophon

Sherrill Milnes, Beverly Sills, Nicolai Gedda, Renato Capecchi, Ruggero Raimondi    James Levine     EMI

Leo Nucci, Marilyn Horne, Paolo Barbacini, Enzo Dara, Samuel Ramey    Riccardo Chailly Fonit Cetra

Thomas Allen, Agnes Baltsa, Francisco Araiza, Domenico Trimarchi, Robert  Lloyd    Neville Marriner    Decca

Leo Nucci, Cecilia Bartoli, William Matteuzzi, Enrico Fissore, Paata Burchuladze    Giuseppe Patanè   Decca

Plácido Domingo, Kathleen Battle, Frank Lopardo, Lucio Gallo, Ruggero Raimondi    Claudio Abbado   Deutsche Grammophon

Pietro Spagnoli, María Bayo, Juan Diego Flórez, Bruno Praticò, Ruggero Raimondi    Gianluigi Gelmetti    Decca

Roberto Frontali, Rinat Shaham, Francesco Meli, Bruno de Simone, Giovanni Furlanetto    Antonino Fogliani DynamicDVD & Blu-ray (parziale)

 

Barbiere di Siviglia – Weikert/Nucci/Blake/Battle/Dara, 1989 Deutsche Grammophon

Barbiere di Siviglia  Gelmetti/Spagnoli/Flórez/Bayo/Praticò, regia Emilio Sagi, 2005 Decca

Barbiere di Siviglia – Abbado/Prey/Alva/Berganza/Dara, regiaJean-Pierre Ponnelle, 1972 Deutsche Grammophon

 

Adattamenti cinematografici:

“Il barbiere di Siviglia” di Rossini è stato ampiamente adattato per il cinema e la televisione e, un buon lavoro è il film del regista Mario Costa, con Ferruccio Tagliavini come Almaviva e Tito Gobbi come Figaro.

Nel 1972, Claudio Abbado ha diretto un’edizione storica con la regia televisiva di Jean-Pierre Ponnelle, con interpreti Hermann Prey, Teresa Berganza, Luigi Alva, Enzo Dara, Paolo Montarsolo e con l’Orchestra e il Coro del Teatro alla Scala di Milano.

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Nel 1732, Giuseppe Sforza, nonno di Francesco Sforza Cesarini, crea il Teatro “Argentina”  di Roma, di cui il nipote diventerà impresario.

Nipote che, nel 1815, si accorda con il giovane Gioacchino Rossini per comporre un’opera scherzosa per il Carnevale del 1816 ma che, purtroppo, decede per infarto quattro giorni avanti la prima rappresentazione che, rappresentata come “Almaviva, o sia L’inutile precauzione” (per rispetto verso il titolo “Il Barbiere di Siviglia” di Giovanni Paisiello), viene protestata a causa di fans del ‘vecchio’ Paisiello.

La sera dopo, l’esito s’inverte perché la rappresentazione sortisce un grande successo  che,  nel tempo, diventerà il capolavoro rossiniano e sarà il “Simbolo dell’Opera Buffa”, molto eseguita in tutti i teatri del Mondo.

Fra i due “Barbieri”, esistono differenze di stile e di tecnica: infatti, Rossini, praticamente, migliora la tecnica  teatrale, come, ad esempio, l’entrata in scena di Rosina con il suo recitativo abbastanza “concreto” che non viene capito subito dal pubblico.

Rossini inizia la nuova maniera di fare l’Opera che condurrà, poi, a Wagner.

Giuseppe Verdi scriveva così: < Io confesso che non posso fare a meno di credere che il Barbiere di Siviglia, per abbondanza di vere idee musicali, per verve comica e per verità di declamazione, sia la più bella opera buffa che esista>.

Infatti, la magia e la freschezza di quest’opera conquista musicisti del 1900 come Ildebrando Pizzetti: < Il barbiere di Siviglia è l’opera comica più divinamente leggera e più compiutamente perfetta che sia mai stata scritta al mondo > e l’Americano Philip Gossett, grande esperto del nostro teatro lirico: < Il barbiere di Siviglia è forse la più grande di tutte le opere comiche >.

Quest’opera buffa è un insieme di naturalezza e vivacità di melodie piacevoli e facili da ricordare, comprende una vicenda divertente e allegra, presenta situazioni assurde e ha un’orchestrazione brillante.

I personaggi de “Il Barbiere di Siviglia” dimostrano con facilità il proprio carattere e la propria personalità: ciascuno ha la sua importanza e, in quest’opera, può essere divertente da interpretare.

 

Figaro:

Figaro è un barbiere alquanto simpatico e conosciuto in tutta Siviglia.

Accattivante, irrequieto, ma non molto disattento (salvo per “Il maestro ho fatto a lei”), all’inizio dell’opera si presenta come il factotum della città perché non è solamente barbiere, ma colui che è “pronto a far tutto, la notte e il giorno” e, quale esperto della vita, sa organizzare anche intrighi e sotterfugi: infatti, possiede una mente sveglia e intelligentissima e riesce a fronteggiare le situazioni.

La sua iperattività lo rende in grado di aiutare e di  “far piacere” a chi lo cerca e gli fa guadagnare qualche soldino attraverso le sue idee geniali, mettendo  in pratica il suo pensiero filosofico che lo porta a “faticare poco, divertirsi assai”.

Conoscendo tutta Siviglia, frequenta parecchi fra cui il dottor Bartolo (persona burbera)  e, fra le sue amicizie, c’è anche il Conte d’Almaviva.

 

Il Conte d’Almaviva:

Il Conte è giovane, nobiluomo, appartiene ad un rango alto ed è bello, ricco e desta simpatia, oltre a possedere una mente elastica, certamente, allenata a superare i problemi da sotterfugi.

Vedendo Rosina al Prado, rimane colpito dalla sua bellezza e se ne innamora subito.

Ma non può parlarle perché Don Bartolo (che crede essere suo padre) la sorveglia: usanza del tempo, ma oggi – psicologicamente – verrebbe definita “soffocamento morale” verso altra persona.

Avendo intenzioni serie, il Conte non sa se Rosina lo ama, per cui si reca a Siviglia per ritrovarla, rivedendo Figaro, sua vecchia simpatica conoscenza.

 

 

Rosina: 

Rosina è una ragazza giovane e molto bella.

Vive con il suo tutore, il dottor Don Bartolo.

Si presenta come “docile, obbediente e si fa guidare”, ma risulta chiaro che è furba, risoluta e ostinata, per cui – se qualcuno la ostacola – “sa trasformarsi in una vipera”.

Si è innamorata di uno sconosciuto che ha visto al Prado e col quale si sono parlati attraverso sguardi  focosi, senza sapere che il giovane è Conte e ricco.

Rosina si trova bene solamente con Figaro, quando lo incontra perché litiga spesso col suo tutore, il quale la sorveglia strettamente e la controlla e, come lui, anche Berta e Ambrogio sono vecchi e provocano fastidio e scontentezza.

 

 

Don Bartolo:

E’ il dottore, tutore di Rosina: anziano e pesante.

Non la fa uscire di casa e la sorveglia in continuazione perché ha strane idee sulla ragazza  e non le permette di uscire: oggi, lo condannerebbero per “sequestro di persona”.

La vuole sposare a tutti i costi perché è bella, giovane e con una dote alquanto sostanziosa.

E’ un essere “centro dell’universo” che non possiede la logica per capire che Rosina non  ha alcun interesse verso di lui.

Al Prado, ha visto i due sguardi incrociarsi intensamente, per cui ha avuto l’impressione  e  il timore che il giovane sia interessato alla ragazza: “uomo-rivale-giovane-bello-ricco”.

E’ sospettoso e diffidente verso tutto e tutti e l’unica persona di fiducia è anche  il suo complice: Basilio, il maestro di canto di Rosina.

 

Don Basilio:

< La calunnia è un venticello, un’auretta assai gentile che insensibile, sottile leggermente, dolcemente, incomincia a sussurrar.

Piano piano terra terra, sotto voce, sibilando va scorrendo, va ronzando; nelle orecchie della gente s’introduce destramente, e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar.

Dalla bocca fuori uscendo lo schiamazzo va crescendo: prende forza a poco a poco, scorre già di loco in loco, sembra il tuono, la tempesta che nel sen della foresta, va fischiando, brontolando, e ti fa d’orror gelar.

Alla fin trabocca, e scoppia, si propaga si raddoppia e produce un’esplosione come un colpo di cannone, un tremuoto, un temporale, un tumulto generale che fa l’aria rimbombar.

E il meschino calunniato avvilito, calpestato sotto il pubblico flagello per gran sorte va a crepar.

E’ un’ARIA TRAVOLGENTE.

 

Figaro dice il vero verso Don Basilio: secondo lui, è “un solenne imbroglione di matrimoni, un collo torto, un vero disperato, sempre senza un quattrino”.

Infatti, Don Basilio, è il maestro di canto di Rosina e, per raggranellare qualche piccolo guadagno, è portato verso imbrogli e compromessi: in effetti, compiace i progetti di Bartolo, però lo tradisce se trae dei vantaggi da altri.

Personaggio sottile, consiglia Don Bartolo di calunniare il Conte per mezzo del suo “senso di giustizia”, per mezzo dell’aria “La calunnia”, aria importante e sottile, psicologicamente.

E’ importante citare che Rossini è rivoluzionario in confronto all’Opera Buffa del Settecento di Maestri come Traetta, Jommelli, Piccinni, Cimarosa, Paisiello e si esprime molto bene ne “Il barbiere” in cui “La calunnia” è un’aria basilare.

Un’aria che spiega bene a Don Bartolo come agire per arrivare al proprio scopo.

Questo si chiama mettere in pratica la “Sindrome di Procuste” (o “competitività negativa”), ossia mettere in cattiva luce gli altri per poter brillare.

Tale disturbo interessa coloro che provano piacere nello svalutare e disprezzare  chi li supera attraverso il dono della qualità e del pregio.

Costoro sono personalità insicure, invidiose, rabbiose, egocentriche e frustrate che non intendono migliorare sé stesse, ma ostacolano affinché gli altri falliscano, non brillino più di luce propria, perché il successo altrui – interiormente – rappresenta il loro fallimento in quanto gli altri “sono rivali minacciosi” con cui “competono”, mantenendo la loro “mediocrità”.

Nel nostro periodo storico, chi soffre di questo disturbo inganna, umilia psicologicamente,  boicotta affinché gli altri non diventino una minaccia per tale individuo.

Chiaramente, è affetto da cattiveria con i sintomi che la Psicologia fa conoscere: egoismo, machiavellismo, disimpegno morale, narcisismo, diritto psicologico di superiorità, psicopatia, sadismo, intresse personale, malignità.

 

Berta:

E’ la governante nella casa di Don Bartolo che mostra un certo sentimento per Bartolo.

 

Altri personaggi: 

Fiorello, servitore di Almaviva (baritono)

Ambrogio, servitore di Bartolo (basso)

Un ufficiale, un Magistrato, un Notaro

Agenti di polizia, soldati, popolo di Siviglia

Battuto al computer da Lauretta  

Il baritono DMITRI HVOROSTOVSKIJ canta “Largo al factorum della città”:  https://youtu.be/t20fvLO_RXo

.

Il basso CESARE SIEPI canta “La calunnia”:  https://youtu.be/78vt144T0e4

.

Il mezzosoprano MARILYN HORNE canta “Una voce oco fa”:  https://youtu.be/Yi-5Z1G1BsY

 

 

ANDREA CHÉNIER di Umberto Giordano

“ANDRÉ CHÉNIER” è un’opera lirica in 4 quadri su libretto di Luigi Illica e musica di Umberto Giordano.
Prima rappresentazione: 28 marzo 1896, al Teatro “Alla Scala” di Milano.

Giordano e Illica si sono basati su fonti storiche, romanzi e drammi e agli scritti dello stesso Andrea Chénier.

 

Personaggi: 

Andrea Chénier (tenore)
Carlo Gérard (baritono)
La contessa di Coigny (mezzosoprano)
Maddalena di Coigny (soprano)
Bersi, serva mulatta (mezzosoprano)
Roucher (basso)
Mathieu, detto Populus, sanculotto (baritono)
Madelon (mezzosoprano)
Un Incredibile (tenore)
Pietro Fléville, romanziere pensionato del re (basso)
L’abate poeta (tenore)
Schmidt, carceriere a San Lazzaro (basso)
Il maestro di casa (basso)
Dumas, presidente del Tribunale di salute pubblica (basso)
Fouquier Tinville, accusatore pubblico (basso)

Dame – signori – Abati – Lacchè – Staffieri – Conduttori di slitte – Ungheri volanti – Musici – Servi – Paggi – Valletti – Pastorelli – Straccioni –  Borghesi – Sanculotti – Carmagnole – Guardie Nazionali – Soldati della Repubblica – Gendarmi – Mercatine – Pescivendole – Calzettaie – Venditrici ambulanti – Meravigliose –  Incredibili – Rappresentanti della Nazione – Giudici – Giurati – Prigionieri – Condannati – Ragazzi strilloni – Un Maestro di musica – Alberto Roger –  Filandro Fiorinelli – Orazio Coclite – Un bambino – Un Cancelliere – Il Vecchio Gérard – Robespierre – Couthon – Barras – Un fratello servente (garzone di caffè)

 

Trama:

Epoca storica: prima e durante la Rivoluzione Francese.

 

Quadro primo: L’evento si svolge nella serra del Castello di Coigny per la festa da ballo.
La nobiltà francese non si rende conto che sta arrivando la rivoluzione popolare e, nel castello della Contessa di Coigny si sta preparando una festa.

Gérard è il giovane servitore (figlio di un servo della famiglia di Coigny) che sta bardando la serra e macina odio per la differenza di classe sociale sua e dei suoi padroni.
Non odia la contessina Maddalena, di cui è innamorato.

Il poeta Andrea Chénier è fra gli ospiti della festa ed è criticato dalla Contessa e dalla figlia Maddalena che lo vuole un po’ indispettire.

Chénier inizia raccontando una sua riflessione ammirando Madre Natura finendo a difendere con una certa forza d’animo i suoi punti di vista contro i costumi sviliti dell’epoca, che stanno portando la società all’immoralità.

Maddalena gli sembra ingenua e onesta, ma la prega di considerare un sentimento pulito, come l’Amore sotto le sue diverse sfaccettature, ormai abbastanza disprezzato dalla società umana.
Maddalena capisce, si scusa e lascia la festa.

Arrivano i mendicanti per la cui entrata Gérard viene rimproverato dalla contessa; però Gérard difende ugualmente la loro causa attraverso un comportamento forte e, sdegnato, si libera della livrea e se ne va assieme al padre, lasciando gli invitati che riprendono la festa attraverso una gavotta.

 

Quadro secondo: A Parigi, in prossimità del ponte Peronnet.

Periodo: Regime del Terrore, con Robespierre.

Il governo rivoluzionario fa pedinare tenacemente Chénier da un “Incredibile”, una “creatura” di Gérard, diventato un capo rivoluzionario.

Da tempo, Chénier riceve richieste scritte di protezione da parte di una donna anonima.

E’ Maddalena di Coigny, la cui madre è stata uccisa dai rivoluzionari e che, ora, vive nascosta e in stato di povertà.

Viene aiutata dalla serva mulatta Bersi che è diventata prostituta per sostentare sé stessa e Maddalena, oltre a collegarla col poeta stesso.

Chènier, temerariamente, ha compiuto un’accusa contro Robespierre per cui il suo amico Roucher gli consiglia caldamente di partire perché potrebbe essere acchiappato dai ribelli, ma il poeta vuole conoscere la donna misteriosa.

Si incontrano una sera, vicino al Ponte Peronnet e Chénier la riconosce subito, nonostante Maddalena sia cambiata molto.
Si dichiarano amore ma, improvvisamente, arriva Gérard, sempre innamorato di Maddalena e su avvertimento dell’”Incredibile”.
Gérard e Chénier duellano e Maddalena scappa.
Gérard viene ferito gravemente da Chénier ma, riconoscendo il poeta, per amore di Maddalena, gli raccomanda di allontanarsi con lei, in quanto è ricercato dai rivoluzionari.
Agli accorsi, esprime di non sapere chi è il suo feritore.

 

Quadro terzo: Il tribunale rivoluzionario.

Alla Francia occorrono denaro e soldati.

Il popolo canta “La Carmagnola”, Gérard è guarito e riesce a persuadere la folla a donare in favore della guerra della Francia con parecchi Stati Europei.

Madelon è una popolana vecchia e cieca: può offrire solamente il suo unico nipote quindicenne.

L’ “Incredibile” sollecita Gérard a consegnare Chénier al tribunale della rivoluzione, prevedendo che Maddalena verrebbe a sapere della condanna.

Gérard si rende conto che è rimasto un “servo”, in quanto è servo della Rivoluzione e del suo tribunale di morte, rimanendo sempre schiavo dell’amore per Maddalena.

Infatti, Maddalena si presenta in Tribunale; dopo una tentata violenza da parte di Gérard, si offre a lui affinché salvi la vita di Chénier.

Gérard si commuove e le promette di salvare il poeta.

Andrea Chénier viene processato, ma si difende energicamente (“Sì, fui soldato”): Gérard ritratta la denuncia che viene confermata da Antoine Quentin Fouquier-Tinville, l’accusatore pubblico.

Purtroppo, Chénier e gli altri prigionieri vengono condannati a morte e lo stesso Chénier è felice di morire dopo avere visto un’ultima volta Maddalena.

 

Quadro quarto: Il cortile della prigione di San Lazzaro.

E’ mezzanotte e Andrea Chénier scrive gli ultimi versi con la vicinanza dell’amico Roucher.

Con l’aiuto di Gérard, Maddalena corrompe la guardia riesce ad avere un colloquio con Chénier e, all’alba, si sostituisce ad Idia Legray, salendo sulla carretta con l’uomo che ama. Maddalena e Andrea Chénier corrono incontro alla morte, felici perché si amano.

In un angolo, il deluso Gérard piange.
Nella mano, tiene il biglietto di risposta scritto da Robespierre alla sua richiesta di grazia per Chénier:  “Perfino Platone bandì i poeti dalla sua Repubblica”.

 

Brani noti: 

Son sessant’anni, o vecchio, romanza di Gerard (quadro I)
O pastorelle, addio, coro (quadro I)
Un dì all’azzurro spazio, improvviso di Chénier (quadro I)
Ecco l’altare, duetto tra Chénier e Maddalena (quadro II)
Nemico della patria?!,monologo di Gérard (quadro III)
La mamma morta, racconto di Maddalena (quadro III)
Sì, fui soldato, difesa di Chénier durante il processo (quadro III)
Come un bel dì di maggio (quadro IV)
Vicino a te s’acqueta, duetto tra Chénier e Maddalena (quadro IV)

 

Incisioni note con: 

Mario Del Monaco, Franco Corelli, Tito Schipa, Beniamino Gigli, Luciano Pavarotti, Placido Domingo, Jonas Kauffmann.

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:   

Giordano appartiene alla corrente verista, ossia la “Giovine Scuola” con Mascagni, Cilea, Leoncavallo, Franchetti e Puccini (all’inizio).

Scuola che nasce in risposta alla fine dell’opera romantica e ad un miglioramento di forme musicali, fra il passaggio dal secolo XIX al secolo XX.

Ciascuno di questi musicisti è ricordato particolarmente per un’opera o due: ad esempio, Mascagni è descritto da “Cavalleria Rusticana”, Leoncavallo è descritto da “I Pagliacci”, Giordano è descritto da “Andrea Chénier” “, …

Unico emerso, ricordato per tutte le sue opere, è Puccini.

Giordano “debutta” con successo attraverso l’opera verista “Mala vita” (inizi anni 1890) e, grazie al collega ed amico Alberto Franchetti, supera una crisi con il suo Editore Sonzogno dimostrando le sue capacità espressive.

Questo gli permette di lavorare al libretto di “Andrea Chénier”, scritto da Illica, che ottiene un grande successo, nonostante il giudizio negativo dato da Galli (collaboratore di Sonzogno), e con – anche – l’appoggio di Mascagni in favore di Giordano, grazie anche all’ottimo cast e alla direzione di Rodolfo Ferrari.

Da quel momento, tutto questo consente all’opera di venire rappresentata nei massimi teatri dell’Occidente.

Riguardo alla prima rappresentazione assoluta, al Teatro “Alla Scala”, la direzione orchestrale è di Rodolfo Ferrari e l’interprete di Andrea Chénier è  il tenore eroico Giuseppe Borgatti, sostituto di Alfonso Garulli.

Per merito suo (anche se si trova in un momento non molto positivo), del soprano Evelina Carrera e del baritono Mario Sammarco, il successo consegue come “un vero trionfo”.

Per quest’opera, il lavoro è stato svolto da Giordano con cura e modo perfetti e delinea precisamente l’atmosfera.

Un’opera grande – NON della imponenza di Aida – ma di grande potenza che vede partecipe la popolazione con i suoi appartenenti ai ceti vari: dame, signori, abati, lacchè, condannati, prigionieri, giudici, gendarmi, pescivendoli…

Popolazione coinvolta in un’opera che VEDE COME NASCONO I DIRITTI FONDAMENTALI DELL’INDIVIDUO E DEL CITTADINO, BASANDOSI SULLA DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA AMERICANA.

La RIVOLUZIONE FRANCESE E’, senza dubbio, UN GRANDE EVENTO STORICO BASILARE.

A seguito di “Tristan und Isolde” di Wagner, è entrato in uso il riferimento “Tristan-Akkord”, dal momento che evidenzia l’importanza del legame amore-morte.

Quest’opera drammatica e verista si svolge nell’ambito storico vissuto all’epoca della Rivoluzione Francese ma, sotto tanti aspetti, è attuale: ad esempio, le donazioni si sono avute al tempo del Regime Fascista, si ricevono sempre a mezzo di Telethon o di banche, ….

Questo melodramma si ispira alla vita di Andrea Chénier, poeta francese (nato a Costantinopoli da genitori francesi).

. I personaggi in primo piano sono tre: Andrea-Maddalena-Gérard.

. Tre personaggi molto belli, ma Gérard è il più complesso e intrigante.

Credo che si possa ritenere importante citare che Umberto Giordano, molto tempo dopo la prima rappresentazione di questo suo melodramma, ha operato alcune modifiche appositamente per il tenore Mario Del Monaco.

Inoltre, ritengo opportuno citare anche un desiderio di Claudio Del Monaco (secondo figlio di Mario): “Desidero essere sepolto con il costume di Andrea Chénier, quando sarà il momento”.

Questo perché Claudio è sempre stato affascinato da quest’opera-capolavoro nella quale si è calato e perché è stata significativa nella carriera di suo padre, Mario Del Monaco.  

Infatti, per Del Monaco, quest’opera rimane fra le cinque che Mario considerava le più importanti, per lui: Aida, Andrea Chénier, Carmen, Otello, Sansone e Dalila (una certa importanza, però è data da “I Pagliacci”). 

André Chénier: 

Di seguito, traccio un ritratto personale di Andrea Chénier, perno dell’opera:

Realmente vissuto storicamente, non è considerato fra i poeti più importanti francesi, ma è stato reso celebre e immortalato dal librettista patriottico Luigi Illica e dal musicista Umberto Giordano: quest’ultimo ne ha fatto la sua opera lirica più famosa.

All’inizio dell’opera, durante la serata, gli invitati fanno la conoscenza del poeta.
Maddalena non comprende la Poesia e il Pensiero di Amore di Chénier che risponde alle sue valutazioni irreali attraverso un monologo travolgente e appassionato nell’ “Improvviso”.  Chénier è fortemente coerente e incrollabile per la fermezza verso le sue idee: risulta subito chiaro, infatti, dal “monologo” appassionato del primo atto (“Un dì, all’azzurro spazio”), nel castello: difende la sua arte dalle risate di Maddalena (“D’un poeta non disprezzate il detto”).
Secondo il suo concetto di Amore, < la completezza della “stabilità tra terra e cielo” viene resa chiara, tra contemplazione e concretezza assieme ad un impetuoso giudizio negativo alla nobiltà e al clero, che si sono privati degli ideali, fra cui l’Amore verso il prossimo >.

Le sue decisioni di vita lo porteranno a morire giovane come Maddalena, coinvolta, che sceglie di morire con lui: infatti, dopo cinque anni, in pieno periodo di Terrore, nelle vicinanze del Ponte Peronnet, Chénier, sotto controllo continuo dell’Incredibile di Gérard, riceve le raccomandazioni dell’amico Roucher di lasciare Parigi.
Chénier è incuriosito dalle lettere che gli vengono scritte da una giovane donna che, poi, si rivela essere  Maddalena di Coigny: ha la necessità di essere protetta dal poeta che lei vede come il proprio rifugio sicuro.
Con lei, la generosità del poeta, si trasformerà in un legame d’amore.
Gérard, aggredito Chénier in duello, viene ferito in modo forte ma, allo scopo di proteggere Maddalena, li lascia allontanare e non rivela chi sia il suo aggressore.

Nel III quadro, Chénier vanta il proprio istinto patriottico, tipico di una personalità con forte amor patrio (“Sì, fui soldato”): fra l’altro, oltre alla Patria, cita la Bandiera.
Sempre, nel III quadro (nell’ultima parte della scena del tribunale), sempre a causa dell’amore per Maddalena, Gérard rende nota a Chénier la presenza di Maddalena: Chénier si sente pronto a morire, avendola vista per l’ultima volta.

Durante il IV quadro, Chénier scrive i suoi ultimi versi (sempre accompagnato dall’arpa, il simbolo della poesia ricordato anche nell’opera “Nabucco” di Verdi) e, nel duetto finale dell’opera, il poeta e Maddalena si appartengono, finalmente, prima di morire sul patibolo; Andrea canta la Morte con parole poetiche: infatti, Chénier E’ POETA FINO ALL’ULTIMO.

In questo dramma ingarbugliato e complesso, è indicatissimo l’argomento “amore e morte”.

Una curiosità: le romanze di Chénier sono tre: Un dì all’azzurro spazio, Sì fui soldato, Come un bel dì di maggio.

Maddalena di Coigny: 

Il tempo passa e le persone crescono interiormente.
Succede anche a Maddalena che, da personalità non salda (si nota nel II quadro) grazie a Chénier, ispiratore dell’ “apertura mentale”, smette di essere la frivola e ingenua contessina del primo quadro, dove risulta indifferente riguardo al sentimento dell’Amore spiegatole da Chénier, col quale – invece – vivrà un amore impetuoso.
Amore per cui, sarà obbligata dagli eventi a sedurre Gérard e per cui gli si promette in cambio dell’annullamento della condanna di Chénier, arrivando a decidere di morire con lui.
Quest’opera comprende – fra le altre – una delle arie più famose dell’opera, “La mamma morta” (nel III quadro), nella quale Maddalena “smuove” i lati buoni di Gérard che le chiede perdono e promette di salvare Chénier a proprio discapito, in quanto il suo comportamento è quello di una personalità creduta incoerente dai presenti nel Tribunale, mentre Chénier comprende la sincerità di Gérard.
In questa romanza, Maddalena racconta le proprie sofferenze e la “reazione di risalita morale” che le fa sentire nuovamente la scintilla della vita.

A questo proposito, credo opportuno richiamare l’attenzione su questo brano cantato da Maria Callas  che è inserito nella colonna sonora del film “Philadelphia” interpretato da Tom Hanks e Denzel Washington: qui, Tom Hanks (doppiato magnificamente dal nostro Roberto Chevalier), rivolto a Denzel Washington, recita splendidamente la disperazione del personaggio che SA di morire presto, analizzando parola per parola-nota per nota, trasmettendo i sentimenti che vive in quel suo momento drammatico e commovente perché non ha “la scintilla della vita”. 

Maddalena non è indistruttibile, ma dimostra di essere battagliera, nel IV quadro: nel duetto con Andrea vuole raggiungere decisa il suo scopo Alto, ossia la Morte con Andrea.

Bersi:   

La mulatta Bersi è un bellissimo personaggio, ricco di generosità e altruismo, abnegazione: infatti, si prostituisce per guadagnare qualcosa per sé e per Maddalena e non sottilizza troppo sul comportamento che è stata costretta ad adottare a causa di sopravvivenza.

Carlo Gérard: 

Gérard, il servitore, preso a modello del rivoluzionario Jean-Lambert Tallin, da subito, comincia a delineare la sua personalità: un po’ “deus ex machina”, ma “un buono”, in definitiva.

E’ il primo ad apparire, nell’opera e, pur amando la contessina Maddalena di Coigny non nasconde il risentimento verso la nobiltà dalla quale si è sempre sentito calpestato e verso cui mostra coraggio nel permettere generosamente l’entrata di un gruppo di mendicanti, nel ribellarsi alla contessa madre e a licenziarsi, unendosi alla rivoluzione.

E’ importante sottolineare che, qui, nel primo atto, anche Gérard è spronato dalle parole di Andrea Chénier, verso il quale evidenzierà spesso il rispetto, nonostante si creerà il contrasto amoroso a causa di Maddalena; Gérard riflette e matura diventando un autorevole uomo politico, riuscendo nella comunicazione con il popolo.

Giugno 1794: sono trascorsi cinque anni e domina il periodo del Terrore sotto l’avvocato Robespierre, amico di Rousseau, personalità psichica calma, tranquilla, dal portamento nobile, ma emotivamente violenta, frustrata e narcisista, con l’ossessione del potere che faccia del bene alla Nazione a prezzo di “punire”, facendo cadere moltissime teste: così, attraverso “il castigo”, si manifesta il senso di “pulizia popolare” di un mostro umano.

A quel tempo, la Psicologia scientifica moderna non esiste, per cui Gérard, diventato importante tra i rivoluzionari grazie ai suoi ideali di giustizia e uguaglianza, controlla Parigi e non sa che Robespierre soffre di disagi psichici pericolosi per la popolazione.
Purtroppo, per questo motivo, Robespierre pone Andrea Chénier continuamente sotto controllo a mezzo dell’Incredibile personaggio che convince l’indeciso Gérard a denunciare il poeta.
Gérard che, a causa della riscoperta gelosia per Maddalena fa arrestare Chénier.
Un impulso gli fa anche scattare l’atto di violenza che gli “impone” di possedere la donna, ma riesce a controllarsi. Costei si promette a lui se farà annullare la condanna a Chénier.

Gérard, un essere contradditorio verso sé stesso, che – tutto sommato – è “un buono”, controlla i propri impulsi ed è pentito di avere incolpato illegalmente Chénier per cui tenta inutilmente di annullare l’arresto istigato dall’Incredibile, il vero cattivo dell’opera.

Durante il processo, Chénier è condannato a morte da Robespierre che respinge la richiesta di grazia di Gérard in favore di Chénier, attraverso la già citata risposta di Robespierre: “Perfino Platone bandì i poeti dalla sua Repubblica”.

“Nemico della Patria”: in questo brano, Gérard riflette sulla sua situazione, dimostrando passione per la Politica e per Maddalena.
Gerard È la RIVOLUZIONE: “Io, della Redentrice figlio, pel primo ho udito il grido suo pel mondo…”.
Gérard SOGNA la Giustizia e l’Uguaglianza, da generoso e altruista qual è, UN’UNIONE DI POPOLI (ABBRACCIARE TUTTI): “Tutti Dii”, “Un Pantheon”.
Però, si rende conto della realtà, ossia “Ho cambiato padrone”: il “nuovo padrone” non è solo la Rivoluzione Francese a cui è obbligato ad obbedire, ma l’amore per Maddalena che già nutriva, amore che si è approfondito maggiormente.

Gérard diventa “qualcuno” nell’ambito della Rivoluzione Francese, ma è un perdente, al contrario di Andrea e Maddalena che raggiungono l’Amore Eterno attraverso il sacrificio delle loro vite.
Loro sono il simbolo del sogno dei due di vivere la morte uniti: esperienza di un abbraccio Poesia-Musica.

Gérard: uomo con valori saldi, che desta ammirazione (però, allo stesso tempo, capace di accusare ingiustamente Chénier, mosso dalla sua debolezza gelosa), è complesso, contradditorio e profondo e, sin dall’inizio, potrebbe sembrare il nemico di Chénier e Maddalena: dopotutto, con il suo comportamento “controsenso”, pur non volendo, causerà la loro morte.

L’interiore di Gérard è vicino alla complicazione psicologica tipica dei personaggi lirici che sarebbero arrivati in seguito come, ad esempio: Fedora, Tosca, Madama Butterfly, Anna Karenina, …

Un Incredibile: 

E’ il personaggio importante “cattivo” dell’opera.
E’ un personaggio infido, capace di colpire a tradimento: infatti, convince subdolamente Gérard ad arrestare Chénier.

Il Popolo: 

In questa opera, si nota la voglia di lottare per la giusta causa della Patria, persino attraverso le donazioni alla stessa attraverso l’invito di Gérard a farlo: qui, spicca tra tutte la cieca Madelon, che indica il suo caro nipote ai rivoluzionari.
Personaggi della Rivoluzione: trascinati dalla disperazione, dal loro senso di realizzarsi o dal loro fanatismo?

Più di una volta, la Bandiera francese figura fisicamente, ma – psicologicamente – sortisce un effetto gigantesco nelle parole di Chénier, nella terza parte: “Sì, fui soldato”.

ANDRÉ CHÉNIER: Un’opera magica e grande che, spesso, mi ha affascinato e provocato le lacrime di commozione.

Battuto al computer da Lauretta

ANDRÉ CHÉNIER, “UN DI’, ALL’AZZURRO SPAZIO GUARDAI PROFONDO”:

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ANDRÉ CHÉNIER, “LA MAMMA MORTA”:

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ANDRÉ CHÉNIER, “SI’, FUI SOLDATO”:

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ANDRÉ CHÉNIER, duetto “VICINO A TE S’ACQUETA”:

AIDA di Giuseppe Verdi

Opera in 4 atti su libretto di Antonio Ghislanzoni tratto da un lavoro dell’egittologo-archeologo-scrittore-disegnatore di costumi e scene francese Auguste Mariette.

Prima rappresentazione: “Nuovo Teatro” de Il Cairo, 24 dicembre 1871

Esito: successo clamoroso.

Prima rappresentazione italiana: Teatro “La Scala” di Milano, 8 febbraio 1872

Personaggi:

Aida, principessa etiope (soprano)
Radamès, capitano delle Guardie (tenore)
Amneris, figlia del Faraone (mezzosoprano)
Amonasro, Re dell’Etiopia e padre di Aida (baritono)
Ramfis, Gran Sacerdote (basso)
Il Re d’Egitto, padre di Amneris (basso)
Una sacerdotessa (soprano)
Un messaggero (tenore)

Sacerdoti, sacerdotesse, ministri, capitani, soldati, ufficiali, schiavi e prigionieri etiopi, popolo egizio (coro)

 

Cast della prima assoluta e della prima europea:  

Personaggi, interpreti a Il Cairo, interpreti a Milano:

Aida (soprano) Antonietta Pozzoni Anastasi, Teresa Stolz
Il Re d’Egitto (basso) Tommaso Costa, Paride Pavoleri
Amneris (mezzosoprano) Eleonora Grossi, Maria Waldmann
Radamès (tenore) Pietro Mongini, Giuseppe Fancelli
Amonasro (baritono) Francesco Steller, Francesco Pandolfini
Ramfis (basso) Paolo Medini, Ormondo Maini
Il messaggero (tenore) Luigi Stecchi-Bottardi, Luigi Vistarini
Grande Sacerdotessa (soprano) Marietta Allievi

Scene: Edouard Despléchin, Jean-Baptiste Lavastre, Auguste  Rubé, Philippe Chaperon
Costumi (con supervisione di Auguste Mariette): Henri de Montaut,
Coreografia: Alexandre Simon Henri Fuchs
Direttore di scena: Carlo d’Ormeville
Maestro del coro: G. Devasini
Direttore d’orchestra: Giovanni Bottesini, Franco Faccio

 

Trama: 

Epoca: Antico Egitto.

Luogo: Menfi e Tebe.

Atto I – Scena I: Menfi, sala nel palazzo del Faraone.

Amonasro, padre di Aida, prigioniera presso il Faraone di Menfi, marcia verso l’Egitto per liberarla, dal momento che è stata catturata durante una spedizione militare egizia contro l’Etiopia, ignorando chi lei sia veramente.

Per cui, il Re d’Egitto si prepara alla difesa della sua terra.

Aida, è innamorata di Radamès mentre lui sogna di diventare il Duce degli Egizi e di “ergere un trono vicino al sol” alla sua donna, oltre ad avere l’intenzione di ridarle la libertà e la patria.

Amneris, la figlia del Faraone d’Egitto, percepisce e, subdolamente, consola Aida per la sua preoccupazione verso la patria lontana.

Il Faraone si trova con gli ufficiali e il sacerdote Ramfis quando viene introdotto un messaggero che porta le notizie dal confine con l’Etiopia.

Radamès è stato scelto da Iside come comandante dell’esercito che affronterà il re etiope. Interiormente, Aida è divisa tra l’amore per il padre e per Radamès.

Scena II: Menfi: nel tempio di Vulcano.

La cerimonia è grandiosa e comprende la danza delle sacerdotesse.
Radamès viene investito come condottiero supremo.

Atto II – Scena I: nelle stanze di Amneris.

Qui, ci sono danze e musica.

Amneris finge che Radamès sia morto in battaglia provocando la disperazione di Aida che confessa il suo amore per il condottiero.

A questo punto, Amneris la minaccia dal momento che, come figlia del Faraone, tutto le è permesso, ma Aida, fieramente, rivela il suo rango nobile, ma si pente e chiede il perdono (“Pietà ti prenda del mio dolor”).

Amneris costringe Aida a vedere il trionfo dell’Egitto sugli Etiopi.

Scena II: Città di Tebe: un ingresso.

Radamès è vincitore e vengono eseguite la grande “Marcia trionfale” e le danze.

Il faraone promette che, in questo giorno, Radamès trionfatore, riceverà tutto ciò che desidera per qualunque suo desiderio.

Fra i prigionieri catturati, condotti alla presenza del Re, c’è Amonasro.
Subito, Aida abbraccia il padre, ma gli Egizi non sanno chi siano, in realtà: infatti, Amonasro afferma che il Re etiope è stato ucciso durante il combattimento.

Per amore verso Aida, Radamès chiede al Re il rilascio dei prigionieri come quanto promesso al suo desiderio.

Inoltre, su consiglio di Ramfis, tale cosa non è permessa ad Aida e ad Amonasro che resteranno ostaggi-garanzia alla sicura vendetta etiope.

A Radamès, indesideratamente, viene concessa la mano di Amneris.

Atto III – sulle rive del Nilo, vicino al tempio di Iside.

Aida e il padre sono ostaggi; il Re etiope, medita una vendetta per la sconfitta ricevuta, per cui costringe la figlia a carpire, attraverso Radamès, la tattica dell’esercito egiziano.

Radamès rivela incautamente ad Aida la strada che verrà percorsa dai suoi guerrieri.  Amonasro, nascosto nelle vicinanze, ascolta e, poi, rivela la sua identità.

All’arrivo delle guardie, aiutato da Radamès, fugge con la figlia, mentre lo stesso Radamès si dispera per avere incolpevolmente tradito la sua Patria, per cui si consegna prigioniero a Ramfis.

Atto IV  – Scena I: la sala nel palazzo del Faraone e, di lato, il cammino che conduce alla prigione di Radamès.

Con tutto il suo cuore, Amneris desidera salvare Radamès giudicato colpevole di tradimento;  gli crede e lo supplica di discolparsi, ma il giovane rifiuta; tace e non si pronuncia in propria difesa, mentre Amneris invoca i sacerdoti affinché gli concedano pietà.

Radamès viene condannato a morte e morirà murato nella cripta sotto il Tempio di Vulcano.

Amneris maledice i sacerdoti.

Scena II: La scena presenta l’interno del tempio di Vulcano splendente di oro e di luce al primo piano e, nel piano sottostante, la tomba di Radamès.

Radamès non è solo perché Aida, precedentemente, si è nascosta lì per morire con lui.

In attesa che il loro destino si compia, si confermano il loro amore, e dicono addio  alla Terra, la “valle di pianti”.

Amneris piange e prega sopra la loro tomba mentre si odono le cerimonie e le danze liete delle sacerdotesse.

 

Brani noti:

Atto I

Preludio (sostituisce la sinfonia inizialmente composta).
Introduzione “Sì: corre voce che l’Etiope ardisca” (Ramfis, Radamès) Scena I
Recitativo “Se quel guerrier io fossi!” (Radamès) Scena I
Romanza “Celeste Aida” (Radamès) Scena I
Duetto “Quale insolita gioia” (Amneris, Radamès) Scena I
Terzetto “Vieni, o diletta, appressati…” (Amneris, Aida, Radamès) Scena I
Scena “Alta cagion vi aduna” (Re, Messaggero, Amneris, Aida, Radamès, Coro) Scena I
Pezzo d’assieme “Su! del Nilo al sacro lido” (Re, Amneris, Aida, Radamès, Ramfis, Sacerdoti, Ministri, Capitani, Coro) Scena I
Scena di Aida “Scena Ritorna vincitor!…” (Aida) Scena I Finale I
Scena della consacrazione “Immenso Fthà, del mondo” (Coro di Sacerdotesse e Sacerdoti)
Scena II Danza delle Sacerdotesse Scena II Scena “Mortal, diletto ai Numi, a te fidate” (Ramfis)
Scena II Finale atto I  “Nume, custode e vindice”(Ramfis, Radamès) Scena II

Atto II

Introduzione, Coro, Scena e Duetto di Aida e Amneris:
Coro Chi mai fra gl’inni e i plausi (Schiave) Scena I
Danza di giovani schiavi mori Scena I
Coro Vieni: sul crin ti piovano (Schiave, Amneris) Scena I
Silenzio! Aida verso noi s’avanza… (Amneris) Scena I
Scena Fu la sorte dell’armi a’ tuoi funesta (Amneris, Aida) Scena I
Duetto Amore! amore! Gaudio… tormento… (Aida, Amneris) Scena I

Finale atto II

Inno Gloria all’Egitto, ad Iside (Popolo, Donne, Sacerdoti) Scena II
Marcia trionfale Scena II
Ballabile Scena II
Coro “Vieni, o guerriero vindice” (Popolo) Scena II
Scena “Salvator della patria, io ti saluto” (Re, Radamès, Aida, Amneris, Amonasro, Coro) Scena II
Pezzo d’assieme “Ma tu, Re, tu signore possente” (Amonasro, Re, Radamès, Aida, Amneris, Ramfis, Prigionieri, Schiave, Sacerdoti, Popolo) Scena II
Stretta del Finale II Gloria all’Egitto, ad Iside (Popolo) Scena II

Atto III

Introduzione, Preghiera, Coro e Romanza di Aida:
Coro “O tu che sei d’Osiride” (Coro nel tempio) Scena unica
Scena “Vieni d’Iside al tempio” (Ramfis, Amneris) Scena unica
Recitativo “Qui Radamès verrà… Che vorrà dirmi?” (Aida) Scena unica
Romanza “O cieli azzurri… o dolci aure native” (Aida) Scena unica
Scena e Duetto di Aida e Amonasro: Scena “Cielo! mio padre!” (Aida, Amonasro) Scena unica
Duetto “Rivedrai le foreste imbalsamate” (Amonasro, Aida) Scena unica
Duetto di Aida e Radamès, Scena e Finale III: Duetto Pur ti riveggo, mia dolce Aida… (Radamès, Aida) Scena unica    Scena “Ma, dimmi: per qual via” (Aida, Radamès, Amonasro) Scena unica
Finale atto III: “Traditor! – La mia rival!…” (Amneris, Aida, Amonasro, Radamès, Ramfis) Scena unica

Atto IV

Scena e Duetto di Amneris e Radamès
Recitativo L’aborrita rivale a me sfuggia… (Amneris) Scena I
Scena Io l’amo… Io l’amo sempre… (Amneris) Scena I
Duetto Già i sacerdoti adunansi (Amneris, Radamès) Scena I
Scena del Giudizio
Recitativo Ohimè!… morir mi sento… Oh! chi lo salva? (Amneris) Scena I
Giudizio “Spirto del Nume, sovra noi discendi!” (Sacerdoti, Amneris, Ramfis, Coro) Scena I
Scena, Duetto e Finale ultimo
Scena “La fatal pietra sovra me si chiuse…” (Radamès, Aida) Scena II
e Finale “Morir! sì pura e bella!” (Radamès, Aida, Amneris, Sacerdoti, Sacerdotesse) Scena II

 

Incisioni note:   

Giannina Arangi Lombardi, Maria Capuana, Aroldo Lindi, Armando Borgioli, Tancredi Pasero, Lorenzo Molajoli

Dusolina Giannini, Irene Minghini Cattaneo, Aureliano Pertile, Giovanni Inghilleri, Luigi Manfrini, Carlo Sabajno, La voce del padrone

Maria Caniglia, Ebe Stignani, Beniamino Gigli, Gino Bechi, Tancredi Pasero, Tullio Serafin , EMI

Caterina Mancini, Giulietta Simionato, Mario Filippeschi, Rolando Panerai, Giulio Neri, Vittorio Gui, Cetra

Renata Tebaldi, Ebe Stignani, Mario Del Monaco, Aldo Protti, Dario Caselli, Alberto Erede, Decca Records

Zinka Milanov, Fedora Barbieri, Jussi Björling, Leonard Warren, Boris Christoff,  Jonel Perlea, RCA Victor

Maria Callas, Fedora Barbieri, Richard Tucker, Tito Gobbi, Giuseppe Modesti, Tullio Serafin, EMI

Renata Tebaldi, Giulietta Simionato, Carlo Bergonzi, Cornell MacNeil, Arnold van Mill, Herbert von Karajan, Decca Records

Leontyne Price, Rita Gorr, Jon Vickers, Robert Merrill, Giorgio Tozzi, Georg Solti, RCA Victor

Birgit Nilsson, Grace Bumbry, Franco Corelli, Mario Sereni, Bonaldo Giaiotti, Zubin Mehta, EMI

Leontyne Price, Grace Bumbry, Plácido Domingo, Sherrill Milnes, Ruggero Raimondi, Erich Leinsdorf, RCA Victor

Montserrat Caballé, Fiorenza Cossotto, Plácido Domingo, Piero Cappuccilli, Nicolaj Ghiaurov, Riccardo Muti, EMI

Mirella Freni, Agnes Baltsa, JoséCarreras, Piero Cappuccilli, Ruggero Raimondi Herbert von Karajan, EMI

Katia Ricciarelli, Elena Obraztsova, Plácido Domingo, Leo Nucci, Nicolaj Ghiaurov, Claudio Abbado,  Deutsche Grammophon

Maria Chiara, Ghena Dimitrova, Luciano Pavarotti, Leo Nucci, Paata Burchuladze, Lorin Maazel, Decca Records

Aprile Millo, Dolora Zajick, Plácido Domingo, James Morris, Samuel Ramey, James Levine,Sony

Cristina Gallardo-Domas, Olga Borodina,Vincenzo La Scola, Thomas Hampson, Matti Salminen,  Nikolaus Harnoncourt, Teldec

 

Videografia:    

Gabriella Tucci, Mario del Monaco, Giulietta Simionato, Aldo Protti, Paolo Washington, Silvano Pagliuca, Franco Capuana, Etichetta: non indicata VAI

Leyla Gencer, Carlo Bergonzi, Fiorenza Cossotto, Anselmo Colzani, Bonaldo Giaiotti, Franco Pugliese, Franco Capuana, Herbert Graf, Rai

Orianna Santunione, Carlo Bergonzi, Fiorenza Cossotto, Gianpiero Mastromei, Ivo Vinco, Franco Pugliese, Oliviero De Fabritiis, Etichetta non indicata VAI

Margaret Price, Luciano Pavarotti, Stefania Toczyska, Simon Estes, Kurt Rydl, Kevin Langan, Garcia Navarro, Sam Wanamaker, Warner

Maria Chiara, Luciano Pavarotti, Ghena Dimitrova, Juan Pons, Nicolaj Ghiaurov, Paata Burchuladze, Lorin Maazel, Luca Ronconi, Digital Classics

Mirella Freni, Plácido Domingo, Stefania Toczyska, Ingvar Wixell, Nicolaj Ghiaurov, David Langan, Emil Tchakarov, Pier Luigi Pizzi, Better Opera

Aprile Millo, Plácido Domingo, Dolora Zajick, Sherrill Milnes, Paata Burchuladze, Dimitri Kavrakos, James Levine, Sonja Frisell, Deutsche Grammophon

Maria Chiara, Kristján Jóhannsson, DoloraZajick, Juan Pons, Nikola Gjuzelev, Carlo Striuli, Nello Santi, Gianfranco De Bosio, Arthaus

Cheryl Studer, Dennis O’Neill, Luciana D’Intino, Alexandru Agache, Robert Lloyd, Mark Beesley, Edward Downes, Elijah Moshinsky, Opus Arte

Fiorenza Cedolins, Walter Fraccaro,Dolora Zajick, Vittorio Vitelli, Giacomo Prestia, Carlo Striuli,  Daniel Oren, Gianfranco De Bosio, Brilliant

Adina Aaron, Scott Piper, Kate Aldrich, Giusepp e Garra, Enrico Giuseppe Iori, Paolo Pecchioli, Massimiliano Stefanelli, Franco Zeffirelli, Arthaus

Daniela Dessì, Fabio Armiliato, Elisabetta Fiorillo, Juan Pons, Roberto Scandiuzzi, Stefano Palatchi, Miguel Angel, Gomez Martinez, JoséAntonio Gutierrez, Opus Arte

Eszter Sümegi, Kostadin Andreev, Cornelia Helfricht, Igor Morosov, Pièr Dalàs, Janusz Monarcha, Ernst Märzendofer, Robert Herzl, EuroArts

Norma Fantini, Marco Berti, Ildiko Komlosi, Mark Doss, Orlin Anastasov, Guido Jentjens Kazushi Ono, Robert Wilson,  Opus Arte

Nina Stemme, Salvatore Licitra, Luciana D’Intino, Juan Pons, Matti Salminen, Günther Groissböck, Ádám Fischer, Nicolas Joël, Bel Air

Violeta Urmana, Roberto Alagna, Ildikó Komlósi, Carlo Guelfi, Giorgio Giuseppini, Marco Spotti, Riccardo Chailly, Franco Zeffirelli Decca Records

Violeta Urmana, Johan Botha, Dolora Zajick, Carlo Guelfi, Roberto Scandiuzzi, Stefan Kocan, Daniele Gatti, Stephen Pickover, Decca Records

Tatiana Serjan, Rubens Pelizzari, Iano Tamar, Iain Peterson, Tigran Martirossian, Kevin Short,  Carlo Rizzi, Graham Vick, Unitel Classica

Hui He, Marco Berti, Luciana D’Intino, Ambrogio Maestri, Giacomo Prestia, Roberto Tagliavini, Zubin Mehta, Ferzan Özpetek Arthaus

Hui He, Fabio Sartori, Giovanna Casolla,Ambrogio Maestri, Adrian Sampetrean, Roberto Tagliavini, Omer Meir Wellber, La Fura dels Baus, Bel-Air Classique

HuiHe, Marco Berti, Andrea Ulbrich, Ambrogio Maestri, Francesco Ellero D’Artegna,Roberto Tagliavini, Daniel Oren, Gianfranco De Bosio, OpusArte

Susanna Branchini, Walter Fraccaro, Mariana Pentcheva, Alberto Gazale, George Anguladze, Carlo Malinverno, Antonino Fogliani, Joseph Franconi Lee, C Major

Kristin Lewis, Fabio Sartori, Anita Rachvelishvili, George Gagnidze, Matti Salminen, Carlo Colombara, Zubin Mehta, Peter Stein, Unitel Classica

 

Cinema: 

E’ importante citare che un film del 1953 per la “SCALERA FILM”, che porta la firma di Clemente Fracassi,  aveva ottenuto un gande successo: Sophia Loren interpretava Aida doppiata dalla voce di Renata Tebaldi; il baritono Afro Poli interpretava Amonasro.

E’ anche importante segnalare che un’opera appartenente a questo genere colossale necessita di essere realizzata in spazi larghi: indicatissima è  l’Arena di Verona che, ogni anno, vede  migliaia di persone fra il pubblico; addirittura, in passato, nella scena trionfale, si facevano presenziare gli elefanti.

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Il Khedivé d’Egitto, Ismail Pascià, commissiona un inno a Verdi il quale declina, esprimendo  che non scrive musica d’occasione.

Camille Du Locle (Direttore dell’Opéra Comique di Parigi) gli spedisce un libretto  di Auguste Mariette con una storia che Verdi giudica valida per trarne un’opera storica egiziana per celebrare l’Inaugurazione del “Nuovo Teatro” de Il Cairo: per cui Verdi accetta, dal momento che giudica la storia vantaggiosa e teme che l’incarico venga dato a Wagner.

La prima rappresentazione di “Aida” subisce un ritardo a causa della Guerra franco prussiana (scene e costumi sono bloccati) per cui il teatro è inaugurato con “Rigoletto”,  nel 1869.

Per la “Marcia trionfale”, vengono ricostruite le antiche buccine egiziane che creano un grandissimo risultato, mentre “Aida” sortisce un successo immenso.

La fama dell’opera è vivissima ancora oggi.

La “prima” di “Aida”, a Il Cairo, il 24 dicembre 1871, è diretta da Giovanni Bottesini (direttore d’orchesta, contrabbassista e compositore).

La “prima” italiana-europea, al Teatro “Alla Scala” di Milano, l’8 febbraio 1872, è considerata da Verdi come la “vera e propria prima rappresentazione”.

Sembra che l’Egitto sia stato una delle prime sedi sulla Terra degli Alieni.

Nessuno sa spiegarsi il “PI GRECO” con cui sono state costruite le Piramidi e il loro allineamento: un enigma che ha disorientato gli Egittologi per molto tempo.

Fra le Piramidi, a Giza, le tre più grandi  (Cheope, Chefren, Micerino) sono state costruite in punti dove le linee verticali invisibili delle stelle della Cintura di Orione cadono perpendicolari su tali Piramidi.

Tali costruzioni sono famose tombe monumentali di regine e faraoni egiziani, create più di 4.500 anni fa e si sono conservate anche grazie al lavoro per preservarle.

Fra i templi funerari, nella Necropoli di Tebe circondata da palme, troviamo quello di Seti I, che il faraone aveva iniziato a fare erigere presumibilmente verso la fine del suo regno; tempio funerario terminato da suo figlio Ramses II, detto il Grande.

Possiede alcuni dei rilievi più particolareggiati dell’Egitto.

Fra gli altri templi esiste quello di Luxor, sulla riva del Nilo, tempio che evidenzia molto bene la potenza dei Faraoni.
La sua costruzione inizia nel XIV secolo a.C., sotto Amenhotep III, è stato definito “il museo a cielo aperto più grande del Mondo” ed è incantevolissimo durante l’illuminazione serale: RAPPRESENTA DAVVERO LA FORZA E L’AUTOREVOLEZZA DEI FARAONI.

A proposito della potenza faraonica, Verdi crea “Aida”, l’opera meravigliosa che celebra l’autorità dell’antico Egitto con l’intenzione di onorarne la grandezza di quel tempo, l’importanza del fiume Nilo per la vita del Paese e la grandezza dei lavori di apertura del Canale di Suez con la sua grande inaugurazione: tutto ciò porta al progresso di un’epoca più recente.

 

Aida:   

L’amore verso Radamès è puro, celestiale e muore con lui mentre le sacerdotesse innalzano i loro canti sereni, come se nulla sia successo …

Ma, fin da subito, nel I atto, il dramma interiore di Aida si evidenzia attraverso il rimorso, la passione, la preghiera: Radamès, scelto per difendere l’Egitto, è pericoloso per la vita di  suo padre, Amonasro, il Re dell’Etiopia, a cui riconosce il sacrificio di muovere guerra all’Egitto per liberarla e ridarle la patria.

< Ritorna vincitor!… E dal mio labbro  uscì l’empia parola! Vincitor del padre mio… di lui che impugna l’armi  per me… per ridonarmi una patria, una reggia e il nome illustre che qui celar m’è forza.

< Struggete le squadre  dei nostri oppressor! Ah!  Sventurata che dissi?… e l’amor mio

dunque scordar poss’io?

< Numi, pietà del mio soffrir!  Speme non v’ha pel mio dolor.

Nel III atto, Aida si reca al Tempio di Iside dove incontrerà  Radamès e, se sarà “l’ultimo addio”.

“I cupi vortici” del Nilo “mi daran tomba e pace e, forse, oblio”:

< O cieli azzurri, o dolci aure native, dove sereno il mio mattin brillò,

< O verdi colli, o profumate rive, o patria mia, mai più ti revedrò!

< O fresche valli, o queto asil beato, che un dì promesso dall’amor mi fu;

< Or che d’amore il sogno è dileguato, o patria mia, non ti vedrò mai più!

Bella romanza dalle cui parole si denotano l’attaccamento alla patria e il dolore di non poterla più vedere.

Il suo stato d’animo è dolce e tormentato e ricorda con nostalgia i bei paesaggi, la nascita  nella sua Patria e l’ “inutile” sogno d’amore.

 

Radamès: 

Nel I atto, si nota il tenero amore di Radamès verso Aida più forte che verso la Patria, un amore ultraterreno ed emerge la speranza di Radamès di conquistarla; la dedica che le esprime, il dono che vorrebbe per lei, creatura celestiale, Dea: lei è un insieme di luce e di fiori.

< E a te, mia dolce Aida, Tornar di lauri cinto…

< Celeste Aida, forma divina, mistico serto di luce e fior, del mio pensiero tu sei regina,  tu di mia vita sei lo splendor.

< Il tuo bel cielo vorrei ridarti, le dolci brezze del patrio suol; un regal serto sul crin posarti,    ergerti un trono vicino al sol.

 

Radamès-Aida: 

Nel III atto, l’amore reciproco e tormentato di Radamès e Aida è sublimato dal sacrificio: infatti, Aida cede al volere paterno, padre che è commosso e soddisfatto: la musica esprime bene e trascina chi ascolta e comprende tale sentimento.

Giunge Radamès che incontra Aida: la rassicura che ama lei  e non la figlia del Faraone e che difenderà l’Etiopia, chiedendo di sposare Aida che, però, teme la rivalsa degli Egiziani e ha paura per lui: gli suggerisce di fuggire attraverso il deserto.

 

Duetto Radamès-Aida: 

< Vieni meco, insiem fuggiamo questa terra di dolore. Vieni meco t’amo, t’amo!  A noi duce fia l’amor.
Aida, convinta dal padre, chiede a Radamès dove passeranno per fuggire.

Radamès:

< Il sentier scelto dai nostri a piombar sul nemico fia deserto  fino a domani.

Aida:

< E quel sentier?

Radamès:

< Le gole di Napata…

Amonasro:

(Si presenta tuonante)
< Di Napata le gole! Ivi saranno i miei.

Radamès, senza volere, svela la strada delle sue truppe: viene meno al suo dovere e, subito, si rende conto di avere tradito l’Egitto.

Aiuta Aida e il padre a fuggire e si consegna a Ramfis: “Sacerdote, io resto a te”.

In questo duetto, “tradimento involontario a parte”, Radamès evidenzia il suo amor patrio attraverso il suo dramma e il suo altissimo senso dell’onore che non è molto d’accordo con l’amore per Aida che non smette di amare.

Aida soffre ma, per amor di patria, inganna Radamès, che tanto ama: il suo è davvero un amore combattuto ma, assieme a quello di Radamès, è amore eterno.

E’ da notare che Aida e Radamès sono due personaggi differenti fra loro: Radamès è deciso a combattere gli Etiopi, a vincerli e a liberare Aida (“nemica”, in quanto Etiope) e pensa di unire l’amore per Aida e l’amore per la sua patria.

Al contrario, Aida si strugge per l’amore verso il padre e l’amore verso il suo “nemico” egiziano.

Infatti, risulta chiaro che Radamès è  personalità sicura e Aida è un essere angosciato.

Quindi, spesso, Verdi associa la musica allo spirito dei personaggi dell’opera, per cui rende chiaro il desiderio di libertà di Aida che, a causa dell’essere soffocato, le provoca tristezza e malinconia.

Nel IV atto, Radamès è rinchiuso vivo; il suo unico  pensiero è Aida, che viva e che non venga a sapere della sua fine.

Intravede un’ombra, sente una voce; è Aida:

Radamès:

< La fatal pietra sovra me si chiuse…  Ecco la tomba mia. Del dì la luce  Più non vedrò… Non revedrò più Aida. Aida, ove sei tu? Possa tu almeno viver felice e la mia sorte orrenda  Sempre ignorar! Qual gemito!… Una larva…  Una vision… No! forma umana è questa.

Ciel! Aida!

Aida:

< Son io.

Radamès:

< Tu… in questa tomba!

Aida:

< Presago il core della tua condanna,  in questa tomba che per te s’apriva  Io penetrai furtiva…  e qui lontana da ogni umano sguardo  nelle tue braccia desiai morire.

I due innamorati non si lasceranno più e, nell’ultimo duetto, salutano la vita e la loro terra: struggente duetto Aida-Radamès:

< O terra, addio; addio, valle di pianti…  sogno di gaudio che in dolor svanì.  A noi si schiude il ciel e l’alme erranti volano al raggio dell’eterno dì.

Aida, in base all’epoca di creazione, evidenzia lo spirito romantico dell’amore come “consacrazione” dell’uno verso l’altro: Aida abbraccia lo stesso destino di Radamès.

 

Amonasro:  

Amonasro, Re Etiope, è un personaggio “breve”, ma fortemente INCISIVO che, nel II atto dell’opera, fra i prigionieri, nasconde la propria identità di Re degli Etiopi, ordinando tale cosa anche alla figlia (“Non mi tradir”) e si mostra diplomatico rivolgendosi al Re: “Ma tu, o Re, tu Signore possente a costoro ti volgi clemente”.

Gli Etiopi hanno perso la battaglia dopo aver invaso l’Egitto per liberare Aida, figlia del Re etiope, caduta prigioniera degli Egiziani.

Giustamente e coraggiosamente, NON tralascia il suo volere la rivincita sugli Egiziani che hanno vinto lui e la sua Nazione e, nel III atto, esprime chiaramente quanto vorrebbe da Aida a causa della RAGION DI STATO per la quale, dopotutto Aida stessa è stata resa schiava.

Per Amonasro – “Ei conduce gli Egizii: intendi?”.

Aida è indignata dalla proposta paterna affinché Radames fugga con lei nella “novella patria”: esiste la necessità, d’accordo, ma per lei è un tradimento verso l’uomo amato, però si sente costretta a cedere al ricatto psicologico e ossessivo che il padre le sottopone, volendo convincerla che rivedrà le grandi bellezze della sua terra  e che sarà “Sposa felice a lui che amasti tanto, tripudi immensi ivi potrai gioir”.

Aida NON vuole ingannare l’uomo che ama, per cui il padre le ricorda i “giorni infausti” (“Pur rammenti che a noi terra l’egizio immite, le case, i tempii, e l’are profanò… trasse in ceppi le vergini rapite… madri… vecchi, fanciulli ei trucidò”).

Amonasro spiega alla figlia che sarà proprio lei a “strappare” il nome del “sentiero fia deserto fino a domani”, una volta che la figlia sarà “CONVINTA” e “DEGNA DELLA SUA PATRIA”, dopo che Amonasro la scrolla e quasi la maledice, facendola sentire “colpevole”: “Su, dunque! Sorgete, egizie coorti! Col fuoco struggete le nostre città… spargete il terrore, le stragi, le morti… al vostro furore più freno non v’ha  – Flutti di sangue scorrono sulle città dei vinti… vedi?… dai negri vortici si levano gli estinti… ti additan essi e gridano: per te la patria muor!”.

Amonasro E’ IL RE: “IL RE ORDINA e COMANDA”.

Riesce a rendere bene l’idea del modo subdolo e intimidatorio con cui si rivolge ad Aida per risolvere la situazione e che, poi, è costretta ad accettare per salvare la sua Patria, ossia un’intera nazione.

Fra parentesi: parecchie ragazze, nella nostra epoca, sono state costrette a sposarsi o a convivere per poter permettere interessi di famiglia, obbedendo al padre.

Un esempio: una mia collega era stata costretta dal padre a farsi ingravidare dal fidanzato perche’ – per sposarsi – aveva bisogno di vivere in una casa di proprietà del padre il quale  – cosi – rientrava in possesso di un suo bene, vincendo la causa con il proprio inquilino (!).

Comunque, è da capire bene l’azione di violenza morale di Amonasro che viene esercitata; azione che, in futuro, potrebbe avere conseguenze gravi per la vita della figlia.

 

Amneris:   

Amneris-Aida:

Nel II atto, Amneris si incontra con Aida e finge di esserle amica:

< Fu la sorte dell’armi a’ tuoi funesta, povera Aida! Il lutto che ti pesa sul cor teco divido,  lo son l’amica tua…

 

Provoca la confessione dell’amore di Aida per Radamès e la figlia del Re dell’Egitto non può fare a meno di palesare la sua gelosia:

< Trema, vil schiava! Spezza il tuo core; segnar tua morte può quest’amore; del tuo destino arbitra sono, d’odio e vendetta le furie ho in cor.

Aida è sincera, Amneris subdola e vendicativa.

 

Amneris-Radamès: 

Amneris:

< Ohimè!… morir mi sento! Oh! chi lo salva?  E in poter di costoro io stessa lo gettai! Ora a te impreco atroce gelosia, che la sua morte e il lutto eterno del mio cor segnasti! – Numi, pietà del mio straziato core. Egli è innocente, lo salvate, o Numi!

Sale il delirio di Amneris, che è sempre innamorata dell’eroe e, nonostante  maledica la sua gelosia, lo vuole salvare, implorando inutilmente i sacerdoti.

Il IV atto è tutto suo, praticamente.

MA NON riesce a fare assolvere Radamès. Anzi, ad un certo punto, disperata, rivolta ai Sacerdoti, constata “E li chiamano Ministri del Ciel” !

E’ giusto ricordare, ad ogni modo, che, nel duetto del II atto, Amneris si comporta in modo viscido per arrivare a scoprire il vero sentimento di Aida verso Radamès.

E’ la figlia del Faraone; è convinta di potere avere tutto (rivolta ad Aida: “Son tua rivale, figlia dei Faraoni”), ma anche lei è infelice come tantissimi esseri “mortali” e il suo amore per Radamès non è corrisposto.

Anche Amneris soffre del suo amore: desiderio e vendetta lottano dentro di lei e nel IV atto si colgono i suoi pensieri:

< L’aborrita rivale a me sfuggia…  Dai Sacerdoti Radamès attende dei traditor la pena. Traditore  egli non è…

< A morte! A morte!… Oh! che mai parlo? Io l’amo, Io l’amo sempre… Disperato, insano  è  quest’amor che la mia vita strugge. Oh! s’ei potesse amarmi! Vorrei salvarlo. E come?

Si tenti! Guardie: Radamès qui venga.
Le Guardie conducono Radamès da Amneris:

< Già i Sacerdoti adunansi arbitri del tuo fato; pur dell’accusa orribile scolparti ancor t’è dato.

Radamès non vuole vivere da traditore e preferisce morire. Non sa più nulla di Aida e Amneris, che gli confessa il suo amore, gli svela che ella vive ancora, ma gli chiede di non vederla mai più, se vorrà salva la vita.
Radamès non può promettere.

Continua il duetto tra Radamès e Amneris:

Radamès:

< E’ la morte un ben supremo se per lei morir m’è dato; nel subir l’estremo fato gaudii immensi il cor avrà; l’ira umana più non temo,

Amneris:

< Ah! chi ti salva?  De’ miei pianti la vendetta  or dal ciel si compirà.

(Radamès parte circondato dalle Guardie, Amneris cade desolata su di un sedile.)

Ramfis:  

E’ il gran sacerdote.

E’ il primo personaggio che appare, nell’opera, subito prima di Radamès.

Le sue decisioni sono importanti e, nel secondo atto, non è completamente d’accordo con la richiesta di Radamès, per cui acconsente alla liberazione dei prigionieri etiopi, salvo Aida e il padre, perché gli Etiopi – per lui – “la vendetta hanno nel cuor” e “correranno all’armi ancor”.

 

ATTO II: SCENA TRIONFALE 

Il popolo acclama e, grato della vittoria, glorifica l’Egitto (ossia, la Patria), Iside (la Divinità) e, subito dopo, colui che li governa (il Re).

E il Re e l’Egitto vengono avvicinati alla luce.

Il coro inneggia all’Egitto trionfatore:
< Gloria all’Egitto, ad Iside  che il sacro suol protegge! Al Re che il Delta regge inni festosi alziam!
Gloria! Gloria! Gloria!  – Gloria al Re!

< L’inno del popolo: come d’intorno al sole danzano gli astri in ciel! Inni festosi alziam al Re,  alziamo al Re.

“Nel fortunato dì”: si annuncia la marcia trionfale: e, dinanzi al Re sfilano i soldati Egiziani, le fanfare, i carri di guerra, le insegne, le statue degli Dei e le danzatrici con i tesori.

Aida, scorge il padre, gli muove incontro e lo abbraccia, ma lui le raccomanda: “Non mi tradir” (ossia, “Non fare sapere che io sono il Re etiope).

Amonasro, Aida, il popolo, i prigionieri supplicano il Re:
< Ma tu, Re, tu signore possente, a costoro ti volgi clemente;  oggi noi siam percossi dal Fato,  … ma doman voi potria il Fato colpir.

I Sacerdoti lo esortano così:
< Struggi, o Re, queste ciurme feroci, chiudi il core alle perfide voci; fur dai Numi votati alla morte, or de’Numi si compia il voler!

Radamès è fiero, dolce, innamorato, nonostante il suo desiderio di potere; osserva il volto di Aida e prigionieri:
< Il dolor che in quel volto favella  al mio sguardo la rende più bella; ogni stilla del pianto adorato  nel mio petto ravviva l’amor.

 

I PERDENTI e I VINCENTI: 

Amneris perde l’amore di Radamès.
Amonasro perde la vita e la Patria.

Aida e Radamès perdono la vita sulla Terra, ma la loro vita e il loro amore continuano in Cielo: loro sono i vincenti.

 

AIDA: opera drammatica, è di tipo militare e mistico, dove il potere – effettivamente – appartiene ai sacerdoti, dove  l’amore dei tre giovani Aida-Amneris-Radamèsrisalta  e dove ci informa sulla Religione, sulla Storia e sull’Arte dell’Antico Egitto.

AIDA: opera colossale, magnifica, meravigliosa, affascinante.


Battuto al computer da Lauretta 

 

Il tenore MARIO DEL MONACO canta “SE QUEL GUERRIER IO FOSSI … CELESTE AIDA”:

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SU DEL NILO AL SACRO LIDO:

 

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SCENA e MARCIA TRIONFALE:

 

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SCENA DEL NILO “ QUI, RADAMES VERRA’ “:

 

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Il tenore LUCIANO PAVAROTTI e il soprano MARIA CHIARA cantano il duetto finale “O TERRA ADDIO”:

 

ADRIANA LECOUVREUR di Francesco Cilea

L’opera è tratta dal dramma “ADRIENNE LECOUVREUR” di Eugène Scribe e Ernest Legouvé con il libretto in 4 atti di Arturo Colautti.

Prima rappresentazione: Teatro “Lirico” di Milano, 6 novembre 1902, sotto la Direzione Orchestrale di Cleofonte Campanini, con Angelica Pandolfini, Enrico Caruso e Giuseppe De Luca.

 

Personaggi:

Maurizio, conte di Sassonia (tenore)
Il principe di Bouillon (basso)
L’abate di Chazeuil (tenore)
Michonnet, direttore di scena alla Comédie Française (baritono)
Quinault, socio della Comédie (basso)
Poisson, idem (tenore)
Un maggiordomo (tenore)
Adriana Lecouvreur della Comédie (soprano)
La principessa di Bouillon (mezzosoprano)
Mad.lle Jouvenot, socia della Comédie (soprano)
Mad.lle Dangeville, idem (mezzosoprano)
Una cameriera (comparsa)
Dame – Signori – Comparse – Servi di scena – Valletti (coro)    Balletto

 

Primi interpreti:   

Adriana Lecouvreur (soprano) Angelica Pandolfini,
Maurizio, Conte di Sassonia (tenore) Enrico Caruso
Michonnet, direttore di scena alla Comédie Française (baritono) Giuseppe De Luca
Direttore: Cleofonte Campanini

 

Trama:

Epoca storica: Parigi, nel marzo del 1730

Atto I: Nel foyer della Comédie-Française. 

Sta per iniziare la rappresentazione di “Bajazet” di Racine, e il direttore di scena Michonnet è in grande movimento per le aspettative: nel medesimo lavoro tragico, sono presenti Adriana Lecouvreur e Mademoiselle Duclos (quest’ultima è protetta dal Principe di Bouillon).

Mentre il sospettoso Principe di Bouillon visita le quinte per sapere come si  comporta la “sua” Duclos,  lo stesso Michonnet vorrebbe dichiararsi ad Adriana e spiegarle che ha deciso di sposarsi avendo ricevuto una piccola eredità, ma rimane deluso perché Adriana, a sua volta, gli confida che anche lei è innamorata.

Maurizio è il Conte di Sassonia in persona che vuole rimanere anonimo.

Festino nel villino dell’attrice”: gli attori della “Comédie” sanno che la Duclos ha fatto da tramite per la moglie del protettore, la Principessa di Bouillon.

Adriana non lo conosce il Conte e desidera ottenere che il suo alfiere venga promosso e protetto, per cui si incontreranno dopo lo spettacolo: Maurizio riceve dall’attrice un mazzetto di violette (“La dolcissima effigie”).

L’Abate e il Principe di Bouillon fanno recapitare il biglietto scritto dalla Duclos, e organizzano ‘Un gaio ascolta commosso Adriana in scena’ (“Ecco il monologo”); Maurizio non potrà incontrare Adriana alla fine dello spettacolo e, durante l’intervallo, il Principe invita tutta la compagnia degli attori al villino della Duclos.

Adriana è felice di sapere che è invitato anche il Conte di Sassonia, per cui accetta, sperando di poter parlare per perorare la causa del “suo” alfiere.

 

Atto II: Il nido della Grange-Batelière, il villino della Duclos.   

Qui, la Principessa di Bouillon aspetta ansiosa Maurizio (“Acerba voluttà”).
Il Conte porta al petto le violette ricevute da Adriana: per non fare ingelosire la Principessa, finge che siano un omaggio per lei.
La Principessa parla dei nemici potenti che contrastano l’ascesa del Conte al trono di Polonia e vogliono l’arresto di chi pretende.
Maurizio vorrebbe partire, ma viene trattenuto dalla Principessa che, nuovamente ingelosita, vuole sapere il nome della nuova amante, ma l’arrivo improvviso del Principe, dell’Abate Chazeuil e degli attori interrompe la discussione (la donna si nasconde in uno stanzino).

Adriana giunge mentre l’Abate prepara il salone per la cena.
A lei viene presentato il Conte di Sassonia: grande sorpresa dell’attrice, ma i due si riappacificano (“Ma dunque è vero?”).

Michonnet deve assentarsi per discutere di una nuova parte con la Duclos.
L’Abate lascia intendere che la Duclos si trovi nascosta nello stanzino: Maurizio svela la verità ad Adriana che, per amor suo, aiuta “quella persona” a uscire dalla villa non riconosciuta.
Michonnet non farà entrare nessuno nella stanza.

Al buio, Adriana bussa alla porta dello stanzino, che si apre solo dopo che viene pronunciato il nome di Maurizio (“Sia! Non risponde”): le chiavi ricevute dallo stesso Principe vengono consegnate da Adriana alla donna misteriosa.
La Principessa, riconoscente, cerca invano di scoprire l’identità della sua salvatrice.
La Principessa teme che Adriana sia una sua rivale.
Le due donne rivendicano i propri diritti sul Conte ma, nel fuggire, la Bouillon perde un braccialetto che viene consegnato ad Adriana.

 

Atto III: A palazzo Bouillon. 

Qui, si sta per tenere un galà a cui sarà presente Adriana.
Assieme all’Abate, la Principessa cerca di conoscere l’identità della sua salvatrice sconosciuta.
Il Principe ordina di custodire con cura la “polvere di successione”, un veleno così potente che il solo respirarlo provoca la morte.
L’Abate inorridisce, ma la Principessa ascolta interessata.

La Principessa crede di riconoscerne la voce di Adriana e parla con astuzia circa Maurizio, per cui Adriana impallidisce, ma gioisce quando lo vede sano e salvo: a lui viene chiesto di raccontare una delle sue imprese militari (“Il russo Menscikoff”).
La Principessa è quasi certa del tutto, e Adriana inizia a sospettare, vedendo il Conte colloquiare con lei.

“Il giudizio di Paride” è il balletto che viene eseguito nella grande sala e tutti si domandano di chi fosse il braccialetto rinvenuto nel nido della Duclos, dopodiché Adriana mostra il braccialetto della Principessa, che viene riconosciuto dal Principe.
Le due donne si riconoscono e la Principessa, chiede – in segno di scherno – che l’attrice reciti qualcosa per il pubblico.
Adriana risponde alla sfida, declamando il “Monologo del richiamo” dalla “Fedra” di Racine.
Durante le ultime parole (“Come fanno le audacissime impure cui gioia è tradir”) indica la Principessa, che giura di vendicarsi mentre il pubblico applaude.

 

Atto IV: La casa di Adriana.   

Adriana non recita più da tempo: è delusa dall’amore.
E’ consolata dal solo Michonnet.

Si sente un po’ meno depressa a seguito di una visita dei suoi colleghi della Comédie, che le raccontano che la Duclos ha definitivamente abbandonato il Principe.
La supplicano di tornare in scena e Adriana acconsente, però si turba nel ricevere un cofanetto che sembra provenire da Maurizio.
Lo apre e viene colta da un breve malore, oltre a trovarvi – addolorata – il mazzo di violette che aveva donato a Maurizio.
Le sembra un gesto scortese, bacia e annusa ancora i fiori; dopodiché, li getta nel fuoco (“Poveri fiori”), convinta che la sua storia d’amore sia proprio finita.
Michonnet osserva che tale consegna può esserle stata fatta solo da una donna gelosa, dal momento che egli stesso aveva avvisato Maurizio, che si presenta in quello stesso istante.

Adriana è ancora offesa, ma è lieta di rivedere l’amato da cui riceve una proposta di matrimonio (“No, la mia fronte”). Ma Adriana inizia ad accusare un malore, e subito dopo inizia a delirare, convinta di essere a teatro, durante un suo spettacolo.
Il Conte, turbato, intuisce con Michonnet la verità: i fiori contenuti nel cofanetto, avvelenati, chiaramente erano stati inviati dalla Principessa di Bouillon.

Non c’è rimedio, e i due assistono indifesi alla morte di Adriana (“Ecco la luce”).

 


Brani noti:

Io son l’umile ancella, romanza di Adriana (Atto I)
La dolcissima effigie, romanza di Maurizio (Atto I)
Ecco il monologo, romanza di Michonnet (Atto I)
Acerba voluttà, aria della Principessa (Atto II)
L’anima ho stanca, romanza di Maurizio (Atto II)
Sia! Non risponde, duetto tra Adriana e la Principessa (Atto II)
Il russo Menscikoff, romanza di Maurizio (Atto III)
Giusto Cielo! che feci in tal giorno?, monologo di Adriana (Atto III)
Intermezzo sinfonico (Atto IV)
Poveri fiori, romanza di Adriana (Atto IV)

 

Incisioni note con:   

Giuseppina Cobelli, Lina Cavalieri, Mafalda Favero, Renata Tebaldi e, nel nostro tempo recente, con Leyla Gencer, Montserrat Caballé, Joan Sutherland, Raina Kabaivanska, Daniela Dessì, ma Magda Olivero è stata “l’Adriana” che Cilea riteneva ideale.

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:

Adrienne Lecouvreur è una grande figura storica: è attrice come Mademoiselle Duclos (Marie-Anne de Châteauneuf), presso la “Comédie-Française” e l’ha sorpassata per avere reso la propria recitazione più attuale, nel suo tempo.

Nel marzo del 1730, muore e sembra che sia stata diffusa la voce secondo la quale la Principessa di Bouillon, l’avrebbe avvelenata, avendo entrambe, la relazione con Maurizio Ermanno, Conte di Sassonia.

Cilea, deciso a trarre un’opera da Adrienne Lecouvreur di Scribe e Legouvé, così spiega: «Fra i tanti lavori che lessi in quel tempo, mi colpì quello di Scribe e Legouvé. La varietà dell’azione che potevano offrirmi situazioni nuove ed eleganti, la fusione della commedia e del dramma nella cornice dell’ambiente settecentesco (che conoscevo bene), il passionale amore della protagonista toccarono il mio cuore e accesero la mia fantasia».

La musica ha lo stile tipico di Cilea, stile legato alla scuola napoletana, ma con influenza di Massenet e della tradizione francese.

La prima assoluta dell’opera consegue un enorme successo.

Viene rappresentata in Italia e all’Estero ma, a partire dal 1910, l’opera viene un po’ lasciata in disparte.

Dopo tagli e cambiamenti, dagli anni ‘30 in poi, Adriana Lecouvreur rientra fermamente in repertorio.

 

“ADRIANA LECOUVREUR”: è un’opera lirica molto fine, elegante e delicata che tratta una storia di amori, di intrighi, di potere, di odio, di morte; è un’opera che parla anche del drammaturgo Racine e del suo “Bajazet”, che mostra il bellissimo balletto mitologico del III atto (“Il giudizio di Paride”).

 

Adriana Lecouvreur:

Lei, la protagonista, è una donna con l’intelligenza e la sensibilità proprie degli artisti ma, anche, determinata: come esempio da citare è il tenere testa alla Principessa di Bouillon accettando di recitare il monologo di Fedra e indicandola col dito, al termine.

Può rivaleggiare – in campo amoroso – con la Principessa di Bouillon ma, Maurizio di Sassonia, alla fine, sceglie proprio Adriana.

Anche ad Adriana, essere umano con virtù e difetti, succede di provare gelosia e risentimento, ma NON commette atti cattivi: anzi, AIUTA la donna che non conosce, avendone, in cambio, la morte.

Un esempio della sua buona disposizione verso Maurizio: rimane molto sorpresa quando viene a conoscenza che lui non è l’alfiere di cui è innamorata, ma il Conte; lo perdona per il sotterfugio, però SA comprendere e giustificare il voler vivere in incognito per motivi politici.

Adriana muore proprio quando Maurizio, superata finalmente la sua fragilità-“dipendenza” verso la Principessa di Bouillon, le rivolge la domanda di matrimonio, superando la differenza sociale.

 

La Principessa di Bouillon e il suo operato:

Risulta chiaro che, nonostante – in quell’epoca vigessero usi e modi di pensare secondo l’educazione, la mentalità e le leggi del tempo – si tratta di OMICIDIO PREMEDITATO FREDDAMENTE da parte della Principessa di Bouillon: ai giorni nostri, sarebbe CONDANNABILE PENALMENTE perché si tratta di un CRIMINE, provocato da una PERCENTUALE ALTA di GELOSIA, per cui il DISTURBO PSICHICO è dovuto ad INSICUREZZA nata nella “notte dei tempi”.

La Principessa di Bouillon NON è innamorata di Maurizio, in quanto la gelosia – in generale – NON è indice di amore, dal momento che è una reazione emotiva alla PAURA di perdere la persona che si ama: infatti, da persona gelosa, è convinta che la persona amata le appartenga, pur volendole molto bene.

La Bouillon NON SA di avere un senso di possesso dell’amore; la Bouillon, idem, inconsciamente, ritiene che la presenza di Maurizio la faccia sentire bene.

Tutto questo a causa della sua già citata INSICUREZZA.

La gelosia è il segnale di un timore forte che – inconsciamente – “ci comunica” che esiste un pericolo, ossia quello di perdere il sentimento della persona amata, perdita dovuta ad altri.

Solitamente, la gelosia provoca un sentimento di abbandono, di esclusione e, di conseguenza, molto dolore.

Però, se questo segnale di pericolo lo si conosce, la cosa può risultare utile e portare a migliorare il proprio comportamento. Questo sentimento è sempre stato presente in tutte le civiltà ed è presenziato in opere liriche, in canzoni, in romanzi, …

Sotto l’aspetto psicologico, la Principessa di Bouillon è, certamente, un personaggio interessante.

 

Michonnet:

È un essere generoso e paziente, in genere, specialmente nel I atto, dove viene “strapazzato” per la vicinissima rappresentazione del lavoro di Jean Racine, lavoro per il quale si nutrono grandissime aspettative da parte di tutti che vogliono anche giudicare la differenza recitativa fra Adriana e la Duclos.

E’ capace di commuoversi ascoltando Adriana nel famoso “assolo”: “Ecco il monologo”.

Michonnet, con Maurizio, deduce che i fiori avvelenati con la “polvere” sono stati fatti recapitare ad Adriana dalla Principessa di Bouillon.

E’ da considerare che Michonnet è arguto, dal momento che egli stesso aveva capito che “tale consegna può esserle stata fatta solo da una donna gelosa” e che aveva già avvisato Maurizio, che un individuo si presenterà.

Michonnet ama davvero Adriana: si tratta di amore puro, vero, sotto tutti gli aspetti; forse, si potrebbe definire addirittura Amore verso il Prossimo.

Michonnet: senza dubbio, un grande personaggio.

 

Maurizio di Sassonia:

Personalità “dipendente”.
Infatti, non sa staccarsi dal dominio che la Principessa di Bouillon esercita su di lui (una specie di complesso edipico da parte di Maurizio verso la sua protettrice) che, inconsciamente, arriva a procurargli una certa stanchezza psicologica (”L’anima ho stanca”).

 

Il Principe di Bouillon:

Possiede “il controllo”, “il potere” conferitogli dal suo rango, il potere egoista di un uomo arido…

Regala il villino e i gioielli alla sua amante di turno …

Ma non sa amare perché il suo interiore è “vuoto”.

 

 

 

Battuto al computer da Lauretta 

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Il soprano MAGDA OLIVERO canta “Io son l’umile ancella”:


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Il tenore MARIO DEL MONACO canta “La dolcissima effigie”:

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Il mezzosoprano ANNA MARIA FICHERA canta “Acerba voluttà”:

 

VIRGINIA ZEANI

Virginia Zeani, nome d’arte di Virginia Zehan, nasce a Solovăstru il 21 ottobre 1925 e muore a West Palm Beach il 20 marzo 2023.

E’ un soprano rumeno, attivo dagli Anni Cinquanta agli Anni Settanta.

Studia Canto con il soprano Lydia Lipkowska e, poi, con il tenore Aureliano Pertile.

1948: debutta a Bologna come Violetta ne “La traviata”.

Il suo repertorio comprende oltre 70 ruoli, tra cui “I dialoghi delle Carmelitane” di Poulenc, che canta in “prima assoluta”.
La sua più famosa interpretazione è quella di Violetta, che canta in oltre 600 recite.

Si è spenta il 20 marzo 2023.

 

Cronologia:

1952: al Teatro “La Fenice” di Venezia, canta nella “Sinfonia n. 9” (Beethoven) diretta da Vittorio Gui con Boris Christoff.

1961: è Mimì ne “La bohème” con Giuseppe Di Stefano ed Angelo Nosotti, diretta da Luciano Rosada ed è Violetta Valéry ne “La traviata” nella trasferta al “Teatro Nazionale” a Belgrado, con Luciano Pavarotti e Mario Sereni, diretta da Ettore Gracis,

1964: è “Madama Butterfly”, diretta da Arturo Basile.

1973: canta in “Turandot” di Ferruccio Busoni.

1956: al Teatro “Alla Scala” di Milano, è Cleopatra nella “prima” di Giulio Cesare di Georg Friedrich Händel con Nicola Rossi-Lemeni, Giulietta Simionato, Franco Corelli e Mario Petri, diretta da Gianandrea Gavazzeni,

1957: è Bianca De La Force nella “prima” assoluta de “I dialoghi delle Carmelitane” (opera) con Gianna Pederzini, Scipio Colombo, Nicola Filacuridi, Leyla Gencer, Gigliola Frazzoni, Eugenia Ratti, Fiorenza Cossotto ed Alvinio Misciano, diretta da Nino Sanzogno.

1961: Stella, Olympia, Giulietta ed Antonia nella prima de “I racconti di Hoffmann” con Nicola Rossi Lemeni.

1966: è “Madama Butterfly” nella “prima” con Bruno Prevedi e Giangiacomo Guelfi.

1956: è Marguerite in “Faust” con Giuseppe Valdengo, alla “Wiener Staatsoper”.

1957: è Violetta Valéry ne “La traviata” con Gianni Raimondi e Rolando Panerai, diretta da Herbert von Karajan.

1960: è Micaela nell’opera “Carmen” con Giulietta Simionato e Walter Berry, diretta da André Cluytens.

1965: al “Grand Théâtre di Ginevra” è La jeune fille in “Alissa” di Raffaello de Banfield.

1966: Stella, Olympia, Giulietta, Antonia in “Les contes d’Hoffmann” con Rossi-Lemeni e José van Dam.

1969: è “Aida” nell’opera omonima diretta da Nello Santi.

1966: al “Metropolitan Opera House” è Violetta ne “La traviata” con Robert Merrill e Charles Anthony Caruso, diretta da Georges Prêtre.

1967: è Elena ne “I vespri siciliani” con Eugenio Fernandi, Bonaldo Giaiotti e Paul Plishka.

 

Vita privata:

E’ sposata dal 1958 con il basso italiano Nicola Rossi-Lemeni, scomparso nel 1991.

Entrambi sono Docenti di Canto all’Università dell’Indiana, contribuendo all’affermazione di diversi noti artisti, tra i quali Vivica Genaux e Sylvia McNair.

Vive a lungo a West Palm Beach, Florida.

 

Repertorio:

Repertorio operistico:

Amina, La sonnambula, Bellini
Elvira, I puritani, Bellini
Leila, I pescatori di perle, Bizet
Micaela , Carmen, Bizet
Margherita, Mefistofele , Boito
Turandot, Turandot, Busoni
Tatjana, Eugenio Onieghin, Čajkovskij
La Contessa, La dama di picche, Čajkovskij
Adriana Lecouvreur, Adriana Lecouvreur, Cilea
La jeune fille, Alissa, De Banfield
Adina, L’elisir d’amore, Donizetti
Miss Lucia Ashton, Lucia di Lammermoor, Donizetti
Linda di Chamounix, Linda di Chamounix, Donizetti
Maria di Rohan, Maria di Rohan , Donizetti
Fedora, Fedora, Giordano
Margherita, Faust, Gounod
Cleopatra, Giulio Cesare in Egitto, Händel
Nedda, Pagliacci, Leoncavallo
Mariella, Il piccolo Marat, Mascagni
Manon, Manon, Massenet
Carlotta, Werther, Massenet
Thaïs, Thaïs, Massenet
Magda, Il console, Menotti
Elisa, Elisa e Claudio, Mercadante
Fiora, L’amore dei tre re, Montemezzi
Zerlina, Don Giovanni, Mozart
Antonia, I racconti di Hoffmann, Offenbach
Giulietta, I racconti di Hoffmann, Offenbach
Olimpia, I racconti di Hoffmann, Offenbach
Stella, I racconti di Hoffmann, Offenbach
Serpina , La serva padrona, Pergolesi
Prima corifea, Assassinio nella cattedrale, Pizzetti
Bianca, I dialoghi delle Carmelitane, Poulenc
La donna, La voce umana, Poulenc
Manon Lescaut, Manon Lescaut, Puccini
Mimì, La bohème, Puccini
Musetta, La bohème, Puccini
Floria Tosca, Tosca, Puccini
Cio-Cio-San, Madama Butterfly, Puccini
Magda de Civry, La rondine, Puccini
Suor Angelica, Suor Angelica, Puccini
Giulia, La scala di seta, Rossini
Rosina, Il barbiere di Siviglia, Rossini
Desdemona, Otello, Rossini
Zelmira , Zelmira, Rossini
Contessa Adele, Il conte Ory, Rossini
Tamara, Il demone, Rubinstein
Alzira, Alzira, Verdi
Lina, Stiffelio, Verdi
Gilda, Rigoletto , Verdi
Violetta Valery, La traviata, Verdi
Duchessa Elena, I vespri siciliani , Verdi
Aida, Aida, Verdi
Desdemona, Otello, Verdi
Elsa, Lohengrin, Wagner
Senta, L’olandese volante, Wagner
Agata, Il franco cacciatore, Weber

 

Discografia parziale:

Virginia Zeani, 2009 Preiser
Il Mito dell’Opera – Virginia Zeani (Live Recordings 1957-1969), 2013 Bongiovanni
Zeani: Operatic Recital – Virginia Zeani, Decca
Zeani: One Fine Day – The Santa Cecilia Orchestra of Rome/Franco Patané/Virginia Zeani, Mastercorp
Pizzetti: Assassinio nella cattedrale – Ildebrando Pizzetti/Orchestra Sinfonica della RAI Radiotelevisione Italiana di Torino/Nicola Rossi-Lemeni, Milano Dischi
Puccini: Manon Lescaut – Virginia Zeani/Alberto Carusi/Leonida Bergamonti/Flaviano Labò/Guido Pasella/Alberto Rinaldi/Umberto Cattini/Coro e Orchestra del Teatro Municipale di Piacenza, Bongiovanni
Verdi: Rigoletto – Aldo Protti/RAI Symphony Orchestra, Milan/Nino Sanzogno/Nicola Zaccaria/Carlo Zampighi/Virginia Zeani, Bongiovanni
Verdi: La Traviata – The Hamburg Philharmonic State Orchestra/The Hamburg Sate Chorus/Napoleone Annovazzi/Virginia Zeani, 2010 Mastercorp

 

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

 

 

VIRGINIA ZEANI:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:VirginiaZeani.jpg

File:VirginiaZeani.jpg

 

RICCARDO ZANDONAI

Riccardo Zandonai nasce a Borgo Sacco di Rovereto il 28 maggio 1883 e muore a Trebbiantico il 5 giugno 1944.

E’ un compositore e direttore d’orchestra italiano.

Inizia i suoi studi con Vincenzo Gianferrari, presso la Scuola Musicale della sua città.

1898-1901: prosegue gli studi con Pietro Mascagni al Liceo Musicale “Rossini” di Pesaro.

Durante la sua gioventù, compone molte musiche strumentali e vocali che delineano già il suo talento promettente e, oltre che Compositore, Zandonai è costante nella Direzione d’Orchestra.

1935: l’Accademia d’Italia gli conferisce il “Premio Mussolini” per le arti.

1940: viene nominato Direttore del Conservatorio di Pesaro.

All’epoca della morte, risiede nel Convento del “Beato Sante di Mombaroccio”, dove è sfollato a seguito del sequestro della sua abitazione da parte dei Nazisti.

1944: muore mentre è degente nell’ospedale di Trebbiantico, a causa delle complicanze di un’operazione urgente a cui si era sottoposto per rimuovere dei calcoli biliari.
1947: terminata la guerra, la salma viene trasportata a Rovereto e tumulata nel Cimitero di Borgo Sacco.

A seguito del contatto con gli ambienti musicali di Milano, Zandonai inizia la sua fortunata carriera di Compositore Teatrale:

. Torino, 1908: la sua prima opera è “Il grillo del focolare” (tratto dal lavoro di Charles Dickens).

. Milano 1911: un’opera di maggior successo è “Conchita” (di ambientazione spagnola, è tratta dal romanzo di Pierre Louÿs, “La Femme et le pantin”).

. Torino 1914: “Francesca da Rimini” (su libretto di Gabriele D’Annunzio, è il suo lavoro più conosciuto e più rappresentato).

. Roma, 1922: “Giulietta e Romeo” (ardente e passionale lavoro tratto dal celebre dramma di Shakespeare).

. Milano 1925: “I cavalieri di Ekebù” (da “La saga di Gösta Berling” di Selma Lagerlöf; opera diretta, in prima esecuzione, da Arturo Toscanini al Teatro “La Scala”, raccoglie grande e duraturo successo nel Nord Europa per merito dell’efficace rappresentazione di atmosfere tipiche della sensibilità nordica.

 

Altre opere teatrali di Zandonai sono:

. “La coppa del re” (1906, non rappresentata).
. “L’uccellino d’oro” (Rovereto, 1907).
. “Melenis” (Teatro “Dal Verme” di Milano, 13 novembre 1912, diretta da Ettore Panizza con Giovanni Martinelli; non ottiene successo).
. “La via della finestra” (Pesaro, 1919).
. “Giuliano” (Napoli, 1928).
. “Una partita” (Teatro “Alla Scala” di Milano, 1933, con Giuseppe Nessi).
. “La farsa amorosa” (Roma, 1933),
. “ll bacio” (Milano, postuma, 1954).

Tali opere sono influenzate dal “Verismo”, in cui Zandonai dimostra di avere una vena melodica fluente sostenuta dalle sue grandi capacità di Orchestratore: da non dimenticare che Zandonai viene profondamente influenzato dai lavori di Wagner, Debussy e Richard Strauss < da cui riprende l’arditezza delle armonie, la cura nella strumentazione e i raffinati impasti coloristici e timbrici >.
Le sue opere esprimono il suo vivo senso teatrale, che gli fa preferire < la caratterizzazione dei singoli personaggi piuttosto che la pittura di ambienti e atmosfere >.

 

Opere sinfoniche, cameristiche e vocali:

Accanto ai lavori teatrali, Zandonai crea molte composizioni sinfoniche, cameristiche e vocali, meno conosciute ma di valore elevato.

Zandonai è uno strumentatore raffinato e conosce profondamente l’orchestra sinfonica, per cui in grado di comporre poemi sinfonici (“Primavera in Val di Sole”, “Quadri di Segantini”), Musica per il Cinema e Composizioni per Strumento Solista, tra cui il “Concerto romantico per violino e orchestra”.

Nel “Cameristico”, ricordiamo il “Trio-Serenata per pianoforte, violino e violoncello” (del 1943) e vari cicli di “Melodie per canto e pianoforte” su testi di Giovanni Pascoli (tra cui “L’assiuolo”), Antonio Fogazzaro, Ada Negri, Paul Verlaine e Henry Mildmay (“I due tarli”).

Idem, è ampia la produzione di Musiche per Coro, tra cui la suggestiva “Messa da Requiem”.

 

Produzione musicale:

Opere liriche:

Archivio Storico Ricordi:

. La coppa del re, libretto di Gustavo Chiesa (atto unico – mai eseguita, composta nel 1906 ca.)
. L’uccellino d’oro, libretto di Don Giovanni Chelodi (in 3 atti – prima rappresentazione al Ricreatorio Parrocchiale di Sacco, 13 gennaio 1907)
. Il grillo del focolare, libretto di Cesare Hanau (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Politeama Chiarella di Torino, 28 novembre 1908)
. Conchita, libretto di Maurice Vaucaire e Carlo Zangarini (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro Dal Verme di Milano, 14 ottobre 1911)
. Melenis, libretto di Massimo Spiritini e Carlo Zangarini (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Dal Verme di Milano, 13 novembre 1912)
. Francesca da Rimini, libretto di Tito Ricordi II, riduzione della tragedia di Gabriele D’Annunzio (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro Regio di Torino, 19 febbraio 1914)
. La via della finestra, libretto di Giuseppe Adami (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Rossini di Pesaro, 27 luglio 1919)
. Giulietta e Romeo, libretto di Arturo Rossato e Matteo Bandello (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Costanzi di Roma, 14 febbraio 1922)
. I cavalieri di Ekebù, libretto di Arturo Rossato (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro Alla Scala di Milano, 7 marzo 1925)
. Giuliano, libretto di Arturo Rossato (in 2 atti – prima rappresentazione al Teatro San Carlo di Napoli, 4 febbraio 1928)
. Una partita, libretto di Arturo Rossato (atto unico – prima rappresentazione al Teatro Alla Scala di Milano, 19 gennaio 1933)
. La farsa amorosa, libretto di Arturo Rossato (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro dell’Opera di Roma, 22 febbraio 1933)
. Il bacio, libretto di Arturo Rossato e Emidio Mucci (in 3 atti, incompleta – prima rappresentazione postuma alla RAI di Milano, 10 marzo 1954)

 

Altri lavori significativi:

1909 – Serenata medioevale

1914-1918 – Terra nativa:
. Primavera in Val di Sole
. Autunno fra i monti

1919 – Concerto romantico per violino e orchestra
1929 – Ballata eroica
1929 – Fra gli alberghi delle Dolomiti
1930-1931 – Quadri di Segantini
1932 – Il flauto notturno
1934 – Spleen
1934 – Concerto andaluso per violoncello e orchestra
1935 – Colombina, ouverture
1937 – Rapsodia trentina
1940 – Biancaneve, balletto (prima esecuzione al Teatro dell’Opera di Roma, 31 marzo 1951. Coreografia di Guglielmo Morresi)
1943 – Trio-Serenata

 

Discografia selezionata:

. Francesca da Rimini, dir. Franco Capuana, Orchestra e Coro del Teatro Verdi di Trieste, interpreti principali Leyla Gencer (Francesca), Renato Cioni (Paolo il Bello), Anselmo Colzani (Giovanni lo sciancato) – Fonit Cetra 1961 (CD Arkadia 1993)
. Francesca da Rimini, dir. Nello Santi, Orchestre National de France, interpreti principali Ilva Ligabue (Francesca), Ruggiero Bondino (Paolo il Bello), Aldo Protti (Giovanni lo Sciancato) – Rodolphe 1997 (reg. 1976)
. I cavalieri di Ekebù, dir. Gianandrea Gavazzeni, Orchestra e Coro della RAI di Milano, Fiorenza Cossotto (la Comandante), Gina Longobardo Fiordaliso (Anna), Lando Bartolini (Gösta Berling) – Fonit Cetra 1983
. Il bacio, dir. Molinari Pradelli, Pagliughi, Mercuriali – GOP 1954
. Concerto romantico per violino e orchestra (riduzione dell’autore per violino e pianoforte), Margit Spirk, violino, Mario Patuzzi, pianoforte – Alpenland 1983
. Melodie per voce e pianoforte, Alide Maria Salvetta, soprano, Max Ploner, pianoforte – Ricordi 1968
. Trio-Serenata per pianoforte, violino e violoncello, Margit Spirk, violino, Marta Prodi, violoncello, Nicola Sfredda, pianoforte – PM Classic 1987
. Verdi, Puccini, Zandonai: Quartetti per archi, Quartetto di Venezia – Dynamic 2004
. Composizioni da camera e per piccola orchestra, Ensemble Zandonai (dir. G. Guarino), Tactus 2004 (cofanetto 3 CD)

 

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

 

RICCARDO ZANDONAI, nel 1935:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Riccardo_Zandonai_(1935)_-_Archivio_Storico_Ricordi_FOTO003142.jpg

File:Riccardo Zandonai (1935) - Archivio Storico Ricordi FOTO003142.jpg

.

FRANCESCA DA RIMINI, “INGHIRLANDATA DI VIOLETTE:

 

GIORGIO ZANCANARO

Giorgio Zancanaro nasce a Verona il 9 maggio 1939.

E’ un Baritono italiano.

I suoi primi anni di lavoro li svolge in Polizia.

Metà Anni Sessanta: si dedica seriamente al Canto, per mezzo dello studio con Maria Pelanda.

1969: vince il “Concorso per Voci Verdiane” di Busseto che gli apre la strada del debutto – per l’anno successivo – a Mantova, come Riccardo de “I Puritani”.

In seguito, canta nei principali teatri italiani, in opere ne “I masnadieri”, “Luisa Miller”, “La traviata”, presenziando come uno dei maggiori baritoni verdiani della sua generazione e con un’attività internazionale che lo porta nei principali teatri di Londra, Parigi, Vienna e Barcellona.

1982: suo importante debutto a “La Scala” come Ford in “Falstaff”.

Negli anni successivi, a “La Scala”, sarà “Guglielmo Tell” (inaugurazione 1988), “Attila”, Monforte ne”I vespri siciliani” (inaugurazione 1989), sotto la direzione di Riccardo Muti.

Idem, 1982: debutta al “Metropolitan Opera” di New York come Renato in “Un ballo in maschera”.

Sempre, nel 1982: canta al “Festival di Orange”, in “Don Carlo”.

1985: è al “Festival di Bregenz” ne “I Puritani”.

Il suo repertorio spazia dal belcanto di “Guglielmo Tell” al Verismo di “André Chénier”, spiccando, in particolare, in quello verdiano: “Rigoletto”, “La forza del destino”, “Il trovatore”.
Suoi altri ruoli: Escamillo in “Carmen”, Ashton in “Lucia di Lammermoor”, Scarpia in “Tosca”.

Si ritira dal Canto dai primi anni 2000.

 

Repertorio:

Vincenzo Bellini
. I puritani (Riccardo)

Georges Bizet
. Carmen (Escamillo)

Gaetano Donizetti
. Lucia di Lammermoor (Lord Enrico Asthon)

Umberto Giordano
. Andrea Chénier (Carlo Gérard)

Ruggero Leoncavallo
. Pagliacci (Prologo, Tonio)

Pietro Mascagni
. Cavalleria rusticana (Compar Alfio)

Giacomo Puccini
. La bohème (Marcello)
. Tosca (Il barone Scarpia)
. Madama Butterfly (Sharpless)
. Il tabarro (Michele)

Gioachino Rossini
. Guglielmo Tell (Guglielmo Tell)

Nino Rota
. Il cappello di paglia di Firenze (Emilio)

Giuseppe Verdi
. Ernani (Carlo V d’Asburgo)
. Nabucco (Nabucodonosor)
. Attila (Ezio)
. I masnadieri (Francesco Moor)
. Luisa Miller (Miller)
. Rigoletto (Rigoletto)
. Il trovatore (Il Conte di Luna)
. La traviata (Giorgio Germont)
. I vespri siciliani (Guido di Monforte)
. Simon Boccanegra (Simon Boccanegra)
. Un ballo in maschera (Renato)
. La forza del destino (Don Carlo di Vargas)
. Don Carlo (Rodrigo)
. Aida (Amonasro)
. Otello (Jago)
. Falstaff (Ford)

Discografia:

. Il cappello di paglia di Firenze con Ugo Benelli, Alfredo Mariotti, Viorica Cortez, Daniela Mazzucato – RCA 1975
. Il trovatore (video) con Raina Kabaivanska, Franco Bonisolli, Giancarlo Luccardi, dir. Bruno Bartoletti – Eurodisc 1975
. Il trovatore con Placido Domingo, Rosalind Plowright, Brigitte Fassbaender, E.Nesterenko, dir. Carlo Maria Giulini – DG 1983
. Don Carlo (DVD) con Luis Lima, Ileana Cotrubas, Robert Loyd, Bruna Baglioni, dir. Bernard Haitink – Castle Vision 1985
. Andrea Chenier con José Carreras, Eva Marton, dir. Giuseppe Patanè – CBS 1985
. La forza del destino con Mirella Freni, Plácido Domingo, Paul Pliska, Sesto Bruscantini, dir. Riccardo Muti – EMI 1986
. Madama Butterfly (DVD) con Yasuko Hayashi, Peter Dvorski, dir. Keita Asart – Pioneer Artist 1986
. Guglielmo Tell con Chris Merritt, Cheryl Studer, Luigi Roni, dir. Riccardo Muti – Philips 1988
. Rigoletto con Daniela Dessì, Vincenzo La Scola, Paata Burchuladze, dir. Riccardo Muti – EMI 1988
. I vespri siciliani con Chris Merritt, Cheryl Studer, Ferruccio Furlanetto, dir. Riccardo Muti – EMI 1989
. Attila (DVD) con Samuel Ramey, Cheryl Studer, Kaludi Kaludov, dir. Riccardo Muti – Fonit-Cetra 1991
. La traviata (DVD) con Edita Gruberová, Neil Shicoff, dir. Carlo Rizzi – Teldec 1992
. Tosca con Carol Vaness, Giuseppe Giacomini, dir. Riccardo Muti – Philips 1992

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

GIORGIO ZANCANARO:
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DON CARLO di Verdi, “IO MORRO’ MA LIETO IN CORE” (Morte del Marchese di Posa):

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ATTILA di Verdi, “E’ GETTATA LA MIA SORTE”:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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